Disturbo Post Traumatico da Stress: nuovi approcci terapeutici
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Disturbo Post Traumatico da Stress: nuovi approcci terapeutici

Disturbo Post Traumatico da Stress: nuovi approcci terapeutici

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Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (DPTS) è una condizione psicologica che può insorgere dopo l’esposizione a un evento traumatico, come una violenza, un incidente, un disastro naturale o un combattimento. Chi ne soffre può rivivere l’esperienza in modo intrusivo, sperimentare insonnia, ipervigilanza, ansia e difficoltà nel mantenere relazioni affettive o lavorative stabili. Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha offerto una nuova comprensione del trauma, evidenziando come esso non riguardi solo la memoria o la mente, ma coinvolga profondamente il corpo, il sistema nervoso e il modo di percepire la sicurezza. Proprio per questo, le terapie di ultima generazione puntano su approcci più integrati, capaci di agire contemporaneamente sulle dimensioni cognitive, emotive e corporee dell’esperienza traumatica.

Cerchiamo di approfondire.

Quali sono i principali fattori scatenanti e i sintomi del DPTS?

Tra i fattori scatenanti si annoverano disastri naturali, incidenti gravi, episodi di violenza o torture, e il contesto di guerra. È il caso, ad esempio, dei veterani che hanno assistito alla morte di compagni in battaglia o di chi ha perso una persona cara in circostanze traumatiche.

Quali sono i principali sintomi?

I sintomi possono includere flashback, incubi, evitamento dei ricordi dell’evento, distacco emotivo, difficoltà di concentrazione e stati di allerta costante. Riconoscere tempestivamente questi segnali è fondamentale per favorire una diagnosi precoce e accedere a un percorso terapeutico adeguato.

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Chi è più a rischio di sviluppare il DPTS?

Non tutte le persone che vivono esperienze traumatiche sviluppano il disturbo. Tuttavia, alcune categorie risultano più vulnerabili. Tra i militari, ad esempio, il National Center for PTSD stima che l’11-20% di coloro che hanno prestato servizio in Iraq o Afghanistan ne sia colpito. Nella popolazione generale, il disturbo interessa circa il 4% degli uomini e l’8% delle donne, probabilmente a causa della maggiore esposizione femminile ad aggressioni sessuali. Il DPTS non coinvolge solo chi ne soffre, ma anche i familiari e, talvolta, l’intera rete relazionale.

Quali sono gli approcci tradizionali al trattamento del DPTS?

I trattamenti più studiati e validati sono di natura cognitivo-comportamentale e mirano a modificare i pensieri disfunzionali e i comportamenti di evitamento legati al trauma. Tecniche come l’esposizione graduale ai ricordi traumatici o la ristrutturazione cognitiva restano pilastri fondamentali, ma non sempre sufficienti per tutte le persone.

Esistono protocolli specifici per i bambini?

Sì. Uno dei più efficaci è il Child and Family Traumatic Stress Intervention (CFTSI), progettato per intervenire precocemente nei bambini che hanno vissuto esperienze potenzialmente traumatiche. L’intervento coinvolge attivamente anche i caregiver, migliorando la comunicazione e le competenze di sostegno emotivo.

Perché si stanno esplorando nuovi approcci terapeutici?

Molti pazienti faticano a tollerare i protocolli basati sull’esposizione, che possono riattivare intense reazioni emotive e corporee. Per questo la ricerca ha spostato l’attenzione verso terapie più personalizzate, che tengono conto delle risposte fisiologiche al trauma e promuovono la regolazione emotiva attraverso la relazione terapeutica e la consapevolezza corporea.

Cosa si intende per approcci somatici al trauma?

Le terapie somatiche, come la Somatic Experiencing (Levine, 1997) e la Sensorimotor Psychotherapy (Ogden, 2006), si focalizzano sulle sensazioni corporee e sulla regolazione del sistema nervoso autonomo. L’obiettivo è ristabilire una percezione di sicurezza fisica e psicologica, aiutando a scaricare l’energia di difesa bloccata nel corpo dopo l’esperienza traumatica.

Che ruolo ha oggi la terapia EMDR?

L’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR), ideata da Francine Shapiro, è una terapia ampiamente riconosciuta che favorisce l’elaborazione dei ricordi traumatici tramite stimolazioni bilaterali (oculari, tattili o sonore). Le linee guida APA 2025 la considerano efficace, ma la collocano come intervento di seconda scelta, in quanto gli studi recenti mostrano risultati meno consistenti rispetto alle terapie cognitivo-comportamentali focalizzate sul trauma.

Le pratiche di mindfulness sono utili nel trattamento del DPTS?

