La mia follia mi ha salvato – Un libro su Virginia Woolf

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La mia follia mi ha salvato“, La follia e il matrimonio di Virginia Woolf, di Thomas Szasz, edizioni Spirali Milano-

Si tratta di un libro penetrante, che offre un’intima esplorazione della vita sentimentale di Virginia Woolf, una delle figure più iconiche della letteratura del XX secolo.

Scritto con sensibilità e profondità, questo volume offre una nuova luce sulle complesse sfaccettature sulla personalità di questa straordinaria scrittrice.

Virginia Woolf

Thomas Szasz rilegge la vita di una delle più rivoluzionarie scrittrici del Novecento, dall’infanzia fino al tragico epilogo, cogliendone i lati più nascosti e meno esplorati, come quello psichiatrico.

Un’opera che riscopre Virginia Woolf andando oltre la sua rappresentazione di genio malato che la vorrebbe divisa tra “genio” e “follia”. L’autore, attraverso un’analisi rigorosa e appassionata, esamina il rapporto tra la creatività artistica e la malattia mentale nella vita di Virginia Woolf, affrontando temi come la depressione, l’ansia, la mania e la sua esperienza con la scrittura come forma di guarigione.

Secondo Szasz, qui nella duplice veste di scrittore e psicoanalista, Virginia non era vittima né della malattia mentale, né della psichiatria, né del marito. Non era semplicemente folle, ovvero “posseduta dalla follia”, al contrario “possedeva la sua follia”.

L’obiettivo di Szasz è quello di esaminare come Virginia, così come il marito Leonard, abbiano usato l’idea della follia e la professione psichiatrica per gestire e manipolare a vicenda le loro vite, facendo entrare e uscire di scena il fantasma della malattia mentale per tutta la loro esistenza.

Anche la difficoltà matrimoniale della coppia fu risolta facendo recitare a Virginia le parti di invalida mentale e di genio letterario, rinchiusa in una gabbia materna che le risultò fatale, e a Leonard quelle di protettore, infermiere psichiatrico e impresario letterario della moglie.

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Matrimonio e follia furono dunque due maschere dietro cui si nascose per meglio perseguire le proprie ambizioni, ma che a lungo andare divennero una trappola.

La vera scommessa per Virginia furono invece la scrittura, l’attività intellettuale e il programma editoriale della Hogarth Press, casa editrice fondata nel 1917 e che pubblicò le principali opere di poesia, letteratura e saggistica di quegli anni in Inghilterra.

Il libro è arricchito da una ricca selezione di citazioni dalle opere della Woolf e da estratti dai suoi diari e dalle sue lettere, che aggiungono profondità e autenticità alla narrazione.

Questi frammenti offrono un’illuminante finestra sulla mente dell’autrice, consentendo al lettore di entrare in contatto con le sue emozioni più profonde e i suoi pensieri più intimi, che rivelano la vera Virginia Woolf, come nel seguente passaggio:

La nostra stessa anima ci è ignota, figuriamoci l’anima degli altri. Gli umani non vanno insieme tenendosi per mano lungo tutto il loro percorso. C’é una foresta vergine in ciascuno, un nevaio dove neppure gli uccelli mettono piede. Qui ciascuno procede da solo e è meglio così. Sarebbe insopportabile godere sempre di simpatia, essere sempre accompagnati, essere sempre capiti. Ma nello stato di salute bisogna simulare socievolezza e sforzarsi continuamente di comunicare, civilizzare, condividere, coltivare il deserto, istruire gli indigeni, operare insieme giorno e notte per divertirsi. Nella malattia questa finzione cessa… cessiamo di militare nell’esercito della rettitudine, diventiamo disertori. – On Being Ill (Essere malati)

Relazione fra sesso e cibo

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Thomas Szasz. Nato a Budapest e trasferitosi negli USA, si è laureato in Fisica e in Medicina, si è specializzato in psichiatria e ha compiuto un training psicanalitico.

Dal 1956, è professore di psichiatria alla Syracuse University. Collabora alle principali riviste del settore ed è membro elle associazioni americane di psicanalisi e di psichiatria.

Fra i libri pubblicati in Italia: Il mito della malattia mentale (Spirali 2003); Farmacrazia. Medicina e politica in America (Spirali 2005); La battaglia per la salute (Spirali 2000); L’incapace, lo specchio morale del conformismo (Spirali 1998).

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Potresti soffrire di disturbo ossessivo compulsivo? Test

Potresti soffrire di disturbo ossessivo compulsivo? Test

Potresti soffrire di disturbo ossessivo-compulsivo? Test

I Test di Psicolinea

A cura di:
Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta

Altri test sono disponibili su:
Clinica della Coppia  |   Clinica della Timidezza

Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è un disturbo mentale caratterizzato da pensieri ossessivi e comportamenti compulsivi che interferiscono con la vita quotidiana di una persona. Ecco un test per capire se soffri dei sintomi tipici del DOC.

