Vivere senza Dio: la religione degli atei

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Articolo datato


ateiMolti individui in tutto il mondo conducono vite soddisfacenti e significative senza essere affiliati a una religione specifica. La spiritualità e la ricerca di senso possono manifestarsi in modi diversi per persone diverse, e molte persone trovano significato, scopo e connessione con il mondo senza seguire una dottrina religiosa tradizionale.

Su Scientific American e sul New York Times ci sono in questi giorni delle interessanti recensioni di un libro appena uscito in lingua inglese, che in italiano è stato già pubblicato lo scorso anno, per Guanda. Stiamo parlando di Del buon uso della religione. Una guida per i non credenti, del filosofo e scrittore Alain de Botton, 288 pagine.

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Il libro è interessante per chi si occupa di scienza, perché l’autore ritiene che vi sia un bisogno innato, negli esseri umani, di credere a qualcosa di trascendente. Non è sicuramente il solo o il primo ad affermarlo: uno dei pensatori più influenti, che aveva la stessa convinzione era Jung, il quale attribuiva alla religione una funzione decisiva nello sviluppo della civiltà. Jung condannò infatti la  perdita di spiritualità del mondo moderno, in favore del predominio incontrastato della scienza. (Non a caso Jung si interessò molto di  religioni orientali e dei loro simboli. Il simbolo, secondo lo psicoanalista, svolge infatti una funzione di mediazione fra l’ inconscio e la coscienza ed opera dunque come agente trasformatore della natura stessa dell’uomo).

Tornando a de Botton, quando manca la fede in Dio, perché non appare né logica, né razionale, si impara a vivere senza una divinità in cui credere, ma questo è per l’ateo grave fonte di frustrazione, in quanto la mancanza della fede implica anche la mancanza di una rete sociale di supporto, mancano i rituali che rendono alcuni momenti della vita importanti e indimenticabili, mancano gli stimoli per la contemplazione della natura, per porsi delle domande sulla propria esistenza, per osservare un’etica delle relazioni interpersonali.

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Negli ultimi due secoli, dice ancora l’autore, la religione ha perso la sua influenza sulle masse, ma non è per questo diminuito il desiderio delle persone di avere una fede, tanto che molti si sono rivolti ad altre religioni, a volte laiche, come le fedi espresse in favore di alcuni ideali, politici, economici, sociali. Altri hanno cercato la spiritualità e la trascendenza attraverso l’opera artistica, la letteratura, la musica.

Alain de Botton è ateo ed auspica una società veramente laica, ma il filosofo ritiene sbagliato che gli atei accettino di perdere non solo la fede, ma anche i moltissimi vantaggi esistenziali delle persone credenti. Una persona religiosa infatti gode anzitutto del privilegio di avere facile accesso ad una rete di persone appartenenti alla stessa comunità, ben disposte all’accoglienza e all’aiuto dei confratelli, soprattutto nei momenti di difficoltà.

Che dire poi della propria formazione personale? L’opera di trasmissione di informazioni, che una volta era assegnata alle Chiese, oggi è stata delegata alle Università e se queste hanno raggiunto una competenza senza pari nella diffusione del sapere, non si può dire che esse si preoccupino di rendere l’allievo non solo sapiente, ma anche saggio: questo aspetto è lasciato alla propria autonoma volontà di utilizzare il proprio sapere per migliorare sé stessi (e non è detto che tutti ne sentano l’esigenza!)

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De Botton si guarda intorno e vede una società laica, priva di alte aspirazioni spirituali e senza una guida morale. Secoli fa, le religioni davano ai cittadini dei consigli su come vivere con gli altri, su come tollerare gli errori altrui, placare la rabbia e sopportare il dolore. Oggi questa saggezza di tipo pratico non ce la dà più nessuno.

Anche i musei sono diventati dei luoghi commerciali ed anche quando espongono oggetti importanti, sono incapaci di collegarli ai bisogni delle nostre anime. I visitatori del museo vorrebbero essere trasformati dall’arte, ma la “folgorazione” non avviene quasi mai ed essi appaiono come i delusi partecipanti di una seduta spiritica non riuscita.

De Botton non auspica la rinascita del sentimento religioso, come è stato nel passato: secondo il filosofo è impossibile oggi prendere sul serio la fede in Dio e pensa che nessuno dei suoi lettori colti possa realmente credere agli inquietanti fantasmi del cielo.

