Carl Gustav Jung: una biografia

Carl Gustav Jung: una biografia


Carl Gustav Jung: “La mia vita è la storia di un’autorealizzazione dell’ inconscio”

Anni giovanili

Carl Gustav Jung nacque a Kesswil, nel cantone di Turgovia, sul lago di Costanza, in Svizzera, nel 1875. La famiglia era piuttosto conosciuta, dal momento che il nonno materno era stato un famoso medico, poi rettore dell’università di Basilea; il nonno paterno era stato invece un insigne ebraicista. A causa dei numerosi figli e di diverse situazioni negative, queste due famiglie si impoverirono: quando nacque il futuro psicoanalista la famiglia Jung non godeva più di alcun privilegio, né sul piano economico, né sul piano sociale.

La famiglia si spostò, per motivi di lavoro del padre, dapprima a Laufen, presso le cascate del Reno e poi in una zona periferica di Basilea, Kleinhüningen, dove divenne cappellano dell’ospedale psichiatrico Friedmatt.

Il padre era infatti pastore protestante della Chiesa svizzera riformata e aveva una visione della religione piuttosto dogmatica. Agli occhi del figlio tuttavia esprimeva anche una certa fragilità e una totale mancanza di fiducia nei confronti della religione che officiava:  Carl cercò sin da ragazzo, per aiutarlo, di comunicargli la propria esperienza di Dio, un Dio quasi personale, completamente diverso da quello delle sacre scritture, ma senza riuscirci.

La madre era una persona accogliente, cordiale, una brava cuoca, ma nello stesso tempo aveva alcuni aspetti della sua personalità che la rendevano inquietante agli occhi del figlio, intuitiva e di una potenza inaspettata, come se fosse in contatto con forze oscure.

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Carl era un bambino introverso, diffidente, pensoso, con molte fobie e incubi notturni, che rimasero indelebili nella sua memoria. Nella sua prima giovinezza passò molte ore da solo, impegnato in complessi rituali o nell’osservazione dei ritratti dei suoi nonni, avendo spesso perfino la sensazione di vederli accanto a sé nella realtà.

Andando a scuola non stabilì delle buone relazioni con i compagni, che definisce nel suo libro autobiografico come dei rustici, diversi da lui quanto a cultura e educazione, per cui rimase senza amici e continuò da solo a coltivare i suoi rituali e la sua vita segreta.

Gli interessi del giovane Jung spaziavano nei diversi campi della biologia, zoologia, paleontologia, archeologia, parapsicologia e spiritismo, con il quale nella famiglia della madre si aveva una certa familiarità. Naturalmente, visto l’ambiente in cui viveva, si interessava anche di religione, ma non quella che gli aveva insegnato il padre: la sua era una vera e propria ricerca del «mistero» relativo alla divinità, all’uomo, alle cose.

Al liceo i compagni erano diversi: non più rustici, ma appartenenti a famiglie altolocate e benestanti, per cui Jung si sentì nuovamente diverso da loro, anche se questa volta era lui ad essere in una posizione di inferiorità, che gli suscitava una notevole invidia sociale. Questo acuì le sue insicurezze, tanto da portarlo ad assentarsi da scuola per un periodo di sei mesi, per una fobia scolastica, che superò solo quando vide i suoi genitori realmente preoccupati per lui.

Il libro che lo colpì di più fu Così parlò Zarathustra di Nietzsche. Come per il Faust di Goethe, scrisse Jung nei suoi Ricordi, ‘si trattò di un’esperienza terribile’ probabilmente per  il timore del maleficio, generato dalla follia sovvertitrice, di cui si parla in questi libri

L’anno successivo alla sua iscrizione a medicina morì il padre, lasciando una misera eredità. Jung diventò il capofamiglia e cominciò nello stesso tempo a frequentare assiduamente degli amici presso la società di Zofingia, dove ebbe scambi culturali e amicali con altri universitari. Fu un periodo di eccessi, tanto che gli amici lo chiamavano addirittura “la botte”.

