L’Alzheimer e il gene APOE
Dr. Giuliana Proietti
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Le persone con una variante del gene APOE, nota come e4, sembrano avere un rischio superiore alla media di sviluppare la malattia di Alzheimer. Questi i risultati di un nuovo studio, che conferma ciò che ricerche precedenti avevano già suggerito: gli effetti del gene possono essere evidenti anche nella prima infanzia.
Il gene APOE ha tre forme: e2, e3 e e4. Ciascuno di noi porta due copie del gene ereditato da ciascun genitore. La variante e3 è la più comune, dato che più di tre quarti della popolazione ne ha almeno una copia. Circa il 14 per cento delle persone sono invece portatrici di e4, e solo l’8 per cento di e2. Le persone con una copia della variante e4 hanno un rischio superiore alla media di contrarre il morbo di Alzheimer. Avere due copie di questo gene aumenta ulteriormente il rischio, hanno spiegato i ricercatori.
A 22
Dato che la variante e2 è rara, il suo ruolo è meno chiaro, ma sembrerebbe che essa possa essere “neuroprotettiva”, capace cioè di ridurre le probabilità di mostrare sintomi di demenza.
Va detto che molte persone malate di morbo di Alzheimer non sono portatrici della variante e4, e altre che hanno questa variante non sviluppano il morbo di Alzheimer.
I risultati dello studio sono stati basati su scansioni cerebrali MRI su quasi 1.200 bambini e adolescenti in buona salute. Nel complesso, il 62 per cento aveva due copie di e3, mentre circa un quarto aveva almeno una copia di e4. Meno del 2 per cento aveva due varianti e4.
I ricercatori hanno riscontrato che i bambini con una o due copie di e4 tipicamente differivano da altri bambini in alcuni parametri. Ad esempio, i bambini con due copie di e4, o di un e4 e un e2, tendevano ad andare peggio nei test di memoria, di pensiero e di attenzione, almeno fino a 8 o 10 anni, per poi riallinearsi agli altri.
Le scansioni cerebrali hanno rivelato che i bambini con la variante e4 mostrano uno sviluppo più lento in alcune aree cerebrali. Queste sono le stesse regioni del cervello che spesso presentano atrofia in chi è malato di Alzheimer, come ha dichiarato la Dr.ssa Linda Chang, neurologo presso l’Università delle Hawaii, che ha condotto lo studio.
La Chang ritiene che le persone con e4 siano vulnerabili nelle loro “età estreme”. Due altri studi recenti hanno peraltro mostrato che bambini con la variante del gene presentano anomalie strutturali in aree del cervello che sono note per essere colpite da morbo di Alzheimer.
Questo non significa che i bambini debbano essere testati in massa, alla ricerca del comportamento del gene APOE, ma per i ricercatori può essere una “idea intrigante” pensare che il morbo di Alzheimer possa essere in parte un disturbo dello sviluppo.
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Ci si chiede come si possa intervenire precocemente attraverso approcci non invasivi, come la dieta o lo sviluppo cognitivo, ma per il momento ogni intervento appare prematuro.
L’unico consiglio che, ad oggi, gli esperti si sentono di dare per proteggere il cervello dalla demenza è condurre un sano stile di vita: dieta sana, esercizio fisico e rimanere mentalmente attivi.
Lo studio è stata pubblicato online sulla rivista Neurology.
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FONTE:
Linda Chang, Università delle Hawaii, Honolulu; Rebecca Knickmeyer, University of North Carolina, Chapel Hill, via Alzheimer’s Gene May Show Effects in Childhood Medicine Net
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