Interpretazione dei sogni

Freud e il flop del libro l’Interpretazione dei sogni

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Nonostante l’enorme impatto postumo dell’opera, Freud dovette per molti anni convivere con indifferenza, scetticismo e dure critiche. Questo accadde anche per l’accoglienza riservata al libro lInterpretazione dei sogni, nei primi mesi del 1900.

Questo libro gettava le basi di quella che sarebbe diventata la psicoanalisi, introducendo idee radicali sul sogno come manifestazione dell’inconscio e della realizzazione del desiderio.

In una lettera all’amico Fliess scrive:

” Il libro viene capito pochissimo, e se riceve qualche apprezzamento positivo è quasi per farmi la carità; è evidente che ai più non è piaciuto. Non sono ancora riuscito a trovare qualcuno che abbia la seppur minima idea di ciò che in esso è davvero importante”.

Una lezione divulgativa su Freud e il suo libro "Totem e Tabù"

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Freud non aveva torto a giudicare la vendita del suo libro un vero flop, come si direbbe oggi: del resto, in sei anni furono vendute solamente trecentocinquantuno copie dell’opera e ne dovettero passare altri due perché il libro fosse definitivamente esaurito presso l’editore e si potesse pensare ad una ristampa.

Nel frattempo, nessuna rivista scientifica recensì l’opera, e gli ambienti accademici mostrarono pari indifferenza.

Freud riteneva che il libro fosse stato poco pubblicizzato o recensito, ma soprattutto riteneva che la vera causa del mancato successo era da ricercarsi nella sua origine ebraica.

Solo gradualmente il libro iniziò a trovare un pubblico: nuovi sostenitori cominciarono a formarsi nella cerchia di Jung e Rank, le successive edizioni vennero curate dallo stesso Freud (otto in totale) e solo attorno al 1908-1909 il volume iniziò a vendere regolarmente .

Fonte principale:
Donn Linda, Freud e Jung, Leonardo

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progetto di una psicologia

Freud Progetto di una psicologia (1895)

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La scienza naturale al tempo di Freud aveva fatto e stava facendo passi da gigante. Il mondo scientifico in cui Freud era cresciuto era il mondo della fisica newtoniana, delle cause e degli effetti determinati e determinabili, che potevano essere misurati e quantificati. Le leggi universali che si riteneva governassero tutti i processi naturali fisici e psicologici, animati e inanimati, erano le leggi della termodinamica.

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Queste leggi fondamentali della natura e delle forme di energia governavano la direzione e lo scambio di energia, le soglie degli stimoli e delle risposte, i principi di inerzia e le interazioni di causa-effetto. Era il mondo del determinismo scientifico universale. L’influenza esercitata sul pensiero di Freud dalle esigenze deterministiche e quantitative del metodo scientifico può essere vista molto chiaramente nel suo Progetto di una psicologia (1895).

Egli sperava così di aver integrato l’orientamento fondamentale deterministico delle scienze naturali, il corpo delle conoscenze neurologiche e ciò che aveva imparato sulla natura e il funzionamento dell’apparato psichico.

Lo scritto riflette le inclinazioni scientifiche di Freud, ma anche la forte influenza di Helmholtz sul suo pensiero. Le prospettive deterministiche di Helmholtz dominavano la fisiologia del tempo. La sua influenza la si riscontra nella posizione fondamentale che annette al piacere e al dolore, all’uso del concetto di entropia, nello sviluppo del principio di costanza, nei principi della minima azione, nel principio ‘economico’ della conservazione di energia.

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Questo scritto fu poi completamente ripudiato da Freud, che in seguito rinunciò al tentativo di neurologizzare o fisiologizzare i processi psicologici.

La sua rinuncia tuttavia non fu mai completa, in modo che la tensione fra il fisiologico e lo psicologico è rimasta un importante aspetto non solo del pensiero più tardo di Freud, ma del continuo progresso della psicoanalisi. Quanto al libro, il Progetto di una psicologia, restò, in un primo tempo, inedito.

Fonte: Zetzel E. – Meissner W.W., Psichiatria psicoanalitica, Boringhieri

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La depatologizzazione della omosessualità nell’ICD

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Cosa è l’ICD?