Le istituzioni laiche però potrebbero imparare ad imitare i rituali delle religioni, così come le loro abitudini e le tecniche di insegnamento presenti in ogni chiesa, moschea o sinagoga: tecniche molto efficaci ed oltre tutto perfezionate nel corso dei secoli. Sarebbe importante rendere “religiosi” alcuni luoghi, come ad esempio dei Ristoranti Agape (in greco antico agape significa “amore fraterno”) in cui, per pochi soldi, sia possibile sedere allo stesso tavolo, parlare con i propri commensali, porre delle domande, offrire delle risposte, ad esempio su temi che riguardano le nostre paure, o il perdono dopo un’offesa.

Una delle proposte di de Botton per migliorare la meditazione e l’approfondimento, è quella di creare un museo organizzato per temi, invece che per epoca storica. Ad esempio ci potrebbe essere una Galleria della compassione, una galleria della paura e così via. Le scuole invece dovrebbero supplire all’insegnamento pratico religioso tenendo corsi su attività che riguardano la vita di ogni giorno, in primis la scelta del partner, mettendo insieme il sapere della letteratura, della psicologia e delle neuroscienze.


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Le lezioni impartite nelle Università  dovrebbero essere simili ai rituali religiosi, con gli studenti che ripetono a voce alta i concetti basilari, dopo una lezione di filosofia. Sui muri delle città potrebbero essere scritte parole importanti, come “perdono” e potrebbe essere fissato un “giorno dell’espiazione” in cui ciascuno possa confessare a qualcun altro i propri peccati.

De Botton invita inoltre a scegliere sempre delle vacanze di auto-miglioramento ed auspica la presenza degli psicologi nei negozi e nei centri commerciali, per offrire sempre ascolto e supporto.

Commento

De Botton lancia delle proposte provocatorie, ma sicuramente interessanti e che potrebbero essere sviluppate ed approfondite. Tuttavia, la scelta di essere atei implica necessariamente la rinuncia ai rituali collettivi di chi ha una fede. Crearsi dei totem, partecipare a dei riti senza senso, solo per soddisfare il proprio bisogno di appartenenza e di spiritualità potrebbe in realtà essere molto pericoloso. Per un falso ideale infatti una persona potrebbe essere spinta a lottare e perfino ad uccidere o anche a farsi uccidere (si pensi ai gruppi politici estremisti, ai tifosi organizzati, ai gruppi che cercano una identità territoriale attraverso rituali semi-magici…) A questo punto, verrebbe da chiedersi, se uno proprio non ce la fa ad essere completamente ateo, perché gli mancano troppo quei simboli e quei riti, non sarebbe meglio si sforzasse di credere nella religione che c’è, invece di inventarsene per forza un’altra? Visto che deve essere una scelta razionale, che lo sia fino in fondo!

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Relazione La sessualità femminile fra sapere e potere

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Convegno Diventare Donne
18 Marzo 2023, Castelferretti Ancona
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Fonti:

Are Believers Really Happier Than Atheists?, Scientific American
Without Gods, New York Times

Immagine:
Copertina del libro e Photo by Pixabay

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Spin Doctors

Spin Doctors: come vendere un Presidente

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Intervento del 14-09-2024 su Sessualità e Terza Età
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Chi è uno Spin Doctor?

In politica, uno spin doctor è una persona esperta in pubbliche relazioni, che consiglia candidati e partiti politici su come presentare le loro comunicazioni e i loro messaggi.

Il termine è in genere inteso con una connotazione negativa: la pratica ha infatti dimostrato che lo spin doctor non agisce sempre con moralità, in particolare a causa dell’uso della tecnica nota come storytelling.

Una Conferenza su Edward Bernays e l'invenzione della Propaganda

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Cosa è lo storytelling?

E’ l ‘arte del raccontare storie, impiegata come strategia di comunicazione persuasiva, specialmente in ambito politico, economico ed aziendale.

Cosa significa, letteralmente?

Spin, in inglese, significa” girare “. Spin fa quindi riferimento all ‘”effetto”, come quello che si dà a una palla da tennis, o al modo di girare una trottola. Girando a proprio modo fatti o informazioni, si riesce a presentarle in una luce favorevole.

Gli spin doctors dunque, eredi di Edward Bernays,  manipolano l’opinione pubblica attraverso slogan, rivelazioni e immagini che potrebbero influenzarla, oppure mettendo in scena eventi che influiscono sulle opinioni delle persone.

Cosa fa, in concreto, lo Spin Doctor?

La missione dello “Spin Doctor” è semplice e diretta: consiste nell’adattare il messaggio del loro candidato alle aspettative dell’elettorato, nel “abbellire” l’aspetto dei loro clienti, per renderli attraenti e popolari.

