La psicologia del fondamentalismo religioso aggressivo

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“Abbiamo ucciso tutti i bambini in sala … cosa facciamo adesso?” Chiedeva il militante talebano Abuzar ai suoi capi il 16 dicembre 2014. Quel giorno furono uccisi 132 bambini e 12 insegnanti in una scuola di Peshawar, in Pakistan. La risposta fu: “aspettate che arrivi la polizia, uccidete gli agenti, e poi fatevi saltare in aria” (Khan, 2014).

Abuzar e gli altri sei uomini armati rispettarono l’ordine e si fecero esplodere azionando, al momento concordato, il comando nascosto nei loro giubbotti. Questo tipo di auto-immolazione rientra nel fenomeno della radicalizzazione religiosa aggressiva (aggressive religious radicalization, o ARR). Il fenomeno riguarda naturalmente i recenti fatti di Parigi e tutti gli attentati organizzati dallo Stato Islamico (IS), ma anche interventi simili di al-Qaeda, dei talebani, delle organizzazioni Boko Haram, al-Shabaab, e tutti gli altri estremisti “lupi solitari” diffusi in tutto il mondo.

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Anche se attualmente sotto i riflettori c’è il mondo islamico, la radicalizzazione religiosa aggressiva non è un fenomeno musulmano. Nel corso della storia gli estremismi hanno interessato infatti tutte le maggiori tradizioni religiose (Armstrong, 2000). 

Per quanto riguarda lo Stato Islamico, più di 30.000 ragazzi e ragazze provenienti da oltre 100 paesi asiatici, del Medio Oriente, e anche occidentali hanno recentemente abbandonato la loro vita normale per andare a combattere in questo territorio estero, con condizioni di vita non certo comode. Appena arrivano a destinazione essi bruciano i loro passaporti, volendo così dare dimostrazione di impegno e fedeltà alla loro causa. Essi sanno che possono morire poco dopo il loro arrivo, e a molti effettivamente tocca questa sorte, sia quando vengono impiegati come attentatori suicidi, sia quando subiscono azioni di guerra con un nemico in genere più armato e potente.

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Nonostante le atrocità scioccanti perpetrate dall’ ISIS, che includono decapitazioni, crocifissioni, stupri, atti di pedofilia e genocidi (BBC, 2014), peraltro ben pubblicizzati su YouTube, l’ISIS continua ad attrarre reclute straniere, che si rivelano poi essere i soggetti più zelanti (Barrett , 2014).

Per cercare di comprendere il fenomeno dal punto di vista psicologico, occorre usare la psicologia classica e contemporanea, ivi inclusi oltre 30 anni di ricerca sperimentale, la quale mostra come e perché le minacce psicologiche causano questa sorta di difesa aggressiva e danno vita alla motivazione all’approccio reattivo (reactive approach motivation , o RAM; McGregor et al, 2010;. Jonas et al, 2014).

Si pensa anzitutto che il fenomeno derivi da predisposizioni personali e da preoccupazioni avvertite dal proprio gruppo sociale. Ciascun fattore da solo non basta, ma mettendo insieme i vari elementi, le cose cambiano. Il fondamentalismo aggressivo nasce da predisposizioni personali (personalità ansiosa), senso di minaccia avvertito dal gruppo, desiderio di cambiare o salvare il mondo, valori etici, ecc.(McGregor et al, 2001., 2005; Rothschild et al, 2009;. Atran, 2010; Sageman, 2011; Fritsche et al, 2013;. Hogg, 2014;. Kruglanski et al, 2014; Swann e Buhrmester, 2015). 

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Dal punto di vista psicologico i conflitti, le frustrazioni e le incertezze possono far insorgere reazioni aggressive. Sigmund Freud e sua figlia Anna hanno divulgato il concetto secondo il quale le motivazioni contrastanti suscitano stati ansiosi (e relative difese nei loro confronti). I meccanismi di difesa riguardano la razionalizzazione, il ricorso alle fantasie, la regressione a tendenze più infantili, la proiezione della propria ostilità sugli altri. Tutto questo permette di fuggire da altri conflitti motivazionali nella propria vita (Freud A., L’Io e i meccanismi di difesa, 1946).

