Il razzismo cortese : una nuova forma di esclusione sociale
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ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE
In molti Paesi il multiculturalismo è spesso presentato come un simbolo di uguaglianza, ma dietro questa visione si nasconde talvolta una forma più sottile di discriminazione: il razzismo cortese. È una realtà che si manifesta senza toni violenti, ma attraverso atteggiamenti cortesi che comunicano, implicitamente, esclusione.
Cerchiamo di capire meglio questo fenomeno.
Che cos’è il razzismo cortese?
Il razzismo cortese è una forma di discriminazione sottile e spesso invisibile, che si esprime attraverso il linguaggio della cortesia e del rispetto apparente. Non utilizza insulti o comportamenti apertamente ostili, ma opera in modo più raffinato, insinuandosi nelle relazioni quotidiane, nelle istituzioni e nei discorsi sociali che proclamano uguaglianza e inclusione. È la convinzione, spesso implicita, che “il colore non conti”, che “tutti siamo uguali”, e che quindi non sia necessario parlare di razza o di privilegio. In realtà, questo atteggiamento contribuisce a negare le esperienze concrete di chi subisce disuguaglianze sistemiche.
In quali contesti si manifesta maggiormente?
Si manifesta in gesti e parole apparentemente innocue: la domanda “da dove vieni veramente?”, il complimento sull’“ottimo italiano” rivolto a chi è nato e cresciuto nel Paese, o l’invito a partecipare a un evento sulla diversità solo per dare un’immagine inclusiva, senza un reale riconoscimento delle competenze. È una forma di esclusione che comunica: sei presente, ma non pienamente parte del gruppo.
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Il razzismo cortese agisce anche attraverso le istituzioni?
Si, nelle istituzioni le politiche di uguaglianza possono diventare strumenti di facciata. Ad esempio, nei contesti accademici o lavorativi, le persone oggetto di razzismo vengono spesso celebrate come simboli di diversità, ma escluse dai processi decisionali. Questo tipo di dinamica produce un profondo senso di alienazione e un carico emotivo costante, perché costringe a muoversi in spazi che promettono accoglienza ma richiedono conformità ai valori della maggioranza bianca.
Perché questo tipo di razzismo è difficile da riconoscere?
Perché non si presenta come aggressione aperta, ma come atteggiamento “civile”. È filtrato da narrazioni culturali che abituano la società a considerare la differenza come minaccia. Il risultato è che l’esclusione appare naturale, quasi educata, e quindi più difficile da nominare o contestare.
Cosa sono le micro-aggressioni?
Le micro-aggressioni sono insulti impliciti, commenti che negano l’esperienza altrui: non è sempre facile riconoscerle prima di commetterle.
Quali sono le conseguenze psicologiche del razzismo cortese?
Il suo effetto più corrosivo è la frattura interiore vissuta da chi deve costantemente adattarsi per essere accettato. È una condizione che riprende la “doppia coscienza” di cui scriveva W.E.B. Du Bois: vedere sé stessi attraverso lo sguardo degli altri, in un equilibrio fragile tra appartenenza e esclusione. Si sviluppa così una “duplicità di coscienza”, in cui l’illusione dell’inclusione si scontra con la realtà della marginalità. Questo porta a un continuo autocontrollo, alla paura di essere percepiti come “troppo sensibili” o “troppo arrabbiati”, e spesso a una forma di esaurimento emotivo.
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Quali effetti produce sulla salute mentale e sociale?
Anche le discriminazioni sottili generano stress cronico, sfiducia e disagio psicologico. Il razzismo cortese non è innocuo: mina il senso di appartenenza, erode la fiducia nelle istituzioni e impedisce un dialogo autentico sulla giustizia sociale. Una ricerca KPMG del 2024 ha rilevato che l’81% dei professionisti neri in Canada ha subito episodi di razzismo o microaggressioni sul lavoro, con un impatto maggiore sulle donne. Secondo Statistics Canada (2025), il 45% delle persone oggetto di razzismo ha vissuto esperienze di discriminazione negli ultimi cinque anni, con effetti negativi sulla soddisfazione di vita e sul senso di coesione sociale.
Perché il razzismo cortese rappresenta un problema per l’intera società ?
Perché non riguarda solo chi ne è vittima. Quando il talento e la voce di intere comunità vengono ignorati o minimizzati, il Paese perde risorse preziose. Inoltre, la fiducia nelle istituzioni e nei valori democratici si indebolisce. Nel caso del Canada, come ricorda la studiosa Andrea A. Davis, il contributo culturale e intellettuale delle comunità caraibiche e africane ha plasmato il Canada, ma viene spesso dimenticato o sfruttato senza riconoscimento.
Cosa si può fare per contrastarlo?
Per contrastarlo, è necessario riconoscerlo e nominarlo, sviluppare un linguaggio critico che renda visibili le sue forme sottili e creare spazi dove le persone possano raccontare la propria esperienza senza timore di essere giudicate o estromesse. Affrontare il razzismo cortese significa anche ripensare il concetto stesso di multiculturalismo: non come semplice coesistenza pacifica di differenze, ma come impegno attivo nel riconoscere le disuguaglianze, ascoltare le voci marginalizzate e redistribuire potere e visibilità. La vera educazione, in questo senso, non consiste nell’essere “educati”, ma nell’avere il coraggio di guardare in profondità le strutture sociali e psicologiche che mantengono l’esclusione.