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Nel 1900 si laureò in medicina con una tesi sui fenomeni medianici accaduti alla cugina Helene Preiswerk; in seguito alla lettura di un libro di Krafft –Ebing decise di specializzarsi in psichiatria, per cui si trasferì a Zurigo e al Burghölzli, celebre clinica psichiatrica, dove divenne assistente e allievo di Eugen Bleuler.

I primi anni di professione psichiatrica

A Burghölzli, Jung iniziò, con eccezionale successo, ad applicare i test di associazione verbale avviati da precedenti ricercatori (in particolare Francis Galton, cugino di Darwin). Jung studiò in particolare, le risposte peculiari e illogiche date dai pazienti alle parole-stimolo, scoprendo che esse erano causate da gruppi di associazioni emotivamente cariche trattenute dalla coscienza a causa del loro contenuto sgradevole, immorale  frequentemente sessuale. Per descriverle usò l’ormai famoso termine “complessi“.

Per il giovane Jung questa prima esperienza professionale fu sorprendente: si stupiva in modo particolare che gli insegnanti di psichiatria non s’interessassero affatto della vita interiore dei loro pazienti, ma solamente a sintomi, statistiche, osservazioni comportamentali, per cui ‘la psicologia del malato mentale non aveva nessuna parte da adempiere’.

Le sue ricerche lo avevano ben presto reso uno psichiatra di fama internazionale. I risultati delle sue esperienze professionali furono pubblicati, fra il 1904 ed il 1907 in libri che gli dettero una discreta fama a livello scientifico: si trattava degli Studi sulla associazione diagnostica, La psicologia della dementia praecox e Il contenuto delle psicosi.

Nel 1903 Jung sposò una ricca ereditiera, Emma Rauschenbach, che rimase sua moglie fino alla morte di lei, nel 1955. Questo matrimonio rese Jung una persona molto benestante e appartenente ad una famiglia con ottime relazioni sociali. Da Emma ebbe cinque figli, quattro femmine e un maschio.

Nel 1905 conseguì la libera docenza in psichiatria e nello stesso anno fu nominato primario della clinica psichiatrica dell’Università di Zurigo. Aveva solo 30 anni.

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L’incontro con Freud

Sul piano lavorativo, Jung si accorse che le sue scoperte confermavano molte delle idee di Freud, che nel 1900 aveva pubblicato L’interpretazione dei sogni. Anche Freud aveva letto un libro di Jung, quello sulla demenza precoce, per cui nel 1907 i due studiosi decisero di conoscersi. Freud invitò a Vienna il giovane collega. Di questo primo incontro fra i due grandi della psicoanalisi si sa che durò circa 13 ore consecutive. Freud fece molta impressione a Jung: lo trovò “il primo uomo veramente notevole che avesse mai incontrato. In lui non c’era nulla che fosse banale, la sua intelligenza era fuori del comune, acuto, notevole sotto ogni aspetto”. Anche Freud rimase colpito da Jung, tanto da considerarlo quasi immediatamente come suo “successore” in ambito psicoanalitico.

Gli anni di collaborazione con Freud

Jung entrò a far parte dell’Associazione Psicoanalitica Internazionale, fondata da Freud, e cominciò il suo profondo studio della psicoanalisi. In seguito divenne presidente dell’Associazione e redattore dello «Jahrbuch fiir Psychologische und Psychopathologische Forschungen». Nel 1909 Jung, assieme a Freud e Ferenczi, si recò alla Clark University di Worcester, nel Massachusetts, dove ricevette la laurea «honoris causa» in legge e Freud tenne un ciclo di conferenze. Nello stesso anno rinunciò al posto al Burghólzli, per dedicarsi alla libera professione di psicoanalista e ai suoi studi. Nel 1910 fu eletto presidente della Associazione psicoanalitica internazionale e direttore dello “Jahrbuch“, la rivista ufficiale della società psicoanalitica.

