Il business della medicalizzazione dell'infanzia

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L’infanzia è diventato un target per l’industria farmaceutica? L’opinione di Christopher Lane

“In nessun campo medico il condition branding (*) viene accettato tanto come nel settore dell’ansia e della depressione,” scrisse Vince Parry una decina di anni fa nella rivista di marketing Medical Marketing and Media. Parry, esperto del settore, chiamò il suo articolo “The Art of Branding a Condition” (L’arte di vendere una malattia). Ansia e depressione sono particolarmente sensibili al “condition branding”, diceva ai colleghi, perché “la malattia mentale raramente si basa su sintomi fisici misurabili e, pertanto, è aperta alla definizione concettuale”.

L’arte di vendere malattie — mettendo correttamente in relazione una malattia con un prodotto farmaceutico — ha prodotto tre strategie chiave:

  • elevare il livello di gravità di una malattia esistente;
  • ridefinire una malattia esistente per ridurre i pregiudizi che la riguardano;
  • sviluppare una nuova malattia per costruire il riconoscimento di un’esigenza di mercato ancora insoddisfatta.

Il candido articolo di Parry mi è venuto in mente dopo aver letto l’eccellente articolo di Aaron E. Carroll pubblicato sul New York Times “Calling an Ordinary Health Problem a Disease Leads to Bigger Problems” (Definire malattia un ordinario problema di salute comporta grossi problemi”). Il Dottor Carroll, professore di Pediatria presso l’Indiana University School of Medicine, ha esposto le conseguenze delle strategie di Parry: sulla salute pubblica, sull’aumento della spesa per la salute e sulla crescente abitudine di ampliare enormemente l’area diagnostica verso disturbi le cui soglie d’età sono state abbassate fino ai più giovani, in alcuni casi in modo drammatico.

La giustificazione utilizzata ruota intorno ad un argomento ancora controverso, in gran parte non provato scientificamente, riguardo al precoce intervento farmaceutico, dove “precoce” si riferisce all’età, piuttosto che all’insorgenza della malattia. Il che ovviamente consente di iniziare ad assumere farmaci in età sempre più giovani e per un grande numero di bambini (settore in crescita: neonati).

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Il Dottor Carroll scrive circa la notevole pressione al ribasso sulla soglia di età per le diagnosi infantili di GERD (gastro-esophageal reflux disease, o malattia da reflusso gastro-esofageo, MRGE), anche se la malattia reale (distinta dai suoi sintomi comuni) è “rara” in quel gruppo di età. “Circa il 50 per cento dei neonati sani ha un rigurgito più di due volte al giorno“, scrive Carroll. “Circa il 95 per cento di loro supera comletamente il problema senza trattamento. Quando la maggior parte dei neonati ha (ed ha sempre avuto) una serie di sintomi che vanno via da soli, non è una malattia: è una varianza della normalità “

Con il precipitare delle soglie di età per tali malattie comunque, e l’accrescersi delle campagne promozionali, “sono stati diagnosticati sempre più casi di bambini con reflusso come aventi una ‘malattia’. L’incidenza della diagnosi di MRGE nei neonati è triplicata dal 2000 al 2005″. Non sorprende venire a sapere da questo pediatra che “molti di quei bambini sono ora in trattamento con farmaci chiamati inibitori della pompa protonica (PPI) :”tra il 1999 e il 2004″, scrive,”l’uso di una forma liquida per bambini di P.P.I. è aumentata di più di 16 volte“.

Considerando l’espansione massiccia nelle prescrizioni appena sopra i cinque anni, ed anche per bambini molto più piccoli, vale la pena ripensare a ciò che afferma Parry sulla creazione della MRGE per gli adulti. La condizione di malattia è stata ideata, egli si vanta, per accompagnare una massiccia campagna promozionale per il farmaco ranitidina.

