La nascita delle religioni

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La religione è il complesso di credenze, sentimenti, riti che legano un individuo, o un gruppo umano, con ciò che esso ritiene sacro. Come osservava il sociologo Émile Durkheim, queste esperienze condivise uniscono gli esseri umani in un’unica comunità morale.

Secondo lo psicologo evoluzionista Robin Dunbar, nella maggior parte della storia umana le religioni hanno avuto un forma sciamanica, priva cioè di dei e codici morali. Per “sciamanico”, Dunbar intende religioni che comunemente implicano la trance e il viaggio nei mondi spirituali.

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Le forme basate sulla teologia sono invece molto più recenti e sono caratteristiche del periodo degli uomini cacciatori-raccoglitori: in queste società la tradizione religiosa si concentrava sui rituali, sulle offerte sacrificali, e sui tabù, che servivano per allontanare il male e la sfortuna.

Se vogliamo capire come e perché la religione si è evoluta, sostiene Dunbar, dobbiamo iniziare a esaminare le religioni “privandole delle caratteristiche culturali aggiunte successivamente”. Dobbiamo cioè farci meno domande sui Grandi Dei e sui vari credi, e farci più domande sulla motivazione per cui i nostri antichi antenati, attraverso le religioni, hanno trovato un modo pacifico per stare insieme. Del resto, se tutte le società hanno una religione, questo significa che la religione è imprescindibile, in quanto ha un chiaro scopo sociale.

Secondo Jonathan Turner, autore di The Emergence and Evolution of Religion, discendiamo da una lunga serie di ominoidi ancestrali con “legami sociali deboli e nessuna struttura di gruppo permanente”. La nostra linea evolutiva si è distaccata da quella delle scimmie circa 19 milioni di anni fa. Gli oranghi si sono distaccati circa 13-16 milioni di anni fa, mentre la linea dei gorilla si è ramificata circa 8-9 milioni di anni fa. La linea degli ominidi si è poi ramificata in due circa 5-7 milioni di anni fa, con una linea che ha portato agli scimpanzé e ai bonobo, e l’altra a noi. Noi, esseri umani moderni, condividiamo il 99% dei nostri geni con gli scimpanzé, il che significa che siamo le due tipologie di scimmie più vicine dell’intera linea.

 

Le somiglianze tra umani e scimpanzé sono molte, ma vi sono anche differenze, come quella che ha a che fare con la dimensione del gruppo. Gli scimpanzé, in media, possono formare un gruppo di circa 45 individui, mentre il gruppo umano medio è di circa 150 (cosiddetto numero di Dunbar).  La ragione di ciò è che gli esseri umani hanno la capacità di raggiungere il triplo dei contatti sociali degli scimpanzé e la religione va inquadrata in questa differente capacità di socialità.

Mentre i nostri antenati scimmia si spostavano dagli habitat forestali ad ambienti più aperti, come le savane dell’Africa orientale e meridionale, le pressioni darwiniane influivano su di loro per renderli più sociali ed avere una maggiore protezione dai predatori e un migliore accesso al cibo; ciò rendeva più facile anche l’accoppiamento. Senza la capacità di mantenere nuove strutture, come piccoli gruppi di cinque o sei cosiddette famiglie nucleari, dice Turner, queste scimmie non sarebbero state in grado di sopravvivere.

Questo processo di socializzazione, secondo Turner, non dipende tanto dall’intelligenza, quanto dalla capacità emotiva,  che ha determinato alcuni importanti cambiamenti nella nostra struttura cerebrale.

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Sebbene la neocorteccia abbia un posto di rilievo in molte teorie sull’evoluzione della religione, Turner afferma che le alterazioni più importanti hanno riguardato le parti sottocorticali del cervello, le quali davano agli ominini la capacità di sperimentare una gamma più ampia di emozioni. Queste emozioni, potenziate, hanno promosso il legame sociale, un risultato cruciale per lo sviluppo della religione.

Per quanto riguarda il processo di potenziamento sottocorticale, Turner fa riferimento a circa 4,5 milioni di anni fa, quando emerse il primo Australopiteco, con una dimensione cerebrale maggiore. L’  Homo habilis aveva una capacità cranica di 775 cc, mentre per l’ Homo erectus era leggermente più grande, a 800-850. Gli esseri umani moderni hanno una dimensione del cervello con una capacità cranica fino a 1.400 cc.

Sebbene la neocorteccia degli umani sia tre volte più grande di quella delle scimmie, la subcorteccia è grande solo il doppio, il che porta Turner a credere che il miglioramento delle emozioni degli ominidi fosse avviato ben prima che la neocorteccia iniziasse a crescere, fino alle dimensioni umane attuali.

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Ecco come la natura ce l’ha fatta: la promozione della solidarietà richiede emozioni positive, quindi la selezione naturale ha dovuto trovare un modo per silenziare le emozioni negative e migliorare quelle positive, secondo Turner.

