Trieste e Franco Basaglia visti da Londra: storia e memoria – Parte III

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Trieste e Franco Basaglia: continua l’articolo di John Foot, sintetizzato da Psicolinea in quattro parti. In questa parte viene spiegato perché le idee di Basaglia non siano conosciute in Inghilterra e perché esse godano, in quella nazione,  di una cattiva fama.

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A23/A2

PARTE TERZA

Trieste: storia e memoria

A partire dagli anni settanta Trieste divenne un punto di riferimento per il cambiamento. Era il simbolo di ciò che poteva essere fatto, del radicalismo, in generale, di una rivoluzione sociale, culturale e medica. Molto più di Gorizia, Trieste divenne una ‘utopia concreta’, un luogo in cui la trasformazione poteva essere toccata, sperimentata, vista con i propri occhi. Basaglia presiedeva tutto questo, portandosi nel bagaglio l’esperienza di Gorizia e di Parma. Non era interessato a creare un’altra ‘gabbia dorata’, o una comunità terapeutica sul tipo di quella di Maxwell Jones.

Tutto questo era superfluo, una perdita di tempo. Il lavoro chiave sarebbe stato al di fuori del manicomio, nella città di Trieste e in tutta la provincia. Era giunto il momento non solo di abbattere i muri, ma anche di costruire qualcosa di completamente nuovo, in alternativa all’ospedale psichiatrico stesso. Il tempo non sarebbe andato perso in conflitti interni con medici, infermieri ostili o amministratori. Le cose si stavano muovendo con decisione nella direzione che i Basagliani volevano. Si erano, letteralmente, presi il manicomio.

Le assemblee generali utilizzate a Gorizia furono abbandonate e sostituite con riunioni quotidiane del personale per decidere la strategia. Molto più che a Gorizia, la strategia adottata a Trieste era arrivata ben oltre le mura del manicomio. L’intera opinione pubblica era stata galvanizzata da una strategia mediatica sofisticata, in alleanza con artisti, direttori di teatro, attori, musicisti, registi e altri. Trieste divenne un punto di riferimento per la sinistra di tutta Europa e oltre. Per esempio, un certo numero di attivisti del movimento anti-psichiatrico radicale SPK (collettivo pazienti socialisti) di Heidelberg, in Germania, la cui attività era stata dichiarata illegale dalle autorità locali, andarono a lavorare a Trieste (e alcuni ci sono rimasti per anni).

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Quando Basaglia divenne direttore a Trieste nel 1971, c’erano 1.182 pazienti nell’ospedale psichiatrico, il 90% dei quali erano non volontari ed internati in base alle disposizioni previste dalla legge del 1904, (questa legge disciplinò il sistema degli ospedali psichiatrici in Italia fino alle riforme degli anni sessanta e settanta). Inoltre, vi erano dei pazienti volontari, come prevedeva una legge del 1968. All’inizio del 1977, all’interno dell’ospedale psichiatrico erano rimasti solo 51 pazienti ‘forzati’ all’internamento, anche se c’erano ancora molti ‘ospiti’ (433) o ‘volontari’ (81). Nel mese di agosto del 1980, nove anni dopo l’arrivo di Basaglia, il manicomio di Trieste chiuse definitivamente.

Oggi, Trieste non ha ospedali psichiatrici e l’Italia stessa è senza manicomi. Il San Giovanni è diventato un parco, e ospita una scuola, parte dell’università, vari servizi sanitari, cooperative e bar. Si tratta di un luogo tranquillo e bello, che è parte integrante della città. Questo, da solo, è un lascito duraturo del movimento che ha avuto inizio in quasi completo isolamento nel 1961 a Gorizia.

La ragion d’essere del manicomio, costruita come era sulla separazione, l’esclusione e il silenzio, fu minata. Il periodo di chiusura fu rumoroso e gioioso, e impossibile da ignorare. Da una istituzione totale, costruita su regole molto rigide, la violenza e l’idea di un mondo chiuso, il manicomio di Trieste venne trasformato in un luogo creativo aperto, un luogo dove la libertà e il dibattito erano più frequenti di quanto avveniva nel mondo esterno, un modello per il cambiamento, un anti-manicomio. Ora è un’altra cosa: è un ex-manicomio.

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PSICOLOGIA - PSICOTERAPIA - SESSUOLOGIA

Una traduzione mancante nel mondo di lingua inglese?

La storia, la biografia e il lavoro professionale di Franco Basaglia e di psichiatria democratica, il movimento da lui in parte guidato e ispirato sono stati, con poche eccezioni, costantemente male interpretati nel mondo di lingua inglese (e in particolare nel Regno Unito, anche se una sola eccezione è Ramon, 1988).