Uno dei modi più semplici per esagerare la gravità di una malattia, ammette Parry, è stupire il pubblico con gli acronimi. Nel caso della MRGE, il pubblico riteneva in precedenza che i prodotti da banco fossero adeguati nella lotta contro i bruciori di stomaco. Così la necessaria  campagna di marketing doveva elevare… ridefinire… sviluppare la malattia rinominata, per convincere medici e pazienti in altro modo. Altri acronimi e accentuazioni quasi identiche sono state elaborate per promuovere l’IBS ((irritable bowel syndrome, o sindrome dell’intestino irritabile), l’ED (erectile dysfuncion, o disfunzione erettile), il PMDD (premestrual dysphoric disorder, o disturbo disforico premestruale) e il SAD (social anxiety disorder, o disturbo d’ansia sociale), come ho mostrato in modo molto più esteso in Shyness: How Normal Behavior Became a Sickness.   (Leggi l’intervista di psicolinea all’autore)

“Il più grande problema” a proposito della massiccia sovradiagnosi e ipermedicalizzazione dei neonati con MRGE, conclude Carroll , “è che la stragrande maggioranza di questi neonati non erano ‘malati’. Gli abbiamo semplicemente dato una diagnosi ufficiale. Definire questi pazienti come  ‘malati’ può avere conseguenze significative, sia per la salute, sia per il bilancio sanitario della nazione.”

Scusate, medici – soprattutto pediatri: cosa ne è del: “Primo, non nuocere“?

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Fonti e Links:

Carroll, Aaron E. “Calling an Ordinary Health Problem a Disease Leads to Bigger Problems.New York Times: June 3, 2014.

Lane, Christopher. 2007. Shyness: How Normal Behavior Became a Sickness. New Haven: Yale University Press.

Medicating Children: Why Controversy Still Flares over ‘Early Detection.’Psychology Today: September 2, 2010.

The OECD Warns on Antidepressant Overprescribing.Psychology Today: November 22, 2013.

“Americans Are Being Aggressively Over-Diagnosed.” Psychology Today: September 20, 2011.

Behavior Drugs Given to Four-Year-Olds Prompt Calls for Inquiry—in the UK.Psychology Today: March 19, 2011.

“Naming an Ailment: The Case of Social Anxiety Disorder.” Psychology Today: June 11, 2012.

Parry, Vince. “The Art of Branding a Condition.” MM&M: Medical Marketing and Media (May 2003): 44-46.

 

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Parlare di sesso con i figli

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I genitori in genere provano imbarazzo quando devono parlare con i figli di argomenti che riguardano il sesso, la riproduzione, l’amore e l’attrazione sessuale. In realtà mai come oggi l’educazione sessuale è imprescindibile, soprattutto in risposta al grande fenomeno sociale che differenzia questa generazione da tutte le precedenti (che al massimo dovevano contentarsi di una occasionale sbirciatina delle riviste porno, comprate di nascosto in edicola, mentre oggi la pornografia dilaga, sui pc e sugli smartphone, mostrando peraltro una sessualità che non rappresenta, nella maggior parte dei casi, la sessualità “normale”, sperimentata all’interno di una coppia).

Per evitare tali imbarazzi sarebbe bene iniziare a parlare di sesso ai figli prestissimo, a partire dai due anni di età, e continuare a farlo, a livello informativo, almeno fino a che non terminano l’adolescenza. Non appena i figli raggiungono i 7-8 anni inoltre sarebbe bene cominciare a sostituire i termini familiari con i termini scientifici (per esempio utilizzare la parola “pene” piuttosto che “pisellino”).

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Quando è opportuno parlare di sesso con i figli? Ogni volta che l’argomento esce fuori, senza imbarazzi, ma neanche forzature: si deve imparare a parlare di sessualità con la stessa naturalezza che si dedica agli altri discorsi.

In ogni caso occorre tenere sempre presente che i genitori e le scuole che decidono di astenersi dal fornire ai bambini e agli adolescenti notizie sul sesso, sull’affettività e sulla salute sessuale, la pornografia rimarrà la loro unica fonte primaria di informazione.

La parola-chiave che più di ogni altra dovrebbe essere messa in evidenza, nel contesto dell’educazione sessuale è questa: “rispetto”, sia per chi informa, sia per chi riceve le informazioni. Se si riesce ad attenersi a questa sorta di linea-guida, qualsiasi altro concetto sull’educazione sessuale diventa marginale e accessorio.

