Combattere la pedofilia in Rete al tempo della pandemia

Combattere la pedofilia in rete al tempo della pandemia

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La maggior parte degli utenti di Internet si preoccupa del modo in cui i propri dati vengono utilizzati e osservati dai giganti della tecnologia, ma coloro che sono vittime di crimini online spesso invocano più intrusioni, non di meno. Un esempio chiave da considerare è la lotta alla pedofilia online.

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L’ascesa della pedofilia online

L’era della comunicazione online ha reso normali le conversazioni fra persone che non si conoscono e questo accade anche ai bambini.

I bambini, infatti, spesso possiedono smartphone o pc, ed hanno molta libertà su come trascorrono il tempo online (un sondaggio ha rivelato che il 10% degli scolari afferma di poter fare ciò che vuole online mentre si trova a casa).

Di conseguenza, anche i pedofili hanno cominciato a utilizzare i social media e i siti di giochi, per indurre i bambini a condividere materiale pornografico con loro.

Oggi i bambini sono maggiormente a rischio, a causa della pandemia da Coronavirus. In una nuova valutazione della National Crime Agency (NCA) si afferma che ci sono almeno 300.000 molestatori sessuali che rappresentano una minaccia e che stanno provando a sfruttare la chiusura della scuola per contattare i bambini.

Oltre tutto, il materiale che ricavano (foto e video) dai contatti con i bambini, finisce su alcune comunità per pedofili presenti nel dark web.

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Il dark web non è raggiungibile dai classici motori di ricerca, perché si sovrappone alle normali reti e alle architetture delle reti private, rendendo molto difficile l’accesso, e permettendo cosi di nascondere e commerciare materiale illegale.

Sebbene sia famigerato per l’hosting di piattaforme dedicate alla vendita di farmaci e organi, uno studio mostra che oltre l’80% delle visite del dark web riguarda la pedofilia , anche se i siti web pedofili rappresentano solo il 2% dei siti web sul dark-web.

Il materiale che finisce nel dark web è spesso ottenuto attraverso siti web come Facebook Messenger, Microsoft Bing, Amazon Video Services e Dropbox. Questo è il motivo per cui le vittime chiedono una maggiore scansione e controllo sui dati scambiati su queste piattaforme.

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Accessibilità tecnologica

L’abuso sessuale sui minori e la pedofilia non sono una novità. Questi atti sono antecedenti al boom tecnologico: lo scambio di materiale illegale veniva effettuato tramite videoregistratori e nastri magnetici. Il progresso della tecnologia ha dato ai pedofili più anonimato e sicurezza, oltre che la possibilità di condurre le proprie attività criminali dalla propria casa, con conseguente aumento dell’attività pedofila online.

Inoltre, c’è un altro problema: coloro che hanno subito abusi e filmati anni fa potrebbero essere ancora in pericolo, poiché i pedofili spesso cercano le loro vittime nella vita reale, a fine di estorsione.

Vi sono casi di estorsione, in cui i bambini sono stati ingannati e poi ricattati, che hanno finito per suicidarsi , poiché le vittime devono sopportare il peso del loro abuso fintanto che il materiale viene condiviso online.

La quantità di contenuti segnalati è cresciuta del 50% nell’ultimo anno, dal momento che vi sono 45 milioni di foto e video online di bambini vittime di abusi.

Le forze dell’ordine hanno pochi mezzi per far fronte a questa situazione e sono carenti di personale, le aziende tecnologiche potrebbero invece fare molto di più per trovare e segnalare materiale illegale.

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Facebook ha riportato l’85% della condivisione totale di tali dati l’anno scorso; altre società, come Apple, hanno segnalato un numero notevolmente inferiore di immagini (3000 foto in totale e zero video). Dropbox ha realizzato 25.000 segnalazioni di 250.000 foto.

Microsoft sopporta una parte enorme dell’onere, poiché il suo motore di ricerca Bing fornisce immagini di bambini vittime di abusi sessuali quando viene cercato un termine chiave.

I numeri indicano che le piattaforme più popolari al mondo pullulano di contenuti illegali. Questi report vengono rilevati dalle aziende tramite scansioni automatizzate “che riconoscono solo il materiale precedentemente segnalato“. Questo viene fatto confrontando le immagini con esempi di materiale precedentemente visionato e considerato illegale. Se vi si trova una corrispondenza, la società viene avvisata.

Sebbene ne abbiano la responsabilità, la maggior parte delle aziende tecnologiche stanno in realtà “chiudendo un occhio”, dal momento che non vi è uno standard comune per identificare i contenuti offensivi e non è facile identificare nuovo materiale.

Le aziende tecnologiche sono obbligate per legge a segnalare immagini di abusi sui minori; tuttavia questo è applicabile solo solo se li trovano. Trovare e contrassegnare tali immagini  video non è compito di queste aziende.