Prendiamo, ad esempio, i giudizi di due dei maggiori storici della ‘follia’ e dei ‘manicomi’. Nel 2002, Roy Porter ha scritto: ‘In Italia, la leadership del movimento è stata assunta dallo psichiatra Franco Basaglia, che ha contribuito a progettare la rapida chiusura delle istituzioni (provocando il caos)’ (Porter, 2002). Nel 1994, Porter si riferiva a Basaglia come a ‘Enrico Basaglia’ e lo etichettava come un ‘chiassoso anti-psichiatra’ (Porter e Micale 1994). Il giudizio di Andrew Scull su Basaglia è stato ugualmente breve, nel 2011: ‘In Italia, con il movimento guidato dal carismatico Franco Bassaglia [sic], la sinistra politica ha guidato la carica’ (Scull, 2011). Un resoconto più equilibrato e ben informato (anche se con alcuni errori) può essere trovato in Burns (2013). Tuttavia, anche qui, Basaglia è descritto come un ‘marxista gramsciano’.

Le origini di questi giudizi imprecisi dipendono da molte cose. In primo luogo, il lavoro di Basaglia non è stato tradotto in lingua inglese; neanche (e soprattutto) L’Istituzione negata (Basaglia, 1968). Questo libro invece fu rapidamente tradotto con successo in numerose altre lingue. Non ci sono spiegazioni convincenti per questa ‘non-traduzione’, anche se ci sono molte voci in proposito (alcuni sostengono che Laing bloccò una traduzione, ma non si è trovata alcuna prova a sostegno di uesta ipotesi. La mancata traduzione de L’Istituzione negata rappresentò un problema per gli ex-membri della équipe e, forse, in particolare, per Basaglia. Essi volevano avere influenza nel mondo di lingua inglese, un mondo che era stato fonte di ispirazione per loro e per la loro pratica.

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Altri scritti di Basaglia e del suo team sono stati tradotti in inglese in modo frammentario e di solito sono difficili da trovare o sono pubblicazioni in gran parte accademiche, spesso pubblicate molto tempo dopo che gli eventi descritti nel lavoro erano accaduti.

Vi è una collezione/studio dei suoi scritti curata da Scheper-Hughes e Lovell nel 1987, e un breve e molto citato articolo (Basaglia, 1981) apparso sulla rivista di psichiatria Critical Ingleby nei primi anni 1980. Tuttavia, la mancanza di una traduzione de L’Istituzione negata è stata particolarmente importante. In primo luogo, questo è il testo centrale del movimento, ed è stato influente in Francia e Germania. I lettori di lingua inglese non hanno mai avuto la possibilità di leggerlo. In secondo luogo, Basaglia è stato oggetto di una serie di studi estremamente ostili, ma influenti, in lingua inglese, negli anni ottanta, sulla scia della ‘Legge Basaglia’ e dei dibattiti nel Regno Unito circa la chiusura dei manicomi e le reazioni contro l”anti-psichiatria’ (Jones e Poletti 1984, 1985). Questi articoli hanno provocato dei commenti critici su Basaglia e sulla ‘Legge Basaglia’ in importanti libri sulla riforma psichiatrica e sul significato della malattia mentale, in particolare alla luce dei tentativi di riguadagnare il terreno perduto con Laing e il movimento dell’anti-psichiatria.

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Un esempio lampante di questo tipo di analisi può essere trovato in The reality of mental illness (Roth e Kroll (1986). Questo libro è stato inteso come una controreplica agli anti-psichiatri ed è stato ampiamente letto in quel periodo. Sembrerebbe essere stata questa la fonte dei giudizi sprezzanti scritti da Porter e Scull. Roth e Kroll non erano neanche a conoscenza che Basaglia fosse morto nel 1980, quando scrivevano che ‘Basaglia è un marxista‘ (1986). Essi continuavano a sostenere che l’analisi di Basaglia sulla malattia mentale fosse stata ‘ideologicamente guidata, molto ingenua e, in un certo senso, molto dura’.

Basaglia è stato accusato senza mezzi termini di aver sbattuto i malati mentali in strada, per motivi politici, e la legge 180 è stata descritta come un ‘disastro’, in termini sociali e umani. La conclusione di questi autori fu che i pazienti mentali erano stati ‘sfruttati … come pedine in una lotta ideologica’ (1986). Roth e Kroll concludendo i loro commenti, si sono detti favorevoli all‘abrogazione della legge 180.

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La critica tagliente di Roth e Kroll aveva preso spunto, a sua volta, da un famigerato articolo pubblicato da Jones e Poletti (1985) sul British Journal of Psychiatry. Questo articolo, lungo sei pagine, aveva provocato un grande dibattito sulla rivista, tra cui una raffica di commenti critici. Nel loro articolo, Jones e Poletti parlavano della ‘esperienza italiana’ e della attuazione della legge 180, che fu approvata nel 1978, facendo solo riferimenti superficiali a ciò che era successo prima.