Il desiderio sessuale nella donna infertile
Relazione presentata al Congresso Nazionale Aige/Fiss del 7-8 Marzo 2025 a Firenze. 

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Ecco qualche ulteriore suggerimento sul comportamento più adeguato per parlare di sesso con i figli:

1. Parlarne sin da quando i bambini sono piccoli, usando un linguaggio adeguato all’età.

2. Non introdurre argomenti nuovi, prima ancora che nei ragazzi nasca la curiosità, ma rispondere a partire dalle loro domande, esplicite o implicite (osservare il linguaggio del corpo, i disegni, i giochi, etc.).

3. Cominciare a parlare del corpo quando i bambini sono ancora piccoli e, superata la prima infanzia, iniziare a usare i nomi corretti delle varie parti del corpo: pene, testicoli, scroto, vulva, vagina, seno, etc.

4. Tenere presente che parlare di sesso non significa parlare solo del rapporto sessuale e, in particolare, del rapporto sessuale penetrativo: la sessualità è un argomento molto vasto che riguarda il rapporto con il corpo, le fasi di crescita, cosa significa o non significa essere maschi o femmine, cosa è l’amore, l’attrazione fisica, la relazione con un’altra persona, quali sono i pericoli per la propria salute o incolumità, e così via.

5. Prendere spunto da argomenti discussi in tv, dai giornali, dalle esperienze degli amici, dai personaggi famosi, dai fatti di cronaca, dalla musica, da Internet, dal comportamento dei propri animali domestici e fare discorsi soprattutto “ipotetici” (se tu ti trovassi nella situazione in cui si è trovato il personaggio di questo film, come ti saresti comportato? Perché è bene comportarsi in quel modo, oppure perché è male).

6. Rispondere alle domande in modo franco e semplice, ma non semplicistico: un minimo di preparazione è sempre richiesto, per cui è sempre meglio documentarsi prima di parlare (non è assolutamente vero che gli adulti abbiano sempre risposte corrette sugli argomenti che riguardano la sessualità).

7. Cercare di essere adulti “open minded”, aperti alla realtà in cui si vive e non prigionieri dei propri tempi e delle proprie abitudini o convinzioni: è importante essere, o almeno apparire, come persone con le quali si possa parlare, confidarsi ed essere ascoltati con attenzione e interesse.

8. Poiché i genitori non sono necessariamente degli eroi, se ci si sente un po’ in difficoltà nel parlare di qualcosa, si può evitare con maggiore facilità il contatto oculare parlando quando si è in macchina, oppure mentre si stanno facendo altre attività (es. lavare i piatti, montare un mobile, etc.).

9. Non dare per scontato che il proprio figlio sia eterosessuale: ricordarsi che alcune persone potrebbero essere attratte da soggetti dello stesso sesso e che, anche se non lo si è mai considerato, potrebbero arrivare domande sull’orientamento sessuale (accogliere anche queste con assoluta normalità).

10. Se non si sa come rispondere a una domanda, dire semplicemente che non si sa rispondere (per esempio: “In questo momento non so cosa risponderti, cercherò di informami e poi te lo dirò”; oppure “proviamo a informarci insieme”);

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Editore: Xenia, Collana: I tascabili
Anno edizione: 2004 Pagine: 128 p., Brossura
Autori: Giuliana Proietti - Walter La Gatta

11. Rispettare la privacy del bambino o dell’adolescente: anche se può essere molto divertente raccontare ad amici e familiari le confidenze ricevute, è assolutamente necessario astenersi da questa pratica, che denota mancanza di rispetto.

12. Cercare di sapere cosa impara il proprio figlio a scuola sulla salute sessuale, in modo da essere preparati a eventuali domande suscitate dalle lezioni.

13. Parlare dei mezzi per difendersi da malattie o gravidanze indesiderate anche se il minore non ha ancora iniziato una vita sessuale attiva: farlo quando l’ha iniziata potrebbe essere troppo tardi!

14. Nel caso non ci si senta in grado di parlare di questi argomenti, lasciare in giro per la casa giornali e libri (adatti all’età del proprio figlio) in cui si parla di sessualità, in modo che il ragazzo li possa leggere.

