Laing, l’Io diviso e le teorie sulla malattia mentale

Laing, l’Io diviso e le teorie sulla malattia mentale


Chi era Ronald David Laing?

Ronald David Laing è stato un famoso psichiatra e psicoanalista scozzese, nato nel 1927 e deceduto nel 1989. Fu un geniale psichiatra, psicoanalista e psicoterapeuta che rinnovò radicalmente, insieme ad altri clinici e teorici del suo tempo, quali Franco Basaglia, Giovanni Jervis, Thomas Szasz e altri ancora, il pensiero medico e psichiatrico della seconda metà del ‘900. È noto soprattutto per il suo lavoro nel campo della psicologia esistenziale e della psichiatria fenomenologica.

Laing, in particolare, ha introdotto il concetto di “Io diviso”, che ha avuto un impatto significativo sulla comprensione delle malattie mentali e sulle relazioni interpersonali.

Che tipo di infanzia ebbe il Dr. Laing?

Laing nacque in una famiglia della working class: suo padre era un tecnico e sua madre una casalinga. Lo psichiatra ha descritto i suoi genitori – sua madre in particolare – come un po’ strani, anaffettivi e antisociali, ma soprattutto come persone che gli avevano sempre chiesto di portare a casa ottimi risultati.  Questa ambizione familiare fu forse quello che portò il giovane Ronald a studiare medicina e a specializzarsi poi in psichiatria, conseguendo un dottorato nel 1951.

Come iniziò la carriera?

Dopo aver prestato servizio come psichiatra di leva nell’esercito britannico (1951–52) e aver insegnato all’Università di Glasgow (1953–56), Laing si trasferì, nel 1956, a Londra, con lo scopo di formarsi come psicoanalista, attraverso una borsa di studio, presso la Tavistock Clinic, con personaggi del calibro di John Bowlby, D. W. Winnicott e Charles Rycroft.

Qui in realtà fece carriera, divenendo dapprima direttore della ricerca (1956–60) e poi prestando la sua opera professionale presso il Tavistock Institute of Human Relations (1960–89). Inoltre, Laing svolgeva la libera professione di psichiatra in uno studio privato a Londra.

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Cosa sosteneva al riguardo della malattia mentale?

Laing sosteneva che la malattia mentale fosse dovuta all’incapacità di un individuo di far fronte alle pressioni familiari e sociali.

Laing accettava i trattamenti allora in suo per gli schizofrenici?

Assolutamente no. Sul piano teorico, Laing era decisamente contrario ai trattamenti standard per gli schizofrenici, come il ricovero e la terapia con elettroshock.

Quali furono i suoi contributi teorici sulla schizofrenia?

Per gran parte della sua carriera, Laing si interessò alle cause della schizofrenia. Nel suo primo libro, The Divided Self (L’Io diviso, Studio di psichiatria esistenziale 1960), pubblicato a soli 28 anni e ispirato alla filosofia esistenzialista di Sartre.

Cos’è esattamente l'”Io diviso” di Laing?

L'”Io diviso” è una teoria che suggerisce che la personalità di un individuo possa essere divisa in parti distinte e spesso in conflitto tra loro. Laing credeva che questo fosse il risultato di esperienze traumatiche e di processi di socializzazione disfunzionali. Secondo Laing, l’insicurezza ontologica (cioè l’insicurezza sulla propria esistenza) provoca una reazione difensiva, in cui l’Io si scinde in componenti separate, generando i sintomi psicotici caratteristici della schizofrenia. L’Io diviso emerge dunque come meccanismo di difesa per affrontare situazioni stressanti o emotivamente difficili. 

Qual è il ruolo delle esperienze infantili nell’Io diviso?

Laing riteneva che le esperienze infantili, in particolare quelle legate alla relazione con i genitori o con le figure di cura primaria, fossero fondamentali nello sviluppo dell’Io diviso. Le dinamiche familiari disfunzionali o traumatiche potevano portare alla formazione di queste parti separate dell’Io, capaci di reprimere o negare determinate esperienze o emozioni.

