L'ingegneria del consenso: Edward Bernays

L’ingegneria del consenso: Edward Bernays

L’ingegneria del consenso: Edward Bernays


Edward Bernays fu considerato dal giornale Life come uno dei cento americani più influenti del ventesimo secolo. Questo articolo riguarda la biografia di Bernays ed analizza alcune delle sue teorie e tecniche relative alle Pubbliche Relazioni. Partendo dallo studio degli individui, dei gruppi sociali e delle loro interrelazioni, vengono analizzate le tecniche per la diffusione delle informazioni e la persuasione attraverso i mezzi di comunicazione di massa.

Introduzione

Sessantaquattromila ripetizioni fanno la verità
Aldous Huxley

La manipolazione è sempre esistita: nel quotidiano, nella politica, nello spettacolo. Già Platone, che viveva in una Atene attraente richiamo per esperti del discorso e della parola come i sofisti, spiegava come vi fossero due tipi di discorsi: quelli che hanno come obiettivo la conoscenza e la comunicazione autentica e quelli che invece, usati ad arte, mirano ad ottenere un beneficio esteriore. I primi rispettano l’interlocutore, la sua autonomia e libertà, i secondi cercano invece di convincerlo con trucchi e menzogne ben congegnati.

Molti secoli più tardi, nel 1599, il Papa Clemente VIII fondò la Sacra Congregatio de Propaganda Fide, allo scopo di riavvicinare uomini e donne alla Chiesa e propagare la dottrina in missioni in terre lontane. Interrotta per alcuni anni, l’iniziativa fu poi rilanciata in forma stabile da Gregorio XV, successore di Clemente VIII.

Una Conferenza su Edward Bernays e l'invenzione della Propaganda

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Nell’etimologia della parola latina “propaganda” si scopre il suo significato originario: questa parola designa ciò che della fede deve essere propagato, cioè le credenze, i misteri, le leggende dei santi, i racconti dei miracoli. Non si trattava di trasmettere quindi una conoscenza obiettiva e accessibile a tutti tramite il ragionamento, ma di convertire a verità nascoste che promanano dalla fede, non dalla ragione.

Vi è infatti una differenza sostanziale fra “persuasione” e “propaganda”: la persuasione considera e valuta i benefici anche per l’interlocutore, mentre la propaganda prende in considerazione solo le finalità della fonte del messaggio.

Oggi la comunicazione non passa più solo attraverso il linguaggio, verbale e non verbale, ma attraverso dei media che utilizzano l’immagine suscitando emozioni: essi riescono a fare ciò che i sofisti facevano attraverso la sola manipolazione del linguaggio, ma raggiungendo un numero impressionante di persone nello stesso momento, agendo sulla loro quotidianità, creando nuove abitudini, formando la pubblica opinione.

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Come affermava il sociologo Vance Packard nel suo saggio I persuasori occulti, del 1957, vi sono personaggi che “studiano segretamente le nostre segrete debolezze e vergogne nell’intento di influenzare più efficacemente il nostro comportamento”. Il sociologo faceva riferimento al consulente di pubbliche relazioni, esperto di propaganda, delineato da Edward Bernays (considerato dal settimanale Life come uno dei cento americani più influenti del ventesimo secolo) per il quale però l’uso della propaganda non aveva assolutamente nulla di reprensibile ed era anzi al servizio delle “relazioni pubbliche”.

Oggi il lavoro di Bernays è stato ancor più perfezionato dagli spin doctor, che sono degli esperti nella manipolazione delle informazioni, soprattutto in campo politico.

Le interviste

 

1.   Biografia di Edward Bernays

Edward Bernays (1891-1995) era il nipote di Sigmund Freud, figlio di sua sorella Anna (1859-1955). Nell’ottobre del 1883, Anna Freud si sposò con Eli Bernays, fratello di Martha Bernays, fidanzata e futura moglie di Sigmund.

Nel 1892 Anna Freud Bernays ed il marito emigrarono in America dove Eli diventò un ricchissimo commerciante di cereali. La coppia ebbe in tutto cinque figli.

Edward crebbe dunque negli Stati Uniti. Nel 1912 si laureò in agricoltura presso la Cornell University, per seguire il padre nella sua attività commerciale. Scelse invece in un primo momento il giornalismo come sua prima occupazione, lavorando come redattore nella Rivista di Medicina Medical Review of Reviews di New York City.

Rapidamente Bernays si fece strada come pubblicista per produzioni teatrali, settore in cui lavorò fra il 1913 ed il 1917, sfruttando il nome di Freud. Lo storico di PR Scott Cutlip e lo scrittore Irwing Ross hanno ricordato che, quando qualcuno lo incontrava per la prima volta, non doveva aspettare molto prima che lo zio Sigmund entrasse nella conversazione: la relazione con Freud era costantemente al centro dei suoi pensieri e del suo lavoro di consulente. Scott Cutlip ha detto anche che Bernays era un uomo molto brillante, ma anche un tipo piuttosto “fanfarone” (braggart).

Basti del resto pensare che, pur non avendo studiato né medicina, né psicologia, si auto-definiva “psicoanalista delle imprese”, traduceva e diffondeva in America i lavori dello zio e, così facendo, si costruiva di fatto una reputazione in parallelo con quella di Sigmund Freud (che dal 1909 era famosissimo anche in America, dopo aver tenuto cinque conferenze presso la Clark University)

Oltre l’aver inizialmente promosso spettacoli teatrali, tra cui quelli di Enrico Caruso e della compagnia di ballo russa Diaghilev, Bernays ricoprì un ruolo importante anche nella situazione politica statunitense.

Infatti sono questi gli stessi anni in cui in Europa si combatteva la Grande Guerra, cominciata il 28 Luglio 1914 con il bombardamento di Belgrado, a seguito dell’ultimatum inviato pochi giorni prima dall’Austria alla Serbia. Serbo era infatti l’assassino dell’arciduca Francesco Ferdinando e di sua moglie, avvenuto a Sarajevo un mese prima.

Il conflitto, di cui l’attentato era solo un casus belli, coinvolse le maggiori potenze mondiali divise in due blocchi contrapposti, gli Imperi Centrali (Germania, Austria-Ungheria, Impero ottomano, Bulgaria) contro la Triplice Intesa (Francia, Regno Unito, Impero russo) a sostegno della Serbia, al cui schieramento si unirono, dopo una iniziale neutralità, Grecia, Romania, Portogallo, Italia nel 1915 e Stati Uniti nel 1917.

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Come detto, gli Stati Uniti non partecipavano ancora alla guerra. Essi, fin dall’inizio del secolo, avevano assunto il ruolo di grande potenza industriale, tanto che nel corso del primo decennio avevano incrementato la produzione del 76% ed erano anche tra i maggiori esportatori di prodotti alimentari (erano leader in particolare nelle esportazioni di cereali e carne bovina).

Nei primi tre anni di guerra il volume delle esportazioni americane in Europa si era quadruplicato, nonostante il commercio con la Germania fosse azzerato dal blocco inglese. L’annuncio tedesco della “guerra sottomarina totale”, che mirava ad affondare qualunque nave fosse entrata in contatto con la Gran Bretagna, mise in allerta gli Stati Uniti in quanto avrebbe leso i loro enormi interessi commerciali, e pertanto il governo americano decise di entrare in guerra a fianco delle potenze dell’Intesa il 6 Aprile 1917, anche se l’opinione pubblica era nettamente contraria.

Nel 1917, il Presidente americano Woodrow Wilson chiamò l’ex giornalista George Creel e lo mise a capo del “Committee on Public Information” ( o Creel Committee), al quale parteciparono, oltre ai ministri dell’estero, della guerra e della marina, anche intellettuali, pubblicitari e giornalisti, oltre che consulenti, fra cui Bernays. Il Creel Committee era un gigantesco laboratorio di propaganda bellica, che utilizzava per i suoi scopi tutti i mezzi di diffusione allora disponibili (stampa, film, poster, caricature, comizi, radio, telegrafo).

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Ogni giorno venivano narrate storie di torture, violenze, uccisioni, per provocare una reazione di “vendetta” e per salvaguardare i diritti umani e la democrazia. Ed infatti l’America entrò in guerra con lo slogan: “Fare il Mondo Sicuro per la Democrazia”.

Nel ricordo che Bernays fa del Comitato nel libro Propaganda, egli ricorda che esso mobilitò l’opinione pubblica attraverso tutti gli strumenti allora possibili (visivi, grafici e sonori) per “indurre i cittadini a sostenere lo sforzo della nazione” ottenendo il contributo di eminenti personalità di ogni ambiente, la cui parola “era vangelo per centinaia, migliaia e perfino centinaia di migliaia di seguaci”.

In quella campagna, dice ancora Bernays, furono utilizzate le molle classiche per suscitare emozioni, reazioni collettive contro le atrocità descritte e illustrate, sollevando l’indignazione delle masse contro il terr ore e la tirannia del nemico.

Come giustamente osservò Bernays, il grande successo della propaganda durante la prima guerra mondiale aveva aperto gli occhi a molti, in diversi settori dell’economia e delle istituzioni, sulle grandi potenzialità delle nuove tecniche di “regimenting the public mind”.

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Nel 1919 Bernays era un uomo di successo, con molti appoggi politici. Dopo aver lavorato per l’American Peace Commission a Parigi, Bernays tornò a New York dove decise di applicare i metodi del Creel Committee al mondo civile e commerciale. Sua socia nell’impresa fu la giornalista Doris E. Fleischmann, con la quale si sposò nel 1922. Nel 1923 Bernays cominciò anche ad insegnare Pubbliche Relazioni presso la New York University e si interessò della campagna politica del futuro presidente, Calvin Coolidge, nel 1924.

Pubblicò tre libri e numerosi saggi sulla propaganda e l’ingegneria del consenso (vedi oltre) e continuò la sua brillante carriera fino a tarda età. Morì nel Marzo del 1995, a 104 anni.

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2. Opere

Le idee di Bernays traggono ispirazione da diversi libri, fra cui quelli di Freud e quelli di Gustave Le Bon sulle folle. In quegli anni però uscì un altro libro che influenzò molto Bernays: Public Opinion di Walter Lippman (1922) che può essere considerata la prima influente opera di sociologia del giornalismo.

L’anno successivo (1923) Bernays pubblicò il libro “Crystallizing Public Opinion”, in cui delineava le sue prime strategie di intervento nelle Pubbliche Relazioni. Il libro si ispirava direttamente al lavoro di Lippman in Public Opinion, ma se Lippman denunciava i rischi della manipolazione dell’ambiente “mentale” della società da parte di chi deteneva il controllo dei mezzi di comunicazione, attraverso un uso consapevole di simboli e stereotipi, Bernays intendeva deliberatamente mettere queste strategie al servizio del consulente di PR.