E infine: se ci si sente così in imbarazzo nell’affrontare questi argomenti, perché non provare a fare qualche seduta dallo psicologo, per superare questa difficoltà?

Dr. Giuliana Proietti

Intervento del 14-09-2024 su Sessualità e Terza Età
Dr. Giuliana Proietti

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Pubblicato anche su Huffington Post

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Parlare di sesso ai giovani

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Come superare l’imbarazzo nel parlare di sesso ai ragazzi?

Per molti adulti, “parlare” di sesso, specialmente con i propri figli, può essere un momento molto imbarazzante e scomodo, possibilmente da evitare. In realtà questo tipo di conversazione dovrebbe riguardare qualcosa di più del semplice sesso: è un’opportunità per parlare di corpi, di relazioni e di consenso.

Perché c’è bisogno di fare questi discorsi sulla sessualità?

Perché i bambini e i ragazzi sono naturalmente curiosi delle relazioni e dei loro corpi. Non dimentichiamo, inoltre, che oggi, con gli smartphone, i ragazzi hanno accesso da giovanissimi alla pornografia e possono essere tentati di sperimentare il sesso molto prima che le generazioni precedenti.

La maggior parte dei genitori parla di sesso ai figli?

Assolutamente no: ad esempio, secondo uno studio statunitense, il 37% dei ragazzi e il 56% delle ragazze adolescenti non hanno mai parlato con i propri genitori di un argomento che li tocca molto da vicino, come quello della contraccezione.  Gli studi hanno tuttavia dimostrato che i ragazzi i cui genitori hanno parlato loro di sesso, contraccezione e consenso avevano maggiori probabilità di utilizzare pratiche sessuali più sicure.

I ragazzi sono imbarazzati a parlare di sesso con i genitori?

Sicuramente si, se non sono abituati a farlo sin da piccoli: sebbene molti giovani trovino queste conversazioni imbarazzanti, la maggior parte di loro riferisce comunque che sono “utili”.

Qual è il momento giusto per parlare ai ragazzi di sesso ?

Al più presto, con discorsi calibrati per l’età dei bambini. Iniziando presto queste conversazioni, si può promuovere un senso di integrità e di rispetto, per se stessi e per gli altri.

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Come parlare a bambini molto piccoli?

Si può cercare di aiutare i bambini a capire le regole e le aspettative sociali, ad avere rispetto per il proprio corpo e per quello degli altri, a chiedere aiuto a un adulto fidato quando qualcosa non va, a spiegare i sentimenti d’amore e il desiderio umano di costruire una famiglia, mettendo al mondo dei figli.
Con i bambini più piccoli, è bene usare esempi di vita reale, prendere spunto dai personaggi dei cartoni, o dal comportamento degli animali.

Come parlare con preadolescenti e adolescenti?

Quando si tratta di preadolescenti e adolescenti, la comunicazione aperta è fondamentale. Avere la capacità di parlare apertamente e onestamente del sesso rende più facile ai ragazzi chiedere aiuto se qualcosa non va o qualcuno sta oltrepassando i limiti. Spiegare in particolare che ci si deve sentire al sicuro con la persona con la quale ci si frequenta, e sempre in grado di dire “sì” o “no” quando si tratta di sesso e intimità.

Meglio parlare di sesso una sola volta, affrontando tutti gli argomenti, o parlarne in tempi diversi, affrontando ogni volta una piccola cosa?

È meglio evitare di parlare di tutto in una grande chiacchierata, ma avere conversazioni sull’argomento brevi e regolari. In questo modo sarà anche più naturale per il bambino/ragazzo riflettere sugli argomenti proposti e fare domande.

Quando e come parlare ai figli della contraccezione?

Non appena iniziano una vita sessuale attiva: si può aprire la conversazione acquistando un pacchetto di preservativi, spiegando come funzionano e invitandoli a portarli con sé, senza rovinare la bustina, perché “non si sa mai… Meglio non rischiare!” Spiegare, naturalmente, che i preservativi servono sia per la contraccezione, sia per evitare le malattie a trasmissione sessuale.