La svolta

Nel 1912 Jung pubblicò il libro Trasformazioni e simboli della libido. In questo libro lo psicoanalista svizzero prese una posizione divergente rispetto alla psicoanalisi freudiana, introducendo nuovi concetti e dissentendo su alcuni aspetti relativi alla concezione della sessualità (in particolare l’energia libidica).

Jung pensava alla libido come al corrispondente psichico dell’energia fisica, e quindi, più o meno, come un concetto quantitativo, che perciò non avrebbe dovuto essere definito in termini qualitativi, come faceva Freud. La libido in questa nuova concezione non era più un istinto sessuale, come lo aveva definito Freud, ma una manifestazione dell’energia psichica che riguardava tutti gli istinti umani.

Questi primi disaccordi teorici con il fondatore della psicoanalisi, cresciuti nelle conferenze tenute a New York, nella relazione letta al congresso dell’associazione psicoanalitica svoltosi a Monaco nel mese di agosto del 1914 lo portarono nel mese di ottobre dello stesso anno a separarsi da Freud, dal movimento psicoanalitico, di cui era presidente e dalla carica di direttore dello “Jahrbuch” .

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Attività privata e autoanalisi

Negli anni seguenti Jung si dedicò all’attività psicoterapeutica privata, a lunghi viaggi (Nord America, Nuovo Messico, Kenya, Egitto e India), all’ elaborazione delle sue teorie e alla stesura di numerosi saggi e libri. Tra il 1913 e il 1919 Jung si sottopose inoltre ad una profonda autoanalisi, rivelata nei suoi appunti autobiografici pubblicati tra il 1962 e il 1963 e raccolti poi nel libro Ricordi, sogni, riflessioni.

Da ragazzo Jung aveva sogni straordinariamente sorprendenti e fantasie potenti che si erano sviluppate con un’insolita intensità. Dopo la sua rottura con Freud, Jung deliberatamente permise a questo aspetto di se stesso di attivarsi di nuovo, dando libera espressione al lato irrazionale della sua natura.  Allo stesso tempo, Jung scriveva note dettagliate delle sue strane esperienze.

In seguito sviluppò la teoria secondo cui queste esperienze provenivano da un’area della mente che egli chiamava inconscio collettivo, che egli considerava universalmente condiviso. Questa concezione, molto contestata dai freudiani, si combinava con la teoria degli archetipi, cioè schemi istintivi, che hanno un carattere universale e sono espressi nel comportamento e nelle immagini.

Jung denominò la propria dottrina «psicologia analitica» o «dei complessi», distinguendola dalla psicoanalisi.

Nel 1917 pubblicò La psicologia dei processi inconsci e nel 1921 la sua opera più importante, i Tipi psicologici, cui seguì, nel 1928, L’io e l’inconscio.

La psicologia analitica

Jung dedicò il resto della sua vita a sviluppare le sue idee, specialmente quelle sulla relazione tra psicologia e religione. Dal suo punto di vista, alcuni testi ,oscuri e spesso trascurati, di scrittori del passato possono spiegare sogni e fantasie, per cui Jung riteneva che i terapeuti dovessero prendere confidenza con gli scritti dei vecchi maestri.
Oltre allo sviluppo di nuovi metodi psicoterapeutici derivati ​​dalla sua esperienza, Jung dette nuova importanza alla cosiddetta tradizione ermetica. Concepì la religione cristiana come facente parte di un processo storico necessario per lo sviluppo della coscienza.

Pensò inoltre che i movimenti eretici, a partire dallo gnosticismo fino all’alchimia, fossero manifestazioni di elementi archetipici inconsci non adeguatamente espressi nelle forme principali del cristianesimo. Jung era particolarmente colpito da come i simboli si potevano trovare frequentemente nei sogni e nelle fantasie moderne, e pensava che gli alchimisti avessero costruito una sorta di libro di testo dell’inconscio collettivo. Espose questi concetti in 4 dei 18 volumi che compongono la sua opera omnia.

Jung consigliava ai suoi pazienti di dedicarsi allo studio dei miti espressi nei sogni e nell’immaginazione: facendo questo essi avrebbero potuto diventare personalità più complete. Chiamò questo processo Individuazione.