Nota bene: Se sospetti di avere un disturbo ossessivo-compulsivo o conosci qualcuno che potrebbe soffrirne, è importante consultare un professionista medico o psicologo per una valutazione accurata e un trattamento appropriato.

Test

1. Ti capita di avere idee, immagini e impulsi per la testa che pensi siano sciocchi, cattivi o orribili?
Si    No 

2. Ti preoccupi eccessivamente dello sporco, dei germi o dei prodotti chimici?
Si    No 

3. Sei costantemente preoccupato/a che accada qualcosa di brutto perché hai dimenticato qualcosa di importante, come bloccare la porta o spegnere gli elettrodomestici?
Si    No 

4. Ti capita di sentire la sensazione di “fame d’aria”?
 Si    No 

5. Temi di dire cose o compiere azioni aggressive senza volere?
Si    No 

6. Hai sempre paura di perdere qualcosa di importante?
Si    No 

7. Ci sono cose che senti di dover fare o pensieri che devi avere ripetutamente per sentirti meglio o sopportare meglio l’ansia?
Si    No 

8. Hai mai avuto la sensazione di avere gambe deboli?
 Si    No 

9. Hai problemi di addormentamento o di sonno?
Si    No 

10. Lavi te stesso/a o le cose intorno a te in modo eccessivo?
Si    No 

11. Ti capita di dover controllare le cose più volte o ripetere più volte le azioni per assicurarti che siano eseguite correttamente?
Si    No 

12. Ti capita di evitare situazioni o persone che potrebbero portarti ad azioni o parole aggressive?
Si    No 

13. Conservi spesso cose inutili perché non riesci a buttarle via?
Si    No 

RISULTATO DEL TEST

0-4 Si   – Situazione non preoccupante;

5-8 Si   – Forte stato ansioso;

9-13 Si – Rischio di soffrire di DOC (si consiglia di parlarne con un medico o con un terapeuta, scaricando il presente test).

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Ulteriore approfondimento.

A volte si potrebbe soffrire di più di una malattia nello stesso tempo e questo potrebbe rendere difficile diagnosticare e trattare le diverse condizioni.

Depressione e abuso di sostanze sono tra le condizioni che occasionalmente complicano il disturbo ossessivo-compulsivo. Rispondi a queste ulteriori domande:

A. Hai cambiato le tue abitudini relative al sonno e al cibo?
Si    No 

B. Spesso  (più giorni si che giorni no) ti senti:
-Triste o depresso
Si    No 

-Disinteressato alla vita
Si    No 

-Inutile o colpevole
Si    No 

C. Durante l’ultimo anno hai usato alcol o droghe tanto da…

-Sentirti incapace di assumerti le tue responsabilità nel lavoro, a scuola, in famiglia?
Si    No
-Esserti messo/a in situazioni difficili, come alla guida di un auto sotto l’effetto delle sostanze?
Si    No 
-Essere fermato/a dalla polizia o arrestato/a ?
Si    No 
-Continuare questi comportamenti, malgrado ti rendessi conto che facevi del male a te stesso/a e ai tuoi cari?
 Si    No 

Ogni risposta “si” potrebbe essere un aggravante, che potrebbe indicare una diagnosi diversa dal semplice disturbo ossessivo-compulsivo.

Il consiglio è quello di parlarne con un medico o con uno psicoterapeuta.

Riferimento:
Goodman, WK, Price LH, et al. The Yale-Brown Obsessive Compulsive Scale (Y-BOCS): Part 1. Development, use and reliability. Arch Gen Psychiatry. 46:1006-1011 (1989). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM IV), American Psychiatric Association, 1994, Washington, D.C.

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Adattato dal sito ADAA
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Leggi l’articolo sul disturbo ossessivo-compulsivo

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Zombificare in nome della morale - Gli abusi della psichiatria

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Rosemary Kennedy: Uno dei più clamorosi errori della psichiatria

Nel 1941, una delle sorelle di John Kennedy, di una bellezza sessualmente inquietante, viene  “pulita” dall’inventore della lobotomia… Con il pretesto che lei è mentalmente disturbata. Le perfora il cranio al fine di sezionare del tessuto cerebrale. Ed eccola trasformata in un vegetale. Rosemary Kennedy è una delle 50.000 donne e persone devianti che i medici hanno zombificato in nome della morale.

Nella sua Brève histoire de l’électrisation médicale (1),  lo scrittore Bernard Pasobrola ripercorre le fasi principali di questa medicina, ‘di shock’ che proclama, dal XIX secolo, di ‘curare’ uomini e donne o di abolire i loro impulsi sessuali attraverso la somministrazione di Metrazol, ad esempio, oppure sottoponendoli a scosse elettriche, prelevando loro delle parti di materia cerebrale… o infilando aghi d’acciaio nella loro corteccia.