L’ICD è la classificazione internazionale delle malattie, delle condizioni di salute e dei problemi sanitari correlati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Viene utilizzato per assegnare la morbilità e la mortalità umana a categorie specifiche. L’ICD non va confuso con Il DSM (Manuale Diagnostico e Statistico degli Psichiatri), che è una pubblicazione a cura dell’APA (Associazione Psichiatrica Americana), dove sono elencate tutte le malattie mentali. Qui di seguito riportiamo la storia della categoria diagnostica “omosessualità”, nell’ICD.

L’omosessualità nell’ICD

L’omosessualità è entrata per la prima volta nell’ICD, nella sua sesta versione (ICD-6). Era la prima volta che vi era nell’ICD una classificazione dei disturbi mentali. Prima dell’ICD-6 e della fondazione dell’OMS, l’ICD era esclusivamente una classificazione delle cause di mortalità (la prima versione era chiamata The International List of Causes of Death). Dall’ ICD-6 (approvato nel 1948), poi nell’ICD-7 (approvato nel 1955), nell’ICD-8 (approvato nel 1965) e nell’ICD-9 (approvato nel 1975), l’omosessualità è sempre stata inclusa nel Capitolo V sui disturbi mentali e anche come parte di una categoria generale per le “Deviazioni sessuali”.

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Da ICD-6 a ICD-9: Categorie specificamente correlate al funzionamento sessuale

 

ICD-6 (1948) e ICD-7 (1955)

ICD-8 (1965)

ICD-9 (1975)

Nome del capitolo Capitolo V. Disturbi mentali, psiconevrotici e di personalità

Capitolo V. Disturbi mentali

Capitolo V. Disturbi mentali

Descrizione e codici Disturbi del carattere, del comportamento e dell’intelligenza (codici 320–326) Nevrosi, disturbi della personalità e altri disturbi mentali non psicotici (codici 300–309) Disturbi nevrotici, disturbi della personalità e altri disturbi mentali non psicotici (codici 300–316)
Nome e codice del gruppo Personalità patologica
(codice 320)
Deviazione sessuale
(codice 302)
Disturbi e deviazioni sessuali (codice 302)
Nomi di categoria, codici e condizioni incluse

320.6 Deviazione sessuale

Comprende: esibizionismo, feticismo, omosessualità, sessualità patologica, sadismo, deviazione sessuale

302.0 Omosessualità
Include: lesbismo, sodomia302.1 Feticismo

302.2 Pedofilia

302.3 Travestitismo

302.4 Esibizionismo

302.8 Altre deviazioni sessuali
Include: erotomania, masochismo, narcisismo, necrofilia, ninfomania, sadismo, voyeurismo

302.9 Deviazione sessuale non specificata
Include: sessualità patologica NAS, deviazione sessuale NAS (NB I disturbi sessuali NAS sono disturbi del funzionamento sessuale che non rientrano in nessuna categoria specifica).

302.0 Omosessualità
Include: lesbismo302.1 Bestialità

302.2 Pedofilia

302.3 Travestitismo

302.4 Esibizionismo

302.5 Transessualismo

302.6 Disturbi di identità psicosessuale
Include: disturbo del ruolo di genere

302.7 Frigidità e impotenza
Include: dispareunia psicogena

302.8 Altra deviazione o disturbo sessuale
Include: feticismo, masochismo, sadismo

302.9 Deviazione o disturbo sessuale non specificato

Come si vede, nel glossario dell’ICD-9, le “deviazioni sessuali” sono state descritte come inclinazioni o comportamenti sessuali anormali, diretti principalmente verso persone non del sesso opposto, o verso atti sessuali non normalmente associati al coito, o verso il coito eseguito in circostanze anomale.

Il 17 maggio del 1990, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) cancellò l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali. Fu un momento storico, che portò, nel 2004 a scegliere il 17 maggio come data per l’istituzione della Giornata internazionale contro l’omobitransfobia (International Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia – IDAHOBIT)

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La seconda era della classificazione dell’omosessualità nell’ICD

Nell’ICD-10 dell’OMS (pubblicato nel 1992) è stato tuttavia osservato un atteggiamento ambivalente  Infatti, nonostante venga specificato che  “il solo orientamento sessuale non è da considerarsi un disturbo “,  almeno tre codici ICD-10 (inclusi nel blocco “Disturbi psicologici e comportamentali associati allo sviluppo e all’orientamento sessuale”, sotto la voce ” Disturbi della personalità e del comportamento degli adulti”), in particolare F66.0 (“Disturbo della maturazione sessuale”), F66.1 (“Orientamento sessuale egodistonico”) e F66.2 (“Disturbo delle relazioni sessuali”), potrebbero essere applicati all’orientamento omosessuale, o bisessuale.

