Judy Garland e Susie, la nipotina di Freud

Chi non ricorda Judy Garland nel personaggio di Dorothy che canta ‘Somewhere Over the Rainbow’? Bé, francamente non tutti, ma qualcuno la ricorda in modo particolare, come se la Garland avesse cantato questa canzone proprio per lui/lei.

E’ il caso, ad esempio, di Susie Boyt, che ascoltando questa canzone ha preso ad amare la Garland, fino a sentirla vicina come se fosse una persona di famiglia. Nel libro: My Judy Garland Life, la Boyt scrive insieme una biografia della Garland ed anche la sua autobiografia, la storia di una vita centrata intorno all’ossessione per un mito.

Può sembrare strano che una ragazzina si innamori di una canzone e di un personaggio e poi ci si identifichi totalmente, come se ne conoscesse la vita più intima, i pensieri più segreti. La Boyt del resto non è una persona qualsiasi. Il suo bisnonno infatti era Sigmund Freud e va da sé che in famiglia abbia sempre sentito parlare di psicoanalisi e che, dalla più tenera età, la Boyt abbia incoraggiato in sé stessa, come lei stessa racconta, una certa tendenza all’empatia, fin quasi a sentire il dolore degli altri.

Il padre di Susi, per la cronaca, è il pittore Lucian Freud.

I genitori della Boyt si sono separati prima che lei nascesse e raramente la piccola Susie ha incontrato suo padre. La nostra, neanche a dirlo, da piccola sognava di fare la cantante e la ballerina, ma era completamente priva di talento. Sebbene avesse seguito dei corsi di danza, i risultati non arrivavano e alla fine la madre decise di troncare le aspirazioni della figlia dicendole “tu sei troppo intelligente” per dedicarti a queste cose.

Lavorare nel mondo dello spettacolo è dunque rimasto un rimpianto per Susie, anche se, ammette, un rimpianto per essere tale deve rientrare nell’orbita delle cose possibili. Per lei invece la strada di questa professione sembrava un po’ troppo in salita.

La Boyt si descrive come una perfetta fan della Garland: ammirazione ed adorazione per il mito, ma sempre a rispettosa distanza. In tutto il libro tuttavia resta sullo sfondo un comportamento da stalker dell’autrice (gli stakers sono persone che vogliono conoscere i particolari della vita di una persona o di un personaggio famoso e per questo tendono a spiarela loro vittima, la seguono, le telefonano ecc.).

Ad esempio, la Boyt è riuscita ad incontrare Liza Minnelli, figlia della Garland e, come si legge nel libro, Susie in quell’occasione ha dovuto fare un grande sforzo su sé stessa per non portarsi a casa le cicche di sigarette, o i resti del panino della figlia del suo grande mito.

Il libro è sfacciato e irriverente: l’autrice non si chiede se il suo lettore ami o meno Judy Garland. Lei vuole raccontare la sua storia ed insieme quella della Garland, in modo delicatamente in bilico tra gioia e disperazione.

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Judy Garland morì cinque mesi prima che Susie nascesse e dunque non si può considerare come un personaggio contemporaneo della Boyt: è piuttosto una mancata presenza nella vita dell’autrice, molto simile alla mancata presenza della figura paterna, Lucian.

Alla fine dunque, ciò di cui si parla veramente in questo libro è di psicologia: emozioni, sentimenti, affetti, relazioni. Tanto per non sdirazzare

Fonte: The Guardian

Chi non conoscesse la Garland o volesse semplicemente rinfrescare la memoria può guardare ed ascoltare questo video:

Giuliana Proietti

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