Sebbene ormai la lobotomia sia solo un brutto ricordo, gli adepti del Mind Control  e delle esperienze sul cervello ancora dilagano. Perché, dice l’autore, “a seguito della la scoperta degli impulsi nervosi, nel XVIII secolo, si è creata una vera e propria ossessione per il controllo della mente. La possibilità di controllare il funzionamento della psiche dall’esterno e senza che gli individui ne abbiano consapevolezza ha affascinato molti scienziati e governi”.

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Nella sua Brève histoire de l’électrisation médicale, Bernard Pasobrola descrive alcune di queste tecnologie attualmente in fase di sperimentazione ed altre che sono ancora in fase di ricerca…  le cui implicazioni riguardo alle nostre libertà hanno di che renderci paranoici. Ma attenzione, non è un “complotto”, ha detto. Le cose sono più complicate di così: da una parte, lo sviluppo di queste ricerche obbedisce ad una logica intrinseca delle neuroscienze; d’altra parte, tutto è fatto per suscitare l’entusiasmo del “progresso” realizzato.” Se si deve diffidare di qualcosa, è quindi anzitutto di noi stessi – per la nostra propensione a desiderare delle ‘cure’. Cure che la medicina cerebrale è prontissima a darci.

La trama del suo ultimo romanzo, Sans crier gare surgit la nuit, (La notte sorse senza avvisare) un thriller senza fiato e meticolosamente documentato, prefigura sinistramente il futuro di questo tipo di medicina: un nuovo partito guidato da uno scienziato raccoglie il consenso popolare per il progetto di ‘riprogrammazione del cervello’ dei cosiddetti individui antisociali. «L’obiettivo, spiega, è “riprogrammare” massicciamente i “cervelli malati”, per aumentare il loro senso morale e modificare la loro memoria.» Ma queste tecnologie non valgono solo per i delinquenti. Sedotte dalla promessa di felicità, “sempre più persone corrono dal loro medico, per chiedergli di alleviare le loro ansie e cambiare i loro sentimenti attraverso le nuove tecniche.”

Queste tecniche sono già pronte? Forse sì. In ogni caso lo saranno presto. Nel caso vi seducessero, ricordatevi il contesto in cui esse sono state sviluppate: la loro storia nasce da esperienze terrificanti, che Bernard Pasobrola ripercorre passo passo.

Relazione La sessualità femminile fra sapere e potere

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Convegno Diventare Donne
18 Marzo 2023, Castelferretti Ancona
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1888: la corticotomia o ‘asportazione corticale’ di Burckhardt

Con il pretesto di trattare i disturbi mentali, alcuni medici come il direttore di un ospedale svizzero, Gottlieb Burckhardt (1836-1907), credevano che il modo migliore per curare i pazienti incurabili fosse quello di asportare alcune parti della loro corteccia. Burckhardt operò il cervello di sei pazienti. Uno di loro morì ed un altro fu trovato annegato pochi giorni dopo l’operazione. Sebbene non avesse alcuna formazione chirurgica, Burckhardt non esitò, per esempio, a rimuovere 5 g di materia grigia nella parte destra della regione temporale del cervello di una donna considerata “delirante e impulsiva”.

Nella sua mente, l’ “asportazione corticale” era una sorta di clitoridectomia cerebrale? Secondo lo psicologo Zbigniew Kotowicz, alcuni medici “condannano la chirurgia cerebrale di Burckhardt, ma accettano come un dato di fatto il legame tra la malattia mentale e gli organi sessuali e pensano che gli interventi chirurgici su questi organi siano legittimi” (2).

Nel 1934, l’ inglese John F. Fulton (1899-1960) praticò l’ablazione delle aree premotrici delle scimmie, per renderle più tranquille. Jacobsen riporta il caso di uno dei famosi scimpanzé di Fulton: l’animale aveva delle “reazioni nevrotiche” in determinate circostanze, ma dopo l’operazione… “Era come se l’animale avesse aderito al culto della felicità d’Elder Micheaux (il primo telepredicatore della storia, nda) e avesse affidato tutte le sue pene alle mani di Dio”… Non più soffrire, che bella promessa di liberazione!?