Per fare ciò, lo Spin Doctor mette la comunicazione politica al servizio di una combinazione di tecniche di narrazione (che raccontano una “bella storia”) con i principi della pubblicità o del marketing.

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Queste tecniche sono state usate anche dalle dittature?

Si. Ad esempio, sotto la Germania nazista, il ministro Goebbels fu l’iniziatore di una propaganda condotta su larga scala, volta a influenzare l’opinione pubblica.

Gli Spin Doctor possono ricorrere anche a strategie più subdole per convincere le masse?

Si, attraverso metodi che servono per screditare un concorrente, fake news, produzione di eventi ad hoc, accordi commerciali artificiali, disinformazione, al fine di difendere una causa, o denigrare un concorrente.


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Quali sono stati gli spin doctors più famosi della storia recente?

Uno spin doctor famoso è Karl Rove, consigliere di G.W. Bush, soprannominato il suo “piccolo genio” e Alastair Campbell per Tony Blair. Entrambi hanno svolto un ruolo cruciale nel “marketing” della guerra in Iraq e, ovviamente, nello stile e nel programma politico dei loro clienti.

Un altro spin doctor molto conosciuto è David Axelrod, che ha lavorato per Barack Obama. Nicolas Sarkozy, quando era presidente della Repubblica, beneficiava dell’abilità di numerosi spin doctors, come Thierry Saussez, Patrick Buisson o Henri Guaino.

François Mitterrand ha collaborato con Jacques Séguéla, Jacques Attali e Jacques Pilhan.

Anche Sarkozy si è affidato a Séguéla, il quale gli ha perfino presentato Carla Bruni: secondo Séguéla l’ex Presidente, da poco lasciato dalla sua compagna, e la ex indossatrice si sarebbero incontrati “casualmente” ad una sua festa di compleanno.

Il famoso “contratto con gli italiani” di Berlusconi, siglato da Vespa lo dobbiamo a Luigi Crespi, ex sondaggista di Berlusconi.

In tempi più recenti il re degli spin doctor è stato sicuramente Steve Bannon, giornalista, politico, produttore cinematografico e politologo,  oltre che ex banchiere d’investimento. E’ lui lo stratega della campagna elettorale di Donald Trump.

In Italia lo spin doctor di Salvini è Luca Morisi, accanto al leader della lega dal 2013 (dopo aver lavorato a lungo per Forza Italia), che guida le comunicazioni sui social, attraverso una imponente macchina organizzativa definita “La Bestia”.

Nei cinque stelle il primo spin doctor è stato Gianroberto Casaleggio, che ha potuto offrire al movimento una consulenza strategica per la presenza in rete.

Lo spin doctor di Giuseppe Conte è Rocco Casalino, laureato in Ingegneria Elettronica, noto per aver partecipato alla prima edizione del Grande Fratello. Dal 2014 è divenuto responsabile della comunicazione del Movimento 5 Stelle al Senato della Repubblica.

Gli spin doctors influenzano anche la stampa?

Sì, sfortunatamente sono i signori della comunicazione. Il loro metodo è molto sviluppato. Sommergono i giornalisti di tutti i tipi di informazioni, indirizzando così le loro ricerche e i loro articoli. Questo rende più facile per loro far passare notizie di comodo, in particolare su questioni delicate.

Essi giocano sul fatto che i giornalisti hanno bisogno di “stare sul pezzo”, scrivendo velocemente articoli, o trasferendo informazioni alle loro redazioni.

Purtroppo molti giornalisti si copiano fra loro e hanno scarsa attitudine al fact checking, cioè non vanno alla ricerca delle fonti, per cui accade di frequente che essi siano involontari megafoni di comunicazioni politiche create in modo strategico.

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Come si prepara una campagna elettorale?

In una campagna elettorale nulla viene lasciato al caso: tutti i discorsi del candidato sono studiati a tavolino, così come la scaletta dei suoi discorsi in Tv, le espressioni facciali, i sorrisi, il tono pacato o il tono aggressivo da utilizzare a seconda delle situazioni, la scelta e la diffusione delle immagini fotografiche, i gesti da fare con le mani, le luci durante la ripresa tv, i messaggi sui social, ecc.

Qualche esempio?

Mitterand, consigliato da Séguéla, per coprire alcuni suoi momenti di insicurezza, imparò ad usare le mani: gesticolando in modo eccessivo, richiamava sulle mani l’attenzione della telecamera, concedendosi così un momento di relax per concentrarsi sull’espressione del viso, così come sulla risposta da dare, senza mostrare esitazioni o insicurezze.

