Mamme italiane: meno figli e sempre più tardi

L’Istat ha presentato i risultati della seconda edizione dell’Indagine campionaria sulle nascite, condotta nel 2005 su un campione di circa 50 mila madri di bambini iscritti in anagrafe per nascita nel 2003 (il 10% di tutte le madri del 2003). Le madri sono state intervistate a distanza di 18- 21 mesi dalla nascita del figlio. Si tratta di un lasso di tempo particolarmente significativo, essendo quello in cui generalmente matura la scelta di avere o meno un altro figlio e in cui si pongono in modo accentuato le problematiche del conciliare gli impegni lavorativi extradomestici
con quelli familiari.

I dati dell’indagine consentono di ricostruire la struttura della fecondità per ordine di nascita e forniscono un quadro accurato sulle opinioni e le aspettative di fecondità delle madri, sugli aspetti familiari e sociali di contesto delle nascite, sulle strategie di cura adottate dalle famiglie e sull’impatto che la nascita di un figlio ha sulle scelte lavorative delle donne.

La metodologia di indagine è disponibile sul web.

Secondo le stime più recenti riferite all’anno 2005 nel nostro Paese nascono in media 1,33 figli per ogni donna in età feconda (il limite dell’età feconda viene generalmente fissato negli studi demografici entro l’intervallo di età 15-49 anni).
Quello italiano, è uno dei livelli più bassi di fecondità osservato nei paesi sviluppati, ed è il risultato di una progressiva diminuzione delle nascite che è in atto da circa un secolo. Ad eccezione, infatti, di brevi periodi di ripresa – come il “baby boom” della prima metà degli anni
‘60 in cui si è registrato un massimo di 2,7 figli per donna – dal 1965 è iniziata una nuova fase di diminuzione della fecondità che si è protratta per 30 anni. Nel 1995 si è toccato il minimo storico di 1,19 figli per donna, mentre a partire dalla seconda metà degli anni ‘90 è in
atto una lieve ripresa.

La diminuzione della fecondità è stata accompagnata da importanti mutamenti nelle modalità temporali scelte dalle coppie per avere dei figli. L’età media della madre alla nascita del primo figlio, che è stata per molto tempo abbastanza stabile intorno ai 25 anni, è andata
progressivamente aumentando a partire dalle generazioni di donne nate nella seconda metà degli anni ‘50 raggiungendo oggi la soglia dei 29 anni (n.d.b. di media!)

Il consistente abbassamento della fecondità ha completamente trasformato la dimensione media delle famiglie italiane e il modello familiare destinato a prevalere sembra essere quello del figlio unico. La nascita del primo figlio, infatti, è un evento che è stato interessato solo parzialmente dalla crisi della fecondità: le donne italiane mostrano una elevata propensione a diventare madri, anche se di un solo figlio. Il calo della fecondità non deve quindi essere attribuito ad un rifiuto delle donne nei confronti della procreazione.

Il passaggio dal primo figlio a quelli di ordine successivo è diventato nel tempo, al contrario, un evento sempre meno frequente. La diminuzione della fecondità è stata, infatti, in buona parte il risultato della progressiva rarefazione dei figli del terzo ordine e successivi.
Per le generazioni di donne nate a partire dalla fine degli anni ‘50 e dei primi anni ‘60, si osserva,
inoltre, una contrazione delle nascite anche per i secondogeniti e, seppure in misura minore, per i
primogeniti.

Una riduzione della fecondità importante come quella avvenuta in Italia pone molti interrogativi sulle motivazioni che spingono le coppie a non avere figli o ad averne molto meno che in passato.
Nonostante la forte flessione riscontrata nella fecondità effettiva, il numero “atteso” di figli è, per le madri intervistate, superiore a due (2,19 figli per donna) e questo è vero anche quando si considerano le madri più giovani (2,18). In altri termini, si propongono di avere almeno due figli sia le donne nate dagli anni ‘70 in poi, che hanno appena avviato la loro carriera riproduttiva, sia le donne nate prima 1963, che al contrario l’hanno quasi conclusa. Il numero medio di figli “atteso” sembra comunque essere leggermente più alto per le generazioni meno giovani (2,35).

