La misurazione del benessere oltre il Prodotto Interno Lordo

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Definire il concetto di benessere non è semplice; il problema coinvolge vari ambiti e può essere affrontato da numerosi punti di vista, aprendo questioni di carattere etico o spirituale, filosofico, psicologico o economico.  Se è molto complesso offrire una definizione di benessere che sia oggettiva e univoca, realizzare delle misurazioni statistiche con le stesse caratteristiche rappresenta un obiettivo ancor più arduo.  Nonostante ciò, dal momento che ogni scelta politica o sociale dovrebbe mirare proprio al miglioramento del benessere degli individui e della collettività, è necessario dotarsi di strumenti di misurazione adeguati per indirizzare correttamente le politiche.

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Recentemente, i temi della misurazione del benessere e della sostenibilità hanno trovato nuovi e importanti sviluppi, sia nell’attenzione dell’opinione pubblica e degli organi internazionali (OECD, Nazioni Unite, Unione Europea, Eurostat), che all’interno del dibattito scientifico.  In questo contesto è emerso un rinnovato consenso sui limiti del Prodotto Interno Lordo (PIL) come misura del benessere, e numerose raccomandazioni invitano ad estendere le misurazioni ad altre dimensioni, in particolare quelle ambientali e sociali[1].

In conseguenza, sono stati ideati e promossi numerosi indicatori di benessere correttivi o alternativi al PIL, seguendo approcci differenti. I vari approcci presentano vantaggi e svantaggi specifici; probabilmente gli sviluppi più interessanti si avranno proprio dalla fusione dei diversi filoni di ricerca.

Fra gli indicatori correttivi del PIL, ad esempio, l’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW), interviene nei confronti dei principali limiti del PIL, ed estende la dimensione economica agli aspetti ambientali e sociali, mantenendo come risultato un valore monetario unico e aggregato[2].

Esistono poi numerosi indicatori alternativi al PIL che non ricorrono a valutazioni monetarie (come lo Human Development Index – HDI delle Nazioni Unite), ma aggregano in indici compositi i contributi provenienti da vari sub-indicatori, riferiti ad aspetti specifici.

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Una prospettiva diversa è invece quella degli indicatori soggettivi, prevalentemente applicati in ambito psicologico e sociale, che mirano ad analizzare il benessere partendo dal punto di vista degli individui, per mezzo di apposite survey, o attraverso misurazioni delle risposte cerebrali (Khaneman et al. 2004).

Alcuni legami analizzati dagli indicatori soggettivi sono molto interessanti, come quello fra felicità e reddito disponibile.  Secondo vari studi (Clark et al. 2007; Frey, 2002), il benessere individuale è correlato positivamente con il reddito, ma in misura limitata (o “meno che proporzionale”, come mostrato già nel 1974 dal noto “paradosso di Easterlin”). Inoltre, la correlazione è più forte per gli individui appartenenti alle fasce di reddito basse. Ne consegue che, per spiegare la felicità individuale in termini economici, è più importante il reddito relativo, nei confronti del gruppo sociale di riferimento, che non quello assoluto.

Per quanto riguarda i confronti internazionali, i risultati del paradosso di Easterlin sono stati confermati per numerosi paesi sviluppati, ma non per quelli in via di sviluppo.  Nel caso dei paesi emergenti prevale, infatti, un effetto positivo derivante dall’uscita dalla condizione di povertà, e dal miglioramento percepito rispetto alla condizione precedente. Oltre una soglia di reddito tale da garantire degli standard di vita soddisfacenti, però, entrano in gioco altri elementi in maniera preponderante, come il tempo libero, le relazioni sociali, l’autostima, la soddisfazione familiare, lo stato psico-fisico.

Un’altra spiegazione del debole legame fra reddito e felicità proviene dal processo di evoluzione delle preferenze e delle aspirazioni degli individui, che consegue alla crescita del reddito e del progresso tecnologico. Già alcuni grandi autori classici, come Hirschman, anticipavano l’idea che il benessere fosse prodotto proprio dal “passaggio da una situazione peggiore ad una migliore”.  Abituandosi invece – molto rapidamente secondo le ricerche – agli standard più elevati, il benessere che ne deriva svanisce gradualmente.

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Alla luce di questi risultati si comprende come sia importante sviluppare la ricerca (coordinata fra più discipline) di indicatori socio-economici che non si basino solo sul reddito, ma estendano la misura del benessere ad aspetti multidimensionali.  Dopodiché, basandosi su indicatori e informazioni adeguate, spetta ai decisori politici e alle coscienze individuali definire gli effettivi sentieri sostenibili da percorrere, nel comune interesse.

Riferimenti bibliografici

Balducci F., 2010. Il benessere sostenibile nella Provincia di Ancona (Analisi Economica). Piano Attuativo Provinciale del Piano Energetico Regionale (PEAR), Provincia di Ancona.

Clark, A., Frijters, P., and Schields, M.A. , 2007. “Relative Income, Happiness and Utility: An Explanation for the Easterlin Paradox and Other Puzzles”, Journal of Economic Literature, forthcoming.

CMEPP, 2009, “Survey of Existing Approaches to Measuring Socio-Economic Progress”, Commission on The Measurement of Economic Performance and social Progress )

Easterlin, R.A., 1974. “Does economic growth improve the human lot? Some empirical evidence”, in David, R. and Reder; R. (Eds) Nations and Households in Economic Growth: Essays in honor of Moses Abramovitz, New York, Academic Press.

Frey, B.S. and Stutzer, A., 2002. “What can economists learn from happiness research?”, Journal of Economic Literature, vol. 40, pp. 402–435.

Kahneman, D., Krueger, A.B., Schkade D., Schwarz N., and Stone A., 2004. “Toward National Well-Being Accounts”, American Economic Review, Papers and Proceedings, vol. 94, pp. 429-434.
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[1] Si faccia riferimento alla celebre Commission on the Measurement of Economic Performance and social Progress, istituita dall’ex Presidente francese Nicolas Sarkozy e formata da illustri economisti fra cui Joseph Stigliz, Amartya Sen e Jean-Peaul Fitoussi ).

[2] Per approfondimenti su questo indicatore e per consultare i risultati di applicazioni alle regioni italiane è possibile fare riferimento all’autore (f.balducci@univpm.it).

Dr. Francesco Balducci

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