Come mostrano gli studi, i criminali utilizzano una tecnologia all’avanguardia per evitare la polizia e le società tecnologiche non sono sufficientemente attrezzate per affrontare il problema. I passi intrapresi dalle società tecnologiche si sono rivelati incoerenti, in gran parte unilaterali e non significativi.

Amazon non cerca nemmeno le immagini, mentre Apple non riesce a scansionare il suo archivio cloud. La crittografia delle app di messaggistica Apple e Facebook, come Facebook ha recentemente annunciato di voler fare, è preoccupante, perché il materiale scambiato non può essere scansionato.

Dropbox, Google e Microsoft lo scansionano, ma solo quando il materiale è condiviso. Gli autori di reato eludono il sospetto e l’individuazione condividendo i dettagli di accesso invece dei materiali stessi, con il risultato che i loro atti non vengono rilevati.

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Le aziende spiegano la loro mancanza di misure sufficienti attraverso le loro politiche sulla privacy. Amazon afferma che “la privacy dei dati dei clienti è fondamentale per guadagnare la fiducia dei nostri clienti”, Facebook spinge sullo stesso argomento in risposta alla reazione sulla crittografia della loro app Messenger.

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Sebbene questo dia sollievo agli utenti regolari, sapendo che le loro informazioni non risultano visibili, offre alle comunità di pedofilia online più spazio per praticare i loro crimini.

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Quali metodi sono in atto adesso?

Microsoft e Hany Farid hanno creato una tecnologia di rilevamento di foto e immagini nel 2009. La tecnologia si chiama PhotoDNA . Il sistema funziona convertendo tutte le immagini in immagini quadrate, in bianco e nero. Procede quindi a suddividerle in griglie e numerare ciascuna griglia in base alle caratteristiche visive che porta che creano le “impronte digitali”.

L’immagine viene quindi confrontata con quelle illegali conosciute e, se due “impronte digitali” corrispondono, il sistema viene avvisato. Quasi nessuna delle foto rilevate l’anno scorso sarebbe stata trovata se non fosse stato per PhotoDNA. Sebbene Microsoft utilizzi ampiamente PhotoDNA per i propri servizi, questo non è disponibile per altre piattaforme.

Google ha una propria tecnologia di rilevamento video che mette a disposizione di altre società. E così fa Facebook. Il problema è che le impronte digitali generate da queste rispettive tecnologie non corrispondono tra loro e quindi non è possibile collaborare per il bene della collettività.

Una buona notizia è che nel 2017 l’industria tecnologica ha approvato un processo per la condivisione delle impronte digitali video in modo che tutte le aziende possano collaborare alla lotta alla pedofilia.

Un altro sistema creato da Microsoft si chiama Project Artemis . Invece di rilevare le immagini,  questo rileva i modelli di discorso nelle chat room online per rilevare se c’è un utente minorenne.

Vengono effettuate delle valutazioni numeriche e, se la chat riceve un certo punteggio, un moderatore umano viene avvisato di osservare la chat room sospetta.

Quando viene identificata una minaccia, essa viene segnalata alle forze dell’ordine. Microsoft ha utilizzato questa tecnologia per Xbox e Skype, piattaforme in cui è molto probabile che operino dei trasgressori. Lo strumento è fortunatamente disponibile gratuitamente per le aziende che forniscono anche funzioni di chat online, con l’aiuto di un’organizzazione senza scopo di lucro chiamata Thorn.

Un fattore necessario affinché questi strumenti siano utilizzati in modo efficiente nella lotta alla pedofilia online è che i consumatori devono acconsentire alla scansione dei propri dati, il che solleva un dilemma di priorità tra la lotta alla privacy dei dati e quella contro la pedofilia online.

La lotta alla privacy dei dati

È un problema ovvio che gli agenti delle forze dell’ordine che agiscono da bambini online per catturare gli autori di reato non siano uno strumento sufficiente per combattere questo problema crescente. La piena collaborazione delle aziende tecnologiche è urgentemente necessaria per affrontare la pedofilia online e l’accesso regolamentato al materiale scambiato sulle loro piattaforme è il modo più semplice e veloce per farlo. Le aziende dovrebbero scansionare e regolamentare il contenuto dei dati scambiati online per identificare e salvare i bambini, oltre a fermare la circolazione di immagini e video illegali e inquietanti.

Gli strumenti accessibili sopra menzionati possono funzionare solo se i messaggi non sono crittografati. La notizia di Facebook che crittografa la sua app Messenger è stata accolta con sollievo dagli utenti regolari, ma considerando la popolarità dell’app tra i trasgressori si apre il dilemma tra la lotta per la privacy dei dati e la lotta contro la privacy per contrastare la pedofilia online.

Entrambe le cose sono sicuramente degne di maggiori investimenti da parte dei giganti della tecnologia, per soddisfare tutte le esigenze.

Dr. Giuliana Proietti

 

Dr. Giuliana Proietti

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Costo: 60 euro/ Durata: 1 ora/ Frequenza: da definire

Fonte:
https://bytes.scl.org/combatting-online-pedophilia-the-fight-against-data-privacy/



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