Fausto Coppi: una biografia
Origini
Fausto Angelo Coppi era di Castellania, un paese in provincia di Alessandria, dove era nato il 15 settembre del 1919. L’aspetto fisico appariva fragile: molto alto (mt. 1,87) magro (peso forma 76 kg), il volto malinconico segnato da un grande naso. Come atleta però ed in particolare come ciclista era molto dotato, grazie alle sue due gambe lunghe e magre da fenicottero, il battito cardiaco rallentato ed un torace carenato. Da ragazzo aveva lavorato in una salumeria, anche se il suo grande sogno era il ciclismo, che cominciò a dargli delle soddisfazioni nel 1940, a 21 anni, quando vinse il suo primo Giro d’Italia.
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La guerra
Con lo scoppio della guerra fu fatto prigioniero dagli inglesi a Capo Bon in Africa; nel maggio del 1943 venne internato a Megez el Bab e poi trasferito al campo di concentramento di Blida, presso Algeri. Tornò in Italia, a Napoli, il 1° febbraio del 1945. Nello stesso anno, il 22 novembre, a Sestri Ponente, sposò Bruna Ciampolini, dalla quale ebbe una figlia, Marina, nel 1947, lo stesso anno in cui potè riprovare l’ebbrezza della vittoria, al Giro d’Italia, dopo ben sette anni.
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L’attività professionale
Il Giro d’Italia divenne il suo grande palcoscenico, dove rappresentò le sue opere migliori, vincendo la gara anche nel 1949, 1952 e 1953. Negli stessi anni diede spettacolo anche sulle strade di Francia, vincendo il Tour de France nel 1949 e nel 1952, stabilendo un primato, la vittoria nello stesso anno nel Giro e nel Tour, che sarebbe stato eguagliato soltanto molti anni più tardi da altri pochi campioni: Merckx,, Hinault e Indurain. Altre vittorie importanti furono per tre volte la Milano-Sanremo (1946, 1948, 1949), cinque volte il Giro di Lombardia (1946-1949, 1954), per due volte il Gran premio delle Nazioni (1946, 1947), una sola volta la Parigi-Roubaix (1950) e la Freccia Vallone (1950)… In tutto 110 corse, di cui 53 vinte distaccando tutti gli avversari.
Nascita del mito e Italia degli anni 40-50
Per Fausto Coppi fu coniato il titolo di ‘campionissimo’ e, quando, da solo, arrivava ai grandi traguardi era in genere annunciato con la famosa frase: “Un uomo solo al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome Fausto Coppi!”
Una leggenda vivente insomma, in un’Italia ancora agricola, appena uscita dalla guerra, dove il successo come ciclista rappresentava un modo di uscire dalla miseria, un Italia senza automobili, dove tutti andavano ancora in bicicletta, che era già un lusso, da acquistare a rate e dove si disputavano corse su strade polverose, senza assistenza meccanica, con la gomma di ricambio portata a tracolla: si correva con la neve, il fango, la pioggia e si facevano tappe anche di 470 km.
Per capire l’importanza del ciclismo in quegli anni basti pensare che il 14 luglio del 1948 il segretario del Partito Comunista, Palmiro Togliatti, detto ‘il migliore’, subì un attentato e fu ferito: in Italia ci furono momenti di grandissima tensione e fu solo grazie alla vittoria di Bartali al Tour de France che in Italia non scoppiò la rivoluzione ed i cortei politici si trasformarono in manifestazioni sportive.
Gino Bartali
Gino Bartali, toscano, soprannominato ‘Ginettaccio’, la cui espressione particolare era, nei suoi piuttosto consueti momenti di contestazione: “Gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare”. L’Italia impazziva per questi due campioni, simboli della rinascita dopo gli orrori della guerra, ma anche simboli di un’Italia divisa.
A questo si prestavano bene le differenze caratteriali e valoriali dei due campioni : uno considerato un ‘bonaccione’, che correva con grinta, senza arrendersi mai e che dedicava le sue vittorie alla Madonna; l’altro più elegante, riservato, laico e dalla vita privata non irreprensibile, almeno in quegli anni.
Gli anni della rivalità con Bartali
Nell’Italia dei ‘Peppone’ e dei ‘Don Camillo’ Gino Bartali era sostenuto soprattutto dagli sportivi di credo cattolico e dalle autorità ecclesiali, quale paladino dell’anticomunismo; Fausto Coppi dal popolo della sinistra.
Separati da milioni di tifosi, i due campioni restavano solidali, seppure rivali, tanto che, malgrado la tensione della gara, non mancavano di scambiarsi la borraccia dell’acqua, come documenta una famosa foto.
La Dama Bianca
Anche le vicende private di Fausto Coppi ben rappresentano l’Italia degli anni 50. Lui, 34 anni, sposato e con una figlia, intrecciò una relazione sentimentale con Giulia Occhini, moglie ventisettenne di un facoltoso medico più vecchio di lei di venti anni e da questo amore scoppiò uno scandalo che fece parlare l’Italia e la divise ulteriormente fra ‘innocentisti’ e ‘colpevolisti’.
La loro storia cominciò quando, nell’estate del 1948, si incontrarono in un albergo durante il Giro d’Italia e Giulia, spinta dal marito Enrico Locatelli, andò a chiedere un autografo al campionissimo.
I due, dopo questa breve conoscenza, si incontrarono casualmente qualche altra volta, si scambiarono qualche biglietto d’auguri, fino a che i coniugi Locatelli non decisero di invitare il campionissimo a trascorrere una vacanza nella loro villa, insieme ai loro due figli, Lolli e Maurizio.
Fu una breve visita, ma Giulia Occhini si innamorò perdutamente del campione sportivo e lo cercò, lo inseguì ovunque, fino a che nell’estate del 1953, a Capri, divenne la sua amante. La storia rimase segreta, fino a che a Lugano, durante i campionati del mondo, un giornalista raccontò pubblicamente di una misteriosa donna, sempre vestita di bianco, che si trovava ovunque fosse Coppi.
La reazione dei rispettivi coniugi fu violenta. Quando Giulia decise di lasciare suo marito, questo ebbe una crisi violenta e Giulia scappò di casa, per andare a vivere in albergo con Coppi. Acquistarono poi una casa a Novi Ligure, ma Locatelli la denunciò per adulterio, abbandono del tetto coniugale e concubinaggio.
Giulia fu raggiunta dai carabinieri in quella nuova casa ed arrestata, poi rinchiusa per tre giorni nel carcere di Alessandria ed in seguito obbligata al domicilio coatto ad Ancona.
Rimasta incinta, per poter dare il cognome di Coppi a suo figlio, Giulia andò a partorire a Buenos Aires: il 13 maggio 1955 nacque Angelo Fausto, detto Faustino.
Lo scandalo era di pubblico dominio, a Coppi non veniva più permesso di visitare sua figlia Marina ed in quelle condizioni era difficile ritrovare la motivazione che occorreva per gareggiare, vincere, guadagnare.
Le spese che aveva dovuto affrontare in quel periodo infatti erano enormi: per il processo, gli avvocati, le due famiglie da mantenere ecc. Coppi decise allora di cercare un po’ di relax in una battuta di caccia in Africa, dove invece si ammalò di malaria.
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Fine di un campione
Coppi morì il 2 gennaio 1960 per la malaria contratta in Africa e non diagnosticata in tempo. E’ sepolto a Castellania (AL). Ad oltre 40 anni dalla morte Fausto è ancora considerato un campionissimo, sicuramente il più grande ciclista del secolo.
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