Altrettanto buffa e sicuramente particolare (chissà se funzionerebbe in Italia?) la campagna elettorale basata sul cane di un candidato sloveno, che in un filmato “dichiara” di dare il voto al suo padrone, ed incredibilmente convince la maggioranza degli elettori.

Come è cambiato il lavoro dello spin doctor al tempo di Internet e dei social?

Internet ha rivoluzionato totalmente il modo di condurre le campagne elettorali. Oggi lo spin doctor deve essere anzitutto affiancato da un esperto capace di analizzare ingenti quantità di dati, sulla base di potenti algoritmi matematici.

Lo spin doctor crea i messaggi e cerca di influenzare l’agenda dei media e la percezione dei cittadini. Se in passato l’attività dello spin era prima e dopo un dibattito televisivo, ora lo è anche in diretta (avete visto che i politici controllano costantemente il cellulare, anche mentre sono intervistati in tv?). Lo spin doctor indirizza anche i commenti sui social network, in particolare su Twitter.

I social network (Facebook, Twitter, Instagram, ecc.) sono infatti divenuti fondamentali per convincere gli elettori a votare per un determinato candidato.

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Quali competenze deve avere uno spin doctor?

Uno spin doctor deve avere competenze di base in ambito psicologico e sociologico, oltre che nelle scienze politiche (in particolare stili di leadership, tecniche di comunicazione verbale e non verbale, comunicazione di massa, dinamiche di gruppo), ma soprattutto deve essere una persona flessibile, creativa, capace di lavorare in condizioni di stress.

Gli spin doctor sono un pericolo per la democrazia?

E’ esagerato definirli così: sono dei liberi professionisti, che difendono interessi privati ​​e che non si fanno molti problemi a usare mezzi a volte complessi per raggiungere i loro scopi.

Inoltre, non sono persone ingenue: molti di loro sono ex giornalisti e conoscono perfettamente come funziona il mondo dell’informazione.

Per neutralizzare la loro potenziale pericolosità, il pubblico dovrebbe imparare ad ascoltare i politici, nei dibattiti, sui giornali, nei social media, con spirito critico, cercando di non farsi manipolare. Sapere che ogni discorso, ogni comunicazione, ogni espressione del viso, ogni commento social (spesso con falsi profili) risponde a una decisione presa a tavolino, può essere d’aiuto.

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Relazione sull'Innamoramento - Festival della Coppia 2023

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Le interviste

 

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Perché la paura ci fa tremare

Perché la paura ci fa tremare… Di piacere

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Le fantasie e gli scenari sessuali sono praticamente tutti legati a situazioni che non hanno nulla a che fare con il piacere, o con qualcosa di sensuale, ma al contrario sono le situazioni stressanti e pericolose che ci eccitano. Possiamo trovarvi  un collegamento con il mito della Medusa?

Ne L’Irrésistible pouvoir du sexe, lo psicoanalista Gérard Bonnet, analizza la sessualità con piacevole ironia. Il tono è già impostato nell’introduzione:

“Quando si tratta di sessualità, è in primo luogo al sesso genitale che si pensa spontaneamente, che regola l’unione tra i due sessi e apre l’accesso al corrispondente orgasmo.”

Per Gérard Bonnet, alla base della sessualità, c’è dunque una storia di organi che si compenetrano: foro e barra. Orifizio e collettore. Bullone e vite. Facendo riferimento ai principi fondamentali della fisica, i nostri genitali evocano la nascita dell’umanità nella sua forma più binaria. E’ così che abbiamo scoperto di poter creare il fuoco, strofinando un bastone in una cavità. Come nasce la scintilla: un polo positivo che si congiunge ad un polo negativo. La sessualità genitale, è così un pieno che riempie un vuoto… E’ il calore che ci pervade.

Ci sono un numero considerevole di studi sulla questione, che hanno l’obiettivo di insegnare a praticarla nelle migliori condizioni possibili, ha commentato Gérard Bonnet, con molta ironia.

Ciò che conta è che la sessualità non è una questione di piacere, ma di preoccupazione, dice. E questo vale per tutti, perché abbiamo tutti una parte maschile e una parte femminile dentro di noi. Tutti noi, maschi e femmine cresciamo in una società che ci priva dell’ “altro”, costringendoci ad entrare in una sorta di stampo. Da un lato i maschi, dall’altro le femmine. Occorre scegliere. E’ necessario tagliare una parte di noi stessi… Cosa che avviene non senza dolore.

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Anche se il ragionamento di Gérard Bonnet è focalizzato sull’ansia di castrazione, esso si basa su una teoria interessante che molti studi sembrano confermare: ciò che stimola la nostra libido, non è l’evocazione di un campo di margherite in primavera, popolato da cervi e conigli… È piuttosto la sagoma di uno squalo o la testa di una Medusa spaventosa, dai capelli irti come serpenti.

