Gibran Khalil Gibran: una biografia

Gibran Khalil Gibran: una biografia


Khalil Gibran, poeta mistico e scrittore americano-libanese, divenne molto popolare nella cultura americana degli anni sessanta, ma lo è ancora oggi, visto che il suo libro più famoso, Il Profeta, viene continuamente ristampato (è stato tradotto in oltre 20 lingue) e da esso molte persone possono ancora trarre importanti spunti di riflessione e consigli per risolvere i momenti difficili della vita. Probabilmente ciò che scrive questo autore ci sembra così saggio perché vi è, nella sua opera, la costante attenzione ad accostare e sintetizzare il meglio della civiltà e della cultura orientale e di quella occidentale.

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Khalil nacque da una famiglia maronita (cattolici della Palestina), a Bsherri, alta valle del Qadisha, Libano settentrionale, il 6 gennaio del 1883. Sua madre, Kamila Rahmeh, aveva trenta anni quando ebbe Gibran, dal suo terzo marito Khalil Gibran, un uomo irresponsabile che portò la famiglia verso la povertà. Gibran crebbe con un fratellastro più grande di lui di sei anni, Boutros, e due sorelle minori, Mariana e Sultana, alle quali fu molto legato.

Kamila aveva un carattere molto forte e fu solo grazie ad esso che riuscì a raggiungere un fratello che era emigrato negli Stati Uniti, nel 1895, e a crescere lì la sua numerosa famiglia, lavorando come merciaia ambulante a Boston.

Gibran si mostrò subito un ragazzo solitario, attratto dalla bellezza della natura piuttosto che dalle compagnie rumorose: amava le cascate d’acqua, le rocce, i cedri verdi, tutti soggetti che poi amò dipingere nei suoi quadri. Poiché povero, non poté frequentare regolarmente la scuola, ma ebbe la fortuna di conoscere un sacerdote, che lo iniziò alla cultura religiosa e alla Bibbia, oltre che a leggere e a scrivere.

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Il padre, semi-alcoolizzato, era rimasto in Libano. Su consiglio della madre, Kahlil a 16 anni tornò nel suo Paese d’origine, dove si iscrisse al College de la Sagesse, una scuola superiore maronita di Beirut. Qui frequentò anche corsi di letteratura araba e fu attratto dalla letteratura romantica francese. La vita in comune con il padre tuttavia era insostenibile, tanto che Gibran decise di ritornare in America, dopo aver terminato gli studi nel 1902.

Tra il 1902 ed il 1903 Khalil dovette affrontare molti eventi dolorosi: la morte di una sorella Sultana, del fratello e della madre.

Gibran scriveva all’epoca per il giornale Al-Mouhajer (L’Emigrante), in lingua araba. Nei suoi primi libri in questa lingua, Gibran si caratterizzò per l’uso dell’ironia, per il realismo delle storie, la descrizione della vita delle persone più umili e per il tono anti-religioso.

Questi scritti non ebbero successo, a causa dell’uso della lingua (sebbene avesse passato quattro anni in Libano il suo arabo non fu mai perfetto e fu comunque influenzato dal dialetto parlato nel suo paese d’origine). Anche lo stile si differenziava troppo dal gusto e dalle tradizioni arabe: forse per questo in seguito preferì scrivere quasi esclusivamente in inglese.

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Nel frattempo Gibran venne introdotto in un circolo molto esclusivo di intellettuali, da Josephine Peabody, che divenne sua amante. Li rendeva simili l’indipendenza e la fierezza di carattere. La passione fra loro tuttavia svanì ben presto e nel 1904, in occasione della sua prima mostra, alla galleria di Day, Gibran fece conoscenza con Mary Elizabeth Haskell di cui si innamorò perdutamente,  dedicandole moltissime lettere. Questo fu l’incontro più importante della sua vita.