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1935: la leucotomia di Moniz

Ispirato dallo stile psicochirurgico di Burckhardt, Egas Moniz (1874-1955), praticò i suoi primi esperimenti di foratura nell’area prefrontale del cranio a pazienti depressi o schizofrenici, iniettando alcool. Più tardi, “nel novembre 1935, scrive Bernard Pasobrola, il neurologo portoghese fu il primo a trattare la malattia mentale in un intervento chirurgico al cervello che chiamò” leucotomia “. L’operazione consisteva nel tagliare la sostanza bianca che connette i due emisferi cerebrali, che se va bene trasforma il paziente in un vegetale, se va male gli toglie la vita stessa. Questa procedura fu bene accolta dalle istituzioni psichiatriche – in essa vedevano un modo per facilitare la gestione dei pazienti nelle loro strutture sovraffollate. Moniz fu premiato con il premio Nobel per la medicina nel 1949 (3) “.

1936: la lobotomia di Freeman

Dal 1936, lo psichiatra e neurologo americano Walter Freeman (1895-1972) si propose di continuare il lavoro di Moniz. Con l’aiuto del neurochirurgo James Watts, Freeman eseguì il suo primo intervento di lobotomia prefrontale negli Stati Uniti, presso la George Washington University. “L’operazione continua Bernard Pasobrola, fu progettata per separare i lobi frontali dal resto del cervello“, la paziente si chiamava Alice Hammatt. Era una donna di sessantatre anni che soffriva di una grave depressione.  «Freeman successivamente sviluppò una procedura applicabile su grande scala: la lobotomia transorbitale che consiste nello spingere un ago metallico lungo il setto orbitale del paziente (per le prime prove, Freeman si servì di un rompighiaccio della cucina dell’ospedale) fino a penetrare il cervello a livello della regione frontale». A questo punto si trattava di sezionare le fibre nervose con un piccolo movimento a tergicristallo. Tutto andava fatto molto rapidamente, e per accorciare la procedura, Freeman sostituì l’anestesia con l’elettroshock, la famosa tecnica inventata da Ugo Cerletti ispirata al metodo di macellazione di suini. Questo perché Freeman era un uomo pratico (4).

Malgrado le avvertenze di Moniz, che riservava questo genere di trattamenti ai pazienti «più perturbati», Freeman ritenne di poter espandere l’uso della lobotomia – riservata fin qui ai malati di mente – a tutte le persone che desideravano essere «calmate» per ragioni di circostanza. Nel mondo, 50.000 persone vennero lobotomizzate, generalmente dei bambini un po’ agitati, con problemi scolastici, i dissidenti e le persone che non si conformavano alle norme morali. L’operazione si eseguiva in 10 minuti e lasciava generalmente la vittima in uno stato vegetativo. Poiché la zona interessata (la nato-corteccia) era il centro delle emozioni e delle capacità cognitive, le persone lobotomizzate non provavano più sentimenti, non erano più in grado di comprendere, perdevano la loro personalità e diventavano dei robots. Un’infermiera degli anni quaranta testimoniò «Li guardavi negli occhi e ti accorgevi che lì non c’era più la persona»

Bernard Pasobrola riporta che per la sua campagna, Freeman “si equipaggiò sommariamente con una automobile e percorse il Paese con questa “lobotomobile”, una sorta di sala operatoria ambulante. Eseguì così circa tremila e cinquecento interventi, a volte su giovani donne accusate di non essere in grado di tenere a freno la loro sessualità.” Nel 1952, eseguì 228 lobotomie in un periodo di due settimane nella Virginia occidentale. Lobotomizzò 25 donne in un solo giorno. Il tasso di mortalità era del 14%. “Fortunatamente, continua l’autore, ‘ l’arrivo sul mercato di sostanze chimiche antipsicotiche farà terminare la carriera di Freeman. Ma egli continuerà a lobotomizare fino alla fine degli anni sessanta, la sua ultima operazione fu quella fatta a Helen Mortensen, nel febbraio 1967, che morì di emorragia cerebrale”.

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1941: il caso di Rosemary Kennedy

I documenti sono rari. La famiglia Kennedy ha nascosto questa storia con una cura molto particolare. L’unica biografia di Rosemary Kennedy in francese non mette in luce elementi significativi sui motivi che hanno portato il padre a distruggere sua figlia. Ma per Bernard Pasobrola, un certo numero di testimoni ha stabilito che Rosemary era troppo libera sessualmente per i gusti della famiglia Kennedy. Bisognava “calmarla”. Ecco ciò che scrive su questo caso:

«Barbara Gibson, ex segretaria personale di Rose Kennedy, ha svelato uno dei più oscuri segreti della famiglia Kennedy nella biografia scritta con Ted Schwarz (5) Rosemary, figlia di Joe e Rose e sorella dell’ex Presidente, fu distrutta psicologicamente all’età di 23 anni dal lobotomista Walter Freeman, assistito da James Watts durante l’autunno del 1941. Secondo Barbara Gibson, Joe Kennedy deliberatamente trasformò sua figlia in una disabile a vita, con il pretesto che soffriva di “ritardo mentale”, sebbene si trattasse semplicemente, sempre secondo Barbara Gibson, di una lieve dislessia.