Pioniere di questa teoria fu Freud, che la formulò nel maggio 1922, in un articolo molto breve, pubblicato solo nel 1940, nella rivista Imago. L’articolo si intitola “testa di Medusa”. Gérard Bonnet spiega: “come suo solito, Freud adotta il punto di vista dell’uomo, ma l’esperienza è trasponibile da un sesso all’altro, a seconda di come ci si pone all’interno del discorso. Ci sono più rappresentazioni della testa di Medusa. Esse incarnano sempre in un modo o nell’altro la testa decapitata della Gorgone, una testa orribile da guardare. Questa immagine, dice Freud, rappresenta il sesso femminile come l’uomo se lo immagina, a priori, un sesso castrato, che esprime la differenza sessuale nei suoi aspetti più brutali e più terrificanti, dal suo punto di vista. (…) Ora, nei confronti di questa immagine, la reazione psichica umana è duplice: da un lato vi è orrore, angoscia di castrazione, un’esperienza che è simile, a livello psichico, alla perdita di un organo vitale, a livello biologico. Con rappresentazioni di questo stesso tipo: sangue versato, mutilazioni, esecuzioni, alcuni svengono. D’altra parte, allo stesso tempo, si produce un evento che il mito formula in termini di pietrificazione. Sessualmente, scrive Freud, questo si traduce nell’erezione. Ciò che angoscia al massimo livello, la perdita o la mancanza propria dell’altro sesso, permette al soggetto di reagire, prendendo coscienza, in particolare di quello che ha, dei suoi mezzi. Lo studio clinico ci dice infatti che gli impulsi masturbatori si verificano quando si prova una estrema angoscia, principalmente per rassicurarsi”.

E così, dice Gérard Bonnet, noi avremmo delle «vampate di calore» in presenza di situazioni perturbanti o inquietanti. E’ possibile ? In Occidente, questa teoria sembra pertinente.

Fu l’americano Ramsey, nel 1943, che elencò per primo le situazioni apparentemente non sessuali che possono produrre eccitazione. Curiosamente, questa lista include situazioni angoscianti, umilianti o dolorose. L’erezione (umidità) è allo stesso modo provocata dalle punizioni, dalla paura di essere puniti, dalla boxe, dalla lotta, dall’ avere paura, dalla collera, dagli insulti, dall’essere perseguitati da persone più grandi di età e più forti…

Qualche anno dopo, Kinsey – zoologo specializzato nel comportamento delle vespe delle galle («che raccolse in migliaia di esemplari per concludere, stupito, che non ve ne sono due uguali, come accade anche in due fiocchi di neve, né nell’aspetto, né nel comportamento» 1) – pubblicò in un rapporto il risultato di una minuziosa analisi di massa sulla sessualità umana.  «Invece che raccogliere le vespe, spiega Elisa Brune (ne La révolution du plaisir féminin), Kinsey iniziò a raccogliere prove sulla sessualità attraverso lunghe interviste dettagliate – e scoprì, ancora una volta, con rinnovato stupore, che non ci sono due uguali.  Ottenuto un finanziamento da parte della Fondazione Rockefeller, che gli permise di assumere del personale, raccolse nel corso degli anni migliaia di testimonianze (diciotto chilometri in tutto) che si tradusse poi in due relazioni enormi, una sulla sessualità maschile l’altra sulla sessualità femminile. Questi due studi evidenziano la frequenza e la varietà di attività sessuali insospettabili, sia nelle donne che negli uomini, e un divario enorme rispetto alla morale ufficiale. Per la prima volta, diventata oggetto di studio su larga scala, la realtà sessuale emerge attraverso la cortina di fumo della norma sociale.”

Risultò da questa indagine, tra le altre cose, che i bambini e i pre-adolescenti hanno spesso emozioni palpabili senza alcuna stimolazione manuale: essi si eccitano attraverso una sorta di meccanismo emotivo legato allo stress e allo sconvolgimento. Kinsey descrive più di una dozzina di scenari emozionanti che includono: la paura, la vista di un incidente, parlare in classe, essere interrogati vicino alla cattedra, ecc.

Raggiunta l’età adulta, dal 10 al 20% degli uomini e il 3-12% delle donne fanno del sadomasochismo il motore della loro sessualità, ma molte più persone di quelle che possiamo immaginare fantasticano su storie di bondage , di stupri o di sesso di gruppo (che comporta l’idea un po’ paurosa di essere in competizione con  rivali o potenziali concorrenti ) …

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Il motore della libido degli adulti rimane dunque legato all’idea del pericolo. Cosa c’è di più rischioso che incontrarsi? Fare l’amore con uno sconosciuto? Andare ad un appuntamento con uno sconosciuto in un hotel?