Lewin (1933) ha inserito le idee freudiane in una teoria più generale sulla motivazione e regolazione degli obiettivi, dimostrando che i conflitti e le incertezze causano una sorta di tensione ansiosa che persiste fino a quando gli obiettivi non vengono raggiunti. Se le persone non conoscono un modo per alleviare la tensione derivante dai loro conflitti (spesso sociali), esse fuggono da queste tensioni ricorrendo alla fantasia, alla sottomissione, o all’aggressività (Lewin, 1933, 1935).

Anche gli psicoanalisti più recenti ritengono che l’aggressività sia una risposta alla frustrazione, sia nelle persone sia negli animali. L’ipotesi frustrazione-aggressività è sempre implicita nelle loro teorizzazioni (Dollard et al, 1939. Berkowitz, 1989).

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Horney (1950) e Adler (Ansbacher e Ansbacher, 1956), definirono rispettivamente questa tendenza alla aggressività “giustizia arrogante” e “orgoglio nevrotico”, o “complesso di superiorità”, in cui l’apparenza grandiosa serve per mascherare dei sé insicuri. Fromm (1941) vedeva tali tendenze difensive come fughe dalla libertà esistenziale e riteneva conformismo, autoritarismo, fascismo e distruttività come sintomi dell’incapacità umana di affrontare l’incertezza e la decisione sulle proprie scelte di vita. Le persone si aggrappano a riferimenti esterni,  “sistemi di orientamento e devozione”, per evitare di essere sopraffatte dall’incertezza esistenziale (Fromm, 1947).

Il comportamento estremista riduce infatti il senso di incertezza sostituendolo con l’impegno, il che allevia l’angoscia. Durkheim (1897/1951) riteneva l’incertezza su cosa fare nella vita abbastanza pericolosa per le persone, visto che poteva portarle al suicidio. Se non sono disponibili relazioni familiari soddisfacenti o norme culturali che suggeriscono obiettivi di vita,  le persone, attraverso il suicidio, sfuggono al peso insopportabile dell’incertezza (Durkheim, 1897/1951; Baumeister, 1990).

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Il punto di vista filosofico esistenzialista di Sartre (1956) in modo simile affermava che l’incertezza derivante dalla libertà radicale spinge a tentativi di fuga dalla incerta coscienza di sé, attraverso l’adesione alle norme di gruppo (Barnes, 1973).

Da questo punto di vista, gli estremi masochistici di sottomissione all’autorità e gli estremi sadici di dominazione e di odio sono tentativi di sopprimere l’incertezza derivante dalla mancanza di verità oggettive che potrebbero guidare le proprie scelte di vita. Masochismo e sadismo riducono l’incertezza associata con la consapevolezza di molteplici prospettive, eliminando i punti di vista soggettivi, propri e di altri. In questo modo la soggettività problematica e le incertezze vengono sostituite da presunte autorità oggettive.

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Queste idee psicoanalitiche ed esistenzialiste sono state le basi su cui Adorno  (1950) ha costruito le teorie sulla personalità autoritaria e le cause del disprezzo fascista per i devianti. Lo sviluppo di una personalità autentica richiede un processo di prove ed errori (Rogers, 1951; Erikson, 1959 Marcia, 1980; Deci e Ryan, 1991): se questo processo viene bloccato da persone che non aiutano lo sviluppo o da strutture sociali caotiche, non si sviluppano i valori personali e quindi la capacità di far fronte alle incertezze. Per questo le persone che non vogliono confrontarsi con le loro incertezze si rivolgono ai dettami di altri potenti, nei quali si fondono o si identificano. I devianti da queste norme diventano i loro nemici.