Joe distrusse una parte del suo cervello per paura di ciò che avrebbe potuto diventare se fosse stata lasciata libera di seguire la propria strada,” scrive la biografa, aggiungendo che “la propria strada” significava in realtà un minimo di libertà sessuale, qualcosa di assolutamente proibito per una ragazza Kennedy.
Laurence Leamer, autore di The Kennedy Women: The Saga of an American Family (6), fa notare che i diplomi ottenuti da Rosemary, i suoi viaggi in Svizzera all’età di 19 anni, da sola con sua sorella Eunice di 16 anni, mal si inquadrano con la tesi difesa dalla famiglia. Il patriarca Joe Kennedy era così diffidente di questa ragazza bella e piena di vita, che la fece entrare in convento, a Washington. Ma, scrive Leamer : “la notte lei usciva nel buio cercando la luce e la vita nelle strade della città… La famiglia temeva che lei facesse quello che sua sorella Kathleen chiamava “la cosa che il sacerdote dice di non fare“. Avevano una paura tremenda della gravidanza, della malattia e della vergogna”.
Dopo aver subito l’operazione col rompighiaccio di Freeman, continua Leamer, “lei regredì allo stadio infantile, borbottando qualche parola, stando seduta per ore a fissare le pareti… Fu un orrore oltre l’orrore, un disastro indicibile, impensabile. Rose e i suoi figli avevano rimosso e cancellato dalla memoria ciò che Joe aveva fatto a sua figlia, avevano cancellato tutto, sostenevano che non era mai accaduto e che Rosemary non esisteva più.”Rosemary Kennedy è morta il 7 gennaio 2005 di cause naturali all’età di 86 anni in un ospedale di Fort Atkinson, Wisconsin, dopo aver trascorso quasi tutta la sua vita adulta in un Istituto per disabili, dimenticata dal clan Kennedy”.

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1943: il caso di Rose Williams

Bernard Pasobrola aggiunge che è difficile non fare un accostamento fra il caso di Rosemary e Rose Williams, la sorella maggiore di Tennessee Williams, una giovane donna che subì lo stesso tipo di operazione nel gennaio 1943. “Lo spettro di sua sorella, scrive, ossessiona quasi tutte le opere dell’autore di Un tram chiamato desiderio e de il gatto sul tetto che scotta, specialmente Lo zoo di vetro, una pièce direttamente ispirata al caso di Rose.
Nel 1918, dopo la nascita del loro terzo figlio, i genitori lasciarono il Mississippi e si stabilirono a St. Louis, nel Missouri. Il padre, Cornelius Williams, che lavorava in una fabbrica di scarpe, mancava da casa la maggior parte del tempo e lasciava che la moglie, Edwina, figlia di un vescovo protestante, si occupasse da sola della loro prole.
Nel suo libro autobiografico Memorie (7), pubblicato nel 1972, Tennessee Williams descrive Rose come un adolescente piuttosto timida, ma la cui “bellezza risiedeva principalmente nell’espressione dei suoi occhi grigio-verdi e dei suoi riccioli color rame”.
Quando Tennessee lasciò la casa e abbandonò il suo lavoro come impiegato nella fabbrica di scarpe dove lavorava suo padre, Rose non ce la fece. Lei conobbe, scrive, ‘la sua prima vera depressione’. E aggiunge: “credo che sia stato in questo momento che il nostro vecchio e saggio medico di famiglia disse a mia madre che la salute fisica e mentale di Rose dipendeva da quello che colpì Miss Edwina [la madre] come una cosa mostruosa: un matrimonio organizzato ,”terapeutico” in qualche modo.” Ovviamente, il vecchio dottore Alexandre aveva compreso i reali disturbi di Rose. Era una ragazza normale – ma dal grande desiderio sessuale – e si distruggeva nel corpo e nella mente a causa della repressione imposta dal puritanesimo monolitico di Miss Edwina.”
Pochi anni più tardi, Rose fu sottoposta ad una visita medica presso un ospedale cattolico nella periferia di St. Louis e fu detto alla madre Edwina che la ragazza soffriva di dementia precox. Internata presso l’ospedale statale di Farmington, subì un shock insulinico e una terapia con metrazol. Sei anni dopo, nel 1943, Rose fu sottoposta ad una lobotomia prefrontale bilaterale con l’approvazione di Edwina Williams, dal momento che il marito aveva rinunciato ad interessarsi di Rose.
L’unico commento di Tennessee è questo versetto scarabocchiato su un blocco notes:

“1000 leghe di distanza.
Rosa. La sua testa tagliata, aperta.
Una pugnalata nel suo cervello.
Io. Sono qui che fumo la mia sigaretta.
Mio padre, visto come un diavolo, che russa.
1000 leghe di distanza”.

