Maledetti quarant’anni

Ieri sera, a Senigallia, ho avuto il piacere di presentare, insieme al collega Dr. Walter La Gatta e a Gigio Brecciaroli di Radio Arancia Network, il libro della giornalista Giusy Franzese, Maledetti Quarant’anni, edizione Sperling e Kupfer, pubblicato di recente.
Riporto qui qualche breve ricordo di quanto si è detto, per soddisfare la curiosità di chi non ha potuto esserci.

Anzitutto parliamo del libro: scorrevole, con linguaggio semplice e diretto, divertente. Come ho detto alla presentazione, si tratta di un libro con almeno due chiavi di lettura: è infatti un libro apparentemente commerciale, frivolo, ‘estivo’, rivolto alle donne ed in particolare alle donne che curano molto la propria immagine, che vanno in palestra, che seguono il gossip di altre VIP belle e famose. C’è però, a mio avviso, anche una seconda chiave di lettura, più profonda, più personale: si capisce che l’autrice abbia voluto, scrivendo questo libro, osservare sé stessa, le sue coetanee e il mondo che la circonda, con un certo distacco, per raggiungere l’obiettivo di farsi una autoterapia e superare al meglio questo momento difficile del giro di boa dei primi quaranta anni.

L’autrice dice che si vorrebbe fermare il tempo, a quaranta anni, ma leggendo il libro si capisce che la paura più sentita è quella della perdita della bellezza. Problema comune a molte donne che, come dice l’autrice del libro, non sempre riescono a convincersi che dietro ogni ruga ci sia un’esperienza di vita, una saggezza acquisita, che ripaghi della freschezza perduta.

Che dire? La bellezza indubbiamente aiuta: dona potere seduttivo con l’altro sesso, immagine sociale, facilitazioni nel comunicare e nel persuadere…
In ogni caso, come ho cercato di spiegare, la bellezza in sé non porta la felicità: quante donne bellissime hanno sofferto di depressione e si sono perfino suicidate? La bellezza dunque non deve essere considerato un fine, ma uno, solo uno, dei tanti mezzi che possono portare la persona ad essere più felice, più soddisfatta di sé stessa.

E’ molto più saggio valorizzare altri aspetti del sé che non la propria immagine corporea, puntando su abilità e capacità che migliorano con il tempo e non su aspetti effimeri, come è appunto la bellezza che, al di là di trattamenti particolari e maschere di bellezza, svanisce con l’età.

La cultura, l’empatia, le abilità sociali, perfino le abilità sessuali, possono migliorare col passare degli anni: inutile dunque puntare tutto sulla propria bellezza e trovarsi con le armi spuntate quando si sente che la si sta perdendo.

Giusy Franzese ha sottolineato l’importanza di vivere nella società dell’immagine, per cui diverse donne, come Hillary Clinton o Segolene Royal hanno accettato di farsi migliorare dal bisturi per sottoporsi al test elettorale. (Ma allora, come mai la nostra Rosy Bindi, che di sedute nei saloni di bellezza credo ne faccia ben poche, è forse la politica di maggiore successo e potere oggi in Italia?).

Gli uomini invece, dice l’autrice del libro Maledetti Quarant’anni, anche se hanno l’età e la pancetta possono aspirare ad avere accanto ragazze di venticinque anni, specialmente se hanno il portafogli pieno e la barchetta… E questo, dice l’autrice, non può che suscitare invidia. Ciò nonostante anche gli uomini ormai, continua la Franzese, si sono convertiti ai trattamenti estetici, il che fa pensare che la società odierna non possa fare a meno della bellezza. (… Ma allora, viene da chiedersi, cosa abbiamo da invidiare all’ex sesso forte, alle prese con creme di bellezza e tinture per capelli, costretto al Viagra per poter vantare la conquista di una venticinquenne?)

Riflettendo su quanto diceva la simpatica e brava Giusy, ho infine pensato che forse le cose non stanno davvero così… Sono i media, la pubblicità, gli interessi delle case cosmetiche e farmaceutiche, la medicina estetica e chissà cos’altro, che tenta di convincerci che la bellezza oggi sia così importante e indispensabile. In realtà, dopo la rivoluzione culturale del 1968 le donne sono cambiate totalmente e non è affatto vero che la bellezza sia oggi più indispensabile di quanto lo fosse in passato.

Una volta le donne valevanoinfatti solo per due motivi: perché erano belle e perché facevano i figli. Oggi, per fortuna, (o meglio, per tante lotte femministe) non è più così: una donna può essere apprezzata per tanti altri motivi. Ad esempio perché è capace di dirigere un’azienda, fare la giornalista, la politica, la psicologa e via dicendo.

La perdita della bellezza, in senso psicologico, può comportare l’elaborazione di un lutto: all’inizio c’è il diniego, la negazione (‘signora a me? Ma se sono una ragazza!), poi l’accettazione e la conseguente depressione (Ormai non potrò più essere quella di un tempo) ed infine, quando c’è, la reazione positiva: posso valere, anche se se la vita mi rende diversa, ma non per questo peggiore di prima.

Dott.ssa Giuliana Proietti

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