Mary apprezzava moltissimo le capacità del giovane libanese e divenne sua amica, musa, mecenate e, più tardi, curatrice delle sue opere. Mary aveva 10 anni più di lui ed era preside di una scuola femminile: grazie a lei Gibran nel 1908 poté trasferirsi a Parigi per studiare all’Accademia di Belle Arti e divenire allievo dello scultore Auguste Rodin.


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Tornato negli Stati Uniti, nel 1911, andò a vivere a New York, dove cominciava ad essere conosciuto come pittore. Nel 1918 pubblicò il suo primo libro in inglese, ‘Il Folle’. Visse tra gli artisti del Greenwich Village.

Insieme a Mikhail Naimy fu il principale animatore di un’associazione letteraria Siro-Libanese, al-Rabitah, nata a Boston e New York tra letterati e pittori arabi d’oltre oceano. Intanto, alla sua fortuna di pittore si univa il successo come poeta e scrittore “visionario”, soprattutto dopo la pubblicazione, nel 1923, in inglese, del libro ‘Il Profeta’, che alla sua uscita ebbe  però un successo piuttosto modesto.

Gli ultimi anni della sua vita furono estremamente attivi in campo letterario, ma difficili a causa di problemi di salute. Nel 1929 si manifestarono infatti i primi sintomi della cirrosi epatica e della tubercolosi che lo avrebbero stroncato nel giro di due anni. Morì a New York l’11 aprile del 1931.

Poiché aveva espresso il desiderio di essere sepolto in Libano, la sua salma fu subito trasportata nel paese dei cedri, con grandi onori;  nel 1932, la sorella Mariana e Mary Haskell acquistarono il Monastero Mar Sarkis (San Sergio) in Libano, dove è sepolto e vi è stato allestito un museo.

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Il luogo era molto amato dal poeta, che così ne scriveva nel 1922 all’amico Misha (Mikhail Naimy):

 «Se soltanto tu conoscessi l’eremo che ho scelto per te e per me in Libano, […] mi diresti: “Andiamoci subito!” Si tratta di un vero e proprio chiostro, Misha, e non di un’imitazione come questo studio… È un piccolo monastero abbandonato, poco distante da Bisharri, il mio villaggio natale. Il suo nome è Mar Sarkis .[…]. La sua cappella e alcune celle sono scavate direttamente nel fianco calcareo della montagna. Il terreno terrazzato, che vi si trova di fronte, digrada a precipizio giù per la gola ed è perennemente lussureggiante […]. Perfino in Paradiso si stenterebbe a trovare un luogo più incantevole e tranquillo».

Lasciò una produzione abbondante, costituita da poemi in prosa, novelle, romanzi di costume (Le ali spezzate, Anime in rivolta) e varie opere in inglese (Il profeta, 1923; Sabbia e schiuma, 1925; Gesù, il figlio dell’uomo, 1928; Gli dei della terra, 1931; Il giardino del profeta, postumo, 1933).

La corrispondenza tra Gibran e Mary Haskell è archiviata presso la University of North Carolina Library. Una collezione di un centinaio di opere d’arte è conservata presso il Telfair Museum of Art di Savannah (Georgia).

Influenze culturali e personali su Khalil Gibran

Gibran nacque da una famiglia cristiana maronita. Fu influenzato non solo dalla sua religione ma anche dall’Islam, e specialmente dal misticismo dei sufi. La sua conoscenza della sanguinosa storia del Libano, con le sue distruttive lotte fra fazioni, rafforzò la sua fede nell’unità fondamentale delle religioni, che i suoi genitori esemplificarono accogliendo persone di varie religioni nella loro casa.

I temi di influenza nelle sue opere sono ispirate all’arte islamica / araba, al classicismo, al romanticismo europeo (William Blake e Auguste Rodin), alla confraternita pre-rafaelita,  al simbolismo e al surrealismo. Le principali influenze personali su Gibran furono dovute a Fred Holland Day, Josephine Preston Peabody (che chiamò Gibran “profeta”) e a Mary Haskell, la sua mentore.

