INNAMORARSI DEL/DELLA TERAPEUTA Saluto del CIS - Dr. Walter La Gatta
Innamorarsi del proprio o della propria terapeuta è un’esperienza più comune di quanto si pensi. Spesso genera confusione, imbarazzo o senso di colpa in chi la vive, ma è importante riconoscere che si tratta di una dinamica psicologica comprensibile, che ha radici nel funzionamento stesso della relazione terapeutica. Comprendere il “perché” succede, “come affrontarlo” e “in che modo gestirlo in modo costruttivo” può trasformare questa esperienza in un’occasione preziosa per la crescita personale. Cerchiamo di saperne di più.
Perché ci si innamora del/la terapeuta?
La relazione terapeutica è una delle più intime e protette che si possano vivere. Si tratta di un legame basato sull’ascolto, sulla cura e sull’assenza di giudizio, in cui il/la terapeuta si mostra disponibile, presente e comprensivo/a. In un contesto così particolare, è normale che si attivino forti emozioni. Dal punto di vista psicologico, questo fenomeno è noto come “transfert“.
Cosa è il transfert?
Il transfert si ha quando il/la paziente può proiettare sul/la terapeuta emozioni, desideri o bisogni affettivi che originano da relazioni passate, spesso con figure genitoriali o altre persone significative. Il transfert può assumere diverse forme, tra cui anche l’innamoramento.
Non si tratta di un “vero amore” in senso relazionale, ma di un investimento emotivo che riflette bisogni profondi, talvolta inconsapevoli. La figura del/della terapeuta, proprio per il suo ruolo di contenimento, affidabilità e cura, può attivare desideri di fusione, idealizzazione e dipendenza affettiva.
Chi ha parlato per primo di transfert?
Freud conosceva bene questo problema, per averlo vissuto indirettamente attraverso l’esperienza di Breuer con Anna O. , oltre che su se stesso: ritenne tuttavia che questi sentimenti di traslazione (come definì il transfert in altri scritti) dovessero essere considerati come ulteriori dati scientifici forniti dai pazienti, che andavano integrati e capiti dal terapeuta, allo scopo di facilitare il processo di guarigione del paziente.
Per Freud infatti, il transfert era un processo che permetteva al paziente di rivivere, e di far rivivere, antichi sentimenti sessualizzati, associati con la nevrosi originaria. In un certo senso essi funzionavano come una resistenza, dal momento che, durante l’analisi, questi prendevano il posto dei precedenti sintomi nevrotici, in una forma nuova e mascherata della nevrosi originaria.
Non sempre i sentimenti provati dal paziente nei confronti dell’analista sono di tipo romantico: spesso possono ricordare la relazione padre-figlio (o madre-figlia), dove il terapeuta assume un ruolo genitoriale nella mente del paziente, con il/la quale rivivere il rapporto, più o meno traumatico, dell’infanzia e dell’adolescenza.
L’innamoramento per il/la terapeuta è una costante in terapia?
L’innamoramento verso il terapeuta rappresenta un possibile “effetto collaterale” della psicoterapia, anche se non succede a tutti ed in tutte le situazioni terapeutiche.
Erich Fromm riteneva normale che, di fronte alle difficoltà date da un cammino di individuazione, l’essere umano potesse sentirsi attratto da una figura “onnipotente” come quella del terapeuta, cui affidarsi e perfino sottomettersi. Analizzare il transfert di un paziente, disse Fromm, può essere dunque utile per osservare al microscopio il rapporto che il paziente ha con il mondo.
Cosa è il controtransfert?
Il controtransfert è un concetto della psicoanalisi e della psicoterapia che indica l’insieme delle reazioni emotive, inconsce e consce, che il/la terapeuta sviluppa nei confronti del/la paziente nel corso del percorso terapeutico
Secondo Freud, il contro-transfert costituisce un elemento di grave ostacolo al progredire della terapia, in quanto invalida quell’atteggiamento di impassibilità e di distacco emotivo espresso attraverso la regola dello specchio:
“Il medico deve essere opaco per l’analizzato e, come una lastra di specchio, mostrargli soltanto quello che gli viene mostrato”
Cosa può fare un terapeuta che sente di provare amore per un/una paziente?
Ovviamente il terapeuta non dovrebbe mai, per nessuna ragione, mostrare di ricambiare i sentimenti del/della paziente: questa sarebbe una grave violazione della relazione terapeutica, professionale ed etica.
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Come diceva Freud: “non siamo lungi dal pretendere che il medico debba riconoscere in sé questa contro-traslazione e padroneggiarla” (vedi S. Freud, Tecnica della Psicoanalisi 1911-1912 in Opere, Boringhieri).