Solo molto più tardi, nel 1979, quattro anni prima della sua morte, i suoi taccuini rivelarono una storia precisa e preoccupante dell’origine del crimine commesso sulla persona di Rose. «Edwina, scrive, “approvò che mia sorella fosse sottoposta ad uno dei primi interventi di lobotomia pre-frontale eseguiti negli Stati Uniti, perché era sconvolta dalle rivelazioni esplicite di Rosa, anche se svelate n altri termini, sul fatto che lei si fosse masturbata con candele rubate dalla cappella, durante la celebrazione dei morti, a Vicksburg”.

Brève histoire illustrée de l’électrisation médicale, 1780 – 2014, Bernard Pasobrola, mai 2014.
Sans crier gare surgit la nuit, roman, éd. La vie du rail, coll. Rail Noir, avril 2014.

(1)  Ebook format ePub. Prix : 0,99 euro. Format Kindle. Prezzo : 0,89 euro. Presentazione.

(2)  Gottlieb Burckhardt and Egas Moniz – Two Beginnings of Psychosurgery, Zbigniew Kotowicz.

(3) Consultare il blog dell’autore.

(4) Consultare il blog dell’autore.

(5) Rose Kennedy and Her Family: The Best and Worst of Their Lives and Times. Hardcover, di Barbara Gibson e Ted Schwarz, Birch Lane Pr; First Edition edition (Luglio 1995).
Consultare l’articolo di Jack El-Hai  : The exiled Kennedy, in The Independent, 15 gennaio 2005.

(6) Ballantine Books; Édition : 1st Ballantine Books Trade Pbk. Ed (29 settembre 1996).

(7) Mémoires d’un vieux crocodile, Tennessee Williams, Points, 1993.

Dr. Agnès Giard
Articolo originale:
Zombifier au nom de la morale, Les 400 culs

Traduzione autorizzata, a cura di psicolinea.it

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La relazione fra fumo e psicosi

La relazione fra fumo e psicosi: uno studio

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Una intervista sulla Eiaculazione Precoce

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Il King’s Institute of Psychiatry, Psychology & Neuroscience, un istituto rinomato per la sua ricerca di punta nel campo della salute mentale, ha condotto uno studio approfondito per esplorare il legame tra fumo di sigaretta e psicosi. Utilizzando approcci multidisciplinari e dati empirici, i ricercatori hanno analizzato i dati provenienti da diverse fonti per comprendere meglio questa relazione complessa e sfaccettata.

In passato sono state proposte spiegazioni diverse sul perché le persone con psicosi fossero più propense a fumare, rispetto al resto della popolazione. Si parlava infatti di noia o stress, automedicazione, modi diversi per combattere i sintomi della schizofrenia, o gli effetti collaterali dei farmaci antipsicotici. Tuttavia, se tutto questo fosse stato vero, allora l’abitudine al fumo avrebbe dovuto aumentare dopo che un individuo sviluppava la psicosi.

IPNOSI CLINICA: una intervista al Dr. Walter La Gatta

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Tariffe Psicoterapia

I ricercatori del King’s Institute of Psychiatry, Psychology & Neuroscience (IoPPN) hanno condotto una meta-analisi di 61 studi comprendenti 15.000 utilizzatori di tabacco e 273.000 non fumatori. I ricercatori volevano capire se al momento del primo sintomo di psicosi i soggetti erano già fumatori. La scoperta è stata che il 57% di loro erano già consumatori di tabacco. 

Al primo episodio di psicosi  i soggetti avevano tre volte maggiori probabilità di essere fumatori rispetto al gruppo di controllo. I ricercatori hanno anche stabilito che i fumatori abituali avevano sviluppato la malattia psicotica circa un anno prima dei non fumatori.

Secondo i ricercatori questa scoperta chiama in causa la teoria del fumo come automedicazione, mostrando che non di essa si tratti, ma di un’abitudine dannosa, che può condurre alla patologia, insieme ad altri fattori, genetici e ambientali.

Dr. Walter La Gatta

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Tariffe Psicoterapia

Il Dr James MacCabe, Clinical Senior Lecturer in Psychosis Studies presso lo IoPPN, del King’s College di Londra ha dichiarato: “Seppure sia sempre difficile determinare la direzione di causalità, i nostri studi indicano che il fumo dovrebbe essere preso seriamente in considerazione come possibile fattore di rischio nello sviluppo della psicosi, e non considerato semplicemente come una conseguenza della malattia“.

Al momento si ipotizza che la relazione fra fumo e psicosi sia nel sistema dopaminergico cerebrale.

