Innamorarsi del Terapeuta

INNAMORARSI DEL TERAPEUTA

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Perché molte persone si innamorano del loro terapeuta (uomo o donna che sia)?

La teoria psicodinamica, l’unica in realtà che abbia approfondito l’argomento, spiega il fenomeno attraverso il transfert, cioè quella condizione emotiva che caratterizza la relazione del paziente nei confronti dell’analista.

Freud conosceva già il problema, per averlo vissuto indirettamente attraverso l’esperienza di Breuer con Anna O. , oltre che su se stesso: ritenne tuttavia che questi sentimenti di traslazione (come definì il transfert in altri scritti) dovessero essere considerati come ulteriori dati scientifici forniti dai pazienti, che andavano integrati e capiti dal terapeuta, allo scopo di facilitare il processo di guarigione del paziente.

Per Freud infatti, il transfert era un processo che permetteva al paziente di rivivere, e di far rivivere, antichi sentimenti sessualizzati, associati con la nevrosi originaria. In un certo senso essi funzionavano come una resistenza, dal momento che, durante l’analisi, questi prendevano il posto dei precedenti sintomi nevrotici, in una forma nuova e mascherata della nevrosi originaria.

Non sempre i sentimenti provati dal paziente nei confronti dell’analista sono di tipo romantico: spesso possono ricordare la relazione padre-figlio (o madre-figlia), dove il terapeuta assume un ruolo genitoriale nella mente del paziente, con il/la quale rivivere il rapporto, più o meno traumatico, dell’infanzia e dell’adolescenza.

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L’innamoramento verso il terapeuta è dunque una forma particolare di transfert e rappresenta un possibile “effetto collaterale” della psicoterapia, anche se non succede a tutti ed in tutte le situazioni terapeutiche.

Erich Fromm riteneva normale che, di fronte alle difficoltà date da un cammino di individuazione, l’essere umano potesse sentirsi attratto da una figura “onnipotente” come quella del terapeuta, cui affidarsi e perfino sottomettersi. Analizzare il transfert di un paziente, disse Fromm, può essere dunque utile per osservare al microscopio il rapporto che il paziente ha con il mondo.

Ma perché sorgono questi innamoramenti durante la relazione terapeutica?

Facile a dirsi: in un mondo dove tutti sono egoisti e non hanno più nemmeno un minuto di tempo per aiutare gli altri, o semplicemente per ascoltare, il terapeuta (maschio o femmina) può apparire come un angelo, che ascolta con attenzione ed interesse, consiglia, rassicura, sostiene. (In realtà non è un angelo, ma un professionista!).

Ovviamente il terapeuta non dovrebbe mai, per nessuna ragione, mostrare di ricambiare i sentimenti del paziente (contro-transfert): questa sarebbe una grave violazione della relazione terapeutica, professionale ed etica.

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Come diceva giustamente Freud:

“non siamo lungi dal pretendere che il medico debba riconoscere in sé questa contro-traslazione e padroneggiarla”

Il contro-transfert costituisce infatti un elemento di grave ostacolo al progredire della terapia, in quanto invalida quell’atteggiamento di impassibilità e di distacco emotivo che Freud raccomandava tramite la regola dello specchio:

“Il medico deve essere opaco per l’analizzato e, come una lastra di specchio, mostrargli soltanto quello che gli viene mostrato”

(vedi S. Freud, Tecnica della Psicoanalisi 1911-1912 in Opere, Boringhieri).

Non era dello stesso parere Jung, il quale riteneva ineliminabile il controtransfert: esso, diceva lo psicoanalista svizzero, non andrebbe respinto, ma accolto e controllato in quanto alla base di quella reciprocità trasformativa che conferisce alla relazione l’aspetto dinamico che le è proprio, dove in azione non è solo l’Io dell’analista, ma anche l’inconscio dell’analista e l’inconscio del paziente, la cui comunicazione costituisce l’elemento più autenticamente analitico. (Non a caso Jung si invischiò più volte in tormentate relazioni con molte sue pazienti. Vedi il caso di Sabina Spielrein).

Di parere opposto a quello di Jung è comunque il Codice deontologico degli psicologi italiani (che ricalca in proposito quello americano ) attraverso l’Art. 28:

Articolo 28

Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione. Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale. Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito. Lo psicologo non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale.

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Vedere le cose dal punto di vista del paziente

Leggi anche:  L'alleanza terapeutica: come favorirla

Se ci si sente innamorati del proprio terapeuta, la prima cosa su cui riflettere è che potrebbe essere una illusione, una idealizzazione, anche perché il paziente non conosce la vita privata e la vera personalità del terapeuta e dunque è facile sbagliarsi. Talmente facile che questi innamoramenti sono abbastanza frequenti.

In primis dunque occorre anzitutto pensare che la gentilezza e le attenzioni ricevute sono, quasi sicuramente, di natura professionale.

Se tuttavia si nutrono dubbi sul comportamento del terapeuta e ci si sente turbati, occorre tener conto di questi punti:

  • Le relazioni sentimentali o sessuali tra il terapeuta e il paziente non sono ammissibili, non solo perché deontologicamente vietate, ma anche perché vanno a discapito della terapia;
  • Spetta soprattutto al terapeuta, che conosce bene questi meccanismi, mantenere la giusta distanza. 
  • Se il terapeuta fa delle avances, avendo capito la vulnerabilità del paziente, occorre interrompere subito la terapia e denunciare l’accaduto all’Ordine degli Psicologi.
  • Se il terapeuta riesce a mantenere un atteggiamento corretto e distaccato, sapendo gestire il suo contro-transfert (ci vuole formazione, esperienza, professionalità, rettitudine morale) parlare di questo innamoramento può sicuramente essere utile, per comprendersi meglio.
  • Mai e poi mai parlare di questi argomenti fuori del setting terapeutico.
  • Abbracciare e baciare il paziente non fa assolutamente parte di un metodo psicoterapeutico riconosciuto.

Dr, Walter La Gatta

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