Ripensare il lavoro terapeutico, farne un luogo dove tutti gli dei siano i benvenuti!

Il lavoro terapeutico può essere migliorato?

Il Dr. James Hillman, noto psicologo junghiano, in un seminario dal titolo, “Psicologia Pagana : una terapia per la Psicoterapia” tenutosi presso il Pacifica Graduate Institute, nel 2008, si pose questa domanda: cosa c’era prima della psicoterapia? E, sempre lui, insieme a Michael Ventura, ha scritto il suo libro più famoso, che non sembra dare molte chances alla psicoterapia (che in italiano è stata tradotta, chissà perché, con “psicoanalisi”): “Cento anni di psicoanalisi e il mondo va sempre peggio”.

Hillman è convinto che sia andato perduto il valore terapeutico dell’essere semplicemente dei testimoni dei sintomi psicologici del paziente e della possibilità di comprendere il comportamento umano in un determinato ambiente, fatto di tradizioni, natura e cultura.

Infatti, che cosa facevano le persone, prima della nascita della psicoterapia moderna, quando erano in difficoltà, o avevano bisogno di sentire un senso di appartenenza con il resto dell’umanità, quando si sentivano incerte? Hillman ha rispolverato nel suo libro la tradizione perduta del saggio o dell’oracolo, una persona all’interno della comunità, di cui la gente aveva fiducia per la sua capacità di riflessione, la sua saggezza, le sue intuizioni, o forse solo perché riusciva a riconciliare le persone con il resto dell’umanità e, più importante ancora, con la natura, con la Madre Terra: una fonte inesauribile, molto più ampia di una singola coscienza.

Nella cultura dei Navajo e nelle culture ispaniche, una persona è definita “Promotora” (in italiano “promotore”), se all’interno della comunità agisce come un ponte di collegamento tra il popolo e le amministrazioni pubbliche, o altri sistemi. Una persona “promotora” può parlare sia il linguaggio del popolo che la lingua complicata e intimidatoria delle burocrazie o amministrazioni pubbliche ed è considerata attendibile da entrambi i gruppi, per mediare e sostenere senza creare avversità.

Ripensare il lavoro terapeutico, dice Hillman, è particolarmente importante in questo tempo di incertezza economica. La nostra cultura valorizza l’individualità e la separazione, spesso a scapito dei legami interpersonali e della creazione di un senso di appartenenza. Quando ci si riunisce con cuore aperto e indifeso, si scopre la gioia e la bellezza della nostra identità.

Hillman ha suggerito che la stanza dove si effettua la terapia dovrebbe essere: “Un luogo dove tutti gli dei siano i benvenuti”, che significa un luogo sicuro, in cui sia possibile dare il benvenuto a tutte le parti di noi stessi, non solo agli aspetti più gradevoli, ma a tutto ciò che siamo. La divinità è nel vedere la nostra umanità attraverso gli occhi dell’amore e della compassione, perché solo allora siamo in grado di trasmutare ciò che non ci serve in una direzione positiva.

Bene, se Hillman vi ha convinto, potrete forse partecipare allo Spirit Truckee Peer Counseling Program, un programma di volontariato composto da membri della comunità locale, addestrati per essere dei “promotora” (piuttosto che degli obsoleti e ormai inutili psicoterapeuti…)

Domanda: possibile che nei momenti di crisi la fede abbia sempre la meglio sulla scienza e sulla ragione?

Dr. Giuliana Proietti, psicoterapeuta, Ancona

Fonte:

What came before psychotherapy? Sierra Sun

Link:

Sierra Agape Center

Immagine:

Wikimedia

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