Nel 1980, uno studio pubblicato negli Archives of Sexual Behavior, da Claude Crépault e Marcel Couture (Université du Québec) accreditava questa tesi: il 46% degli uomini intervistati dicono di sognare di essere rapiti e “violentati” da parte delle donne, il 12% si eccitano all’idea di essere umiliati, il 36% amerebbe consegnarsi agli appetiti sessuali di una donna …
Nel 1985, i ricercatori Arndt, Foehl e Good (1985) sostennero che il 33% delle donne e il 50% di uomini fantasticavano all’idea di violentare o legare la loro partner.Nel frattempo, altri studi sui meccanismi dell’erezione hanno avanzato l’idea che la paura, lungi dall’impedire la tumescenza può addirittura crearla. Nel 1982,  Sarrel e Master raccolsero una serie impressionante di casi di adulti di sesso maschile vittime di abusi sessuali: costretti ad avere rapporti sessuali sotto la minaccia di donne armate o fisicamente violente, sono stati in grado di mantenere l’erezione, nonostante la paura, la vergogna e l’imbarazzo.

Nel 1983, Barlow et al sottomisero alcuni soggetti ad un duplice vincolo: stimoli erotici insieme alla “minaccia di una scossa elettrica” ​​ Curiosamente, questi uomini si eccitarono di più e più a lungo degli uomini che furono sottoposti solo a stimolazione erotica, senza minaccia. Che cosa significa?

Per Gérard Bonnet, la risposta è quasi ovvia: di fronte ciò che li spaventa, gli umani si eccitano come reazione di difesa. Trasformano la paura in energia assorbendo il calore e il piacere di questa paura erotizzata, ritrovando così la fiducia in sé stessi … “Gli atti genitali sono come un catalizzatore per affrontare la differenza sessuale, proprio perché si è in due, due differenti che si rimpallano l’angoscia individuale e si forniscono ampie rassicurazioni” dice.

Al di là della sua funzione primaria (riproduttiva), la sessualità genitale ha la virtù di essere un esorcismo: permette di superare magicamente le angosce. Queste angosce variano nelle diverse culture così come negli individui, naturalmente, e la grande importanza che Bonnet Gérard attribuisce all’angoscia della differenza sessuale non è certamente universale.

Ma l’idea che la sessualità venga usata per affrontare i nostri demoni è probabilmente valida per molte persone. E’ un gioco che consiste nel farsi paura, oh così delizioso.
Ne approfitto per allegare una delle mie scene preferite del cinema.
(Vedi la Versione del film La Bella e la Bestia (1946) in Italiano)

Nota 1/ La révolution du plaisir féminin, Elisa Brune, ed. Odile Jacob

L’irrésisitible pouvoir du sexe, Gérard Bonnet, ed. Payot.

Altre informazioni sul mito della medusa : Alfred Jarry et l’obsession de la castration, Qu’est-ce qui nous met en érection?

Agnès Giard

Leggi l’articolo in francese: Pourquoi la peur nous fait frissonner… de plais, Les 400 culs, Liberation
Traduzione a cura di psicolinea.it
Riproduzione autorizzata

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La mia follia mi ha salvato – Un libro su Virginia Woolf

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La mia follia mi ha salvato“, La follia e il matrimonio di Virginia Woolf, di Thomas Szasz, edizioni Spirali Milano-

Si tratta di un libro penetrante, che offre un’intima esplorazione della vita sentimentale di Virginia Woolf, una delle figure più iconiche della letteratura del XX secolo.

Scritto con sensibilità e profondità, questo volume offre una nuova luce sulle complesse sfaccettature sulla personalità di questa straordinaria scrittrice.

Virginia Woolf

Thomas Szasz rilegge la vita di una delle più rivoluzionarie scrittrici del Novecento, dall’infanzia fino al tragico epilogo, cogliendone i lati più nascosti e meno esplorati, come quello psichiatrico.

Un’opera che riscopre Virginia Woolf andando oltre la sua rappresentazione di genio malato che la vorrebbe divisa tra “genio” e “follia”. L’autore, attraverso un’analisi rigorosa e appassionata, esamina il rapporto tra la creatività artistica e la malattia mentale nella vita di Virginia Woolf, affrontando temi come la depressione, l’ansia, la mania e la sua esperienza con la scrittura come forma di guarigione.