Come si può favorire un cambiamento autentico?
Il primo passo è l’onestà. Occorre accettare il disagio che accompagna il confronto con i propri privilegi o con le proprie ferite. Per chi beneficia del sistema, significa riconoscere i vantaggi invisibili del proprio status; per chi subisce l’esclusione, significa dare voce alla stanchezza e alla frustrazione senza temere ritorsioni.
Qual è, allora, l’alternativa al razzismo cortese?
Non è l’aggressività o il conflitto, ma il coraggio della verità. L’opposto del razzismo cortese non è il confronto scortese, ma l’onestà coraggiosa. È scegliere la verità anziché la comodità, l’unità anziché il silenzio. Solo scegliendo la sincerità al posto della convenienza si potrà costruire una società veramente inclusiva; il multiculturalismo potrà allora trasformarsi da promessa cortese a realtà condivisa.
Fonte principale:
‘Polite racism’ is the subtle form of racial exclusion — here’s how to move beyond it
Come evitare atteggiamenti di razzismo cortese:
Ecco alcuni modi concreti in cui una persona può impegnarsi per evitare atteggiamenti di razzismo cortese, con esempi pratici:
- Osservare e mettere in discussione le proprie supposizioni
Quando incontri qualcuno, fermati un attimo a pensare quali stereotipi o pregiudizi inconsci puoi avere su di lui/lei. Per esempio, prima di complimentarti per “l’ottimo italiano”, chiediti se quel complimento non presuppone che una persona straniera non possa parlare bene la lingua, o che una persona di colore non sia nata e cresciuta in Italia. - Ascoltare attivamente le esperienze altrui
Se qualcuno si offende per una battuta, evitare di minimizzare con frasi come “non volevo offendere”, “sei troppo sensibile”. Se una persona dice che una battuta sul suo accento, sul colore della pelle ecc. l’ha infastidita, ascolta il disagio che ha provato invece che giustificarti subito. - Usare un linguaggio inclusivo e rispettoso Evitare affermazioni come “non importa il colore della pelle”, “siamo tutti uguali” quando queste servono a evitare il tema delle differenze. Invece, si può dire: “Vedo che hai un’esperienza diversa; raccontami come la vedi/come l’hai vissuta”, oppure “posso aver opinioni diverse, ma voglio capire meglio”.
- Essere pronti a correggere i propri sbagli
Se ti viene fatto notare che qualcosa che hai detto o fatto è stato offensivo, non difenderti immediatamente, ma ringrazia per la segnalazione e chiedi scusa. Per esempio: “Grazie per avermelo detto. Non avevo capito che avrebbe potuto suonare in quel modo alle tue orecchie. Mi dispiace e cercherò di fare meglio.”
- Essere un alleato attivo Non limitarsi a non fare commenti offensivi. Se si vede qualcun altro essere oggetto di razzismo cortese, intervenire. Esempio: se un collega dice “Ah, ma tu lavori bene per uno che non è cresciuto qui”, puoi dire “Scusa, quella frase implica che chi non è cresciuto qui sia automaticamente meno capace…”, aprendo la conversazione su come evitare tali supposizioni.
- Educarsi continuamente
Leggere articoli, cerca storie di persone appartenenti alle minoranze, partecipare a convegni su diversità, equità e inclusione. - Creare un ambiente che incoraggi il dialogo
Favorire discussioni dove si può parlare apertamente di identità, etnia, discriminazione in modo rispettoso, dove le persone si sentono sicure nel dire quando qualcosa le offende. Per esempio, in un team di lavoro: stabilire fin dall’inizio che tutti possono parlare, che ci si ascolta, che eventuali errori si discutono, non si danno per scontati.

Dr. Giuliana Proietti - Tel. 347 0375949
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In conclusione
Evitare il razzismo educato significa intraprendere un percorso di consapevolezza, non un semplice gesto di buona educazione. È un processo continuo che richiede la disponibilità a mettersi in discussione, ad ascoltare e a imparare. Nessuno è immune dai pregiudizi impliciti, ma riconoscerli è già un passo verso relazioni più autentiche e rispettose.
Ogni volta che si sceglie di ascoltare invece di giustificarsi, di chiedere invece di presumere, di restare aperti invece di difendersi, si contribuisce a trasformare la cortesia di facciata in rispetto reale. Il cambiamento parte da piccoli gesti quotidiani, dal linguaggio che si usa, dalle domande che si evitano o che si imparano a porre con sensibilità.
Solo accettando il disagio che accompagna il confronto con i propri pregiudizi e privilegi si può passare da un’inclusione di facciata a una convivenza autentica. In questo senso, il contrario del razzismo educato non è la scortesia, ma la sincerità. È la capacità di vedere l’altro e di lasciarsi vedere, senza filtri di convenienza o paura.
Dr. Giuliana Proietti
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
TERAPIE INDIVIDUALI E DI COPPIA
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
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