Il disturbo della maturazione sessuale è stato definito come un disturbo mentale applicato a un individuo che soffre di “ incertezza sulla propria identità di genere o orientamento sessuale, che causa ansia o depressione. Più comunemente ciò si verifica negli adolescenti che non sono certi di essere omosessuali, eterosessuali o bisessuali nell’orientamento o in individui che dopo un periodo di orientamento sessuale apparentemente stabile, spesso all’interno di una relazione di lunga data, scoprono che il loro orientamento sessuale sta cambiando. ”

L’orientamento sessuale egodistonico si riferisce a un individuo la cui “ identità di genere o preferenza sessuale non è in dubbio, ma l’individuo desidera che sia diverso a causa di disturbi psicologici e comportamentali associati e può cercare un trattamento per cambiarlo”.

Il “Disturbo della relazione sessuale” è una categoria per coloro la cui “ anomalia dell’identità di genere o delle preferenze sessuali è responsabile delle difficoltà nel formare o mantenere una relazione con un partner sessuale ”.

Anche se l’eterosessualità è elencata come solamente uno dei possibili orientamenti sessuali, le persone eterosessuali non sembrano destinatarie previste di queste diagnosi. E’  evidente che il discorso è rivolto a coloro che mostrano un orientamento sessuale omosessuale e che per questo possono provare un’angoscia correlata.

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E’ bene ricordare che non ci sono prove che l’orientamento sessuale tra persone dello stesso sesso sia di per sé causa di angoscia (cioè, un disturbo della maturazione sessuale o un’omosessualità “ego-distonica”); sembra piuttosto che il disagio sia una conseguenza del rifiuto sociale e della discriminazione causata dallo stigma legato all’orientamento sessuale.

Il 18 giugno 2018, l’OMS ha pubblicato la sua nuova classificazione internazionale delle malattie, l’ ICD-11 depennando la “incongruenza di genere “ dalla classificazione dei disturbi psichiatrici.

La voce è restata nel documento ICD-11, ma in un altro capitolo di nuova istituzione, relativo alla salute sessuale. A questo importante pronunciamento,  hanno certamente contribuito le pressioni che da anni arrivavano dalle associazioni e dalle community LGBT di tutto il mondo

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Fonti:

Drescher J. Out of DSM: Depathologizing Homosexuality. Behav Sci (Basel). 2015 Dec 4;5(4):565-75. doi: 10.3390/bs5040565. PMID: 26690228; PMCID: PMC4695779.

Robles R., Real T., Reed G. Depatologizzare l’orientamento sessuale e le identità transgender nelle classificazioni psichiatriche // Consortium Psychiatricum. – 2021. – Vol. 2. – N. 2. – P. 45-53. doi: 10.17816/CP61

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L'Effetto Lucifero: intervista a Philip Zimbardo

L’Effetto Lucifero: intervista a Philip Zimbardo

L’Effetto Lucifero: intervista a Philip Zimbardo

Le interviste

 

Philip Zimbardo è uno psicologo statunitense noto soprattutto per il suo famoso esperimento della prigione, noto come “Stanford Prison Experiment”, che sollevò importanti questioni sull’etica della ricerca psicologica. È anche autore di diversi libri di successo che esplorano temi come la psicologia dell’essere umano e il potere delle situazioni nell’influenzare il comportamento. Ecco un’intervista esclusiva per psicolinea.

WLG Lei è stato probabilmente il primo psicologo a dare importanza alla timidezza e a decidere di studiarla. Perché ha aperto la ‘Shyness Clinic’? E’ soddisfatto dei risultati raggiunti dalla ricerca in questo campo?

PhZ Credo di essere stato il primo ricercatore a studiare la timidezza negli adulti. Il mio interesse in questo argomento deriva dall’esperimento della prigione di Stanford (Stanford Prison Experiment, SPE). Dopo anni di ricerca sono cominciati i trattamenti per adulti e adolescenti timidi, allo scopo di mettere in pratica quanto avevamo appreso. (Vedi sezione del mio nuovo libro su questo argomento (1)

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WLG Si può dire che la timidezza non sia ‘patologica’, ma che rappresenta solo una riduzione delle abilità sociali e della fiducia in sé stessi ?