Le strategie comunicative individuate dal giornalista venivano spregiudicatamente adattate al mondo degli affari: la battaglia da vincere era quella del mercato e la conoscenza delle tecniche propagandistiche veniva messa al servizio di aziende private ed interessi commerciali.

Stesso paradosso è presente nell’uso della “talking cure”: per Freud era un mezzo per svelare ai pazienti le loro pulsioni inconsce e le motivazioni che si nascondevano nei sogni o nei lapsus linguae, nella convinzione che rendere consci questi aspetti dell’inconscio avrebbe portato le persone a condurre una vita più sana. Bernays, al contrario, utilizzava le tecniche psicologiche e psicoanalitiche per studiare le motivazioni delle persone, non per liberarle dalla sofferenza, ma come deliberata strategia volta a plasmare le loro menti.

Il primo libro di Bernays riscosse tuttavia l’apprezzamento unanime delle riviste di marketing, che vi scorsero una efficace trattazione delle tecniche di “vendita” delle idee.

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Bernays andava oltre Lippman, che si fermava all’analisi della sola stampa, intravedendo pionieristicamente potenzialità ancora maggiori nella radio, usata a fini commerciali. Mentre i regimi totalitari usavano la radio come “tamburo tribale”, Bernays pensava a programmi radiofonici di quiz, programmi musicali a richiesta, programmi di intrattenimento, per usare commercialmente il mezzo.

Nel 1928 pubblicò “Propaganda”, un libro sintetico ma perfino straordinariamente eloquente sulle tecniche di manipolazione delle masse e sul governo invisibile. In esso vi si trovano tutte le tecniche di Bernays, non più semplicemente esposte nelle loro dinamiche e nei loro effetti, ma giustificandole alla luce di una morale sociale e di un più generale tentativo teorico di legittimazione del ruolo sociale del consulente di PR. Scrive infatti su Propaganda che:

“La manipolazione consapevole e intelligente delle abitudini e delle idee delle masse è un aspetto importante del funzionamento di una società democratica”.

Nel 1965 uscì una sua autobiografia, “Biography of an Idea: Memoirs of Public Relations Counsel Edward L. Bernays”. Non stupisca l’aver messo il proprio nome nel titolo: Bernays conosceva l’importanza di queste auto-promozioni e, invecchiando, cercava disperatamente il suo posto nella storia, per emulare il famoso zio. Con questo libro creò le basi per essere ricordato come l’inventore della sua professione.


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3. Democrazia e Governo Invisibile

L’analisi di Bernays parte dalla considerazione delle caratteristiche delle masse messe a fuoco dallo zio Sigmund in Psicologia delle masse ed analisi dell’Io  (1921, a sua volta ispiratosi alla Psicologia delle Folle di Gustave Le Bon, 1895).

Dice Freud che all’interno di una massa e per influsso di questa, il singolo subisce una profonda modificazione della propria attività psichica: la sua affettività viene straordinariamente esaltata, la sua capacità intellettuale si riduce considerevolmente, ed entrambi i processi tendono manifestamente a uguagliarlo agli altri individui della massa.

Gli individui che fanno parte di una massa perdono dunque autonomia ed equilibrio, ma acquisiscono la sensazione di essere forti, in quanto parte di un tutto organizzato, che rassicura e protegge.

La massa è mutevole, impulsiva, irritabile ed, essendo governata interamente dall’inconscio, non tollera alcun indugio fra il desiderio e la realizzazione di quel desiderio: il suo anelito però non dura mai a lungo, perché la massa è incapace di volontà duratura. Del resto, niente di tutto quello che fa la massa è premeditato.

Occorre contestualizzare questi argomenti: si era infatti negli anni Venti, periodo di grave crisi economica, in cui stavano nascendo le lotte operaie organizzate, le grandi ideologie, le dittature. In Austria si assisteva alla disgregazione dell’Impero asburgico, avvenuta alla fine del 1918; in Italia , dopo la nascita nel 1919 del Partito Popolare Italiano, nascevano il Partito Nazionale Fascista e il Partito Comunista Italiano nel 1921, mentre in Germania Adolf Hitler diventa leader del Partito nazionalsocialista tedesco, l’Nsdap.

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Ciò che principalmente si temeva era dunque il caos sociale. Bernays sosteneva la necessità di una manipolazione “scientifica” dell’opinione pubblica, per controllare il caos sociale e i conflitti della società. Questo per Bernays era assolutamente un bene in quanto solo in questo modo larga parte della popolazione avrebbe potuto “collaborare e cooperare” in modo da rendere possibile il funzionamento ordinato della società.

Ispirandosi a Freud, Bernays descriveva il pubblico come “un gregge che ha bisogno di essere guidato” e fu sempre fedele al principio che bisognava controllare le masse senza che queste lo sapessero. Infatti sosteneva:

“in quasi tutte le azioni della nostra vita, sia in ambito politico, o negli affari o nella nostra condotta sociale, o nel nostro pensiero morale, siamo dominati da un relativamente piccolo numero di persone che comprendono i processi mentali e i modelli di comportamento delle masse. Sono loro che tirano i fili che controllano la mente delle persone”.

Il vero potere dunque non è nei parlamenti o nel popolo, a cui si assegna formalmente la sovranità, ma in un ristretto gruppo di persone che dominano effettivamente, realmente, la società.

Come scriveva Lippman (Public Opinion, 1922):

“l’ambiente reale, preso nel suo insieme, è troppo grande, troppo complesso e troppo fuggevole per consentire una conoscenza diretta. Non siamo attrezzati per affrontare tante sottigliezze, tante varietà, tante mutazioni e combinazioni” ed inoltre “in qualsiasi società che non sia talmente assorbita nei suoi interessi, né tanto piccola che tutti siano in grado di sapere tutto ciò che vi accade, le idee si riferiscono a fatti che sono fuori del campo visuale dell’individuo e che per di più sono difficili da comprendere”.

Dovendo operare in questo ambiente, gli individui sono dunque costretti a rappresentarselo per mezzo di immagini più semplici, i modelli di realtà.

Bernays riprende tutti questi concetti nel libro Propaganda, aggiungendo che, in uno Stato democratico come l’America, è pura teoria che ogni cittadino possa votare chi desidera. Infatti, se tutti i cittadini (anche i meno acculturati, che erano la maggioranza) avessero dovuto studiare tutte le informazioni di ordine economico, politico, morale, che entrano in gioco quando si affrontava ogni minimo argomento, non si sarebbe mai arrivati a nessuna conclusione.

C’era poi la paura della massa organizzata. Con la Rivoluzione Industriale ottocentesca, basata sulla macchina a vapore, la stampa e l’alfabetizzazione di massa (il “tridente” della rivoluzione industriale) dice Bernays, si era di fatto strappato il potere ai sovrani e all’aristocrazia per darlo alla borghesia, che lo aveva ricevuto in retaggio.

Questo processo era stato rafforzato dal suffragio universale, al punto che la borghesia cominciava – dice ancora Bernays – a temere il popolo minuto, le masse che si ripromettevano di giungere al potere. Occorreva dunque profilare per tempo una reazione, plasmando l’opinione delle masse, in modo da convincerle ad orientare la forza acquisita nella direzione voluta.

Questo avrebbe potuto accadere tramite la propaganda, un mezzo attraverso il quale la minoranza poteva influenzare la maggioranza, in funzione dei suoi interessi. In questo modo, osserva Bernays, la forza da poco acquisita dalle masse, poteva essere “spinta nella direzione voluta”.

In una democrazia organizzata dunque, i responsabili della manipolazione delle masse costituiscono “un vero e proprio governo invisibile che regge le sorti del Paese” e che utilizza la propaganda (cui Bernays non assegnava evidentemente il connotato negativo che oggi noi gli attribuiamo) e le pubbliche relazioni, per “dare forma al caos”.

Queste persone hanno lo scopo di “inventare nuovi modi per organizzare il mondo e guidarlo”: loro dovere è passare al vaglio tutte le informazioni in loro possesso, per individuare il problema principale e ricondurre le scelte a proporzioni realistiche.

Questa struttura secondo Bernays doveva rimanere invisibile, legandosi però attraverso vari legami sociali, a innumerevoli gruppi e associazioni. In questo modo si potevano ottenere gli scopi desiderati, pur mantenendo democratica la forma dello stato. L’organo esecutivo di questo governo invisibile era la propaganda: dirigenti, ugualmente invisibili, avevano il compito di controllare il destino di milioni di esseri umani.

Certo, nota lo stesso Bernays, si possono criticare certi fenomeni che derivano dall’uso di queste strategie, in particolare la manipolazione delle informazioni, l’esaltazione dell’individualismo e tutto il battage pubblicitario sui personaggi pubblici o i prodotti commerciali, ma in lui prevale il realismo:

“Anche se talvolta si fa un cattivo uso degli strumenti che consentono di organizzare e polarizzare l’opinione pubblica, queste attività sono però necessarie per una vita bene ordinata”.

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4. I mezzi di comunicazione di massa

La propaganda di Bernays utilizza in modo sinergico i media, i leader e gli opinion maker, per creare il consenso verso le autorità del Governo. Quando fu adottata la Costituzione americana, spiega Bernays, l’unità di base della costituzione sociale era la comunità del villaggio, che produceva la maggior parte dei beni che le servivano e attingeva le sue idee e opinioni collettive tramite i contatti e gli scambi personali.

Ora però era divenuto finalmente possibile trasmettere le idee in tempo reale, indipendentemente dalle distanze e dal numero di persone cui ci si voleva rivolgere, per cui occorreva indirizzarsi a nuove forme di aggregazione, oltre alla primitiva integrazione geografica. Persone che condividevano delle idee potevano ad esempio unirsi e mobilitarsi per un’azione collettiva, anche a migliaia di chilometri di distanza le une dalle altre.

Dice Bernays:

“La libertà di parola e la stampa libera, suo naturale corollario in democrazia, hanno di fatto ampliato la Carta dei Diritti, fra i quali c’è anche il diritto di persuasione. Chiunque dunque, attraverso questi mezzi di comunicazione ha di fatto la possibilità di influenzare gli atteggiamenti e le azioni dei suoi concittadini. In particolare, negli Stati Uniti, la grande espansione dei mezzi di comunicazione di massa ha fatto si che ogni residente sia costantemente esposto agli effetti di una vasta rete di comunicazioni, che giungono in ogni angolo del Paese, non importa quanto sia remoto o isolato. Molte parole martellano dunque continuamente gli occhi e le orecchie di ogni americano. Gli Stati Uniti sono divenuti una piccola stanza in cui un piccolo bisbiglio può essere ingrandito migliaia di volte. A questo punto diventa una questione di primaria importanza imparare a gestire questo sistema di amplificazione per le forze interessate”.