Secondo Szasz, qui nella duplice veste di scrittore e psicoanalista, Virginia non era vittima né della malattia mentale, né della psichiatria, né del marito. Non era semplicemente folle, ovvero “posseduta dalla follia”, al contrario “possedeva la sua follia”.

L’obiettivo di Szasz è quello di esaminare come Virginia, così come il marito Leonard, abbiano usato l’idea della follia e la professione psichiatrica per gestire e manipolare a vicenda le loro vite, facendo entrare e uscire di scena il fantasma della malattia mentale per tutta la loro esistenza.

Anche la difficoltà matrimoniale della coppia fu risolta facendo recitare a Virginia le parti di invalida mentale e di genio letterario, rinchiusa in una gabbia materna che le risultò fatale, e a Leonard quelle di protettore, infermiere psichiatrico e impresario letterario della moglie.

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Matrimonio e follia furono dunque due maschere dietro cui si nascose per meglio perseguire le proprie ambizioni, ma che a lungo andare divennero una trappola.

La vera scommessa per Virginia furono invece la scrittura, l’attività intellettuale e il programma editoriale della Hogarth Press, casa editrice fondata nel 1917 e che pubblicò le principali opere di poesia, letteratura e saggistica di quegli anni in Inghilterra.

Il libro è arricchito da una ricca selezione di citazioni dalle opere della Woolf e da estratti dai suoi diari e dalle sue lettere, che aggiungono profondità e autenticità alla narrazione.

Questi frammenti offrono un’illuminante finestra sulla mente dell’autrice, consentendo al lettore di entrare in contatto con le sue emozioni più profonde e i suoi pensieri più intimi, che rivelano la vera Virginia Woolf, come nel seguente passaggio:

La nostra stessa anima ci è ignota, figuriamoci l’anima degli altri. Gli umani non vanno insieme tenendosi per mano lungo tutto il loro percorso. C’é una foresta vergine in ciascuno, un nevaio dove neppure gli uccelli mettono piede. Qui ciascuno procede da solo e è meglio così. Sarebbe insopportabile godere sempre di simpatia, essere sempre accompagnati, essere sempre capiti. Ma nello stato di salute bisogna simulare socievolezza e sforzarsi continuamente di comunicare, civilizzare, condividere, coltivare il deserto, istruire gli indigeni, operare insieme giorno e notte per divertirsi. Nella malattia questa finzione cessa… cessiamo di militare nell’esercito della rettitudine, diventiamo disertori. – On Being Ill (Essere malati)

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Thomas Szasz. Nato a Budapest e trasferitosi negli USA, si è laureato in Fisica e in Medicina, si è specializzato in psichiatria e ha compiuto un training psicanalitico.

Dal 1956, è professore di psichiatria alla Syracuse University. Collabora alle principali riviste del settore ed è membro elle associazioni americane di psicanalisi e di psichiatria.

Fra i libri pubblicati in Italia: Il mito della malattia mentale (Spirali 2003); Farmacrazia. Medicina e politica in America (Spirali 2005); La battaglia per la salute (Spirali 2000); L’incapace, lo specchio morale del conformismo (Spirali 1998).

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Cosa è l’intersessualità?

L’intersessualità è un concetto che si riferisce a una varietà di condizioni in cui un individuo nasce con caratteristiche sessuali che non si adattano alle tipiche definizioni di maschio o femmina. Queste caratteristiche possono includere variazioni nei cromosomi sessuali, negli organi genitali, nelle ghiandole sessuali o nei livelli di ormoni sessuali.

Ad esempio, una persona potrebbe nascere con l’aspetto di una femmina all’esterno, ma con un’anatomia prevalentemente maschile all’interno. Oppure una persona potrebbe nascere con genitali che sembrano essere una via di mezzo tra quelli maschili e femminili.

Altro esempio: una ragazza potrebbe nascere con un clitoride notevolmente grande, o priva di un’apertura vaginale, oppure un ragazzo con un pene particolarmente piccolo, o con uno scroto che è diviso come se fossero le labbra vaginali.

Esiste inoltre la possibilità che una persona possa nascere con una genetica a mosaico, così che alcune delle sue cellule hanno cromosomi XX e alcune hanno cromosomi XY.

Una intervista sull'anorgasmia femminile

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L’intersessualità si scopre sempre alla nascita?

No, non sempre si manifesta alla nascita. A volte si scopre durante l’età della pubertà, o per scoprire le cause di una sterilità, oppure in una autopsia post mortem. Alcune persone vivono e muoiono con una anatomia intersessuale senza che nessuno lo sappia.