A questo punto della sua argomentazione, Turner introduce il concetto di elaborazioni di primo e secondo ordine, che sono il risultato di una combinazione di due o più emozioni primarie. Quindi, ad esempio, la combinazione di felicità e rabbia genera vendetta, mentre la gelosia è il risultato della combinazione di rabbia e paura. Lo stupore, che figura principalmente nella religione, è la combinazione di paura e felicità. Le elaborazioni di secondo ordine sono ancora più complesse e si sono verificate nell’evoluzione da Homo erectus (1,8 milioni di anni fa) a Homo sapiens (circa 200.000 anni fa). La colpa e la vergogna, ad esempio, due emozioni cruciali per lo sviluppo della religione, sono la combinazione di tristezza, paura e rabbia.

È difficile immaginare la religione senza la capacità di sperimentare queste elaborazioni emotive. La solidarietà umana è possibile solo tramite l’eccitazione emotiva che ruota attorno a emozioni positive; amore, felicità, soddisfazione, cura, lealtà, oltre alla mitigazione del potere delle emozioni negative, o almeno alcune emozioni negative. Una volta che queste nuove valenze di emozioni positive sono state neurologicamente possibili, hanno potuto intrecciarsi con rituali e altri comportamenti che suscitano emozioni, per migliorare la solidarietà e, alla fine, produrre nozioni di divinità o di forze soprannaturali.


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Un altro tratto da considerare è l’empatia. L’empatia non è principalmente nella testa, è nel corpo. Scrive l’etologo de Waal: “con la sincronizzazione dei corpi, correndo quando gli altri corrono, ridendo quando gli altri ridono, piangendo quando gli altri piangono, o sbadigliando quando gli altri sbadigliano” si è venuta a creare l’empatia, che è assolutamente centrale in ciò che si definisce moralità. Se la religione è un modo di stare insieme, la moralità è ciò che ci istruisce sui modi migliori per stare insieme e per questo ne è una parte inestricabile.

Secondo Nicolas Baumard dell’Ecole Normale Supérieure di Parigi, i movimenti ascetici e morali che hanno dato luogo alle principali tradizioni religiose del mondo, cioè Buddismo, Islam, Ebraismo, Induismo e Cristianesimo, sono tutti nati nello stesso periodo, in tre diverse zone geografiche dell’Eurasia, tra il 500 a.C. e il 300 a.C.,(“Periodo Assiale”), grazie al miglioramento delle condizioni di vita, che favorirono il credo nella  ‘trascendenza personale”,

Da qui l’idea che l’esistenza umana avesse uno scopo, distinto dal successo materiale, che si trovava in una vita morale e nel controllo dei propri desideri materiali, attraverso la moderazione (nel cibo, nel sesso, nell’ambizione, ecc), l’ascetismo (il digiuno, l’astinenza, il distacco), e la compassione (aiutare e soffrire con gli altri). ”

Gli esseri umani che vivevano in società tribali, o anche negli imperi arcaici, spesso sperimentavano la fame e le malattie, e vivevano in case molto rudimentali. Per contro, il forte aumento della popolazione e l’urbanizzazione del periodo assiale suggerisce che, per alcune persone, le cose cominciarono a migliorare.

Secondo questo punto di vista, sarebbe la ricchezza ciò che spiega la nascita della religione perché quando le persone cominciarono a sentirsi più al sicuro, con dei tetti sopra le loro teste e abbondanza di cibo da mangiare, sia nel tempo presente, sia nel prossimo futuro, cominciano a impegnarsi in investimenti di più lungo termine, come la religione.

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Le caratteristiche comuni fra Buddismo, Islam, Ebraismo, Induismo e Cristianesimo sarebbero le seguenti: di solito c’è un uomo fondatore che riceve la parola di Dio; c’è un testo chiave o un insieme di testi che definisce la relazione dell’uomo con Dio; ci sono modi raccomandati di vivere e adorare; le persone si riuniscono regolarmente per far interpretare loro la parola di Dio da un’autorità; e c’è una via per l’auto-trasformazione e la salvezza eterna, in un modo o nell’altro. La religione può aver dunque fornito struttura e significato a grandi gruppi di persone e questo ha portato stabilità, in quanto la religione faceva appello a migliaia di seguaci, persone diverse, di tutte le classi sociali e di tutte le professioni.

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Sebbene molte persone fossero attratte da queste prime religioni, esse non sono tutte uguali. Ogni fede ha le sue risposte alle domande sull’umanità e ognuna ha pratiche diverse.Tutte le fedi, a parte il confucianesimo, che alcuni studiosi classificano come un sistema etico piuttosto che una religione, offrono la salvezza eterna in una forma o nell’altra. Il giudaismo, il cristianesimo e l’Islam sono tutti monoteisti, con una divinità onnipotente e onnisciente. L’induismo consente l’adorazione di numerosi e potenti dei e dee. Anche il Buddismo e il Taoismo accettano l’esistenza di molteplici esseri divini in varie forme e incarnazioni.

Dr. Giuliana Proietti

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Fonti :

Affluence, not political complexity, explains the rise of moralizing world religions, Eurekalert!

https://www.bbc.com/future/article/20190418-how-and-why-did-religion-evolve

Immagine:
Pxhere


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