Simone de Beauvoir, un essenziale punto di riferimento del femminismo

Simone de Beauvoir, una delle intellettuali più prestigiose del secolo scorso, viene ricordata soprattutto per il suo impegno femminista e progressista in genere. Il nucleo centrale del suo percorso intellettuale, di matrice esistenzialista, è nella riflessione sulla libertà, personale e di genere, e sulla responsabilità dell’individuo.

Lucie-Ernestine-Marie-Bertrand de Beauvoir,  nacque il 9 gennaio 1908, a Parigi, da una famiglia dell’alta borghesia francese. Ricevette, come racconta lei stessa nella sua autobiografia, un’educazione borghese, severa e cattolica.  La bancarotta di suo nonno materno, banchiere, fece però precipitare la famiglia nel disonore e la rese priva di risorse. Per questa ragione il padre di Simone si impegnò per accendere nelle figlie Simone e Hélène il gusto per la letteratura e per gli studi: l’unico mezzo, secondo lui,  per fare in modo che le figlie potessero affrancarsi dalle mediocri condizioni economiche e sociali in cui la famiglia era di colpo precipitata.

All’età di quattordici anni, Simone de Beauvoir divenne atea: questo segnò la sua emancipazione dalla famiglia e la portò a dilettarsi nella scrittura molto più che in passato.

Si laureò in lettere alla Sorbona e poi conseguì l’agrégation di filosofia nel 1929, anno in cui conobbe Jean-Paul Sartre, suo professore, che la introdusse nella cerchia degli intellettuali esistenzialisti. Il loro fu un rapporto “aperto”, mai formalizzato col matrimonio, ma molto duraturo e fecondo di amicizia ed affetto, che durerà fino alla morte di lui.

Nel 1929, vinse il secondo posto nel concorso di insegnante di filosofia, proprio dietro a Jean-Paul Sartre. Simone ebbe l’incarico a Marsiglia mentre Jean-Paul Sartre venne assegnato a Le Havre. Per facilitare il loro rapporto, Sartre le propose a questo punto di sposarlo, ma Simone si rifiutò, perché per lei “il matrimonio raddoppia gli obblighi familiari e tutti gli impegni sociali. Cambiando le nostre relazioni con gli altri, sarebbe inevitabile cambiare anche ciò che esiste tra noi “.

L’anno successivo Simone riesce ad avvicinarsi al suo compagno, ottenendo un lavoro a Rouen. Gli anni trenta sono anni di intenso legame affettivo ed intellettuale con Sartre, anche anni di viaggi in Europa ed in Africa settentrionale, di intense letture, scoperte culturali, tentativi di espressione letteraria. Simone in questo periodo ha anche altri “amori contingenti”, che però non mettono in pericolo il patto di coppia con Jean Paul Sartre, della qual cosa il suo compagno viene informato, come da accordi.

Gli amori di Simone non furono tutti eterosessuali: dall’autobiografia emerge il nome della sua amatissima amica d’infanzia Zaza, ma vi furono amori lesbici anche con alcune sue allieve, che determinarono probabilmente il suo trasferimento a Parigi, poco prima della guerra.

Insoddisfatta della professione di insegnante, la abbandonò nel 1943, per spostarsi verso una carriera letteraria. In quell’anno infatti pubblica il suo primo romanzo, L’invitata, nel quale affronta alcuni temi che erano al centro del dibattito esistenzialista, in particolare della libertà e della responsabilità individuali dell’intellettuale all’interno della società, oltre che della rottura di una relazione di coppia a causa di una donna, l’invitata, che si intromette fra due partners.

Con Sartre, Raymond Aron, Michel Leiris, Maurice Merleau-Ponty, Boris Vian e altri intellettuali di sinistra,
nel 1945 fondò la rivista “Les Tempes Modernes”, il cui scopo era far conoscere l’esistenzialismo attraverso la letteratura contemporanea. Nei suoi romanzi e saggi la de Beauvoir discute prevalentemente del suo impegno per il comunismo, l’ateismo e l’esistenzialismo. Il crescente successo dei suoi libri le permette di ottenere la sua indipendenza economica e di scegliere definitivamente di dedicarsi alla scrittura e ai viaggi.

Simone de Beauvoir viaggia in molti paesi dove incontra personaggi del calibro di Fidel Castro, Che Guevara, Mao Tse-Tung, Richard Wright.

Nel 1947 si innamorò dello scrittore americano Nelson Algren, uno scrittore comunista americano, ma non per questo decise di lasciare Sartre.

Nel 1949 pubblicò Il secondo sesso, con il quale raggiunse la fama internazionale. Si tratta di un saggio filosofico e femminista, che diventa il riferimento del femminismo moderno e che fa della Beauvor la più affermata teorica del movimento di liberazione delle donne. Con questo appello accademico e appassionato, la Beauvoir chiede l’abolizione di quello che lei chiamava il mito dell’ “eterno femminile“. Indignata nel vedere la donna trattata come un oggetto erotico, descrive una società in cui la donna è mantenuta in uno stato di inferiorità e sostiene “l’uguaglianza nella differenza” e la necessità dell’emancipazione femminile.

La sua analisi dello stato delle donne attraverso miti, civiltà, religioni, anatomia e tradizioni è uno scandalo,
specialmente il capitolo in cui parla della maternità e dell’aborto e quello dedicato al matrimonio, che lei vede come un’istituzione borghese, una forma di prostituzione femminile, in quanto la donna è sotto il dominio del marito, cui non può sfuggire.

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Nel 1954 ottenne il premio Goncourt per I Mandarini, un romanzo in cui racconta la vita e il pensiero degli intellettuali dopo la fine della seconda guerra mondiale, che abbandonano il loro status di “mandarini” (élite istruita) e si impegnano nell’attivismo politico. Il libro è dedicato a Nelson Algren.

Nel 1958 con Memorie di una ragazza perbene, iniziò a pubblicare un ciclo autobiografico che comprende anche L’età forte (1960) e La forza delle cose (1963) e che si conclude con A conti fatti (1972).

Per quanto riguarda l’impegno sociale, Simone de Beauvoir ebbe un ruolo importante nelle battaglie di Gisèle Halimi e Elisabeth Badinter per il riconoscimento delle torture inflitte alle donne durante la guerra d’Algeria e per il diritto all’aborto.

Negli anni ’70 Simone de Beauvoir entrò a far parte del femminismo militante, il Mouvement de libération des femmes (Mlf). Simone marciava in testa alle manifestazioni, firmava il manifesto delle 343 “salopes” (donnacce) che dichiaravano di aver abortito, testimoniava al processo di Bobigny, apriva le colonne di Les Temps Modernes, di cui era co-fondatrice, alle cronache dell’ “ordinario sessismo”.

La de Beauvoir non esitò a mettere in gioco tutta la sua notorietà per le cause che ritenne giuste. Partecipò inoltre alla fondazione di varie associazioni e riviste, quali la Ligue des Droits des Femmes, Choisir e Questions Féministes.

Nel 1971, divenne direttrice della rivista, ormai di estrema sinistra, Les Temps Modernes.

Dopo la morte di Jean-Paul Sartre nel 1980, Simone adottò Sylvie Le Bon, una giovane studentessa di filosofia conosciuta negli anni ’60, che divenne sua figlia adottiva e  erede del suo lavoro letterario. Simone de Beauvoir morì nel 1986 e ora, dopo una relazione lunghissima ma mai segnata dalla convivenza, condivide la stessa tomba di Jean-Paul Sartre, al cimitero di Montparnasse.

Giuliana Proietti

Imm. Wikimedia

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