La sua ricerca sulla schizofrenia lo portò a scrivere, nel 1961, The Self and Others ( L’io e gli Altri, Psicopatologia dei processi interattivi) e poi, con Aaron Esteson, Sanity, Madness, and the Family (Normalità e Follia nella Famiglia, 1964), un gruppo di studi nei quali sosteneva che le persone che soffrivano di malattie mentali erano indotte a ciò dalle loro relazioni disfunzionali con gli altri membri della famiglia. Nel libro l’autore forniva resoconti di molte storie familiari, analizzando il modo in cui membri si consideravano e come comunicavano fra loro.

Chi è la persona “ontologicamente sicura” per Laing?

Con il concetto di Io diviso, Laing contrappone l’esperienza della persona “ontologicamente sicura” (la condizione di “essere nel mondo” perché esistiamo per gli altri, i quali esistono per noi) a quella di una persona che invece non è in grado di comprendere la realtà, la vita, l’autonomia, l’identità di sé e altre cose comunemente date per scontate, per cui, alla fine, si trova costretta ad escogitare strategie per evitare la “perdita del suo Io”.

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Come influisce l’Io diviso sul benessere psicologico e sulle relazioni interpersonali?

L’Io diviso può causare una serie di disturbi mentali, tra cui disturbi dell’umore, disturbi d’ansia e disturbi della personalità. Può anche influenzare negativamente le relazioni interpersonali, poiché le diverse parti dell’Io possono reagire in modi contrastanti o conflittuali. Ad esempio, una parte dell’Io potrebbe desiderare intimità e vicinanza, mentre un’altra parte potrebbe temere l’abbandono o respingere il contatto emotivo.

Laing modificò queste teorie nel corso della sua vita?

Si. Laing modificò alcune delle sue posizioni e, nel 1985, pubblicò il suo libro autobiografico Wisdom, Madness, and Folly: The Making of a Psychiatrist, 1927–1957 in cui ne parla diffusamente.

Qual è l’approccio terapeutico proposto da Laing per affrontare l’Io diviso?

Laing ha sviluppato un approccio terapeutico non convenzionale, noto come terapia della famiglia, che si concentra sull’individuo all’interno del contesto familiare e sociale. Ha sottolineato l’importanza della comprensione empatica e della comunicazione autentica nel processo terapeutico. Laing credeva che attraverso un’analisi approfondita delle dinamiche familiari e sociali, gli individui potessero riconciliare le parti del loro Io diviso e raggiungere una maggiore integrazione psicologica.

Quali sono stati i suoi metodi terapeutici?

Nel 1965, Laing, insieme a un gruppo di colleghi, creò la Philadelphia Association , e iniziò una comunità terapeutica, la Kingsley Hall, dove i pazienti e i terapeuti vivevano insieme e i pazienti aiutavano a gestire la comunità. Questa non fu la sola idea originale: ispirato dal lavoro della psicoterapeuta americana Elizabeth Fehr, creò anche i “laboratori per la rinascita” (rebirthing workshops) dove una persona poteva scegliere di ri-sperimentare la lotta nel cercare di liberarsi dal canale uterino (birth canal) rappresentato dal resto dei membri del gruppo che aveva intorno a sé.

Il suo obiettivo dichiarato era quello di divulgare queste tesi e questi metodi anche fuori del mondo accademico, sfidando così molti dei valori generalmente accettati della professione psichiatrica.

C’è una relazione fra Laing e il movimento dell’antipsichiatria?

Si. Laing viene spesso citato, insieme a David Cooper, come il fondatore del movimento dell’antipsichiatria. Sicuramente aveva un rapporto conflittuale con la psichiatria del tempo, che a suo modo di vedere era fondata su una falsa epistemologia, in quanto la malattia veniva diagnosticata in base al comportamento, ma poi curata con sistemi biologici.

Perché non era d’accordo sull’uso dei farmaci antipsicotici?

Perché la schizofrenia era per lui “una teoria, non un fatto” e questo lo portava a contrastare l’uso dei farmaci antipsicotici.

Quanto era importante entrare in contatto col mondo interiore del paziente?

Molto. Per Laing se un terapeuta riusciva ad entrare in contatto con il mondo interiore del paziente, allora poteva iniziare a fare “uso sensato” del simbolismo della psicosi del paziente, affrontando i  problemi che erano la causa e la radice della malattia mentale.

Come valutava i discorsi e i comportamenti dei soggetti psicotici?