Mezzi di comunicazione di massa erano per Bernays i quotidiani, le riviste, le stazioni radio, le case di produzione cinematografica, le case editrici, oltre a strumenti come cartelloni, volantini, lettere di pubblicità spedita per posta.

“Dobbiamo riconoscere l’importanza dei moderni mezzi di comunicazione non solo come una rete altamente organizzata, ma come una forza potente per il bene sociale o anche per il male. Siamo noi a determinare se questa rete può essere impiegata nella sua massima estensione per fini sociali”,

dice Bernays.

Ad usare i mezzi di comunicazione di massa dovevano essere i leaders, i quali si facevano portavoce di punti di vista diversi, come quelli di grandi gruppi industriali o di unità governative.

“Questi leader, con l’aiuto di tecnici che si sono specializzati nell’utilizzo dei canali di comunicazione, sono oggi in grado di realizzare consapevolmente e scientificamente ciò che abbiamo chiamato L’ingegneria del consenso”.

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Tra gli strumenti di comunicazione di massa degli anni Venti, Bernays aveva una particolare simpatia per la radio, che durante la grande guerra si era dimostrata uno strumento indispensabile per il coordinamento delle azioni militari. Quando finì la guerra la radio si rivelò come un possibile grande affare, con le stazioni radio commerciali.

E poiché, come aveva sottolineato Bernays “non c’è una sostanziale differenza fra vendere un prodotto e vendere un’idea”, il mondo politico si accorse presto che la radio poteva essere uno strumento utile non solo per la pubblicità, ma anche per la diffusione di idee e la manipolazione delle masse.

Negli USA il presidente Franklin Delano Roosevelt abituò i cittadini ai suoi firesite chats, i discorsi del caminetto, in cui il presidente si rivolgeva direttamente ai cittadini, parlando della difficoltà del periodo della depressione e di quello che lui e la sua amministrazione facevano per risolverle.

Un uso così personale della radio permise a Roosevelt di conquistare la fiducia popolare e di infondere nel popolo la fiducia nelle istituzioni, anche in momenti di grande crisi.

Ma una nuova forma di comunicazione si stava facendo largo: il cinema, di cui la propaganda si servì largamente.

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5. L’ingegneria del consenso

La “propaganda moderna” di Bernays è una pratica che consiste nel creare le situazioni e simultaneamente delle immagini nella mente di milioni di persone.

“Lo scopo è inquadrare l’opinione pubblica così come un esercito inquadra i suoi soldati” dice l’inventore delle PR.

Del resto, non è possibile non accorgersi che nella moderna organizzazione sociale ogni progetto importante deve essere approvato dall’opinione pubblica. Una volta coloro che governavano erano delle guide, dei capi, orientavano il corso della storia facendo ciò che avevano progettato, spiega Bernays, ma:

” Oggi, se non c’è il consenso delle masse, quei personaggi non potrebbero più esercitare il loro potere, semplicemente in virtù della loro posizione”.

Il Consulente di PR è dunque:

“colui che, servendosi dei mezzi della comunicazioni di massa e delle associazioni presenti nella società, si incarica di far conoscere una determinata idea al grande pubblico”.

Questa figura professionale studia i comportamenti, le dottrine, i sistemi, le maniere, per ottenere il sostegno popolare, conosce i prodotti commerciali, i servizi pubblici, le grandi corporazioni e le associazioni.

E’ un po’ come un avvocato, semplifica Bernays, solo che questo si concentra sugli aspetti giuridici dell’azione del proprio assistito, mentre il consulente di PR lavora sui punti di contatto fra attività del cliente e pubblico. Studia i gruppi che il suo cliente vuole raggiungere, individua i leader che possono facilitare l’approccio.

Si tratta di gruppi sociali, economici o territoriali, classi di età, formazioni politiche o religiose, comunità etniche, linguistiche o culturali: queste sono le categorie per cui, per conto del cliente, si rivolge al grande pubblico. Il suo mestiere è quello di sedurre le masse, di destare il loro interesse.

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Bernays arriva a dire che l’’ingegneria del consenso è:

“l’essenza stessa del processo democratico, avendo la libertà di persuadere e suggerire. La libertà di parola, di stampa, di petizione, di assemblea, le libertà che rendono la progettazione del consenso possibile, sono tutte previste dalla Costituzione degli Stati Uniti”.

E ancora:

Quando ci sono decisioni urgenti da prendere,  un leader spesso non può attendere che anche il suo popolo arrivi alla comprensione generale delle cose. In alcuni casi, i leader democratici devono fare la loro parte nel condurre il pubblico attraverso l’ingegneria del consenso per perseguire obiettivi socialmente costruttivi e valori.

Questo ruolo impone naturalmente loro l’obbligo di utilizzare il processo dell’istruzione, come pure altre tecniche disponibili, per realizzare una comprensione quanto più completa possibile. In nessun caso l’ingegneria del consenso può sostituire o o rimuovere le funzioni educative, sia formali che informali. L’ingegneria del consenso è spesso un supplemento al processo educativo.

Se in un Paese dovessero esservi un giorno degli standard di istruzione più elevati,  generando un maggiore livello di conoscenza e comprensione, questo approccio manterrebbe ancora il suo valore, secondo Bernays, dal momento che:

“Anche in una società con uno standard educativo perfetto, il progresso non potrà essere ottenuto in ogni campo. Ci sarebbero sempre ritardi e punti di debolezza, e per questo l’ingegneria del consenso sarebbe ancora essenziale. L’ingegneria del consenso sarà dunque sempre necessaria in aggiunta al processo educativo”.

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6. La creazione di una campagna di PR

Bernays ha introdotto e codificato l’uso delle ricerche sociali nella fase di ascolto o di analisi del contesto, prima della stesura del piano di comunicazione, non trascurando quindi la soddisfazione dell’interlocutore. E’ stato inoltre il primo professionista che ha individuato e studiato gli opinion leaders, quali amplificatori/moltiplicatori dei messaggi nei confronti dell’opinione pubblica.

Le idee dell’opinione pubblica, ammoniva Bernays, non devono essere attaccate frontalmente, ma è importante trovare un comune denominatore fra gli interessi del venditore e quelli degli acquirenti.

Bernays capì che per rendere credibile un’idea o vendere un prodotto, doveva esserci una «terza parte indipendente» che se ne rendesse garante. Creò quindi numerosissimi Enti e Organizzazioni “indipendenti”, che sfornavano studi «scientifici» e comunicati stampa, che venivano così a mescolarsi e a sovrapporsi con quelli emessi da Istituzioni veramente scientifiche e indipendenti.

Così come l’ingegnere civile deve analizzare ogni elemento della situazione prima di costruire un ponte, così il consulente di PR, per ottenere un’utile finalità sociale, deve operare da piani di azione che abbiano solide basi. Supponiamo che si sia impegnato in un compito specifico. I suoi piani devono basarsi su quattro presupposti:

1. Calcolo delle risorse, sia umane sia fisiche, vale a dire la manodopera, il denaro, e il tempo disponibile per lo scopo;

2. Conoscenza approfondita della materia;

3. Determinazione degli obiettivi, soggetti a possibili cambiamenti dopo la ricerca; In particolare, ciò che deve essere compiuto, con il quale e attraverso il quale;

4. La ricerca del pubblico da informare, perché e come agire, sia a livello individuale, sia come gruppo.

Solo dopo questo lavoro preliminare di base sarà possibile capire se gli obiettivi sono raggiungibili. Solo allora il consulente di PR potrà utilizzare le sue risorse di  manodopera, denaro e tempo, ed i mezzi di comunicazione disponibili. La strategia, l’organizzazione, e le attività saranno orientate in base alla realtà della situazione.

E’ importante conoscere le motivazioni consce e inconsce del pensiero pubblico, ed anche le azioni, le parole e le immagini che le sostengono. Tutto questo rivelerà la consapevolezza pubblica, le idee più o meno visibili presenti nella mente del pubblico.

Quando il lavoro preliminare è stato fatto, sarà possibile procedere alla pianificazione vera e propria. Dai sondaggi di opinione emergeranno i temi principali della strategia.  Questi temi contengono le idee che devono essere trasmesse, mostrano i canali più adeguati per raggiungere il pubblico e tutti i mezzi di comunicazione da utilizzare.

L’importante, ricorda Bernays, non è avere articoli in un giornale o ottenere un maggiore tempo alla radio o organizzare un pezzo per il cinegiornale, ma piuttosto:

“mettere in moto un’ampia attività, il successo della quale dipende dall’interconnessione di tutte le fasi e gli elementi della strategia proposta, attraverso tattiche che devono essere realizzate nel loro momento di massima efficacia. Un’azione rinviata di un giorno potrebbe perdere la sua efficacia”.

Il consulente di PR dovrà dare enfasi alla parola, scritta e parlata, orientata verso i media e progettata per il pubblico che sta affrontando.

“Deve essere sicuro che il materiale sia adatto per il suo pubblico. Deve preparare copie scritte in un linguaggio semplice e frasi di sedici parole adatte al livello di scolarizzazione del suo pubblico. Alcune copie saranno finalizzate alla comprensione delle persone che hanno avuto diciassette anni di scolarizzazione. Egli deve familiarizzare con tutti i media e sapere come fornire loro un materiale adatto in quantità e qualità”.

In primo luogo, tuttavia, il consulente di PR deve saper creare notizie.

“La notizia non è una cosa inanimata. E’ l’evidenza dei fatti che fa la notizia, e le notizie a loro volta riecheggiano gli atteggiamenti e le azioni delle persone. Un buon criterio per capire se qualcosa è o non è una notizia è capire se il caso esce dalla routine. Lo sviluppo di eventi e circostanze che non sono di routine è una delle funzioni di base del tecnico del consenso. Alcuni eventi programmati possono essere inviati all’attenzione dei sistemi di comunicazione  in modo da far nascere delle idee anche in chi non è stato direttamente testimone degli eventi”.

L’evento gestito con fantasia può competere con successo con altri eventi, per ricevere attenzione.