Il Professor Sir Robin Murray, Professore di Psychiatric Research presso lo IoPPN, del King’s College di Londra ha dichiarato: “L’eccesso di dopamina è la migliore spiegazione biologica che abbiamo per le malattie psicotiche come la schizofrenia. E’ possibile che l’esposizione alla nicotina, aumentando il rilascio di dopamina, porti allo sviluppo della psicosi“.

La ricerca è stata pubblicata su Lancet Psychiatry.

Se questi risultati fossero confermati, vi sarebbe dunque una ragione in più per smettere di fumare al più presto possibile.

Dr. Walter La Gatta

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Fonte:

Gurillo, P et al (2015) Does tobacco cause psychosis? Systematic review and meta-analysis Lancet Psychiatry S2215-0366(15)00152-2, via Health News

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Wikimedia


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Pazzi come noi: come gli statunitensi esportano il proprio modello di malattia

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I timori di molti psichiatri europei potrebbero presto realizzarsi. All’inizio di questa settimana, Psychiatric News ha riportato che l’American Psychiatric Association ha iniziato una petizione fra i vari organismi che sorvegliano le modifiche all’ICD , ovvero la International Classification of Diseases, (Classificazione Internazionale delle Malattie), per chiedere loro di adottare le modifiche più controverse del DSM-5 .

Secondo Psychiatric News, l’APA avrebbe chiesto formalmente all’ICD di includere sette nuovi disturbi elencati nel DSM-5 , anche se non inclusi nell’ICD-9- CM o nell’ICD-10-CM.

Essi riguardano la sindrome da alimentazione incontrollata (binge-eating disorder), il disturbo esplosivo di disregolazione dell’umore (disruptive mood dysregulation disorder), il disturbo di comunicazione sociale (social – pragmatic – communication disorder), il disturbo di accaparramento (hoarder disorder), il disturbo di escoriazione della pelle (skin picking disorder) e il disturbo disforico premestruale (premenstrual dysphoric disorder), la cui storia controversa è relazionata qui . Inoltre, l’ APA ha chiesto che l’ICD – 10- CM includa la disforia di genere negli adolescenti e negli adulti , in luogo del disturbo di identità di genere, recentemente inserito, poiché l’organizzazione ha ” rivisto la concettualizzazione e la terminologia ” del problema definito.

L’obiettivo dell’APA è chiaramente quello di rendere i due sistemi diagnostici convergenti al massimo, al fine di garantire una maggiore coerenza e di evitare di mettere insieme aspetti molto diversi fra loro nella ricerca psichiatrica. Il risultato, se la petizione verrà approvata, sarà probabilmente quello di esportare in Europa e in altre zone una serie di disturbi ancora oggetto di controversie e, in base ai risultati delle prove condotte sul campo dalla stessa APA , ancora molto bisognosi di ricerche approfondite.

Lo scorso novembre, val la pena ricordare, Psychiatric News ha riferito che negli esperimenti condotti sul campo dall’APA per il DSM-5 , nove su 23 diagnosi per adulti o bambini, generate in condizioni di realtà, hanno mostrato un’affidabilità diagnostica da ” discutibile ” a ” inaccettabile”.

I criteri, secondo il rapporto, sono stati testati da ottobre 2010 a febbraio 2012 da 279 medici in 11 centri accademici negli Stati Uniti e in Canada. A questo va aggiunto che sono stati classificati i risultati come ” molto buoni” anche se i criteri delle sperimentazioni sul campo del DSM-IV li avrebbero fatti registrare semplicemente come “corretti” e che, nonostante non sia stato effettuato un fondamentale secondo round di test per determinare il numero di probabili falsi positivi o di diagnosi errate derivanti dalle loro nuovo proposte, il vice presidente , il presidente, e i membri della task force del DSM-5 hanno ammesso a malincuore che: “le evidenze in letteratura indicano che gli attuali criteri diagnostici per un certo numero di disturbi mentali non sono chiari”.

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Nonostante tale preoccupante ambiguità nella ricerca svolta per inquadrare e definire le nuove aggiunte, l’ APA a quanto pare ora si sente pronta a sollecitare l’ ICD e la popolazione enorme che essa rappresenta, per ottenere l’inclusione, per approvazione, degli stessi disturbi.

Con il suggerimento che l’ ICD potrebbe adottare l’impreciso e molto controverso disturbo d’ansia così come il disturbo da sintomi somatici, attribuendo dei codici diagnostici sia per la presenza ( 294,11 [ F02.81 ] ) che per l’assenza ( 294.10 [ F02.80 ] ) di disturbi del comportamento, il direttore della ricerca dell’APA Darrel Regier ha categoricamente contraddetto il precedente annuncio della sua organizzazione circa le prove condotte sul campo nell’annunciare la recente petizione : “Per queste condizioni, non vi è alcun dubbio sul fatto che esse soddisfino i criteri di un disturbo neurocognitivo maggiore e vi sia la necessità di un intervento se sono presenti disturbi comportamentali”.