PhZ La timidezza varia enormemente da un ‘varietà infantile’ di lieve apprensione e riservatezza, a una discreta paura di incontrare gli altri, fino all’estrema, paralizzante paura e all’isolamento sociale.

In questi casi estremi essa diventa una patologia seria, che produce forte disagio alle persone, ma anche dei livelli medi di timidezza possono limitare molte opportunità sociali, influire sul proprio stile di vita, portare la persona timida a vivere una vita meno soddisfacente e perfino a guadagnare di meno di altri che non sono timidi.

I bambini timidi sono presi in giro a scuola, oppure sono vittime di bullismo, il che può portare ad un rendimento scolastico insoddisfacente.

WLG Tornando alla timidezza, il suo collega Bernardo Carducci ha parlato recentemente della sua teoria della ‘timidezza cinica’, una forma estrema di timidezza che riguarda soprattutto i maschi e che può portare a comportamenti violenti, come si sono visti nella scuola della Virginia. Lei cosa ne pensa?

PhZ Quando degli studenti timidi vengono presi in giro, sono vittime di bullismo o rifiutati in altri modi, essi costruiscono un risentimento e una rabbia nei confronti degli altri e contro il sistema scolastico che permette questi comportamenti. Negli Stati Uniti, questi soggetti hanno facile accesso alle armi; le armi cambiano i rapporti di forza, trasformando gli studenti timidi in persone pericolose, capaci di vendicarsi. Questa è la mia opinione sulla ‘timidezza cinica’ di Carducci.

Ho raccolto dei dati qualche anno fa che mostravano come la maggior parte degli uomini che si trasformavano ‘improvvisamente’ in assassini, che commettevano omicidi senza neanche aver avuto delle reazioni violente, erano molto timidi. Avevano anche un’immagine femminilizzata o androgina. Inoltre, essi sono ipercontrollati nei loro impulsi.

Una intervista sulla Timidezza

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WLG Ci può spiegare come ha elaborato la sua nuova teoria dell’Effetto Lucifero che trasforma persone normali in persone malvagie ?

PhZ Il mio nuovo libro mi ha dato l’opportunità di mettere in relazione il male, come io avevo avuto modo di osservarlo e che avevo contribuito a creare nello studio della Stanford Prison, con gli altri mali presenti nel mondo, come il genocidio, la tortura, gli abusi sui prigionieri della prigione di Abu Graib da parte dei soldati americani, ed il male nelle aziende dove la brama trasforma delle persone intelligenti ed ambiziose, come accaduto alla Enron ed altri disastri.

La mia opinione è che molte di queste azioni malvagie vengano perpetrate da persone assolutamente normali da tutti i punti di vista, non portate al male o con problemi patologici. Credo che dovremmo prestare maggiore attenzione al potere di alcune forze che dipendono dalle situazioni sociali e alle forze del sistema che crea queste situazioni, quando vogliamo comprendere le cause del male e sviluppare mezzi per combatterlo e prevenirlo. E’ più frequente che sia un cattivo contesto a corrompere delle persone rette piuttosto che delle mele marce inserite in un ambiente sano. Credo che avremmo bisogno di un cambiamento di paradigma dal modello medico prevalente che si focalizza sull’individuo da curare, per adottare un modello di salute pubblica.

Questo tipo di modello cerca di trovare il virus che fa ammalare la società e poi vaccina la popolazione contro i suoi cattivi effetti. Il male è un virus che si trova in molte società: la mafia ne è un esempio. Non è abbastanza focalizzare l’attenzione solo su chi compie il male, ma anche sulle condizioni del sistema che supporta e mantiene l’abitudine al male. Intendo dire anche i valori legati alla cultura, alla legalità, alla politica, alla storia, che legittimano le persone che si comportano in modo malvagio.

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WLG Secondo la sua teoria, un normale individuo può anche, in alcune particolari condizioni, agire bene e diventare un eroe…

PhZ Se le persone comuni possono essere colpevoli della banalità del male, possono anche erigersi a rappresentare il meglio della natura umana, nella banalità dell’eroismo. Credo che la migliore difesa o antidoto al male sociale sia promuovere l’immaginario eroico nel maggior numero di persone possibile. Gli eroi sono in genere delle persone normali, eroi della vita quotidiana, i quali in particolari situazioni si coinvolgono in azioni straordinarie.

