La vergogna

La vergogna

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Definizione 

La vergogna è un profondo e amaro turbamento interiore che può assalire una persona quando si rende conto di aver agito o parlato in maniera riprovevole o disonorevole. Questa emozione dunque si manifesta quando ci si sente in imbarazzo,  in condizioni di disonore, per sensi di inadeguatezza, umiliazioni o dispiacere.

Etimologia

Il termine deriva dal latino “vereor”, che significa “rispetto, timore rispettoso”, mentre il corrispettivo inglese, “shame”, si ricollega alla radice germanica “kam”, che significa nascondere, coprire (il prefisso “s” aggiunge un significato riflessivo, per cui “nascondere” diventa “nascondersi”). La derivazione latina dunque mette l’accento sulla motivazione scatenante della vergogna (il senso di rispetto), mentre il termine inglese trae le sue origini da una delle caratteristiche conseguenti: il bisogno di nascondersi.

A13

Primi studi 

Charles Darwin, nel suo libro The Expression of the Emotions in Man and Animals (1872) descriveva questa emozione come qualcosa capace di provocare rossore al viso, confusione mentale, occhi rivolti verso il basso, postura rilassata, testa abbassata, desiderio di nascondersi ed eventuale pianto. Darwin nel libro cita anche un esempio biblico, nel passo in cui Ezra esclama: “Oh Signore! Mi vergogno di sollevare la testa davanti a Te e ne arrossisco, mio Signore”. La citazione serve a spiegare che questa emozione è sempre esistita. Il naturalista distingue vergogna e  senso di colpa, considerando il secondo simile al rimorso: sentimento che si prova quando ci si sente in colpa.

Psicoanalisi

Freud, parlando di queste emozioni che sorgono dall’autocoscienza, inizialmente non si concentrò molto sull’analisi di questa emozione. Nei suoi scritti giovanili (1896) ne parla come un sintomo provocato da un trauma, ma è maggiormente concentrato sul senso di colpa. Successivamente, il padre della psicoanalisi tornò su questi temi, a proposito di impulsi e pulsioni che esigono restrizioni, indicando la vergogna come una difesa contro gli istinti sessuali (1905).

Molti psicoanalisti hanno indicato le origini della vergogna nel controllo degli sfinteri. Fenichel, ad esempio, riteneva che essa fosse causata dall’educazione infantile nei confronti dell’igiene personale, del controllo della vescica e della funzione intestinale. Per questo autore le cause di attivazione dei meccanismi di difesa sarebbero, oltre che l’angoscia (o ansia), indicata da Freud, anche la vergogna, il disgusto e il senso di colpa. Per Fenichel  dunque questa emozione è una sorta di meccanismo difensivo contro i desideri esibizionistici, o contro il desiderio di mettersi in mostra (Fenichel, 1945)

Erikson (1950) si riallaccia a Darwin quando scrive che la vergogna nasce quando: “una persona si trova totalmente esposta e conscia di essere guardata: in una parola, conscia di sé”. (Non a caso gli inglesi usano molto l’espressione “self-conscious” per parlare di imbarazzo o di timidezza). Anche per Erikson la vergogna è legata a precise funzioni corporali, in particolare quelle relative al controllo degli sfinteri: il bambino, nel corso del suo sviluppo, arriva a considerare queste funzioni, come cattive, vergognose e pericolose. Scrive Erikson: “le osservazioni cliniche mi portano a ritenere che la vergogna abbia molto a che fare con la coscienza di avere un davanti e un dietro, più precisamente un “didietro”. L’esperienza della vergogna però, secondo Erikson, può essere utile in quanto consente anche di conoscere l’emozione che è il suo contrario e cioè l’orgoglio, la certezza, la fiducia. Lo stadio anale, nello sviluppo psicosessuale, per Erickson sarebbe quindi legato all’emergere sia dell’emozione della vergogna sia di quella dell’orgoglio.

Clinica della Timidezza

Sviluppo cognitivo

Le emozioni primarie, come la gioia, la tristezza, la rabbia, il disgusto, l’interesse e la paura compaiono presto nello sviluppo umano e, di conseguenza, anche se presuppongono una attività cognitiva, non hanno la necessità che si sia sviluppata una solida consapevolezza di sé.

Le emozioni secondarie invece, come nel caso della vergogna, del senso di colpa e dell’orgoglio, sono emozioni più complesse, in quanto sono tutte legate alla percezione di sé: per questo sono state definite anche “emozioni dell’autoconsapevolezza” (Lewis, 1992, Tangney, Fischer 1995), “emozioni “sociali” (Barrett, 1995) o “emozioni interpersonali” (Battacchi 2000).

Si prova l’emozione della vergogna solo quando diventa possibile confrontare le proprie azioni con dei valori e modelli di comportamento, personali o altrui: più si è capaci di concentrare l’attenzione sul proprio comportamento, di giudicarlo in base a specifici parametri, più si accresce la possibilità di percepire l’emozione della vergogna.

Già a due anni di età, si può osservare un bambino che si vergogna dalle sue reazioni corporee: espressioni facciali, rossore, mancato contatto oculare, prossemica, comunicazione paraverbale. Una particolare suscettibilità alla vergogna può svilupparsi in questo periodo dello sviluppo a seguito di abbandoni o fallimenti dei legami affettivi, che determinano stili di attaccamento insicuri (Morrison, 1987, Kaufman, 1992).

Anche fra gli adolescenti la vergogna è molto frequente, a causa della fortissima dipendenza che a questa età i ragazzi sviluppano nei confronti del gruppo: non adottare i comportamenti accettati o valorizzati dal gruppo può essere causa di vergogna e di auto-emarginazione.