“Gli eventi interessanti, che coinvolgono persone, di solito non accadono per caso. Sono previsti deliberatamente per raggiungere uno scopo, per influenzare le nostre idee ed azioni. Gli eventi possono essere programmati anche con effetto a catena. Sfruttando le energie dei leader dei gruppi, l’ingegnere del consenso può stimolarli a prendere iniziative. Si organizzeranno così eventi aggiuntivi, specializzati, collaterali, che serviranno tutti ad enfatizzare ulteriormente il tema di fondo”. Se i piani sono ben formulati e se ne fa un uso corretto, le idee trasmesse dalle parole verranno assimilate dalle persone.

Quando il pubblico è convinto della solidità di un’idea, procederà a metterla in pratica:

“Le persone trasformano le idee nelle azioni suggerite dall’idea stessa, sia essa ideologica, politica o sociale.  Si può adottare una filosofia che sottolinea la tolleranza razziale e religiosa; si può votare un New Deal in ufficio, oppure si può organizzare l’astensione all’acquisto per un gruppo di consumatori. Ma tali risultati vengono fatti accadere. In una democrazia che può essere compiuta grazie alla ingegneria del consenso”.

7. Campagne di persuasione di maggiore successo

Clienti di Bernays furono gruppi molto potenti, come Procter & Gamble, CBS, the United Fruit Company, the American Tobacco Company, General Electric, Dodge Motors, il Public Health Service, il presidente Americano Coolidge (ed altri) e, pare, anche la CIA.

– bacon (pancetta) per la Beechnut Packing

Per promuovere le vendite di questo taglio di carne, Bernays condusse una ricerca, intervistando un campione di medici per chiedere loro che tipo di prima colazione ritenessero migliore per la salute: meglio una prima colazione leggera o sostanziosa?

La maggior parte dei medici riferì che riteneva più indicata una prima colazione sostanziosa. Queste conclusioni furono inviate a 5.000 medici, insieme ad una pubblicità che suggeriva di mangiare eggs and bacon (uova e pancetta) per rendere la colazione più sostanziosa. La moda prese subito piede, tanto che la tipica colazione del mattino degli americani è ancor oggi eggs and bacon.

– American Tobacco company

La più famosa campagna di Bernays rimane comunque quella elaborata per l’American Tobacco Company Quando gli fu offerto l’incarico di trovare un modo per fare iniziare le donne a fumare, Bernays individuò nella sigaretta un simbolo fallico e pensò che le donne si sarebbero messe volentieri a fumare se avessero visto nella sigaretta un mezzo per emanciparsi simbolicamente dalla dominazione maschile.

A metà degli anni Venti, alle donne era vietato fumare in pubblico: consultandosi con lo psicoanalista A. A. Brill, discepolo americano di Freud, Bernays intuì che ciò che più di ogni altra cosa le donne di quel tempo desideravano era comportarsi pubblicamente allo stesso modo degli uomini. Così, durante la parata di Pasqua di New York del 1929, la stampa fu avvertita che qualcosa di straordinario sarebbe accaduto.

Effettivamente, al segnale convenuto, una ventina di ragazze, selezionate da Bernays (dovevano essere eleganti, carine, possibilmente legate a movimenti femministi), che sfilavano insieme alle suffragette, accesero delle sigarette, che furono chiamate “freedom torches”, torce di libertà. Naturalmente non mancava una nutrita schiera di fotografi, assoldati per immortalare l’”evento”. Fu un fatto di cui si parlò in tutto il mondo e, da allora, il fumo fra le donne divenne un segno di emancipazione.

L’industria del tabacco aveva invece conseguito il suo obiettivo. Sulla base di una esigenza produttiva (vendita di sigarette) si era creato un bisogno (essere come gli uomini), che passa attraverso la promessa della soddisfazione di un desiderio (fumare), nato in nome della libertà individuale.
Va detto che il fumo, più che una libertà, crea una dipendenza.

– Aluminium Company of America

Per la Aluminum Company of America (Alcoa), convinse invece il pubblico americano che la fluoridificazione dell’acqua era utile per la salute. Questo obiettivo fu raggiunto grazie alla collaborazione con l’American Dental Association.

– United Fruit Company

La più estrema propaganda politica di Bernays fu invece condotta per conto della United Fruit Company (oggi Chiquita Brands International) situata negli Stati Uniti, che controllava gran parte del terreno agricolo del Guatemala.

Il governo americano aveva allora interesse a rimuovere il presidente democraticamente eletto (1951) Jacobo Arbenz Guzman (Operation PBSUCCESS). Arbenz Guzmán infatti aveva tentato di nazionalizzare la United Fruit Company (UFC), offrendo alla compagnia il compenso di 600.000 dollari, il valore dichiarato dalla Compagnia: molto inferiore alla realtà, per evitare la tassazione.

Nel 1952 il Partito Comunista dei Lavoratori Guatemalteco venne legalizzato; la United Fruit Company e le banche che la sostenevano, collaborarono dunque con la CIA per persuadere l’amministrazione statunitense che Arbenz era un comunista e che stava aprendo la strada a una presa del potere da parte dei comunisti.

L’amministrazione americana ordinò dunque alla CIA di sponsorizzare un colpo di stato che rovesciasse il governo guatemalteco, costringendo il presidente eletto democraticamente, Arbenz Guzmán, alla fuga. Bernays si occupò personalmente di far circolare delle informazioni false su Arbenz nei maggiori giornali americani. Per il suo lavoro alla United Fruit, sembra sia stato pagato 100.000 dollari all’anno, un guadagno enorme negli anni cinquanta.

Dr. Walter La Gatta

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8. Propaganda nelle dittature

Se nelle democrazie la propaganda viene camuffata in vario modo e sembra salva la possibilità di mantenere una dialettica sociale e politica, spesso solo di facciata, è nel contesto dittatoriale che la propaganda trova il suo brodo di coltura.

Nelle dittature la propaganda attraverso i mezzi di comunicazione di massa fu presto usata come strumento di indottrinamento e di manipolazione.

Nell’Italia fascista si fece grande uso della propaganda, attraverso l’utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa. Innanzitutto si procedette alla fascistizzazione della stampa, attuata in modo graduale ma intransigente e curata direttamente da Mussolini: i direttori delle testate non aderenti al regime furono allontanati e sostituiti; la Stefani, l’agenzia di stampa nazionale, doveva fornire ai quotidiani le “veline” delle notizie in base alle indicazioni dell’Ufficio Stampa e propaganda, divenuto nel 1937 ministero della Cultura popolare, e così i giornali divennero opuscoli propagandistici nelle mani della dittatura, che distorcendo i reali avvenimenti di cronaca presentava sempre le proprie scelte politiche come le uniche possibili e giuste.

In secondo luogo si operò prima una stretta censura sulla produzione cinematografica, e solo successivamente si operò per la statalizzazione dell’Istituto Luce, che deteneva il monopolio dell’informazione cinematografica. Infine, il regime fascista rese anche le trasmissioni radiofoniche monopolio dell’agenzia di stato, l’Eiar.

Non bisogna nemmeno dimenticare le adunate fasciste nelle piazze e la ripetizione ossessiva di motti e slogan corti e facilmente comprensibili, come per esempio i celebri “Vincere e vinceremo”, “Il Duce ha sempre ragione”, “Credere, obbedire, combattere”, e così via.

Anche in Germania la propaganda, orchestrata da Paul Joseph Goebbels, si servì di tutti i moderni mezzi di comunicazione di massa, cioè radio, cinema, fotografia, tabelloni, stampe murali. Inoltre grande importanza ricoprirono le immense adunate e le parate militari: esse, attraverso le musiche guerresche e la voce ipnotica di del Fuhrer erano mirate ad esaltare le masse; Goebbels sapeva incanalare le emozioni delle folle e trasformarle, a seconda dei progetti del potere, in masse sottomesse agli ordini e alla volontà del Fuhrer, oppure in rabbia e risentimento verso minoranze esposte e attaccabili, come per esempio gli ebrei.

Inoltre, Goebbels aveva compreso che l’incisività degli slogan e la loro ripetizione cadenzata affascinava, convinceva ed esaltava. Tutte queste tecniche utilizzate da Goebbels erano però state attinte da un sapere codificato su come mescolare la realtà e la finzione, su quali mezzi utilizzare per diffondere false informazioni, notizie allarmanti, narrazioni in grado di generare paura, commuovere o convincere: infatti tutto questo era scritto nel libro Propaganda di Edward Bernays, che scrisse di essere rimasto “scioccato” nello scoprire che il ministro tedesco della propaganda avesse i suoi libri nella sua biblioteca personale, e che queste teorie servirono ad organizzare la nascita del Terzo Reich e la persecuzione degli ebrei.


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La propaganda fu utilizzata in modi simili anche nel regime comunista sovietico, che addirittura nel 1934, con il XVII congresso del partito bolscevico, sancì l’inizio della stagione del culto della personalità di Stalin. Una reazione contro tali stili di propaganda si trova nel romanzo “Animal Farm” di George Orwell, romanzo allegoria del fallimento della rivoluzione in generale e in particolare della rivoluzione russa.

Nella storia, è interessante notare come la propaganda, che utilizza in larga parte slogan, non si limiti a manipolare le informazioni riguardanti l’attualità e i progetti futuri, ma che arrivi a correggere addirittura la storia secondo gli interessi del regime creato dai maiali, tanto da arrivare a riscrivere o rovesciare completamente la verità di alcuni episodi passati: un esempio su tutti è l’evoluzione della percezione del personaggio di Snowball nell’arco dell’intero romanzo.

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Conclusione

Il termine “propaganda” oggi ha assunto connotazioni piuttosto negative, essendo considerata non uno strumento lecito di una democrazia compiuta ma piuttosto un’ “arma di disinformazione di massa”, in quanto veicola messaggi manipolati, che alterano la realtà e costruiscono verità alternative, attraverso il trasferimento di informazioni false.

E’ per questo che, per contrastare la propaganda, in uno stato democratico è assolutamente necessaria l’indipendenza dei giornalisti, la possibilità di fare inchieste e di raccontare la realtà.

In mancanza di questo contro-peso, il potere si servirà dei mezzi di comunicazione di massa per alimentare percezioni e convinzioni nell’opinione pubblica che andranno sempre nella direzione desiderata dalla classe dirigente.

Il persuasore occulto, il consulente di PR, non diversamente da quanto raccomandato da Machiavelli ne il Principe, rimane “un gran simulatore e dissimulatore”; ma del resto “gli uomini sono tanto ingenui, e talmente legati alle circostanze presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascia ingannare”.

In una democrazia compiuta, contrariamente a come la pensava Bernays, i cittadini non devono essere considerati dei consumatori, il consumo non deve prendere il posto della cittadinanza e il mercato il posto della polis.