Essi agiscono mentre gli altri restano passivi. Si interessano di più degli altri, sono socio-centrici piuttosto che interessati al proprio egocentrico benessere. Sto iniziando una ricerca sperimentale progettata per studiare quale è il momento decisivo perché una persona decida di compiere un atto eroico, come disobbedire ad una autorità ingiusta. Il mio collaboratore dell’Università di Palermo, Piero Bocchiaro ed io abbiamo da poco completato la prima serie di esperimenti per cercare di comprendere quali fattori sociali e di personalità caratterizzano le persone che si sono comportate in modo eroico.

Nell’ultimo capitolo dell’Effetto Lucifero, presento una nuova tassonomia di 12 differenti tipi di eroi con esempi tratti da varie culture. Naturalmente, l’eroismo è culturalmente e storicamente definito. Quando il mio libro sarà tradotto in italiano, verso la primavera del 2008, spero di ricevere dei riscontri dai lettori italiani circa la natura di quelli che essi definiscono eroi.

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(1) La timidezza come prigione auto-imposta

Quale altra prigione è così oscura come il proprio cuore!
Quale carceriere è così inesorabile come il proprio sé?
Nathaniel Hawthorne

Nella prigione allestita negli scantinati, i prigionieri hanno rinunciato alle loro libertà basilari in seguito al controllo coercitivo delle guardie. Tuttavia, a parte il laboratorio, anche nella vita reale molte persone volontariamente rinunciano alla propria libertà di parola, di azione e di associazione anche senza che vi siano delle pressioni esterne che impongano di farlo.

Ciò dipende dall’interiorizzazione che esse hanno fatto di questi carcerieri così esigenti, che sono diventati parte del proprio sé; le guardie che limitano le opportunità verso la spontaneità, la libertà, la gioia di vivere. Paradossalmente, queste stesse persone hanno interiorizzato anche l’immagine del prigioniero passivo che, seppure in modo riluttante, si mostra acquiescente nei confronti di queste restrizioni che si è auto-imposto in tutte le proprie azioni. Ogni azione che richiama l’attenzione degli altri spaventa queste persone che temono di sentirsi potenzialmente umiliate, di provare sentimenti di vergogna, di essere rifiutate dagli altri, per cui tutto questo va evitato.

In risposta al carceriere interno, la persona si fa prigioniera e si tira indietro dalla vita, nascondendosi dentro una corazza, scegliendo la sicurezza della silenziosa prigione della timidezza. Elaborando questa metafora, a partire dall’esperimento della Stanford University, ho pensato alla timidezza come una fobia sociale che rompe i legami dei rapporti interpersonali facendo degli altri una minaccia, anziché un’opportunità. L’anno successivo al termine del nostro studio sulla SPE, ho iniziato un progetto di ricerca più impegnativo, il Progetto Timidezza della Stanford University per investigare le cause, le componenti, le conseguenze della timidezza negli adulti e negli adolescenti.

Il nostro fu il primo studio sistematico della timidezza nell’adulto; quando ne sapemmo abbastanza, andammo avanti per sviluppare un programma di trattamento della timidezza in un’unica Shyness Clinic (1977). La Clinica, che è stata sempre in attività in tutti questi anni a Palo Alto, è diretta dalla Dr.ssa Lynne Henderson, ed ora è parte della facoltà di psicologia presso la Pacific Graduate School.

Il mio maggiore successo nel trattamento e nella prevenzione della timidezza è stato quello di sviluppare degli strumenti per aiutare le persone timide a liberarsi delle loro silenziose, auto-imposte prigioni. Ho fatto questo in parte scrivendo libri divulgativi per il grande pubblico su come trattare la timidezza negli adulti e nei bambini (2). Queste attività sono state un modo per riparare gli imprigionamenti cui avevo sottoposto i partecipanti all’esperimento presso la Stanford University ( SPE).

(Traduzione dall’inglese di Walter La Gatta, tutti i diritti riservati)

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(2) Shyness research: Zimbardo, P G. (1986). The Stanford shyness project. In W. H. Jones, J. M. Cheek, & S. R. Briggs (Eds.), Shyness: Perspectives on research and treatment (pp. 17-25). New York: Plenum Press.