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L’insegnamento

Negli anni successivi divenne professore di psicologia presso l’Università Politecnica Federale di Zurigo (1933-1941) e professore di psicologia medica presso l’Università di Basilea (1943).

Il Nazismo

Jung pensava che la Germania occupasse una posizione speciale in Europa; la rivoluzione nazista ebbe, quindi un valore altamente significativo per lui, tanto che fu considerato un simpatizzante nazista. Nel 1930 Jung fu nominato presidente onorario della Associazione tedesca di psicoterapia. Nel 1933, con l’avvento del nazismo, questa Associazione, cui aderivano parecchi psicoterapeuti ebrei, fu sciolta e ne fu creata un’altra, la Società Internazionale di Psicoterapia di cui Jung fu ancora presidente, seppure si trattasse di una istituzione nazista.

Nel 1934 Jung fu criticato per la sua adesione a questa organizzazione di origine nazista ed anche per la sua funzione di redattore capo della rivista “Zentralblatt fur Psychotherapie”, un periodico di analoga matrice nazista. Il terapeuta svizzero replicò sostenendo che la sua presenza in questi organismi avrebbe permesso di salvaguardare l’attività degli psicoterapeuti tedeschi ebrei, suoi amici e colleghi. La relazione tra Jung e il nazismo continuò, anche dopo la guerra, ad essere oggetto di numerose polemiche e dibattiti.

Ultime produzioni

Negli ultimi tempi Jung si concentrò sempre più su temi di storia delle religioni, sulla cultura orientale, sulla mitologia, sull’alchimia. I risultati più salienti di questi suoi studi si trovano in Psicologia e Religione (1940), Psicologia e alchimia (1944), La psicologia del transfert (1946), Aiòn (1950). Numerose anche le sue collaborazioni : con Richard Wilhelm, esperto di filosofia e religione cinesi, traduttore dell’antico libro cinese di saggezza e oracoli I King; in seguito collaborò con l’indianista tedesco Heinrich Zimmer, poi col filologo e mitologo ungherese Karl Kerényi.

Nel 1948 fu fondato a Zurigo, su iniziativa di varie associazioni nazionali e straniere, il «C.G. Jung Institut», istituto di ricerca e d’insegnamento sulla base della psicologia analitica, sotto la presidenza dello stesso Jung.

Carl Gustav Jung morì a Küsnacht nel 1961, sulle rive del lago vicino a Zurigo, nella famosa casa da lui acquistata nel 1908 e da allora divenuta meta di pellegrinaggi. 

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Il Libro Rosso

Nel 2009 è stato pubblicato il “Red Book”, un manoscritto che Jung ha scritto negli anni 1914-30. Era, secondo il racconto di Jung, un resoconto del suo “confronto con l’inconscio”. Esso contiene il suo resoconto delle sue immaginazioni, delle sue fantasie, delle sue allucinazioni con bellissime illustrazioni a colori.

Le donne

Jung ebbe una lunga e importante relazione sentimentale con la sua paziente Sabina Spielrein, di dieci anni più giovane, che in seguito divenne lei stessa una brillante psicoanalista. ‘Le donne – raccontò una volta Emma, la moglie di Jung – erano tutte innamorate di lui’, e lui non era certamente insensibile al loro fascino. Sabina Spielrein fu sua amante fino al 1913, ma Jung aveva negli ultimi tempi perfino paura di lei e del suo amore travolgente: credeva che fosse il diavolo, che volesse impossessarsi di lui e distruggerlo. Per questo la allontanò.

Successivamente ebbe una relazione importante, sempre parallela a quella coniugale, che durò fino alla morte di lei: stiamo parlando di Toni Wolff, anche lei divenuta psicoanalista, come del resto Emma, la moglie di Jung.

