Margaret Fuller: la prima inviata di guerra

Margaret Fuller: la prima inviata di guerra


Se passeggiate a Roma per Piazza Barberini, lato Via Sistina, vedrete una targa che ricorda una straordinaria donna, che visse per qualche tempo proprio in quel palazzo: Margaret Fuller. Una targa simile la si può trovare anche a Rieti. Chi era questa donna americana dell’ottocento, venuta a vivere in Italia? Perché queste lapidi, anche se sono veramente poche le persone che sanno qualcosa di lei?

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Margaret Fuller, americana, viene ricordata in quanto fu la prima giornalista donna corrispondente estera, mandata espressamente in Italia dal suo giornale per raccontare cosa stesse succedendo nel nostro paese alla vigilia del 1848, quando i moti rivoluzionari agitavano i vari stati italiani e si iniziavano le guerre per l’indipendenza. Per ricoprire un incarico del genere la Fuller doveva essere chiaramente una donna decisamente anticonvenzionale per i suoi tempi ed infatti lo fu: visse la politica con autentica passione e si dedicò con tutta se stessa alle cause in cui credeva, fra cui quella femminista. Per uno strano caso del destino tuttavia la sua vita fu breve e terminò, drammaticamente, a soli quaranta anni.

Sarah Margaret Fuller Ossoli nacque, prima di nove figli, il 23 maggio 1810 a Cambridgeport, vicino a Boston, nel Massacchussets, da Margaret Crane e Timothy Fuller. Il padre era un avvocato ed in seguito divenne anche un importante uomo politico. Alla piccola Margaret, sin dall’infanzia, fu imposta una ferrea disciplina: per molte ore al giorno doveva studiare materie particolarmente difficili, non adatte alla sua età, come i classici latini e greci, che poi la sera doveva recitare al padre. Non sorprende che la Fuller racconti questo periodo definendosi “vittima di spettrali illusioni, incubi, mal di testa, sonnambulismo” e priva di “una infanzia naturale”.

Clinica della Timidezza

Negli anni dell’adolescenza Margaret frequentò la scuola per ragazze di Miss Prescott a Groton, nel Massachusetts, dove i genitori speravano che la figlia apprendesse dei modi di fare più femminili ed adatti ad una signorina di buona famiglia. In realtà Margaret si sentiva diversa dalle sue compagne di classe, a causa del suo livello di istruzione, che era senz’altro superiore alla media. Le compagne la giudicavano arrogante e presto la isolarono dal gruppo, coprendola di ridicolo. A 15 anni Margaret decise di ritirarsi da questa scuola e, nel 1825 tornò a Cambridgeport. L’anno successivo entrò nella locale scuola privata.

Nel 1833 Timothy Fuller decise di trasferirsi a Groton in una casa di campagna, dove Margaret, ventitreenne, per trascorrere il tempo, cominciò a tradurre libri dal tedesco, dal francese e dall’italiano (imparando da sola queste lingue), oltre che a scrivere per alcuni giornali locali. Nel 1835 però il signor Fuller morì di colera e la famiglia dovette affrontare una profonda crisi finanziaria, per cui Margaret aiutò la famiglia andando a lavorare come insegnante e continuando a scrivere.

Per due anni insegnò nella scuola di Bronson Alcott, padre dell’autrice di “Piccole donne”, noto per le sue idee innovatrici in pedagogia.

Quando la scuola di Alcott chiuse, la Fuller si trasferì a Boston, dove venne a contatto con intellettuali ‘trascendentalisti’ ed iniziò una relazione con Ralph Waldo Emerson, affiancandolo nel 1840 come co-editore del giornale del movimento trascendentalista ‘The Dial’. Per circa tre anni Margaret fu critica letteraria per questo giornale, ma in questo stesso periodo cominciò a condurre anche dei corsi per donne che non avevano potuto studiare: a loro insegnava filosofia, diritto, storia dell’arte. Questi corsi ebbero un grande successo per circa cinque anni. Nel 1843, The Dial pubblicò anche il primo saggio femminista di Margaret : ‘Il grande processo. L’uomo contro gli uomini, la donna contro le donne’.