Zimbardo, P. G. (1977). Shyness: What it is, what to do about it. Reading, MA: Addison-Wesley,

Zimbardo, P. G., & Radl, S. (1986). The Shy Child. New York: McGraw Hill. Traduzione italiana: “Il bambino timido” (Erickson, 2000), di Philip Zimbardo e Shirley Radl

Chi è Philip Zimbardo?

Philip Zimbardo, Professore Emerito della Università di Stanford (nato il 23 Marzo del 1933) è conosciuto per il suo esperimento della prigione di Stanford (Stanford Prison Experiment, SPE) e come autore di libri di psicologia che hanno introdotto alla materia della psicologia uno sterminato numero di studenti.

Nel 2002, Zimbardo fu eletto Presidente della American Psychological Association. Sotto la sua direzione l’organizzazione sviluppò il sito PsychologyMatters.org, un compendio della ricerca psicologica che può essere utilizzato per le sue applicazioni pratiche, nella vita quotidiana. Nello stesso anno apparì come commentatore nel reality inglese The Human Zoo, dove i partecipanti venivano osservati mentre interagivano in un ambiente controllato.

Nel 2004, Zimbardo ha testimoniato presso la corte marziale in difesa del sergente Ivan “Chip” Frederick, una guardia della prigione di Abu Graib, sostenendo che la pena relativa a Frederick doveva essere ridotta a causa delle pressioni ambientali subite dal militare, con le aggravanti di un addestramento e di una supervisione molto limitati.. A Frederick è stata inflitta una pena di 8 anni. Zimbardo utilizzando l’ esperienza maturata con il caso Frederick ha scritto un nuovo libro, The Lucifer Effect: Understanding How Good People Turn Evil,(non ancora pubblicato in Italia).

Links

www.PrisonExp.org

www.Shyness.com

Su questo sito, altri articoli del Prof. Zimbardo.

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Le sorelle Brontë: la scrittura come riscatto

Le sorelle Brontë: la scrittura come riscatto

Le sorelle Brontë: la scrittura come riscatto


 In un’epoca in cui alle donne veniva spesso negato l’accesso all’espressione intellettuale, le sorelle Brontë riuscirono a trasformare la reclusione e la malinconia del loro mondo in romanzi profondi, visionari e rivoluzionari. Conosciamole meglio.

La famiglia

Figlie del reverendo Patrick Brontë, Charlotte (1816–1855), Emily (1818–1848) e Anne (1820–1849) vissero un’infanzia segnata dalla perdita precoce della madre Maria e di due sorelle maggiori. Le cose andarono così:

Nel 1820,  dopo la nascita dell’ultima figlia, Anne, la famiglia Brontë si trasferì a Haworth, un piccolo paese fra le brughiere dello Yorkshire, dove al reverendo fu assegnata la Chiesa di Saint Michael and All Angels.

Poco dopo il trasferimento, nel 1821 Maria,  la madre, morì, per cui fu deciso che a prendersi cura dei bambini sarebbe stata la zia Elizabeth, sorella di Maria, che per questo andò ad abitare con i Brontë.

Nel 1824 le ragazze Brontë furono mandate nella scuola di Cowan Bridge, nel Lancashire, una scuola per figlie di ecclesiastici, dove subirono un durissimo regime di privazioni (Charlotte descrisse questa scuola col nome di Lowood School, nel suo romanzo Jane Eyre).

Nel 1825, a causa della tisi, morirono le sorelle maggiori Maria ed Elizabeth e le altre ragazze furono rimandate a casa.

I fratelli Brontë non frequentarono dunque regolarmente la scuola pubblica: studiavano a casa e nel tempo libero si divertivano inventando storie: raccontandole e scrivendole.

Nel 1826 il padre, di ritorno da un viaggio, portò ai figli una scatola di soldatini: questi divennero da quel momento i protagonisti delle loro fantastiche avventure nel mondo immaginario di Glasstown Confederacy. Patrick e Charlotte scrivevano le cronache del regno di Angria, Emily e Anne la saga dell’isola di Gondal.

Questo laboratorio letterario, negli anni, divenne il fondamento delle loro opere mature.

Charlotte frequentò la scuola di Miss Wooler a Roe Head per un anno, nel 1831 e, quando tornò a casa, insegnò ciò che aveva appreso ai fratelli. Charlotte tornò ancora a Roe Head nel 1835, questa volta come insegnante, e nello stesso periodo Emily vi andò come allieva.

Charlotte però ebbe in questo periodo una forte depressione, tanto che rinunciò all’incarico. Entrambe le sorelle tornarono a casa.