Emanuele La Gatta

LibriAutori:
Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

Bernays L. Edward, The Engineering of Consent, The ANNALS of the American Academy of Political and Social Science March 1947 250: 113-120
BBC Century of the self, documentario in 4 parti, You Tube
Bernays L. Edward, Propaganda, Ed. Fausto Lupetti, 2008
Bourdin Dominique, Cento anni di psicoanalisi, Dedalo, 2003
Canziani Roberto, Comunicare spettacolo, Tecniche e strategie per l’ufficio stampa Franco Angeli, 2008
De Bernardi Guarracino, I saperi della storia, Bruno Mondadori, 2006
Demichelis Lelio, Bio-tecnica, la società nella sua forma tecnica, Liguori 2008
Freud Sigmund Psicologia delle masse e analisi dell’Io, Bollati Boringhieri, 2005
Gili Guido, il problema della manipolazione. Peccato originale dei media? Franco Angeli, 2001
Machiavelli, il Principe, 2006
Oliverio Ferraris Anna, Chi manipola la tua mente? Vecchi e nuovi persuasori, riconoscerli per difendersi, Giunti 2010
Orwell George, Animal Farm, Secker e Warburg, 1945
Vecchiato Giampietro, Relazioni pubbliche: l’etica e le nuove aree professionali, Franco Angeli, 2006

Immagine:

Wikimedia

Leggi anche: L’ingegneria del consenso

 

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Agatha Christie, la più famosa autrice di gialli

Agatha Christie, la più famosa autrice di gialli

Agatha Christie, la più famosa autrice di gialli


Agatha Mary Clarissa Miller, conosciuta come Agatha Christie, nacque il 15 settembre 1890 a Torquay, una cittadina turistica del Devonshire, sulla costa meridionale dell’Inghilterra.  La ricordiamo perché è stata una delle scrittrici di gialli più celebri e prolifiche della storia, creando personaggi iconici come l’investigatore belga Hercule Poirot e Miss Marple. Conosciamola meglio.

Infanzia e Giovinezza

Agatha era la più giovane di tre figli e crebbe in una famiglia benestante. Suo padre, Frederick Alvah Miller, era un agente di cambio americano, un tipo estroverso, più dedito al cricket e alle carte che alla famiglia. La madre, Clara Boehmer, lontana cugina del marito, era una signora della buona società inglese.

La famiglia aveva tre figli, Marjorie, Louis, detto Monty ed Agatha. Nel novembre del 1901 morì il padre; dopo poco la sorella Madge si sposò e si trasferì New York, mentre Louis partì militare in India. Agatha e la madre rimasero dunque sole nella villa di Ashfield.

Contrariamente ai suoi fratelli, Agatha non frequentò mai una scuola e della sua educazione si occuparono personalmente sia la madre che la nonna, oltre alle numerose governanti di Ashfield. A 16 anni le fu tuttavia permesso di recarsi a Parigi, per perfezionare gli studi di musica e canto. A quel tempo Agatha aspirava infatti a diventare una cantante lirica, ma dopo due anni la ragazza tornò in Inghilterra, un po’ scoraggiata dai modesti risultati conseguiti, e cominciò a dedicarsi all’altro suo hobby: la scrittura.

In autunno Agatha e sua madre partirono per una vacanza di tre mesi in Egitto; tornata in Inghilterra, Agatha riuscì a veder pubblicate delle sue poesie su “The Poetry Review”. I suoi racconti e le sue biografie romanzate avevano invece meno successo: i manoscritti, spediti a vari editori, e firmati con uno pseudonimo, Mary Westmacott ,venivano puntualmente rifiutati.

Scrisse anche un romanzo, Snow Upon the Desert, che sottopose al giudizio di uno scrittore, amico di famiglia, e ad un agente letterario, che però la scoraggiarono nel proseguimento… (NB: Mai lasciarsi scoraggiare dagli ‘esperti’!). Nel 1912, ad un ballo, conobbe Archibald Christie, giovane ufficiale d’artiglieria, con il quale si fidanzò e con il quale due anni dopo si sposò.

Matrimonio e Prima Guerra Mondiale

Siamo nel 1914, quando scoppiava la prima guerra mondiale e l’Inghilterra entrava in guerra. Agatha cominciò a prestare la sua opera di crocerossina all’ospedale di Torquay.

Le sue nozze avvennero alla vigilia di Natale, senza particolari cerimonie , dal momento che due giorni dopo Archie doveva partire per il fronte francese, come ufficiale della R.A.F. (Royal Flying Corps). Durante la Prima Guerra Mondiale lavorò come infermiera volontaria e successivamente in una farmacia, esperienza che le permise di acquisire una conoscenza approfondita dei veleni, elemento che utilizzerà spesso nei suoi romanzi.

Nel 1916 Agatha, appassionata lettrice di storie del mistero, che l’aiutavano a tenere la mente sgombra dalle preoccupazioni, scrisse The Mysterious Affair at Styles (“Poirot a Styles Court”), per una sorta di scommessa fatta con la sorella Madge, che si mostrava scettica riguardo alla capacità di Agatha di scrivere una bella ‘detective story’, dove il lettore potesse capire chi fosse l’assassino.

Venne così creato l’eccentrico personaggio di Hercule Poirot, dalla testa d’uovo e dai baffi impomatati, un investigatore belga vanitoso e maniaco dell’ordine, che Agatha farà morire poco prima di lei, nel Natale 1975, nel romanzo dal significativo titolo: “Sipario“.
Anche questo romanzo, rifiutato da vari editori, verrà pubblicato solo quattro anni dopo (duemila copie, venticinque sterline di compenso).

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Primi Successi

Nel 1918 Archibald ritornò in patria e venne assegnato al Ministero dell’Aeronautica, a Londra. Christie tuttavia non era contento del suo lavoro e solo un anno dopo lo lasciò, per andare a lavorare nella City.

Nello stesso anno, 1919, nacque la figlia Rosalind e la famiglia si trasferì in un appartamento più grande in Earl’s Court. Agatha scrisse ancora un libro, The Secret Adversary (“Avversario Segreto”), in cui apparve per la prima volta la coppia di investigatori dilettanti Tommy e Tuppence, libro che fu pubblicato nel 1922.

Nel 1923 un altro successo, un’altra avventura per Poirot, The Murder on the Links (“Aiuto Poirot!”). La famiglia a questo punto lasciò Londra, per trasferirsi in una sontuosa casa a Sunningdale, nel Berkshire.

Nel 1925 altro libro giallo: The Secret of Chimneys (“Il segreto di Chimneys”); ma è solo con The Murder of Roger Ackroyd (“Dalle nove alle dieci”), pubblicato nel 1926 che per Agatha Christie cominciò il vero successo come scrittrice.

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La Scomparsa Misteriosa del 1926

Nella vita della scrittrice invece le cose non potevano andare peggio: morta la madre, Agatha doveva occuparsi della casa paterna di Ashfield, di cui il marito non ne voleva sapere. Nello stesso periodo Christie confessò alla moglie di amare un’altra donna e le chiese il divorzio.

La scrittrice conobbe un periodo di profonda depressione, culminato con un episodio degno dei suoi migliori romanzi. Dopo una discussione tra marito e moglie il 3 dicembre, Archie partì per trascorrere il fine settimana con gli amici. Più tardi quella notte Agatha diede un bacio della buonanotte alla figlia Rosalind mentre dormiva, uscì di casa e se ne andò sulla sua Morris Cowley. Il giorno dopo, l’auto fu trovata abbandonata sopra una cava di gesso a Newlands Corner e alcuni dei suoi vestiti furono trovati all’interno. La polizia riferì che:

‘L’auto è stata trovata in una posizione tale da indicare che si era verificato un insolito comportamento, l’auto è stata trovata a metà strada lungo un pendio erboso ben lontano dalla strada principale con il cofano sepolto in alcuni cespugli, come se fosse sfuggita al controllo. Nell’auto è stata trovata una pelliccia, una trousse contenente vari articoli di vestiario femminile e una patente di guida che indicava che la proprietaria era la signora Agatha Christie di Sunningdale, Berks.’

Molti pensarono al peggio e la polizia iniziò a indagare per trovare la donna scomparsa. Un uomo che aveva visto Agatha Christie quella sera riferì che era “vestita in modo scarno per una mattina così inclemente e che sembrava strana nei suoi modi”.

La scomparsa fu ampiamente riportata anche sui giornali e membri preoccupati del pubblico si unirono alle ricerche. I giornalisti avanzarono una serie di teorie per spiegare la sua scomparsa. Alcuni suggerirono che si fosse suicidata, altri che fosse stata assassinata dal marito. E altri ancora sostennero che l’intera svolta degli eventi non fosse altro che una trovata pubblicitaria per promuovere i suoi romanzi. Alcune figure di spicco si unirono agli sforzi per trovarla. Sir Arthur Conan Doyle, che era un appassionato spiritualista, consultò persino un medium per tentare di risolvere il mistero della sua scomparsa.

Infine, 11 giorni dopo, il 14 dicembre, un cittadino la riconobbe mentre alloggiava allo Swan Hydro Hotel di Harrogate. Si era registrata a nome dell’amante del marito. Soffriva di perdita di memoria e non era in grado di dare conto degli 11 giorni precedenti o di una motivazione per le sue azioni. Il suo biografo, Andrew Norman, sostiene che si trovasse in uno stato di “dissociazione” causato da un trauma o da depressione; tuttavia, altri credevano ancora che le sue azioni fossero deliberate e forse mirate a causare disagio e imbarazzo al marito.

Dopo la ricomparsa di Agatha Christie, in alcuni ambienti si temette che la risposta della polizia fosse stata eccessiva e che tempo e denaro fossero stati sprecati inutilmente nella sua ricerca. Ciò era dovuto in parte a resoconti stampa secondo cui erano stati coinvolti aerei, sommozzatori e più forze di polizia per la sua ricerca.

Il 25 febbraio, Neil Maclean, parlamentare , fece una interrogazione al ministro degli Interni chiedendo informazioni sul “numero della polizia metropolitana appositamente incaricata per la ricerca della signora Agatha Christie; il tempo impiegato; e il costo totale, compresi gli stipendi degli ufficiali così incaricati”.

La Christie non volle mai parlare di questa sua sparizione, che resta ancora l’unico mistero della sua vita, dal momento che non ne parla nemmeno nella sua autobiografia.

Nell’Aprile del 1928, dopo diversi mesi di attesa per un improbabile ripensamento del marito e dopo un viaggio alle Canarie con la figlia, Agatha accettò il divorzio, ma chiese di poter mantenere il cognome del marito per non perdere la popolarità acquisita.