Questi punti di vista teorici classici prevedono il collegamento tra conflitti, incertezza e frustrazione, e radicalizzazione aggressiva, ma non implicano una forma specificamente religiosa di radicalizzazione aggressiva. James (2006) ha osservato tuttavia che “il rapimento religioso e l’entusiasmo morale, sono stati unificanti dell’animo che tendono ad annullare le caratteristiche personali”, e che possono unificare un “sé discordante.”

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Come diceva Lewin (1933, 1935) gli obiettivi e gli impegni radicali possono eliminare altri conflitti, lasciando la persona ottimista e convinta di ciò che fa (McGregor, 2003). Lewin ha dunque aperto la strada ad una visione del fenomeno basata sulla regolazione degli obiettivi, in cui gli zelanti devoti religiosi assumono un impegno ideale, che può funzionare come “campo di forza” motivazionale per allontanare altre incertezze e  frustrazioni  (McGregor et al., 2010, 2012).

Nella seconda metà del 20° secolo sono stati condotti numerosi esperimenti di psicologia sociale, a partire da quelli sulla teoria della dissonanza cognitiva (il cui autore era uno studente di Lewin, Festinger, 1957). Essi hanno dimostrato che i conflitti cognitivi sperimentalmente manipolati possono determinare radicalizzazioni ed estremismi che sfidano la logica, anche in ambito religioso (Festinger et al., 1956).

Importante è anche la teoria di Allport, secondo la quale le difese dell’Io producono una compensazione allo sconforto che nasce da conflitti e incertezze. Sentirsi delle persone impegnate in campo morale e inserite in un gruppo che la pensa nello stesso modo diminuisce lo stress, anche se lo stress è causato da altri fattori (Steele, 1988; Tesser, 2000; McGregor et al., 2001; Heine et al., 2006). Come sosteneva anche Lewin, le sicurezze rendono le incertezze ansiose e i conflitti meno salienti sul piano motivazionale.

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A partire da queste idee si è assistito ad una proliferazione di teorie germogliate intorno all’idea della compensazione. Le minacce a una risorsa psicologica (autostima, sicurezza, integrità, immortalità, appartenenza, significato, o controllo) possono suscitare reazioni compensatorie che servono a rafforzare la risorsa psicologica minacciata. Le teorie sulla compensazione potrebbero spiegare la radicalizzazione religiosa aggressiva come una strategia indiretta per il ripristino dei bisogni fondamentali che si sentono minacciati.

Peraltro, nel corso degli ultimi 10 anni si è visto che, anche in campo neurologico, le minacce legate all’ansia (dissonanze, incertezza, fallimento, perdita di controllo, idea della morte, angoscia, insicurezza, ecc.) causano reazioni “compensative” nel sistema BIS (Gray J. A., McNaughton N. 2000) e RAM (McGregor et al., 2007, 2009a, 2010a, 2013b; Nash et al., 2011; Greenaway et al., 2015).  

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Si è anche sostenuto che il radicalismo aggressivo religioso possa avere lo scopo di ripristinare la giustizia sociale per i popoli oppressi (Armstrong, 2014). Le sofferenze inflitte ai musulmani causata dalla lunga storia dell’egemonia occidentale: l’ipocrisia, l’interferenza politica, lo sfruttamento del petrolio, le sanzioni economiche che maggiormente hanno danneggiato i civili poveri, e le invasioni militari sono stati identificati come catalizzatori per gli estremismi di origine islamista.

Il fondamentalismo religioso radicale è tuttavia spesso temerario e controproducente. Uno dei primi esempi della storia riguarda l’origine della parola “zelo”, dalla setta zelota, un gruppo politico-religioso giudaico apparso all’inizio del I secolo, quando qesti partigiani accaniti dell’indipendenza politica del regno di Giudea, nonché difensori dell’ortodossia e dell’integralismo ebraici dell’epoca, erano considerati dai romani alla stregua di terroristi e criminali comuni, anche se loro si ribellavano con le armi alla presenza romana in Israele. Gli zeloti erano talmente zelanti che uccidevano chiunque fosse in disaccordo con le loro regole, anche coloro del proprio gruppo che non apparivano abbastanza devoti. Questa setta fu completamente sterminata dai romani.

