Dettagli seducenti nella didattica: funzionano?
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Gli insegnanti sono in genere valutati sulla base del gradimento dei loro corsi, cioè quanto gli studenti apprezzano i loro insegnamenti. Nelle università, le reazioni degli allievi sono spesso l’unica metrica utilizzata per valutare l’efficacia didattica del corso e del docente. (Adams, 1997; McCallum, 1984).
E’ comprensibile dunque che i docenti facciano di tutto per rendere gradevoli le loro lezioni agli studenti, ricorrendo spesso a storielle, videoclip, ecc. per far si che gli studenti si divertano durante il corso. Questi dettagli (detti “seducenti”) della lezione sono interessanti e divertenti, ma spesso del tutto irrilevanti rispetto al tema trattato nel corso (Harp & Mayer, 1998) .
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Il fenomeno, conosciuto come “l’effetto dei dettagli seducenti” nella didattica, rende l’apprendimento più coinvolgente, ma secondo alcuni autori compromette la memorizzazione, la soluzione dei problemi, e il passaggio di informazioni utili fra docente e allievo (Bartsch & Cobern, 2003; Garner, Gillingham, & White, 1989; Harp & Maslich,2005; Harp & Mayer, 1997, 1998; Lehman, Schraw, McCrudden, & Hartley, 2007; Mayer, Heiser, & Lonn, 2001; Rowland-Bryant et al., 2009; Shen, McCaughtry, Martin, & Dillion, 2006).
In realtà più di un terzo degli studi compiuti sull’argomento non è riuscito a dimostrare l’effetto descritto dagli autori sopra citati e un terzo ha dimostrato solo una parziale presenza di questo effetto (Rey, 2012).
Va detto che la ricerca sui dettagli seducenti è stata condotta in ambienti di laboratorio, in cui i partecipanti hanno a disposizione una quantità veramente limitata di tempo per apprendere del materiale ed è dunque difficile paragonare questi risultati a quelli della vita reale (Thalheimer, 2004). È improbabile infatti che si riesca a riprodurre in laboratorio una situazione d’aula, in quanto il corso di studi nell’esperimento è necessariamente breve e si svolge sotto l’osservazione dello sperimentatore.
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Il focus degli esperimenti citati si è basato sul confronto tra coloro che avevano studiato il materiale didattico, con e senza i dettagli seducenti. In realtà l’apprendimento è una forma di autoregolazione, un processo che avviene all’interno della persona, considerando come essa riesce a monitorare i suoi progressi e a regolare l’apprendimento attraverso l’uso di strategie utili (Sitzmann & Ely, 2010). Occorrerebbe dunque saggiare l’effetto dei dettagli seducenti nella didattica in un progetto di più ampio respiro.
Per indagare la complessità degli effetti dei particolari seducenti è stata dunque condotta un’indagine su adulti che partecipavano a corsi on-line. In questi corsi il materiale di studio è spesso ampio e può richiedere diverse ore, o addirittura giorni, per essere appreso. I ricercatori hanno potuto osservare il tempo richiesto per la lettura, la velocità di apprendimento, le reazioni dei corsisti agli elementi seducenti, i test di apprendimento, ecc.
Risultato:
I dettagli seducenti nella didattica non hanno effetti uniformi su tutti gli allievi. Anche il definirli dettagli “seducenti” è sembrato, in conclusione, piuttosto fuorviante, dal momento che se-durre in latino significa infatti condurre fuori strada, verso qualcosa altro da sé, ma questo non necessariamente accade per tutti. Quello che è emerso va a conferma dello studio di Park et al (2011) e cioè che le persone possono non saper distinguere fra una conoscenza importante e un dettaglio irrilevante , specialmente se è la prima volta che affrontano una data materia. Questo effetto non accade se ci si rivolge a persone che hanno una conoscenza abbastanza approfondita dell’argomento e sanno quindi distinguere con facilità ciò che viene detto in aula con scopi formativi e ciò che viene detto con scopi di intrattenimento. A questi ultimi possono essere proposti, con meno rischi, i dettagli seducenti nella didattica.
Fonte:
Traci Sitzmann , Stefanie Johnson , The paradox of seduction by irrelevant details: How irrelevant information helps and hinders self-regulated learning, Learning and Individual Differences 34 (2014) 1–11
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