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Primi lavori

Le Brontë lavorarono in varie scuole negli anni successivi: Anna trovò un posto da governante, Emily trascorse diversi mesi ad insegnare alla scuola di Miss Patchett a Law Hill, ma non riuscì a resistere alla nostalgia di casa.

Dopo questa esperienza, Emily non tentò mai più di cercarsi un altro lavoro; piuttosto vagheggiò con la sorella di aprire una scuola privata a Haworth, sogno che non si realizzò mai.

Di questo periodo sappiamo che Emily aveva cominciato a scrivere poesie (il 12 luglio 1836 Emily scrisse la sua prima poesia datata) e che era una ragazza alta, dagli occhi grigi azzurri ed i capelli rossi, dal carattere timido e riservato.

La sorella Charlotte, in una prefazione ad una riedizione di Cime Tempestose, descrisse la sorella come una persona che non aveva un’indole socievole: tranne che per andare in chiesa o per fare una passeggiata sulle colline, raramente varcava la soglia di casa.

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I viaggi

Nel 1842 Emily e Charlotte Brontë andarono a Bruxelles, a spese della zia Elizabeth, per imparare il tedesco e perfezionare il francese. Dopo otto mesi però la zia morì e le due sorelle tornarono a casa per i funerali. Emily non si mosse più da Haworth per il resto della sua vita; Charlotte tornò invece in Belgio per insegnare.

Si innamorò di un uomo sposato ma, dopo aver dolorosamente vissuto questa storia tormentata, preferì anche lei tornare a casa.

Nel 1845 Charlotte trovò delle poesie scritte dalla sorella Emily: parlando, le sorelle si resero conto che, segretamente, ciascuna di loro aveva scritto dei versi. Decisero allora di pubblicare questi versi in un libro, a loro spese, intitolato Poesie di Currer, Ellis a Acton Bell: pseudonimi le cui iniziali tradivano le iniziali dei nomi delle tre sorelle ed il loro cognome. Vendettero solo due copie di questo libro, ma fu il loro trampolino di lancio.

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I romanzi famosi

Nel 1847, arrivarono i romanzi che le avrebbero consacrate: Jane Eyre di Charlotte, Cime tempestose di Emily e Agnes Grey di Anne.

Charlotte Brontë

provò a scrivere il suo primo romanzo, Il Professore, che inizialmente fu rifiutato dagli Editori e poi pubblicato postumo. Al secondo tentativo scrisse invece Jane Eyre, pubblicato nell’Ottobre del 1847.

Nel libro si parla di un personaggio femminile forte, indipendente, capace di affermare la propria voce e la propria moralità in un mondo che non la ascolta. Il romanzo ebbe subito un grande successo e rappresenta ancora oggi un caposaldo del romanzo di formazione. Charlotte continuò a scrivere (Shirley, Villette) e fu l’unica delle sorelle a raggiungere il successo in vita. Morì a soli 38 anni, incinta del primo figlio.

Emily Brontë

riservata e legata in modo viscerale alla sua terra, scrisse un unico romanzo, Wuthering Heights (Cime tempestose), opera potentissima e fuori dagli schemi, inizialmente accolta con sconcerto per la sua intensità.

Il libro non ebbe subito successo, come invece fu per sua sorella Charlotte, con Jane Eyre. Cime tempestose infatti è un libro colmo di emozioni forti, inquietanti, di solitudine, amore, odio e vendetta, sullo sfondo delle aspre brughiere dello Yorkshire. Per la consuetudine del tempo, era un romanzo molto particolare, tanto che ai contemporanei non sembrava nemmeno scritto da una sensibilità femminile: parlava infatti di fantasmi, incubi, tempeste, maledizioni, profezie, passioni violente, morte.

L’opera fu considerata ‘perversa e brutale’, per cui vale la pena raccontarne la storia:

Il protagonista è Heathcliff, un trovatello allevato, insieme ai suoi due figli legittimi, dal ricco Mr. Earnshaw. Tra Catherine Earnshaw e Heathcliff nasce una profonda passione amorosa, contrastata dal fratello di Catherine, Hindley.

Le differenze sociali infatti sono enormi e la giovane donna finisce per rifiutare il suo amato. Heathcliff parte allora per un lungo viaggio, da cui torna molto ricco, ma trova Catherine sposata con l’insignificante Edgar Linton.