Successo Mondiale

Il successo però continuava a sorriderle: dopo un solo mese dalla separazione infatti, venne messa in scena Alibi, una commedia tratta da The Murder of Roger Ackroyd. Agatha tuttavia non gradì molto, né il copione, né la recitazione e la scelta stessa dell’attore, così diverso dal suo amato personaggio Poirot.

La Christie continuò naturalmente a scrivere, anche se le sue opere di questo periodo un po’ difficile della sua vita sono leggermente inferiori alle precedenti. Uscirono The Seven Dials Mystery (“I sette quadranti”), un nuovo thriller, prosecuzione del precedente “Il segreto di Chimneys” e Partners in Crime (“Tommy e Tuppence: in due s’indaga meglio”).

In autunno, superata l’umiliazione del tradimento, la Christie decide di prendersi una vacanza da sola in Medio Oriente. Viaggiando sull’Orient Express arrivò ad Istanbul, poi proseguì per Damasco e Baghdad. In realtà ciò che le interessava maggiormente era andare a vedere le meravigliose scoperte archeologiche in corso ad Ur, città sumerica dell’lraq meridionale, l’antica Mesopotamia.

Venne accolta benissimo, tanto che nel marzo successivo decise di tornare in Iraq. Lì conobbe Max Mallowan, un archeologo di 14 anni più giovane, assistente del professor Leonard Woolley, il direttore degli scavi.

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Secondo Matrimonio

Nel 1930, divorziata da Archibald, Agatha sposò l’archeologo Max Mallowan. Si sposarono a settembre, a Edimburgo. Venivano intanto pubblicati The Murder at the Vicarage (“La morte nel villaggio”), il primo romanzo con l’anziana Miss Jane Marple, e Giant’s Bread, il primo dei sei romanzi sentimentali firmati con lo pseudonimo di Mary Westmacott.

In dicembre venne prodotta Black Coffee, la sua prima commedia originale. Agatha tornò a vivere con Max nella casa paterna di Earl’s Court, e mantenne la casa di Torquay per le vacanze estive. Il secondo marito però doveva continuare il suo lavoro ad Ur, dove la scrittrice lo raggiungeva per aiutarlo nella catalogazione dei reperti e per fare il viaggio di ritorno insieme, da Baghdad alla Russia, al Mar Caspio al Mar Nero. Nel 1933, su incarico del British Museum, Max partì con Agatha per andare a scavare in Iraq, ad Arpachiyah. E’ di questo periodo Murder on the Orient Express (“Assassinio sull’Orient-Express”) dedicato al marito. La vita della famiglia si divideva sostanzialmente in due stagioni: quella invernale, trascorsa a fare scavi in Medio Oriente e quella estiva, trascorsa a Torquay. Scrisse la Christie nella sua autobiografia:

” …in viaggio si esce da un tipo di vita e si entra in un altro. Certo, siamo sempre noi, ma un noi diverso. Il nuovo io non è impastoiato dalle centinaia di fili che lo avvolgono nella ragnatela della vita domestica: lettere da scrivere, conti da pagare, commissioni da fare, amici da vedere…Durante un viaggio, la vita ha la stessa qualità di un sogno…”.

Nel 1937 venne scritto Death on the Nile (“Poirot sul Nilo”). Nel 1938, altro giallo: Appointment with Death (“La domatrice”). Nel 1939 uscì Ten Little Niggers (“Dieci piccoli indiani”) e la famiglia comprò una nuova casa a Torquay, Greenway House.

Scoppiata nuovamente la guerra, Max entrò nell’lntelligence Service dell’Aeronautica e venne inviato in Medio Oriente ed in Nord Africa come esperto in affari arabi.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, Agatha lavorò nuovamente in farmacia, affinando ancora di più la sua conoscenza delle sostanze tossiche. Dopo la guerra, il successo dei suoi libri continuò a crescere, rendendola una delle scrittrici più lette al mondo.

Nel 1941 la figlia di Agatha, Rosalind, sposò il maggiore dell’esercito Humbert Prichard. Nel 1942, in piena guerra, Agatha scrisse ben 12 romanzi e diventò nonna di Mathew, un bambino che a soli tre anni rimarrà orfano del padre, disperso in guerra. 

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Il Dopoguerra

Nel 1945, il marito Max tornò a casa e lo stesso anno uscì un altro libro: Death Comes As the End (“C’era una volta”), un giallo ambientato nell’antico Egitto. Nel 1947 Max ottenne l’incarico di professore d’archeologia medio-orientale all’Università di Londra, ma presto ripartì per i suoi scavi in Siria, che sarebbero durati ancora per dieci anni. Quell’anno la regina Mary compiva 80 anni e manifestò il desiderio di ascoltare, via radio, una commedia della Christie. La scrittrice per l’occasione scrisse “Trappola per topi” (commedia che, dal 1952, viene rappresentata tutti i giorni in un teatro di Londra).
Nel 1949 la figlia Rosalind si risposò con Anthony Hicks. giornalista del “Sunday Times” il quale scoprì che la scrittrice di libri d’amore Mary Wesímacott (meno di dieci in tutto) era la suocera Agatha.

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Nel 1950 la Christie divenne membro della Royal Society of Literature. Nel 1951 venne messo in scena The Hollow (“La tana”) e cominciò il periodo d’oro del teatro della Christie, seguito l’anno successivo da The Mousetrap (“Trappola per topi”) e quindi da Witness for the Prosecution (“Testimone d’accusa”), che l’Autrice considerava il suo capolavoro teatrale.

Nel 1954 Agatha ricevette il Grand-Master Award of the Mystery Writers of America. In dicembre ben tre commedie tenevano contemporaneamente il cartellone a Londra: The Mousetrap, Witness for the Prosecution e Spider’s Web (“La tela del ragno”).

Nel 1955 la Christie venne presentata alla regina Elisabetta e vinse un importante premio americano per la migliore opera teatrale straniera rappresentata a New York nella stagione ’54-’55.

Nel 1956 le venne conferita l’onorificenza di Commander of the Order of the British Empire (CBE).

L’anno successivo vi fu anche il successo cinematografico con Witness for the Prosecution (“Testimone d’accusa”) per la regia di Billy Wilder, con Tyrone Power, Marlene Dietrich e Charles Laughton.

Nel 1961 arrivò anche la laurea, Honoris Causa, in Lettere, dall’Università di Exeter, Devon. Nel frattempo la Christie scriveva un’autobiografia che la impegnò circa 15 anni e che terminò poco prima del suo 75 compleanno, per essere pubblicata postuma.

Nel 1966 Max venne invitato negli USA per una serie di conferenze in occasione della pubblicazione del suo libro Nimrud and Its Remains, dove andò insieme alla moglie e due anni dopo venne insignito del titolo di baronetto per i suoi contributi alla ricerca archeologica.

Ultimi Anni e Morte

Negli ultimi anni della sua vita, la salute di Agatha Christie peggiorò, ma continuò a scrivere fino all’ultimo.

Tre giorni prima del suo ottantesimo compleanno, nel 1970, la Christie confidò ai suoi lettori, in una intervista, che lo scrivere rimaneva per lei ‘estremamente importante’. Mancava solo un titolo nobiliare anche per lei, che arrivò nel 1971, quando la Christie diventò Lady Agatha, avendo ricevuto la massima onorificenza prevista per una donna: l’ Order of Dame Commander of the British Empire.

A 83 anni la prolifica autrice di gialli scrisse il suo ultimo romanzo, Postern of Fate (“Le porte di Damasco”) e l’anno successivo venne realizzato un altro film tratto da un suo successo letterario: Murder on the Orient Express (“Assassinio sull’Orient Express”), di Sidney Lumet, la cui prima mondiale avvenne alla presenza della regina Elisabetta.

Nel 1976, il 12 gennaio, a 85 anni, la scrittrice morì nella sua casa di campagna. In ottobre venne dunque pubblicato Sleeping Murder (“Addio, Miss Marple”), scritto durante le guerra per essere pubblicato postumo, nel quale però Miss Marple non moriva, contrariamente al suo ‘collega’ Poirot. Nel 1977 uscì finalmente l’autobiografia: ‘La mia vita’.

Il suo ultimo romanzo con Poirot, Sipario (Curtain), e quello con Miss Marple, Addio, Miss Marple (Sleeping Murder), furono scritti anni prima e pubblicati poco prima della sua morte.

Agatha Christie morì il 12 gennaio 1976, all’età di 85 anni, nella sua casa di Wallingford, nell’Oxfordshire. È sepolta nel cimitero di St. Mary, a Cholsey.

Una vita sicuramente straordinaria, specialmente per una donna della sua epoca, che si è cimentata con un genere apparentemente non congeniale alle donne, il ‘giallo’, di cui è invece diventata l’indiscussa regina. Winston Churchill la definì “la donna che, dopo Lucrezia Borgia, è vissuta più a lungo a contatto col crimine” .

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Il suo contributo alla letteratura

Il suo contributo alla letteratura nel settore del giallo è ineguagliabile. I suoi libri hanno venduto oltre due miliardi di copie e sono stati tradotti in più di cento lingue. Le sue opere continuano a ispirare adattamenti cinematografici, televisivi e teatrali, confermando il suo status di autrice immortale.

Dr. Giuliana Proietti


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E' ora di rivedere la piramide di Maslow?

E’ ora di rivedere la piramide di Maslow?

E’ ora di rivedere la piramide di Maslow?

Una intervista sui rapporti familiari

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La teoria della Piramide dei Bisogni di Maslow è un pilastro fondamentale della psicologia e della teoria della motivazione. Proposta per la prima volta da Abraham Maslow nel 1943 nel suo articolo “A Theory of Human Motivation”, la teoria suggerisce che le persone hanno bisogni gerarchicamente organizzati, con bisogni di base che devono essere soddisfatti prima che possano emergere bisogni più elevati.

Secondo Maslow infatti, gli esseri umani prima devono soddisfare le loro esigenze di base (es. mangiare, bere, dormire) per poi passare gradualmente a quelle di livello superiore (es. sicurezza).

In altre parole, se sei disoccupato e rischi di perdere la casa è ben difficile che il tuo problema principale sia il riscaldamento globale del pianeta…

Dr. Walter La Gatta

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Nella sua piramide, Maslow mette il bere, il mangiare e il dormire come bisogni fondamentali, cui seguono quelli di sicurezza, quelli legati alla possibilità di avere relazioni sociali, alla stima sociale e, infine, il bisogno di autorealizzazione.

La piramide ha avuto molto successo perché è semplice e chiara, e può essere utilizzata in diversi contesti.

Nonostante la sua longevità e influenza, tuttavia, questa teoria ha ricevuto una serie di critiche nel corso degli anni.

