Depressione, anziani e vita di quartiere

Depressione, anziani e vita di quartiere

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Gli anziani che vivono nei quartieri urbani più poveri e violenti sono a maggior rischio di depressione: questo il risultato di uno studio condotto da ricercatori dell’Università del Minnesota e pubblicato sulla rivista Health & Place. La ricerca in particolare ha mostrato che gli adulti più anziani, che hanno vissuto in quartieri con un maggiore tasso di omicidi e un livello di povertà più elevato, hanno sperimentato maggiori sintomi depressivi.

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Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la depressione colpisce 120 milioni di persone in tutto il mondo. E’ attualmente la terza causa di malattia e si prevede che diventerà la principale causa di malattia, a livello globale, entro il 2030. La depressione è un problema importante per la salute di persone di qualsiasi età, ma lo è soprattutto per gli anziani, in quanto contribuisce alla disabilità, al peggioramento della qualità della vita e al declino psichico.

“Dato l’invecchiamento della popolazione e i crescenti tassi di depressione tra gli anziani, la comprensione dei fattori che contribuiscono alla depressione è un fattore critico”, ha detto Spruha Joshi, della Minnesota School of Public Health e primo autore della ricerca. Secondo Joshi. i quartieri in cui vivono gli anziani sono un fattore importante, capace di influenzare il livello di depressione e di salute mentale della popolazione che in esso risiede.

Gli studi precedenti avevano rivelato un legame tra la povertà e la depressione, ma pochi si sono concentrati esclusivamente sugli adulti più anziani. Inoltre, gli studi precedenti non avevano affrontato le molte condizioni, nei quartieri poveri, che avrebbero potuto contribuire alla depressione in età anziana.

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Per il presente studio, i ricercatori hanno controllato i dati del New York City Neighborhood and Mental Health in the Elderly Study II (NYCNAMES II), uno studio sulla popolazione anziana di New York durato tre anni ed hanno sottoposto i soggetti ad un questionario sulla depressione.

Il team ha esaminato diversi fattori che nel quartiere potevano contribuire alla depressione dei residenti, come gli alti tassi di omicidio, i problemi di sicurezza, pedonale e ciclistica, gli spazi verdi, la coesione sociale e le strade pedonali. Il campione di studio era formato dal 61 per cento di soggetti di sesso femminile, il 47 per cento da bianchi non ispanici. Inoltre, il 60 per cento degli intervistati aveva un reddito inferiore a $ 40.000.

Sono stati esaminati molti fattori, ma la violenza è sembrata l’unica caratteristica del quartiere che sostanzialmente contribuiva allo sviluppo di sintomi depressivi negli adulti più anziani, in queste comunità urbane molto povere. “Abbiamo scoperto che circa il 30 per cento del rapporto tra povertà del quartiere e depressione può essere spiegata con il tasso di omicidi più elevato”, hanno dichiarato i ricercatori.

Lo studio ha messo dunque in evidenza il ruolo chiave che ha la violenza nel determinare la salute mentale dei residenti locali. Investendo sulla prevenzione della violenza nei quartieri ad alto tasso di povertà, è possibile non solo ridurre la violenza ma anche migliorare la salute mentale delle popolazioni più vulnerabili.

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La ricerca è stata sostenuta da una sovvenzione da parte del National Institute of Mental Health.

Commento: Questo studio, a mio avviso, fornisce un’informazione utile anche per coloro che non vivono nei quartieri a rischio di omicidi. Vista infatti la vulnerabilità di questi soggetti e vista l’incidenza del numero di omicidi sul livello di depressione, sarebbe opportuno che gli anziani non guardassero, o non guardassero assiduamente, i programmi televisivi basati sulla cronaca nera, perché questi potrebbero incidere sulla loro salute, fisica e mentale.

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Fonte:
Pathways from neighborhood poverty to depression among older adults, Spruha Joshi, Stephen J. Mooney, Andrew G. Rundle, James W. Quinn, John R. Beard, Magdalena Cerdá, Health & Place, doi: 10.1016/j.healthplace.2016.12.003, published online 1 January 2017, via Medical News Today

Immagine:
Pixabay


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