Heathcliff riduce Hindley (un personaggio negativo, giocatore e alcoolista, ispirato al fratello Patrick) in suo potere e ne brutalizza il figlio Hareton. Heathcliff, per vendetta, sposa poi Isabella, sorella di Linton, abbandonandola al suo destino subito dopo il matrimonio.

Catherine, dopo aver dato alla luce una bambina, muore. Anche Heathcliff muore. La sorprendente fine del romanzo è che Hareton e Cathy, la figlia di Catherine, si innamorano.

Sicuramente un romanzo molto particolare, dalle sorprendenti intuizioni psicoanalitiche, scritto per di più da una giovane di buona famiglia che non aveva nessuna esperienza fisica dell’amore.

Emily morì poco dopo la pubblicazione del libro, a soli 30 anni, lasciando un’eredità che la critica avrebbe riconosciuto appieno solo decenni più tardi.

Anne Brontë

fu la più silenziosa, la più radicale e la meno conosciuta delle sorelle, anche se i suoi scritti rivelano una straordinaria lucidità e modernità. Agnes Grey racconta le difficoltà di una governante nell’Inghilterra vittoriana, mentre The Tenant of Wildfell Hall è considerato uno dei primi romanzi femministi, in cui una donna si ribella a un matrimonio oppressivo e si afferma come madre autonoma. Il libro fu considerato scandaloso e censurato perfino dalla stessa Charlotte dopo la morte di Anne, avvenuta a 29 anni.

Relazione La sessualità femminile fra sapere e potere

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Il fratello Patrick Branwell Brontë 

fu l’unico dei fratelli a non essere diventato uno scrittore : del resto aveva una personalità instabile, era alcoolista e consumatore di oppio. Morì nel Settembre del 1848. Emily andò al suo funerale, incurante della giornata di freddo. Da quel giorno la sua salute peggiorò sensibilmente.

La scrittrice però si rifiutava di prendere medicine o di vedere un medico e la sua tubercolosi fu volutamente trascurata. Sempre secondo le parole di Charlotte, Emily nell’ultimo periodo della sua vita era diventata sprezzante, inflessibile, incurante della sua salute. La mattina del 19 Dicembre disse: ‘Ora sono d’accordo a vedere il medico e se me lo chiamate, ci parlerò’. Nel pomeriggio morì. Aveva trenta anni.

La morte di Anne

Il 28 Maggio successivo morì anche la sorella Anne, sempre di tubercolosi. Delle tre sorelle Brontë non restava che Charlotte, la quale fece in tempo a godersi la fama, incontrando famosi scrittori ed artisti, viaggiando, scrivendo altre novelle e testi relativi alla sorella Emily. Si dice che Charlotte, dopo la morte di Emily, abbia distrutto un romanzo incompiuto della sorella, per proteggerne la reputazione, dal momento che questo secondo romanzo andava a toccare argomenti ancor più scabrosi e scioccanti di quelli affrontati in Cime Tempestose.

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La morte di Charlotte

Nel 1854 Charlotte si sposò con un amico del padre, Arthur Bell Nicholls, ma durante la gravidanza si ammalò e morì. Si spense così la vena artistica della famiglia Brontë, la cui massima espressione fu proprio il romanzo di Emily, che nel 1939 divenne anche un film con Laurence Olivier. 

Un’eredità letteraria senza tempo

La breve vita delle sorelle Brontë non ha impedito loro di lasciare un segno duraturo. La forza dei loro personaggi femminili, la profondità emotiva delle loro storie, il coraggio di trattare temi scomodi – come il desiderio, la malattia mentale, la solitudine, la religione, l’emancipazione – continuano a parlare a lettrici e lettori contemporanei. Dietro i loro romanzi si cela anche una riflessione sulle costrizioni sociali del tempo, sulla libertà interiore e sulla possibilità, per le donne, di raccontare se stesse con parole proprie.

Le sorelle Brontë oggi

Il fascino delle Brontë è ancora vivo: le loro opere sono costantemente ristampate, adattate per cinema e televisione, studiate in tutto il mondo. La casa di famiglia a Haworth, oggi museo, è meta di appassionati da ogni continente. La loro storia è diventata emblematica del potere della scrittura come riscatto, testimonianza e trasformazione.

Giuliana Proietti

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Imm. Wikimedia
Le sorelle Brontë ritratte dal fratello

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