IPNOSI CLINICA: una intervista al Dr. Walter La Gatta

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Ecco un’analisi delle critiche più comuni e delle proposte di revisione e aggiornamento della teoria:

  • Struttura Rigida: Una delle critiche principali alla Piramide di Maslow è la sua struttura rigida e gerarchica. Alcuni studiosi sostengono che i bisogni umani non seguono necessariamente un ordine gerarchico fisso e che possono essere influenzati da una serie di fattori contestuali e culturali.
  • Teoria non generalizzabile: La teoria di Maslow è stata sviluppata principalmente sulla base di osservazioni fatte in una specifica cultura occidentale. Alcuni critici sostengono che i bisogni umani possono variare considerevolmente da una cultura all’altra e che la Piramide di Maslow potrebbe non essere universalmente applicabile.
  • Mancanza di Supporto Empirico: Nonostante la sua popolarità, la Piramide di Maslow ha ricevuto critiche per la mancanza di sostegno empirico. Alcune ricerche hanno evidenziato che i pattern di soddisfazione dei bisogni umani possono essere più complessi e sfumati di quanto suggerito dalla teoria di Maslow.


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Come aggiornarla?

Alcuni studiosi suggeriscono di adottare un approccio più dinamico e flessibile alla teoria dei bisogni, che tenga conto della variabilità individuale e delle influenze contestuali sulla motivazione umana.

Non si può non riconoscere, infatti, che i bisogni umani possono essere modellati dalla cultura e dall’ambiente sociale.

Una proposta di revisione di alcuni anni fa (Vladas Griskevicius dell’Università del Minnesota, Minneapolis, e Mark Schaller dell’Università della British Columbia, Vancouverm 2010) manteneva la piramide più o meno simile, togliendo però il massimo livello raggiungibile all’autorealizzazione: secondo questi ricercatori l’autorealizzazione non è un bisogno evolutivo, come lo è invece la genitorialità.

Nel modello la piramide vede, dall’alto in basso, questi bisogni:

  • Genitorialità
  • Conservazione del partner
  • Acquisizione dell’accoppiamento
  • Status/stima
  • Affiliazione
  • Auto protezione
  • Bisogni fisiologici immediati

Secondo questi teorici, è la riproduzione l’imperativo biologico fondamentale. Per questo motivo hanno posto la genitorialità al vertice della loro gerarchia.

Anche questa revisione è stata contestata: il calo dei tassi di natalità sembra contraddire questa nuova gerarchia dei bisogni sin dalla premessa: se la riproduzione e la genitorialità sono i bisogni primari, perché sempre meno persone nelle nazioni più ricche del mondo scelgono di rinunciarvi del tutto?

Lo psicologo Ed Diener dell’Università dell’Illinois ha condotto uno studio che ha messo alla prova la famosa gerarchia dei bisogni in diversi paesi del mondo (Tay L, Diener E. Needs and subjective well-being around the worldJ Pers Soc Psychol. 2011;101(2):354-365. doi:10.1037/a0023779)

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La pazzia: è la regola, non un'eccezione?

La pazzia: è la regola, non un’eccezione?

La pazzia: è la regola, non un’eccezione?

Saluto del CIS - Dr. Walter La Gatta

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Articolo datato

Darian Leader, psicoanalista britannico, insegna alla Leeds Metropolitan University e alla Brunel University di Londra. Collabora con la Croce Rossa nell’area infantile, è membro fondatore del Centre for Freudian Analysis and Research e fa parte della Scuola europea di psicoanalisi. E’ conosciuto come un elegante divulgatore delle teorie dello psicoanalista francese Jacques Lacan (sul Blog di psicolinea ne parliamo qui). In Italia ha pubblicato, per Feltrinelli, Perchè le donne scrivono lettere che non spediscono?

Il suo ultimo libro, non ancora tradotto in italiano, è What Is Madness? (Che cosa è la follia?). Le conclusioni le leggete nel titolo, ma per saperne di più, del personaggio e della sua opera, vi sintetizziamo i concetti espressi in una sua intervista, rilasciata a The Guardian e in un articolo, pubblicato sullo stesso giornale, per recensire il libro.

Per introdurre il personaggio, diciamo subito che Darian Leader vive e lavora in una elegante casa in stile georgiano a Clerkenwell, dove è situato anche lo studio nel quale riceve i pazienti (con un divano in metallo cromato e cuscini di pelle nera).

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Come analista lacaniano, conduce delle sedute di durata e frequenza variabili, ed è il paziente a scegliere dove sedersi. Nello studio si trovano centinaia di libri, di autori come Freud, Klein, Winnicott. A suo avviso i migliori psicologi non sono quelli che dicono “nella vita voglio essere uno strizzacervelli”, ma coloro che hanno avuto molte sofferenze nella vita e, anni dopo, pensano “Sono curioso di sapere cosa provano le altre persone”. Nessun serio professionista accetterebbe mai un paziente che vuole sottoporsi ad una psicoanalisi unicamente come percorso formativo per svolgere la professione.

pazziaLe sue sofferenze giovanili hanno avuto origine da problemi familiari, in particolare dalla separazione dei genitori. Per lui i libri di psicoanalisi sono stati un modo per evadere dal proprio mondo (e si è sempre chiesto come mai gli altri non avessero la stessa passione per la psicoanalisi…)

Leader sostiene che la psicoanalisi non sia solo una terapia per ricchi: lo psicoanalista non deve essere uno che deve mantenersi con quello che guadagna dalle sedute e deve permettere alle persone di pagare quello che possono. Alcuni suoi pazienti, ad esempio, sembra che se la cavino con 5 sterline a seduta (?). Gli psicoanalisti dovrebbero avere altre fonti di entrata, svolgere altri lavori: lui stesso è stato giardiniere, cameriere, insegnante di inglese a Parigi.

Incontrare persone fuori del lavoro per lui (come per molti colleghi che svolgono questa professione), è a volte difficile: quando le persone sanno il lavoro che svolgi, esse diventano aggressive, perché loro stessi in passato, o qualcuno che conoscono, hanno avuto una esperienza insoddisfacente con qualche strizzacervelli, oppure cominciano a raccontare i loro sogni, la loro paura del buio o altre cose simili…

Quanto al suo ultimo libro, ammette che non è di facile lettura, ma lo ritiene importante, perché è un libro pieno di speranza, che nostra in concreto che cosa può essere fatto. Ecco dunque una sintesi del suo pensiero:

In genere si pensa che l’idea più inquietante di Freud fu quella sulla sessualità, l’idea che siamo tutti un po’ pervertiti nei nostri sogni. In realtà, molto più importante per la psicologia moderna è il concetto di inconscio, l’idea che vi siano aree della mente che non possiamo controllare completamente. La psicoanalisi parte dal presupposto che vi siano molte informazioni che la coscienza non può sopportare e che nasconde nell’inconscio: ci vuole dunque tempo e pazienza, tanto da parte del paziente quanto dell’analista per muoversi fra le sabbie mobili dell’anima.

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La psicoanalisi non è una scienza esatta. Né, anche se Freud non rinunciò mai ad un vocabolario in parte scientifico, desidera esserlo. Non potrebbe essere più lontana dai trattamenti per disturbi mentali a base di farmaci, che hanno trasformato l’industria farmaceutica in uno dei settori più redditizi nel Regno Unito, o dalla terapia cognitivo comportamentale (CBT), che il governo ha sponsorizzato, stanziando fondi per la formazione di 6.000 terapeuti cognitivo-comportamentali nei prossimi quattro anni. (Campagna No Health without Mental Health).

(Del resto, con un tasso di disoccupazione attualmente superiore a 2,5 milioni di persone, e in aumento, come diretta conseguenza del regime fiscale più drastico, a partire dal 1920, anche la depressione è in aumento e si sente l’esigenza di correre ai ripari per sostenere la salute mentali delle persone economicamente più deboli).

Leader rappresenta una delle voci che si oppone a queste scelte governative per il trattamento dei disturbi mentali. Al giorno d’oggi “non c’è più”, scrive in questo nuovo importante libro sulla follia, “l’idea di una causalità psichica complessa, o addirittura di una vita interiore.”

La terapia cognitivo-comportamentale secondo lui ha comportato un’ “inversione etica” sulla base di una illusione – la convinzione che la vita interna possa essere misurata oggettivamente – ed ha così usurpato il ruolo della sensibilità al linguaggio umano. Oggi, che le persone sono sempre più considerate come risorse che possono essere comprate e vendute sul mercato, l’individuo è stato svuotato della sua vita mentale inconscia. Leader non accetta che il primo colloquio di psicologia cognitivo-comportamentale cerchi già di misurare i livelli di depressione sulla base di un questionario e che la terapia si concluda in poche sedute.

Parlando di Freud, Leader ricorda che lo psicoanalista è soprattutto associato con l’analisi delle nevrosi, ma come Michael Eigen ha da tempo sottolineato, è la psicosi al centro della sua visione – il Super-Io è un tiranno sadico, l’io infantile produce allucinazioni per ogni piacere mancato, l’es sospende tutte le leggi dello spazio e del tempo. Infatti, per la psicoanalisi, troppa salute mentale rappresenta un problema.

L’argomento centrale di Leader è che follia e salute mentale non possano essere nettamente separati. Uno dei suoi concetti più inquietanti è quello della “quiet madness” (“follia silenziosa”), una forma di follia che nessuno avrebbe motivo di sospettare. Per fare un esempio, prima di seguire la sua furia omicida in Norvegia, Anders Behring Breivik – islamofobo – era una persona “normale”, se non un cittadino modello. Per la visione comune della follia, la sua esplosione potrebbe, paradossalmente, essere una sorta di sollievo. Preferiamo infatti che le persone pazze siano violente, manifestino la loro follia, anche se, in realtà, sempre più omicidi vengono commessi da persone ubriache, piuttosto che folli (sono i media che propongono costantemente l’associazione fra violenza e trasgressione, ma le cose non stanno così…).

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Leader ci presenta una sfida: riconosciamo che la follia esiste – superiamo l’idea che nessuno debba essere classificato come folle – ma piuttosto riconosciamo che la follia è parte di tutti noi.

Quando qualcuno viene ricoverato in ospedale dopo un episodio psicotico, l’enfasi dovrebbe essere posta, secondo Leader, su che cosa ha fatto in modo che la persona mantenesse un equilibrio stabile nelle decadi precedenti, non sull’episodio in cui la follia si è manifestata. Scoprendo questa cosa, si possono capire meglio i meccanismi che permettono alle persone di mantenere un equilibrio. Questi elementi possono essere poi fondamentali per aiutare il paziente a ricostruirsi.