Il Profeta

Il Profeta è un uomo che sta per prendere una nave che lo riporta a casa dopo 12 anni di assenza, durante i quali ha viaggiato in città straniere: viene fermato da un gruppo di persone, alle quali egli insegna i segreti della vita. Si tratta di una raccolta di poesie in prosa legate da un filo comune narrativo, nel quale si inseriscono tematiche differenti.

È un testo che fa riferimento a concetti religiosi, pur non inserendosi esattamente in nessuna religione, dato che parla di temi quali lo spirito, la mente, la natura. La raccolta è strutturata in domande e risposte: per ogni argomento, un personaggio fa una domanda al Profeta, il quale risponde per metafore e analogie con un testo di tipo poetico.

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Estratti dal libro Il Profeta:

L’insegnamento

Nessuno può rivelarvi alcunché, eccetto ciò che già riposa semiaddormentato alle radici del vostro sapere. Il maestro che passeggia con i suoi discepoli all’ombra del tempio non elargisce la sua conoscenza, ma piuttosto la sua fede e la sua amorevolezza.Se è veramente saggio, egli non vi impone di entrare nella dimora della sua saggezza, ma vi guida alla soglia della vostra stessa mente.

La Conoscenza di Sé

‘Non dite: “Ho trovato la verità”, ma piuttosto, “Ho trovato una verità”.
Non dite: “Ho trovato il sentiero dell’anima”, ma piuttosto, “Ho incontrato l’anima in cammino sul mio sentiero”.
Poiché l’anima cammina su tutti i sentieri.
L’anima non procede in linea retta, e neppure cresce come una canna.
L’anima si schiude, come un fiore di loto dagli innumerevoli petali.’

La preghiera

Perché, cos’altro è la preghiera, se non l’espansione del vostro essere nello spazio vivente?
E, se vi è di conforto riversare la vostra tenebra nell’etere, sia gioia per voi anche spandere il risorgere del vostro cuore.
E, se non riuscite a fare a meno di piangere, quando la vostra anima vi richiama alla preghiera, essa dovrebbe chiamarvi e richiamarvi ancora, finché non giungerete al riso.

La Bellezza

E la bellezza non è bisogno, ma estasi.
Non è una bocca riarsa, né una mano vuota protesa, Ma piuttosto un cuore che arde e un’anima incantata.
Non è l’immagine che vorreste vedere, e neppure la canzone che vorreste sentire, Ma un’immagine visibile anche a occhi chiusi, e un canto che potete udire anche tappandovi le orecchie.
Non è la linfa nella corteccia rugosa, né un’ala attaccata a un artiglio, Ma piuttosto un giardino eternamente in fiore e uno stormo di angeli sempre in volo.

I doni

Spesso dite: vorrei dare, ma solo a chi lo merita. Gli alberi del vostro frutteto non dicono così, e neppure gli armenti nel vostro pascolo. Essi danno per vivere, perché trattenere significa morire…

Il lavoro

Vi è stato sempre detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una sventura. Ma io dico che, quando lavorate, voi realizzate una parte del sogno più remoto della terra, assegnatovi quando quello stesso sogno fu generato. Così, la vostra fatica in verità è un atto d’amore per la vita, e amare la vita attraverso la fatica significa essere in armonia con il suo segreto più profondo.

Il Piacere

Il piacere è un canto di libertà, ma non è la libertà. Esso è il fiorire dei vostri desideri, ma non è il loro frutto.
E’ una profondità che si appella all’altezza, ma non è né profondo, né elevato
E’ il prigioniero che prende il volo, ma non è spazio racchiuso.
Si, in verità, il piacere è un canto di libertà.
E io vorrei vedervi cantare con tutto il cuore; ma non vorrei che lo smarriste, cantando.

(da Gibran Kahlil Gibran, Il Profeta)

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