Dunque nelle aspettative delle madri intervistate il modello familiare dominante si conferma essere quello con due figli (così si è espresso oltre il 61% delle donne) e il 26% intende arrivare a 3 figli o più. Solo il 12% delle madri dichiara di volere un solo figlio (9% nel 2002).

La proporzione di donne che intende avere un solo figlio cresce rapidamente a partire dai 25 anni di età e per le donne con più di 40 anni è del 18%. Livelli elevati si registrano anche per le madri più giovani: il 15% delle donne con meno di 25 anni non ha intenzione di avere altri figli in futuro (erano l’11% nel 2002). Tuttavia il significato di queste proporzioni è diverso a seconda del momento della storia riproduttiva in cui vengono colte le donne. Per le più giovani la componente progettuale dovuta alla fecondità futura pesa di più rispetto ai figli già
avuti; andando avanti con le età, la quota di fecondità realizzata assume maggiore rilievo e l’indicatore tende a coincidere con il numero di figli effettivamente realizzato. Per le madri di età più avanzata, dunque, l’intenzione di avere un solo figlio può essere in alcuni casi una constatazione di fatto, maturata con l’approssimarsi del limite dell’età feconda, piuttosto che l’espressione di un progetto familiare predeterminato.

Ulteriori indicazioni sulle scelte riproduttive delle donne, possono derivare dall’analisi delle motivazioni fornite dalle madri per non avere un altro figlio. Su un campione di madri, distinte per numero di figli, rappresentativo delle 536 mila donne che hanno avuto un figlio nel 2003, di queste madri il 51% ha avuto il primo figlio, il 38% è all’esperienza del secondo e l’11% ha avuto il terzo figlio o un figlio di ordine successivo. Le donne che non vogliono avere altri figli in futuro sono pari al 40% delle intervistate, in leggero aumento rispetto al 2002 (erano il 37%).

Le madri che hanno dichiarato di non voler altri figli riferiscono come motivazione più frequente la soddisfazione per aver raggiunto la dimensione familiare desiderata: questo è vero per il 44% delle donne con due figli, il 59% di quelle con 3 o più figli e per oltre un quarto delle madri di un solo figlio.
Seguono i motivi economici (indicati da circa il 20% delle donne con uno o due figli e dal 12% di quelle con 3 o più) e i motivi di età (per il 15% delle madri al primo figlio o al terzo o successivo e per il 12% delle madri al secondo figlio).

Rispetto al 2002 si osserva, qualunque sia il numero di figli avuti, un aumento del numero delle madri che indica il costo dei figli come motivo prevalente per non volerne altri. Tale incremento è particolarmente accentuato per le madri al primo figlio e per quelle al secondo (più 5 punti percentuali).

Nelle primipare si osserva inoltre una crescita anche della proporzione di donne che ritiene troppo avanzata la propria età per avere altri figli (più 3,5 punti percentuali). Il fenomeno della posticipazione delle nascite ha, dunque, un importante impatto sulla dimensione familiare complessiva in quanto spesso si traduce in una rinuncia ad avere ulteriori figli.

Anche il lavoro extra domestico rappresenta per le donne un elemento importante per non volere un altro figlio, e questo soprattutto per le primipare (circa il 10% ha riferito questa motivazione). Le donne all’esperienza del primo figlio, in generale, riportano più frequentemente delle altre alcune motivazioni residuali che sono state accorpate nelle voci “preoccupazioni per i figli” e “altro”, tra cui le preoccupazioni per le responsabilità di cura, “non poter contare sull’aiuto costante di parenti e/o amici” per l’accudimento dei bambini, “avere ulteriori figli non lascerebbe tempo per altre cose importanti della vita”. Questo fa intuire un quadro di generale difficoltà avvertito dalle donne nell’affrontare il nuovo
ruolo di madre.
Verosimilmente, le donne con più di un figlio hanno in parte risolto o superato alcune di
queste difficoltà.

Fonte: ISTAT

Dott.ssa Giuliana Proietti 

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Pexels

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