Quella che appare come una crisi psicotica può essere piuttosto il risultato di un collasso del sistema psichico che ha permesso allo psicotico di vivere in relativa pace sia con il mondo che con sé stesso.
Per questo, secondo il suo pensiero, la pazzia è la regola e non un’eccezione: la realtà è che le persone cercano di gestire la loro vita come possono, ad esempio evitando accuratamente le situazioni che potrebbero far esplodere la loro follia.

Per Leader, come per Freud, i deliri sono una forma di creatività, il segno che lo psicotico sta cercando di dare forma al caos, o al disordine che sente nella sua testa. L’ultima cosa, dunque, cui il trattamento deve mirare con pazienti gravemente disturbati, è quella di derubarli del loro delirio o spegnere le loro menti con i farmaci. Con i pazienti paranoici, ogni intervento di questo genere rischia di essere vissuto come un’invasione. Per Leader, la domanda che l’analista non dovrebbe farsi è: “come posso curare o aiutare lo psicotico”? Piusttosto: “a cosa posso servigli? Che uso può fare di me?” Una delle più forti impressioni trasmesse da questo libro è che Leader nutre un immenso rispetto per i suoi pazienti. Soprattutto li vuole ascoltare.

E’ fondamentale, dice Leader, per una comprensione lacaniana della psicosi, capire che qualcosa nel mondo del significato è stato violato. Di solito, il linguaggio si attiene alle sue regole, definisce il mondo in una sorta di rete simbolica, e passa senza troppi problemi dal parlante all’ascoltatore. Nella psicosi esso invece si frantuma o assume forme grottesche, si gonfia nelle proporzioni, con voci provenienti dal nulla o da Dio… Anche in queste deformazioni, comunque, c’è qualcosa che potremmo riconoscere.

Dr. Walter La Gatta

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Fonti:

What Is Madness? by Darian Leader – review, Guardian
Darian Leader: ‘Madness is the rule rather than the exception’, Guardian

Immagine:

Copertina del libro e Flickr

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L'evoluzione prima di Darwin

L’evoluzione prima di Darwin

L’evoluzione prima di Darwin

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Molto prima che Charles Darwin pubblicasse “L’origine delle specie attraverso la selezione naturale” nel 1859, erano già comparsi degli accesi dibattiti sull’evoluzione, su entrambi i lati dell’Atlantico.

Praticamente sconosciuto a molti lettori americani di oggi, l’affascinante libro di Robert Chambers  “Le vestigia della storia naturale della creazione” (1844)  fu, ad esempio, un grande bestseller negli Stati Uniti, in Gran Bretagna ed in tutta Europa.

Molti luminari, tra cui Ralph Waldo Emerson, Abraham Lincoln, Alfred Tennyson, Florence Nightingale e perfino la regina Vittoria – elogiarono i suoi argomenti,  forti e articolati. Lincoln presto “divenne un caldo sostenitore della dottrina”. Tennyson non trovava “nulla di degradante in quella teoria “. E la Nightingale raccontò scherzando di una discussione in un dopo-cena  in cui: “Siamo andati così in alto con ‘Vestigia’ che non ho potuto tornare in basso, e sono uscita come se fossi un angelo”. Di fatti, il libro ha la particolarità di essere stato uno dei più letti e più discussi del secolo.

Perché è importante dare credito alla causa dei pensatori pre-darwiniani come Chambers? Per cominciare, perché ciò aiuta a ridimensionare la fissazione su Darwin,  quasi ossessiva tra i creazionisti, che lo vedono come una bestia nera per aver minato la presunta verità della Genesi. In realtà importanti domande circa la veridicità dei versi iniziali della Bibbia erano emerse almeno un secolo prima. Il contributo di Darwin, chiaramente notevole, si basava su decenni di studi e scoperte già esistenti – dovute anche a suo nonno Erasmus e al naturalista francese Jean-Baptiste Lamarck (1744-1829) – per cui l’idea che la teoria evoluzionistica si basi più o meno sulle spalle di un solo biologo si sgretola facilmente, potendola sostituire con la consapevolezza che un gran numero di  americani e britannici del XIX secolo avevano già abbracciato l’evoluzione come concetto e principio.

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Uno dei motivi per cui lo avevano fatto, come nota Adrian Desmond nel suo convincente “The Politics of Evolution”, è stato perché i primi argomenti sull’evoluzione erano politicamente molto radicali nel mettere in discussione le gerarchie apparentemente create da Dio. In Gran Bretagna, in particolare, si riteneva inevitabile che il monarca dovesse guidare la Chiesa, con l’appoggio dell’aristocrazia. La teoria evoluzionista degli anni 1820-40 rese tali convinzioni antiquate e ormai inaccettabili, incoraggiando una forte alleanza tra liberi pensatori, pensatori progressisti e rappresentanti della classe operaia, in quanto tutti e tre i gruppi erano interessati ad ottenere diritti democratici, principi e libertà.

In questo ambiente culturale piuttosto animato, Chambers, un editore scozzese, brillante scrittore e scienziato, lasciò cadere la sua ben scritta, seppure anonima, bomba esplosiva. In parte a causa della curiosità diffusa circa l’identità dell’ autore, ma anche per la qualità degli argomenti del libro, “Vestigia” ebbe un grande successo di pubblico, superando persino “L’origine delle specie” di Darwin, quando in seguito fu pubblicato, raggiungendo la dodicesima edizione nel 1884. Le prime recensioni  lo elogiavano  come “un libro veramente notevole, fatto in modo che gli uomini possano riflettere” (Lancet), e ritenendo il suo autore di “straordinaria abilità” e “chiarezza di ragionamento,” anche per “la grandezza degli argomenti … di cui tratta “(Atlas).

Chambers fu diligente nel fornire al suo pubblico incuriosito l’ultima sintesi della geologia, della storia naturale, della frenologia e della chimica. Fece anche astutamente appello ai lettori della classe media, rendendo possibile per loro discutere dell’evoluzione senza automaticamente essere ritenuto non religioso. Questo non impedì a Chambers di ricevere un attacco alle spalle dai suoi critici che lo accusarono di ateismo, quando si venne a sapere che era lui l’autore dell’opera. A questi attacchi  però, egli rispose con calma e ragionevolezza: “Ho osservato, con spirito non irriverente, ma al contrario, che la supposizione che Dio si sottoponga frequentemente a degli sforzi particolari antropomorfizza la Divinità”. Varianti degli argomenti criticati da Chambers circolano ancora oggi, naturalmente, fra i politici, quando sostengono che Dio condivide la politica degli Stati Uniti o nelle squadre di calcio, che pregano per la vittoria prima di ogni partita, considerando la loro vittoria come un segno del favore divino.

“Come possiamo supporre”, si chiedeva provocatoriamente Chambers in “Vestigia”:

Che l’egregio Essere che ha dato vita a tutti questi innumerevoli mondi, tramite un principio naturale che sgorga dalla sua mente, possa interferire personalmente e particolarmente in ogni occasione in cui una nuova specie di molluschi o di rettili comincia a vivere su uno di questi mondi? Sicuramente questa idea è troppo ridicola per essere considerata anche per un momento …. Dobbiamo supporre che Dio adotti dei piani che siano in linea solo con le modalità di procedura dei meno illuminati della nostra razza?

L’appello aperto alle menti “illuminate” e “ragionevoli” aiuta a spiegare il successo del libro, in quanto considerava i suoi più accaniti critici come irragionevoli, e quindi come persone che avevano torto. Chambers aveva in realtà sbagliato su diverse questioni speculative, come il fatto che le piante potessero crescere come cristalli di ghiaccio, i cani potessero essere addestrati fino ad imparare a giocare a domino, e molte altre nozioni eccentriche di tal genere. Anche così, la sua autorità retorica lo faceva sembrare saggio, non blasfemo, quando sottolineava che il libro della Genesi era “non solo non in armonia con le idee ordinarie del genere umano che rispettano la creazione cosmica e biologica, ma in opposizione ad esse”.

“Quando lo esaminiamo attentamente [la Genesi] con la mente risvegliata”, continuava astutamente, quasi lusingando i suoi lettori:

troviamo che tutta la procedura è rappresentata in primo luogo e preminentemente come derivante da comandi e da espressioni di volontà, non da atti diretti.  Sia la luce – Sia il firmamento – Sia la terra –  Dalla terra nascano esseri viventi di diverse specie – questi sono i termini in cui sono descritti i principali atti. Le espressioni supplementari – Dio fece il firmamento – Dio creò gli animali sulla terra, & c, sono in subordine, presenti solo in pochi casi, ma non trasmettono necessariamente un’idea diversa del modo della creazione, e anzi appaiono solo delle frasi alternative, usate in modo duplicativo, come si fa nella narrazione orientale. (Enfasi in originale)

Secondo Chambers, le “menti ragionevoli” si rendono presto conto del fatto che “le idee prevalenti circa la creazione organica” sono semplicemente “una deduzione sbagliata tratta dal testo”, cioè dai primi versetti della Bibbia.

Una intervista sulla violenza domestica

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Con un po’ di interesse personale e qualche giustificazione, Darwin scrisse un decennio e mezzo più tardi, nella pubblicazione del suo trattato sulla selezione naturale, che Chambers aveva reso “un eccellente servizio a questo Paese nel richiamare l’attenzione sull’argomento, nella rimozione dei pregiudizi, e in tal modo nel preparare il terreno per la ricezione di opinioni analoghe “, tra cui proprio quelle di Darwin. In un capitolo di “The Age of Doubt”, su Chambers e i suoi lettori, io sostengo che la linea di Darwin, che da allora è diventata opinione comune, ha avuto l’effetto perverso di relegare “Vestigia della storia naturale della creazione” ad un ruolo-ombra prima dell’ “Origine della Specie”, quando l’impatto del primo libro sul pubblico generale del Nord America, della Gran Bretagna e dell’Europa era stato  incommensurabilmente più grande. Quanto ai critici di Chambers tra il 1840 e il 1850, compresi quelli che lo accusavano di ateismo e blasfemia, si intuisce che la loro reazione eccessiva agli argomenti delicati, tra cui l’evoluzione (o “trasmutazione”) della specie, fosse dovuta al fatto che il bestseller di Chambers aveva affrontato il tema in modo convincente . Il suo libro, brillante e accessibile, ristampato pochi anni fa dalla University of Chicago Press, vale la pena di essere letto, se non altro per la prospettiva che porta nella attuale discussione che c’è in America, circa l’accettazione della teoria dell’evoluzione.

Traduzione di Giuliana Proietti.

Prof. Christopher Lane

Immagine in alto:
Robert Chambers, Wikimedia

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