Toni aveva ventidue anni quando entrò in analisi, nella metà del 1910, con il professor Jung, allora trentacinquenne.  La morte del padre amatissimo le aveva provocato una profonda depressione. Era una ragazza ricca, colta, cresciuta in una casa piena di opere d’arte e orientaleggiante perché suo padre, che era stato console in Giappone, amava tutto ciò che veniva da quel paese. Aveva studiato in Inghilterra, ed i suoi interessi riguardavano la filosofia, la religione e la mitologia. Furono questi comuni interessi a stabilire un legame fortissimo fra i due.

Oltre a queste storie importanti, ve ne furono molte altre con delle studentesse, delle allieve, delle collaboratrici, ecc., ma nonostante questo Jung non volle mai lasciare la moglie, cui sopravvisse per pochi anni.

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Le case

Nel 1910 Jung si trasferì nella casa di Küsnacht, un paesino a 8 km da Zurigo, al numero 228 della SeeStrasse. Sull’architrave del portone è scritta la famosa frase Vocatus atque non vocatus deus aderit (invocato o non invocato, il dio verrà), una frase che risale all’oracolo di Delfi, dove la parola “dio” va intesa come «domanda ultima».

“Misi quell’iscrizione per ricordare ai miei pazienti e a me stesso che il timore di Dio è l’inizio della sapienza, come dice il Salmo. E perché tutti i fenomeni religiosi, che non siano meri rituali della Chiesa, sono strettamente intrecciati con le emozioni”.

Küsnacht fu lo specchio della personalità numero 1 di Jung, quella del famoso psichiatra, dell’uomo di successo, mentre la casa della personalità numero 2, quella dell’Ombra e dell’introversione, sarebbe diventata diversi anni dopo quella di Bollingen, trenta chilomentri più a sud, sempre sul lago di Zurigo.

La casa di Bollingen nacque dall’esigenza di Jung di “dare una qualche rappresentazione in pietra dei miei più interni pensieri e del mio sapere“. Inizialmente aveva progettato per quel luogo, acquistato con l’eredità della madre, una capanna di forma rotonda, stile africano, ossia uno spazio condiviso fra uomini e animali insieme, in modo primitivo. Jung contribuì a costruirla con le sue stesse mani, nei fine settimana.

Dice Jung: «Fin dal principio in questa torre provai un intenso senso di riposo e di ristoro…Ho rinunciato alla corrente elettrica: io stesso accendo il fuoco e la stufa, e a sera le vecchie lampade. Non vi è acqua corrente e pompo l’acqua da un pozzo: spacco la legna e cucino il cibo. Questi atti semplici rendono l’uomo semplice».

Quattro anni aggiunse una struttura orizzontale e ancora quattro anni dopo una seconda torre e, infine, nel ’55, dopo la morte di Emma, vi costruì sopra un’altra stanza, che teneva chiusa a chiave, dalla quale non si separava mai. Bollingen era un luogo quasi magico, dove si aggiravano i fantasmi e le pietre si mettevano a cantare e suonare «come un’intera orchestra». Le torri rappresentavano le sue due donne: la donna madre di famiglia e l’amante, la compagna di interessi e fantasie. Una donna per ciascuna delle due personalità che sentiva di avere.

LibriAutori:
Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta

I concetti fondamentali di Jung

. Inconscio personale –> costituito da sentimenti e pensieri individuali, accumulatisi nel corso della vita dell’individuo;

. Inconscio collettivo –> Risorsa universale, accessibile a tutti gli appartenenti all’umanità, contenente gli archetipi, ossia immagini collettive ereditate dai tempi passati, sepolte nell’inconscio dell’intera umanità.

. Archetipi –> Sono immagini primordiali e corrispondono a esperienze condivise da tutti gli individui;

. Approccio terapeutico di Jung –>riconciliare le forze opposte all’interno della personalità. Non solo estroversione e introversione, ma anche sensibilità e intuizione, emozioni e pensiero razionale. Attraverso la comprensione dell’integrazione tra inconscio personale e inconscio collettivo, la terapia permette di arrivare a uno stato di individuazione o interezza: il Sé.

Giuliana Proietti

 

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