L’unico testo Basagliano esaminato in ogni dettaglio è stato un discorso che Basaglia fece nel Regno Unito nel 1979. Gli autori affermavano che l’approvazione della legge 180 era vista come una delle ‘grandi storie di successo della storia psichiatrica’ nel Regno Unito, e che pertanto ne volevano presentare un quadro più equilibrato. Il loro lavoro si è basato su una ricerca degli studi pubblicati e su un ‘viaggio di studio’ condotto in Italia nel 1984. In questo ‘tour’ essi visitarono una serie di istituti di salute mentale, ‘scelti a caso’. Essi hanno così sostenuto che la legge 180 aveva perso il sostegno popolare, e che sarebbe stata abrogata (il che ancora non è avvenuto). La parte finale di questo articolo esamina ciò che gli autori chiamavano “gli effetti negativi “della legge (prendendo a caso alcuni titoli di giornale, peraltro mal citati).

Questa legge dunque è stata accusata di tutta una serie di problemi sulla base di prove inconsistenti, e una parte di questa colpa è stato imputata alle idee e pratiche di Basaglia stesso. Scrivono infatti Jones e Poletti (1985) :

Una terza ragione [per i fallimenti della legge 180] è la possibile confusione tra il pensiero di Franco Basaglia, gli obiettivi attuali di Psichiatria Democratica, l’intenzione della legge 180, e il risultato. La teoria politico-sociale, la campagna di pressione di gruppo, la disposizione legislativa e lo stato dei servizi sette anni dopo, sono causalmente e temporalmente collegati, ma non identici. Basaglia, che aveva a cuore la condizione dei suoi pazienti, potrebbe averne avuta una visione molto diversa nel 1985, se fosse vissuto.

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L’articolo di Jones e Poletti del 1985 provocò molte prosteste (si veda, ad esempio, Saraceno, 2012), e gli autori furono costretti  a chiarire il loro pensiero in un articolo. Ciò implicò per loro ulteriori viaggi in Italia durante i quali, questa volta, visitarono Trieste. In un secondo articolo (1986), il quadro dipinto era dettagliato e positivo (su Trieste). Essi sostenevano tuttavia che l’ospedale non fosse in realtà stato ‘chiuso’ e misero in discussione i servizi istituiti in città (Jones e Poletti 1986; le critiche sono state di Lovestone 1985, 1988; Ramon, 1985; Tansella, 1986).

C’è stato un ampio dibattito tra i professionisti, gli attivisti e i ricercatori nel Regno Unito sulla esperienza Basagliana e soprattutto sul’impatto della legge 180, con valutazioni positive e negative del caso italiano, ma solo la parte negativa di questo dibattito sembra essere stata ripresa da molti commentatori. Non è vero che la reazione nel Regno Unito a questa legge e alle sue conseguenze sia stata universalmente negativa, ma alcuni punti di discussione sono stati dimenticati o marginalizzati. Così, può accadere che Basaglia possa essere semplicemente liquidato come un anti-psichiatra e le sue riforme ugualmente respinte, in quanto semplicemente portatrici di ‘caos’.

Molti attivisti e professionisti sono stati ispirati dall’esperienza Basagliana, in particolare dall’esperienza di Trieste, le discussioni storiche che si sono succedute però non hanno, con pochissime eccezioni, preso questo in considerazione (per un’eccezione, vedere Crossley, 2006) . La mancanza di testi chiave in lingua inglese, in particolare L’Istituzione negata (1968) e Che cos’è la psichiatria? (1967) hanno certamente impoverito il dibattito che ha avuto luogo. Questi commenti e questa focalizzazione solo su una parte della discussione hanno probabilmente portato Porter e Scull alle loro sprezzanti conclusioni.

Questo articolo è, in parte, un tentativo di correggere questa interpretazione, e di fornire (in lingua inglese) al movimento Basagliano un contesto storico e una testimonianza su quanto accadde prima della riforma del 1978. C’è ancora infatti un filone consistente di anti-Basagliani nel mondo accademico, come ad esempio, Romanucci-Ross e Tancredi, 2007, i quali descrivono la legge 180 e il movimento di Basaglia come un ‘esperimento fallito’ e un ‘grave errore culturale ‘.

A cura di Dr. Giuliana Proietti

 

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Fonte:
Foot J. Franco Basaglia and the radical psychiatry movement in Italy, 1961–78.Critical and radical social work. 2014;2(2):235-249. doi:10.1332/204986014X14002292074708.

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