Come si spiega tutto questo?

Per spiegare meglio questo fenomeno, possiamo paragonare lo spettro sessuale allo spettro dei colori. Non c’è dubbio che in natura ci siano diverse lunghezze d’onda che si traducono in colori che la maggior parte di noi vede come rosso, blu, arancione, giallo. Ma la decisione di distinguere, diciamo, tra arancione e rosso-arancione viene presa solo quando ne abbiamo bisogno, come quando chiediamo un particolare colore di vernice.

Allo stesso modo, la natura ci presenta gli spettri dell’anatomia sessuale: seni, peni, clitoridi, scroti, labbra, gonadi. Tutti variano per dimensioni, forma e morfologia, ma nelle culture umane, le categorie sessuali vengono semplificate in maschili, femminili e talvolta intersessuali, al fine di semplificare le interazioni fra le persone e mantenere l’ordine sociale.


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Chi definisce dove finisce la categoria “maschio” e inizia la categoria di “intersessualità”, o dove finisce la categoria di “intersessualità” e inizia la categoria “femmina”?

Sono gli esseri umani che lo decidono (oggi, in genere, i medici, anche se non tutti hanno le stesse opinioni in merito).

Perché la scienza non ha in proposito una voce unica?

La scienza è tale perché cerca di mettere ordine, di classificare le cose del mondo, ma talvolta non è così facile delimitare dei confini netti fra una cosa e l’altra, specialmente se si tratta di genere sessuale: vi è, infatti, tutta una gamma di possibili variazioni delle caratteristiche sessuali umane, per cui in realtà, secondo alcuni autori (es. Gerald N. Callahan), “siamo tutti “intersex”.

In cosa consiste la variabilità cromosomica?

Lo sviluppo umano si basa su 46 cromosomi, inclusi i due che determinano il genere sessuale : XX per le femmine e XY per i maschi, ma come fa notare Callahan, nessuno è esattamente una 46XX o un 46XY: possono esservi variazioni notevoli nella qualità dello sperma e dell’ovulo, nella unione delle due cellule o nella successiva divisione cellulare, che possono portare a varie alternative.

La variabilità cromosmomica è simile a quella che osserviamo in natura nei fiori: possiamo infatti trovare queste combinazioni: 45X; 47XXX; 48XXXX; 49XXXXX; 47XYY; 47XXY; 48XXXY; 49XXXXY; and 49XXXYY. Si tratta di variazioni familiari agli specialisti di genetica (la prima della lista, ad esempio, è la così detta sindrome di Turner) ma l’uomo della strada è ancora portato a dividere il mondo in bianco e nero, ovvero in maschi o femmine, in XX o XY.

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Quanto è frequente l’intersessualità?

Il numero ufficiale va da circa 1 su 1500 a 1 su 2000 nascite, ma molte più persone sono nate con forme sottili di variazioni dell’anatomia sessuale.

Di seguito si riporta una sintesi delle statistiche tratte da un articolo della ricercatrice della Brown University Anne Fausto-Sterling.  La base di quell’articolo era un’ampia revisione della letteratura medica dal 1955 al 1998 volta a produrre stime numeriche per la frequenza delle variazioni di sesso. Si noti che la frequenza di alcune di queste condizioni, come l’iperplasia surrenalica congenita, differisce per le diverse popolazioni. Queste statistiche sono dunque approssimazioni.

  • Non XX e non XY uno su 1.666 nati
  • Klinefelter ( XXY ) uno su 1.000 nati
  • Sindrome da insensibilità agli androgeni uno su 13.000 nati
  • Sindrome da insensibilità parziale agli androgeni uno su 130.000 nati
  • Iperplasia surrenalica congenita classica uno su 13.000 nati
  • Iperplasia surrenale ad esordio tardivo uno su 66 individui
  • Agenesia vaginale uno su 6.000 nati
  • Ovotesti uno su 83.000 nati
  • Idiopatici (nessuna causa medica rilevabile) uno su 110.000 nati
  • Iatrogeni (causati da cure mediche, ad esempio progestinici somministrati a madri in gravidanza) nessuna stima
  • Deficit di 5 alfa reduttasi nessuna stima
  • Disgenesia gonadica mista nessuna stima
  • Disgenesia gonadica completa un parto su 150.000
  • Ipospadia (apertura uretrale nel perineo o lungo l’asta del pene) un parto su 2.000
  • Ipospadia (apertura uretrale tra la corona e la punta del glande) uno su 770 nascite

Fonte: Intersex Society of North America

Dott.ssa Giuliana Proietti


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Gerd Altmann from Pixabay

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