Cosa ne pensava Jung?
Jung riteneva ineliminabile il controtransfert: esso, diceva lo psicoanalista svizzero, non andrebbe respinto, ma accolto e controllato. Nella relazione terapeuta-paziente c’è una reciprocità trasformativa che conferisce alla relazione l’aspetto dinamico che le è proprio: in azione non c’è solo l’Io dell’analista, ma anche l’inconscio dell’analista e l’inconscio del paziente, la cui comunicazione costituisce l’elemento più autenticamente analitico. (Non a caso Jung si invischiò più volte in tormentate relazioni con molte sue pazienti. Vedi il caso di Sabina Spielrein).
Cosa prevede il codice deontologico?
Di parere opposto a quello di Jung è il Codice deontologico degli psicologi italiani (che ricalca in proposito quello americano ) attraverso l’Art. 28:
Articolo 28
Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione.
Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale.
Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale
Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito.
Lo psicologo non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale.
IPNOSI CLINICA: una intervista al Dr. Walter La Gatta
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Come riconoscere l’innamoramento in terapia?
Alcuni segnali che possono indicare un coinvolgimento amoroso verso il/la terapeuta sono i seguenti:
– Pensieri persistenti sul/sulla terapeuta al di fuori delle sedute
– Desiderio di piacergli/le o compiacerlo/a
– Gelosia all’idea che possa avere altri pazienti
– Tendenza a idealizzarlo/a, percependolo/a come perfetto/a
– Difficoltà a parlare apertamente di questi sentimenti in seduta
È importante distinguere tra una normale gratitudine o stima nei confronti del/la terapeuta e un coinvolgimento affettivo più intenso, che può interferire con il processo terapeutico.
Cosa fare se ci si innamora del/la terapeuta?
Il primo passo è non colpevolizzarsi. Provare emozioni forti in terapia è parte del lavoro psicologico e può essere un segnale di apertura emotiva.
Il secondo passo è parlarne apertamente durante le sedute, anche se può sembrare imbarazzante. Un/a terapeuta preparato/a sarà in grado di accogliere questi sentimenti con professionalità, aiutando a esplorarne il significato.
Affrontare l’innamoramento in terapia permette di:
– Comprendere i propri bisogni affettivi e relazionali
– Analizzare le dinamiche di idealizzazione e dipendenza
– Riconoscere modelli relazionali appresi nel passato
– Rafforzare la consapevolezza di sé e delle proprie emozioni
In alcuni casi, se il transfert amoroso diventa molto intenso o rischia di compromettere la terapia, si può valutare, insieme al/la terapeuta, l’eventualità di un invio ad altro/a professionista. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, affrontare direttamente la questione diventa parte integrante del processo di cura.
Come prevenire (o meglio: gestire) questa dinamica?
Non è possibile “prevenire” del tutto l’innamoramento in terapia, perché le emozioni non sono sotto il nostro controllo razionale. Tuttavia, ci sono alcune modalità che possono aiutare a gestire consapevolmente questa possibilità:
– Avere un contratto terapeutico chiaro, che definisca il setting e i limiti della relazione
– Coltivare altri legami affettivi e significativi nella propria vita
– Dare spazio a pensieri e riflessioni critiche rispetto all’idealizzazione del/la terapeuta
– Concedersi di esplorare le emozioni, senza giudicarle ma anche senza agire impulsivamente
Se proprio si vuole evitare che succeda questo, in ogni caso, è bene scegliere un/una terapeuta del proprio sesso se si è eterosessuali e dell’altro sesso se si è omosessuali.
Cosa succede quando si provano forti dubbi sull’interesse che il/la terapeuta potrebbe avere nei propri confronti?
Se si nutrono dubbi sul comportamento del terapeuta e ci si sente turbati, occorre tener conto di questi punti:
- Spetta soprattutto al/alla terapeuta, che conosce bene questi meccanismi, mantenere la giusta distanza.
- Se il/la terapeuta fa delle avances, avendo capito la vulnerabilità del/della paziente, occorre interrompere subito la terapia e denunciare l’accaduto all’Ordine degli Psicologi.
- Abbracciare e baciare il/la paziente non fa assolutamente parte di un metodo psicoterapeutico riconosciuto.
Dr, Walter La Gatta
Relazione sulla Terapia di Coppia dopo un Tradimento - Festival della Coppia 2023

Dr. Walter La Gatta
Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
ONLINE E IN PRESENZA (Ancona, Terni, Fabriano, Civitanova Marche)
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Psicoterapie individuali e di coppia
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