In questi momenti, può essere utile ricordare che il disturbo di disregolazione dell’umore nacque come “disturbo di disregolazione del temperamento”, un ballon d’essai lanciato “per affrontare le preoccupazioni circa il potenziale eccesso di diagnosi e di trattamento del disturbo bipolare nei bambini “. Il problema, introdotto nel precedente DSM – IV dell’APA, deriva dal fatto che i suoi comitati hanno definito il Disturbo Bipolare II come un disturbo per il quale non è necessario osservare segni di mania; una decisione che ha contribuito a produrre un inedito incremento della diagnosi di quaranta volte.

Fino a quando la proposta di aggiungere il “disturbo di disregolazione del temperamento” ha provocato preoccupazione in tutto il mondo, senso del ridicolo e incredulità, per l’accento posto sui ” gravi scoppi di collera ricorrenti in risposta a fattori di stress comuni “, che avrebbe potuto facilmente patologizzare i capricci e i crolli dei bambini, la Task Force del DSM-5 ( senza offrire alcuna spiegazione o motivazione per la sostituzione) ha deciso un nuovo nome, ma ha ritenuto di mantenere validi gli stessi criteri. Questo è lo stesso disturbo che ora si vorrebbe convincere  l’Europa e le altre aree che utilizzano l’ICD ad adottare.

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All’inizio di quest’anno, in un articolo dal titolo ““Why DSM-5 Concerns European Psychiatrists” lo psichiatra parigino Patrick Landman ha osservato , ” il DSM ha portato ad una crescente medicalizzazione delle emozioni, per cui le distinzioni tra la normalità, le sue variabilità e le sue patologie sono scomparse”.

Il manuale, ha continuato, ” ha anche causato un’inflazione in diagnosi psichiatriche che sono sia clinicamente che scientificamente discutibili e che includono tutte le categorie o le chimere che sono la fonte delle epidemie artificiali, con il risultato che gli psicofarmaci sono sempre più prescritti per i bambini e che, a loro volta, essi producono degli effetti secondari, quali obesità, malattie cardiache, dipendenze o overdose, incidenti, perdita delle inibizioni, atti violenti , ecc , per non parlare degli effetti psicologici relativi alla famiglia e agli aspetti sociali, come lo stigma o il senso di esclusione causato dall’aver ricevuto erroneamente una diagnosi psichiatrica, in caso di falso positivo”, ha avvertito , “la concezione di diagnosi psichiatrica del DSM come una condizione immutabile anziché come una condizione in evoluzione ha promosso una confusione tra prevenzione giustificata e previsione casuale che può a volte costituire un pericolo per le libertà civili ” .

Il disturbo di disregolazione dell’umore e il disturbo disforico premestruale sono, per questi esperti , esempi classici di quella confusione. Qualora l’ APA non riesca ad ottenere l’approvazione ICD per questi disturbi, la conseguenza naturale è quella di esporsi all’accusa di aver elencato fra i disturbi mentali condizioni mediche imprecise o fenomeni prettamente americani: un effetto dovuto o alla nostra cultura o all’organizzazione che pubblica il suo più influente manuale psichiatrico.

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Chiaramente, l’ APA vuole evitare tale risultato, e far si che le sue definizioni sembrino globali anziché parrocchiali o, in alcuni casi, non-inevitabili. Ma l’ organizzazione utilizza il linguaggio della convergenza, come Landman e altri vorrebbero, o cerca di imporre ad altri i propri sistemi di diagnostica chiedendo di adottare i propri cambiamenti molto controversi, per mascherare il proprio  status in quanto tale ?

In Crazy Like Us, un racconto avvincente della ” globalizzazione della psiche americana” Ethan Watters suggerisce questo. Come Landman, egli esprime la preoccupazione che gli psichiatri occidentali, con buone intenzioni ma sbagliando, contribuiscano ad esportare imprecise, a volte false concezioni della malattia mentale. Il risultato, come afferma nel suo meticoloso lavoro, è più vicino alla medicalizzazione – e alla banalizzazione – piuttosto che ad un utile confronto di conoscenza e comprensione. “Stiamo appiattendo il paesaggio della psiche umana “, avverte. ” Siamo impegnati nel grande progetto di americanizzazione della comprensione della mente umana a livello mondiale”.

Prof. Christopher Lane

christopherlane.org

Immagine:
Photo by Brett Sayles: https://www.pexels.com/photo/man-standing-on-stage-facing-an-american-flag-1340504/

Articolo originale:

Crazy like us: How the U.S. export its models of illness

Traduzione autorizzata, a cura di psicolinea.it

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