Sì. Le terapie basate sulla mindfulness, come l’MBSR (Mindfulness-Based Stress Reduction) e l’MBCT (Mindfulness-Based Cognitive Therapy), promuovono la consapevolezza non giudicante delle esperienze interne, riducendo l’ansia, la dissociazione e la reattività emotiva. Non sono tuttavia considerati metodi efficacissimi.

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La tecnologia può avere un ruolo nel trattamento del trauma?

Si. Negli ultimi anni, la terapia di realtà virtuale (VR) si è rivelata un potente strumento per l’esposizione controllata. Consente al/la paziente di rivivere l’esperienza traumatica in modo sicuro e graduale, facilitando l’elaborazione emotiva. Anche l’utilizzo di videogiochi, come il celebre studio su Tetris condotto dall’Università di Uppsala, ha mostrato risultati promettenti nella riduzione dei flashback post-traumatici.

Cos’è il Metodo Cortina (TCM)?

Il Trauma Coaching Method (TCM), sviluppato da Michael Cortina, si basa sul riconsolidamento della memoria: quando un ricordo traumatico viene riattivato, può essere rielaborato in modo da ridurre la carica emotiva negativa associata. Questo metodo non richiede di rivivere dettagli dolorosi del trauma e può, in alcuni casi, produrre risultati rapidi, anche in una sola seduta. Tuttavia, la ricerca scientifica è ancora in corso per valutarne la solidità a lungo termine.

Esistono terapie di gruppo o comunitarie?

Sì. Modelli come il Trauma Recovery and Empowerment Model (TREM) si sono rivelati efficaci nel promuovere sostegno reciproco, educazione psicologica e empowerment personale, soprattutto in contesti di violenza interpersonale o tra rifugiati.

Qual è il ruolo dei farmaci nel trattamento del DPTS?

Le linee guida APA 2025 raccomandano l’uso dei farmaci in modo condizionato, solo quando le terapie psicologiche non sono disponibili o non sono adatte alla persona. I farmaci consigliati comprendono fluoxetina, paroxetina, sertralina e venlafaxina. Le benzodiazepine, invece, non sono raccomandate, in quanto possono peggiorare le funzioni cognitive e interferire con la psicoterapia.

E la cannabis o le sostanze psichedeliche?

Le prove attuali non supportano l’uso terapeutico della cannabis nel trattamento del DPTS, e mancano dati sufficienti per raccomandare l’uso di sostanze psichedeliche come psilocibina o MDMA. Le ricerche in corso sono ancora limitate e necessitano di ulteriori verifiche scientifiche e normative.

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Lo yoga e l’agopuntura possono essere utili?

Sono interventi che possono essere sperimentati ma, ad esempio, non vengono raccomandati dall’APA per mancanza di prove scientifiche solide. L’APA ribadisce che la pratica clinica deve essere “guidata dalle evidenze scientifiche più aggiornate”, ma anche sensibile alle caratteristiche individuali della persona. Per molte persone un approccio umano e relazionale può essere più efficace di altre terapie basate sull’evidenza scientifica.

Quali sono le prospettive future nella cura del DPTS?

Il futuro del trattamento del trauma punta alla personalizzazione degli interventi, all’integrazione tra neuroscienze e psicoterapia e all’uso della tecnologia come supporto terapeutico. Cresce inoltre l’interesse per gli approcci basati sull’attaccamento e sulla teoria polivagale, che favoriscono la ricostruzione del senso di sicurezza e la capacità di connessione relazionale.

Cosa dicono le nuove linee guida APA 2025?

Nel febbraio 2025, l’American Psychological Association ha pubblicato le nuove linee guida per il trattamento del PTSD negli adulti. Dopo la revisione di 15 meta-analisi recenti, l’APA ha definito tre trattamenti di prima scelta:

  • Terapia di Esposizione Prolungata (PE)
  • Terapia di Elaborazione Cognitiva (CPT)
  • Terapia Cognitivo-Comportamentale focalizzata sul trauma (TF-CBT)

Sono state incluse anche raccomandazioni specifiche sull’uso limitato dei farmaci e sull’importanza di un approccio culturalmente sensibile, personalizzato e monitorato nel tempo.

Dr. Giuliana Proietti

Tariffe Psicoterapia

Fonti principali

Harvard University
Frontiers
APA

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Foto di RDNE Stock project

Dr. Giuliana Proietti Psicoterapeuta Sessuologa TERAPIE INDIVIDUALI E DI COPPIA ONLINE La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online. In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa. Per appuntamenti: 347 0375949 (anche whatsapp) mail: g.proietti@psicolinea.it Visita anche: www.giulianaproietti.it Pagina Facebook Profilo Facebook Instagram

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