L’interpretazione dei sogni: un’autobiografia in maschera di Sigmund Freud
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Il libro L’interpretazione dei sogni è pieno di allusioni ad avvenimenti e abitudini che erano familiari ai lettori della Vienna di fine secolo, ma che risultano incomprensibili oggi senza note esplicative.
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Soprattutto è una biografia in maschera de suo autore: Freud parla in esso della predizione di una vecchia contadina, fatta a suo tempo riguardo alla sua nascita, della rigida educazione ricevuta da una vecchia bambinaia, della peculiare amicizia e ostilità fra lui e il nipote John, maggiore di lui di un anno, dell’emigrazione dei suoi fratellastri in Inghilterra, di un incubo dell’infanzia in cui sognò la madre col becco, come fosse un uccello, della sua posizione di primo della classe a scuola, della ‘cospirazione contro l’insegnante mal visto’, dei primi accenni che egli ebbe di antisemitismo tra compagni di scuola e di molti altri particolari.
Freud fa cenno nel libro anche agli avvenimenti politici che caratterizzavano la sua epoca, come ad esempio il governo liberale del 1866, nel quale vi erano due ministri ebrei, la guerra ispano-americana del 1898, gli attentati anarchici a Parigi. Molto scrisse anche della sua porfessione: delle sue opere precedenti, della delusione nella faccenda relativa alla cocaina, della sua euforia nel raggiungere Parigi, per studiare l’ipnotismo di Charcot, del suo amico Fliess.
Nel libro ci sono anche i primi accenni a quella che sarà poi la psicoanalisi: i ricordi di copertura, la sessualità infantile, il complesso edipico. Nel libro Freud non parla molto della sua vita attuale, ma parla dei figli e dei loro sogni; inoltre non nasconde di essere ateo e di non credere nell’immortalità.
Ellenberger (cit.) fa notare che potremmo assimilare il libro dell’Interpretazione dei Sogni alla Divina Commedia, almeno nel vezzo, condiviso dai due autori, di sbattere ‘all’inferno’ le persone che non erano loro simpatiche. Dante lo fa collocando questi personaggi in veri e propri gironi infernali, Freud lo fa nel suo libro, parlando dello zio Josef come ‘la pecora nera della famiglia’, della vecchia balia che l’aveva trattato severamente quando era piccolo e dello stupido insegnante del ginnasio contro il quale vi era stata una rivolta studentesca. L’eccessivamente severo Brucke è stato raffigurato in sogno nell’atto di costringere Freud a sezionare la propria gamba e le pelvi; di Meynert è detto che era stato curato per tossicomania da cloroformio in una clinica psichiatrica privata.
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Freud parla anche del suo rapporto con il padre Jacob, rimproverandolo per l’aver donato ai suoi figli un libro ‘da strappare’: intollerabile per Freud, o meglio ‘difficilmente giustificabile dal punto di vista didattico’. C’è anche la citazione di quella volta in cui il piccolo Sigmund aveva fatto la pipì nella camera da letto dei genitori e Jacob Freud aveva detto che da quel figlio ‘non sarebbe mai venuto fuori niente’. Vi è inoltre il famoso fatto dell’incontro fatto da Jacob e il figlioletto Sigmund con il cristiano, che aveva fatto cadere il cappello a Jacob e il codardo comportamento del padre di Freud che non aveva replicato, né si era difeso. Inoltre, vengono riportati i penosi sintomi che afflissero Jacob e la famiglia negli ultimi giorni prima della sua morte. Insomma, una figura paterna non proprio esaltata.
Un’altra caratteristica del libro è la sua provocazione intrinseca: chiamare ‘interpretazione dei sogni’ un libro che voleva essere scientifico, utilizzando una dizione utilizzata fino ad allora dagli indovini, era una sottile provocazione. In una lettera a Fliess del 9 febbraio 1898 Freud scrive che si rallegra “pensando agli scotimenti di testa che faranno gli altri ad ogni indiscrezione e audacia” che il libro conteneva.
Freud era del resto pienamente consapevole dell’importanza del suo lavoro: come sostiene la Vegetti Finzi, “dare parola al sogno significava riconsegnare all’uomo una parte cospicua delle sue esperienze, dei suoi affetti, del senso stesso della sua vita, erroneamente disprezzata e misconosciuta”
Fonti:
Ellenberger, La scoperta dell’inconscio, Boringhieri
Vegetti Finzi, Storia della psicoanalisi, Mondadori
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Dr. Giuliana Proietti
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Non è un sogno frequente, nè casuale. Ma mi succedeva dopo una masturbazione erotico-libidinosa. Mi trovavo in una fabbrica abbandonata; il che non mi turbava ma, volevo uscirne fuori. Allora come per sfida cominciai a volare e come Superman mi piombai contro un muro, sfondandolo. Ovviamente con mia somma meraviglia. Oppure: mi trovavo in una vallata, di notte. Ma non era una semplice vallata, ma come una vallata fiabesca. Ecco l’occasione per provare i miei poteri, pensai nel sogno. Ecco darmi una spinta verso l’alto come se dietro le mie spalle avessi dei razzi. E così presi il volo senza mai fermarmi; come se fossi un ricognitore. Che senso ha tutto ciò? Ciao da Foxie.