Fra gli anziani, i cambiamenti degenerativi vissuti nel corpo e nelle capacità cognitive, possono invece portare alla vergogna in quanto le persone possono sentirsi prive di alcuni attributi che avevano da giovani e che sentono di aver perduto, diventando più vulnerabili e insicure.

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Frequenza 

Tutti, prima o poi, provano il senso della vergogna, perché è impossibile rimanere coerenti con se stessi in tutte le occasioni, o rispettare alla lettera le aspettative che gli altri hanno nei propri confronti.

Manifestazioni

Dal punto di vista fenomenologico, l’emozione della vergogna viene descritta come un senso improvviso e sgradevole di nudità, di trasparenza: ci si sente scoperti, smascherati e da qui nasce il desiderio di diventare invisibili, di sparire dalla vista degli altri.

La persona che si vergogna prova un profondo turbamento, si sente confusa, disorientata. Spesso si può provare anche un forte desiderio di fuga. La vergogna porta ad attribuire agli altri un ruolo attivo, osservante, giudicante, che porta la persona a sentirsi vulnerabile, infantile, a disagio e ciò le impedisce qualsiasi possibilità di comunicazione.

Linguaggio del corpo

Il primo segnale di vergogna riguarda il distogliere lo sguardo, ripiegare la postura, voltare il viso, che in genere arrossisce (ma ci si può vergognare anche senza arrossire!). Comportandosi così si ammette implicitamente di non essere riusciti a raggiungere determinati standard di prestazione, o anche norme e valori che si ritengono rilevanti per una buona valutazione di sé.

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Il giudizio degli altri

Il giudizio altrui può essere doloroso e può accrescere il senso di vergogna, ma è importante capire che può dare vera sofferenza sofferenza solo quando questo giudizio corrisponde, consapevolmente o meno, al proprio: infatti, se non si condividono i valori degli altri, non ci vergogna né di sé, né del proprio operato.

Fare e Essere

Dal punto di vista sociologico, si può distinguere la “vergogna del fare” (aischyne), dalla “vergogna dell’essere” (aidòs). (Vetrone, 1991) La vergogna dell’essere è molto più profonda e dolorosa, e riguarda l’essenza della persona, la sua identità, mentre la vergogna del fare non mette in discussione l’io, ma l’agito, e per questo è molto meno invasiva.

Svelamento o Smascheramento

Vi è ad esempio una vergogna da svelamento o smascheramento (Battacchi, 2000), in cui la persona è esposta contro la sua volontà, come quando è violata o sorpresa nell’intimità, oppure quando la persona non riesce ad apparire agli altri come vorrebbe.

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Lodi

E’ stata individuata una specifica “vergogna per le lodi” (Castelfranchi, 2005), che si prova quando ci si sente esposti all’osservazione e alla valutazione degli altri, anche se in positivo: ci si sente a disagio nell’accettare la lode, specialmente quando si pensa di non meritarla, o a causa di qualche senso di colpa.

La vergogna di vergognarsi

Vi è poi la “vergogna ricorsiva” (Pandolfi, 2002) legata al circolo vizioso della vergogna stessa, quando ci si vergogna di vergognarsi.

La vergogna “transitiva”

La  “vergogna transitiva”  (Pandolfi, 2002) la si prova quando si comprende che, per il proprio comportamento, si è provocato un senso di vergogna ad un’altra persona.

La vergogna “transpersonale”

La “vergogna transpersonale” la si prova quando ci si vergogna di cose e persone relative al  proprio sé allargato, cioè alla propria famiglia, al posto di lavoro, la nazione di appartenenza, o il gruppo sociale nel quale ci si identifica (Pandolfi, 2002).

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La vergogna “contagiosa”

La vergogna “contagiosa” (Lewis, 1971) la si prova quando ci si vergogna di fronte all’improvviso vergognarsi di qualcuno.

Differenze fra vergogna e pudore

La vergogna non va confusa con il pudore: il pudore infatti nasce dal desiderio di non mostrarsi allo sguardo altrui, come una sorta di protezione psicologica che permette di difendere uno spazio proprio, verso il quale non necessariamente si provano sensi di inadeguatezza (Gérard Bonnet, 2011). Chi ha pudore non ha sempre vergogna nel mostrarsi: semplicemente è una persona che non ama mostrarsi, esibirsi davanti ad altri.

Differenze fra vergogna e senso di colpa

La differenza principale fra vergogna e senso di colpa è la seguente:
– la vergogna è una violazione dei valori culturali o sociali;
– il senso di colpa deriva dalla violazione di propri valori interni.

Differenze culturali 

Al sentimento della vergogna si può reagire in diversi modi: con rabbia, depressione, isolamento sociale. Non si tratta solo di differenze individuali: le ricerche condotte in differenti Paesi ci dicono che le differenze culturali incidono moltissimo sul modo di percepire la vergogna ed anzi, spesso sono determinate proprio dal modo in cui le persone affrontano questa emozione.


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Reazioni 

  • Non si presta attenzione, cioè si finge che nulla di anomalo o di fastidioso sia avvenuto;
  • Si fornisce supporto alla persona in difficoltà, cercando di rassicurarla;
  • Scherno o riso (Meazzini, 2005).

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Un commento

  1. salve devo scrivere una relazione sul senso del pudore provato da un disabile nel rievere prestazioni di igiene intima da un operatore. potrei avere uno spunto di scrittura? grazie.

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