Una situazione simile riguarda i primi crociati cristiani. Dopo il travolgente discorso di Papa Urbano sul ripristino della gloria di Carlo Magno e il salvataggio della Terra Santa dal Male, una banda di Crociati eccessivamente entusiasti e impreparati partì nel 1096 dalla Francia per raggiungere Gerusalemme prima della data designata. Nel loro zelo cominciarono a massacrare chiunque lungo la strada sembrasse loro di una religione diversa. Furono tutti sterminati presso Nicea, in Anatolia, dalla prima ondata di resistenza organizzata che incontrarono, a causa della loro scarsa preparazione militare   (Durant, 1950).

La violenza dell’ISIS e di altri gruppi simili sembra ugualmente avventata e controproducente (Post, 1990, Barrett, 2014). Le loro atrocità auto-pubblicizzate possono avere qualche valore strategico in quanto scoraggiano la resistenza nelle città che occupano, ma hanno anche portato la maggior parte del mondo a prendere posizione contro di loro. Anche i paesi a maggioranza musulmana come l’Iran, l’Iraq, la Giordania, l’Arabia Saudita, il Bahrain, gli Emirati Arabi Uniti, e la Turchia, che altrimenti sarebbero stati in sintonia con le legittime rivendicazioni di giustizia sociale, si sono uniti in una coalizione con le potenze occidentali contro l’ISIS. Le atrocità dei musulmani contro altri musulmani da parte dello Stato Islamico hanno anche allontanato il gruppo radicale islamico di al-Qaeda, da cui l’ISIS si è evoluto (Barrett, 2014).

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Una religione vissuta in modo consapevole è di solito associata con l’umiltà, il riconoscimento del mistero, la preoccupazione e la compassione per gli altri,  l’avversione per la violenza (Armstrong, 2006, 2009;. Schumann et al, 2014; Shariff et al, 2015). Queste caratteristiche religiose sono in contrasto con le caratteristiche dei gruppi fascisti, di chi crede nel bianco e nel nero, nei superstiziosi, ecc. (Post, 1990;. Jonas et al, 2014); non a caso molti “devoti” fondamentalisti hanno spesso una conoscenza della loro religione molto superficiale.

Un altro rischio che corrono queste formazioni religiose è quella dell’auto-distruttività cui si espongono i loro membri. Le nuove reclute lasciano la loro vita e le persone care per mettersi in gioco, rischiando tutto. Il combattere e il rischiare per una causa estrema sembra avere su di loro un appeal più psicologico che strategico (McGregor et al, 2013;. Black et al, 2014; Hogg, 2014).

La  partecipazione concreta a ideologie semplificate, in bianco e nero, di questi soggetti con identità deboli (cioè moralmente disorientati) può permettere loro di acquisire riferimenti esterni di “identità, scopo, appartenenza o realizzazione spirituale” con la sensazione di “maggiore senso, scopo e significato nella loro vita ” (Barrett, 2014; Atran, 2015).

Nonostante l’immediato sollievo che l’adesione a questi gruppi potrebbe fornire, la grande ostilità sociale che essi provano potrebbe ledere l’armonia presente anche all’interno del loro gruppo: non a caso si ritiene che il conflitto interno sarà la rovina dell’ ISIS (Barrett, 2015).

Una volta che diventa chiaro alla persone con personalità deboli che hanno aderito a questi gruppi fondamentalisti e terroristi che le cose non funzionano come sperato, come predice la teoria della dissonanza cognitiva, essi potrebbero amplificare il proprio zelo, o ritirarsi del tutto: è possibile dunque che i più agitati attivisti di questi gruppi siano le persone che nutrono maggiori dubbi sulla legittimità e le strategie utilizzate dalla causa per cui combattono.

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Fonte principale:
McGregor I, Hayes J, Prentice M. Motivation for aggressive religious radicalization: goal regulation theory and a personality × threat × affordance hypothesis. Frontiers in Psychology. 2015;6:1325. doi:10.3389/fpsyg.2015.01325.

Immagine:
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