Li valutava come una espressione di insofferenza verso la propria condizione, sebbene il linguaggio utilizzato dai pazienti psichiatrici fosse apparentemente enigmatico e pregno di simbolismi personali, significativi solo se visti dall’interno della situazione vissuta. 

Cosa vedeva nella malattia mentale?

Nella malattia mentale Laing vedeva un episodio di trasformazione personale, quasi un viaggio sciamanico, dove il paziente/viaggiatore poteva tornare dal viaggio trasformato da importanti intuizioni che lo rendevano più saggio e più equilibrato.

Laing ebbe una influenza anche nel campo sociale e politico?

Certamente. Negli anni settanta, grazie alla sua vasta cultura umanistica, oltre che psichiatrica, Laing fu uno degli ispiratori del movimento giovanile, che trovò in lui un sofisticato alimento intellettuale. Le sue posizioni in materia di salute mentale inglobavano una critica non solo alla psichiatria, ma anche alla società capitalista, nella quale l’alienazione mentale era completamente intrecciata con l’alienazione sociale. Laing pose in rilievo il ruolo dalla società e, in particolar modo, il ruolo della famiglia nello sviluppo della “follia”, sostenendo  che gli individui potevano essere messi spesso in situazioni impossibili, in cui sperimentavano l’impossibilità di conformarsi alle aspettative conflittuali dei loro pari, arrivando a provare uno stato di forte oppressione psicologica, che portava alla follia.

Quali erano i suoi riferimenti teorici?

Il pensiero di Laing si collegava a Marx, a Sartre, a Freud: anche lui riteneva che la società, con le sue norme, incatena il genere umano, sottraendogli la libertà individuale. Lasciate a loro stesse, le persone sarebbero state sane e quelle con la cosiddetta malattia mentale non erano in realtà malate: stavano solo cercando di trovare una strada che le riportasse alla loro naturale salute mentale.

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Come fu la sua vita privata?

La vita privata del Dott. Laing fu piuttosto discutibile: lo psichiatra era infatti un alcolista, già dall’età di 18 anni. Era inoltre un uomo che odiava profondamente l’ “establishment”: una volta si  presentò ubriaco alla Edinburgh University Medical School per tenere la “Lezione annuale per studenti della British Medical Association” (1967): un modo per dimostrare il suo disprezzo.

Poteva però permettersi questi comportamenti perché era ormai famoso e i suoi scritti avevano già elegantemente espresso le sue teorie migliori.

Per quanto riguarda la vita familiare, Laing ebbe 10 figli, sei maschi e quattro femmine, da quattro donne diverse ed i suoi rapporti familiari non furono idilliaci (alcuni figli lo hanno descritto come anaffettivo e persino violento).

Lo psichiatra sapeva bene di avere dei problemi: secondo la sua stessa auto-diagnosi, in un’intervista del 1983 rilasciata ad una trasmissione radiofonica (BBC Radio) condotta da Anthony Clare, ammise di essere depresso e di avere problemi di alcolismo.

Nell’ultimo periodo della sua vita Laing fu sospeso dalla pratica della medicina per alcolismo: divorziato tre volte e con dieci figli a carico, dovette affrontare nell’ultimo periodo della sua vita seri problemi economici.

Morì giovane, a 61 anni, nel 1989, ma in un contesto felice: mentre giocava una partita a tennis a Saint-Tropez.

Qual è il lascito di Ronald David Laing nel campo della psicologia?

Il lavoro di Laing ha avuto un impatto duraturo sulla psicologia e sulla pratica terapeutica. Ha sfidato le concezioni tradizionali della malattia mentale, ponendo enfasi sulla comprensione del contesto sociale e relazionale delle persone. La sua teoria dell’Io diviso ha contribuito a una maggiore consapevolezza delle complessità della mente umana e ha ispirato nuovi approcci terapeutici orientati alla persona e al contesto sociale.

Alcuni ritengono, oggi, che Laing abbia fatto del male alla scienza psichiatrica “romanticizzando” la malattia psicotica e idealizzando la figura del pazzo; altri pensano invece che questo psichiatra sia stato molto importante per aver attirato l’attenzione sulla sofferenza degli emarginati, considerati spesso pazzi in quanto fuori dal sistema.

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