Una Conferenza sulla Paura

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Nel 1844 la Fuller fu assunta al New York Tribune: era la prima ed unica donna dello staff e si occupava di critica letteraria. In questo periodo la giornalista cominciò a visitare le prigioni, i manicomi, le prostitute, di cui poi scriveva sul giornale.

Nel 1845 uscì il suo primo libro, La donna nel XIX secolo, un manifesto del movimento di liberazione delle donne, nel quale la Fuller descriveva l’oppressione subita nei secoli e rivendicava pari diritti. La Fuller scrisse in questo saggio che una maggiore integrazione della donna nella vita pubblica avrebbe condotto a una femminilizzazione della cultura, il che avrebbe messo fine ad ogni forma di violenza, inclusa l’uccisione degli animali per scopo alimentare (Margaret era anche vegetariana).

Dopo due anni di lavoro nella redazione del giornale, nel 1846 si rese necessario inviare un giornalista in Europa, come avevano fatto alcuni giornali concorrenti: ai lettori americani interessava conoscere meglio i celebri intellettuali dell’epoca e le idee libertarie e repubblicane che si andavano diffondendo. La scelta del New York Tribune cadde sull’unica donna della sua redazione, Margaret Fuller perché, oltre ad essere molto amata dai lettori per la sua capacità descrittiva e la sua vena polemica, conosceva molte lingue europee.

Nel 1846 dunque la Fuller giunse a Londra, dove fu accolta da scrittori e uomini politici, anche italiani, come Mazzini, di cui divenne amica; a Parigi incontrò la sua scrittrice preferita: George Sand. Arrivata in Italia, la Fuller partecipò con fervore agli entusiasmi e alle vicende risorgimentali, conoscendo anche Alessandro Manzoni.

A Roma si innamorò del Marchese Giovanni Angelo Ossoli, un bel ragazzo di 26 anni (circa dieci anni più giovane di lei) e rimase incinta: per questa ragione nel 1848 la Fuller si ritirò a Rieti, dove in settembre dette alla luce il figlio Angelo Eugenio Filippo Ossoli, che affidò a una balia del posto. Non si è mai capito se i due amanti si fossero nel frattempo sposati: nelle lettere spedite alla famiglia in America, Margaret fu piuttosto vaga sull’argomento.

In novembre la Fuller ritornò a Roma e riprese il lavoro, inviando i suoi articoli al Tribune, in cui parlava degli eventi di cui era stata testimone: nel febbraio 1849 era stata proclamata la Repubblica Romana ed il Papa Pio IX era fuggito, Garibaldi aveva amministrato Roma per un mese, poi i francesi avevano attaccato Roma, vi era stata una lotta eroica di resistenza e poi la sconfitta, ad opera dei francesi. Durante l’assedio di Roma, sotto la direzione di Cristina di Belgioioso, la Fuller collaborò all’assistenza dei feriti presso l’ospedale Fatebenefratelli e poi presso il palazzo del Quirinale, mentre il marito, Ossoli, prendeva parte alla rivolta.

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Caduta la Repubblica, Margaret Fuller e il marito tornarono a Rieti, ma li trovarono il figlio gravemente debilitato: la balia infatti, non ricevendo più denaro da Roma, aveva smesso di nutrirlo. Dopo un mese di cure intensive la famiglia, finalmente ricongiunta, decise di trasferirsi a Firenze, per paura delle eventuali ritorsioni dello stato pontificio nei loro confronti. A Firenze la Fuller lavorò intensamente ad una saggio sulla rivoluzione italiana. La situazione economica però lasciava a desiderare ed occorreva trovare al più presto un editore per il libro: pensarono che un editore americano avesse potuto garantire loro maggiori profitti.
Con il figlio Angelino dunque, gli Ossoli nel 1850 si imbarcarono a Livorno, sul veliero ‘Elisabeth’, per raggiungere gli Stati Uniti.

Durante il viaggio, il capitano della nave morì a causa del vaiolo ed il comando fu affidato ad un sottufficiale poco esperto, che portò la nave al naufragio proprio davanti alla baia di New York.

Degli Ossoli non rimase nessuna traccia e nemmeno dei loro effetti personali, compreso il manoscritto sulla storia della rivoluzione italiana, che doveva essere la loro salvezza.

Giuliana Proietti

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