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Come affrontare la questione del porno?

La maggior parte dei ragazzi incontra presto il porno e, per molti, questa può essere l’unica fonte di informazioni sul sesso di cui disporre. Spiegare che il prono non rappresenta la vera sessualità, che è esagerato, nei tempi e nei modi, perché è fatto per stupire chi lo guarda.

Come parlare del piacere personale e della masturbazione?

La maggior parte dei bambini si masturba, sin dalla più tenera età. E’ importante sottolineare che il piacere è buono e salutare, che la masturbazione può essere un sollievo. Spiegare però che si tratta di un comportamento da fare quando si è soli, come quando si va in bagno, e che non bisogna eccedere, perché altrimenti diventa una cosa negativa.

Altri suggerimenti?

Sorvegliare l’uso dei social media dei figli e dare loro dei consigli sul loro corretto utilizzo (per il mantenimento della privacy, soprattutto scoraggiandoli dal diffondere immagini che potrebbero essere imbarazzanti, come nel sexting)

Per evitare gli imbarazzi, cominciare da subito a parlare di sesso, senza aspettare di fare “il momento di educazione sessuale” nel salotto buono; la vita è piena di richiami alla sessualità, su cui riflettere e confrontarsi.

Un ultimo suggerimento è di buon senso: non passare da una posizione di netta chiusura sugli argomenti sessuali a una apertura esagerata, parlando anche della propria vita intima. I ragazzi non vogliono vedere i genitori come degli amici, non vogliono conoscere i loro fatti più intimi e disvelarsi completamente potrebbe essere anche da loro percepito come un comportamento molesto o violento.

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Gravidanza in adolescenza

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Maturità sessuale e rapporti sessuali

La maturità sessuale oggi  la si acquisisce molto prima della maturità psico-sociale. Accade così che molti teen agers, considerati per molti aspetti ancora dei bambini, abbiano una vita sessuale attiva ben prima di aver raggiunto la maturità che consente di poter lasciare la famiglia d’origine e costruirsi una vita propria.

Oggi l’età media del primo rapporto sessuale è sui 15-16 anni: un’età in cui gli aspetti cognitivi, emotivi e sociali non sono ancora adeguati per affrontare in modo consapevole i rischi legati alla sessualità, sia per quanto riguarda le malattie sessualmente trasmesse, sia per quanto riguarda le gravidanze indesiderate.

Gravidanza in adolescenza, una “resistenza alla contraccezione” (lo so, ma non lo faccio)

I giovani non mancano certo di informazioni, visto che possono ottenerle facilmente attraverso i media, ma anche attraverso specifici programmi di educazione sessuale, legati all’insegnamento delle scienze, ormai sempre più presenti nelle scuole.

La gravidanza in adolescenza per questa ragione potrebbe essere dunque letta come una forma di “resistenza alla contraccezione”, attraverso l’attuazione di rapporti sessuali senza l’utilizzo di alcun metodo contraccettivo, o attraverso un loro utilizzo inadeguato, pur essendo a conoscenza dei rischi ai quali ci si espone.

Prendere la pillola infatti può essere volontariamente evitato dalle ragazze, specialmente quando i rapporti sessuali sono ancora piuttosto sporadici, mentre il preservativo spesso non viene utilizzato, oppure viene precocemente abbandonato, quando i due partners sentono di aver dato vita ad una coppia stabile.

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Conseguenze sulla salute

La gravidanza adolescenziale rimane un importante contributo alla mortalità materna e infantile e ai cicli intergenerazionali di scarsa salute e povertà. Le madri adolescenti (di età compresa tra 10 e 19 anni) affrontano rischi più elevati di eclampsia, endometrite puerperale e infezioni sistemiche, rispetto alle donne di età compresa tra 20 e 24 anni (Fonte: Who). Inoltre, ogni anno si registrano 9 milioni di aborti non sicuri tra le ragazze di età compresa tra 15 e 19 anni, contribuendo alla mortalità della ragazza in attesa e a problemi di salute che restano duraturi.

La gravidanza precoce può aumentare anche i rischi per i neonati. Nei paesi a basso e medio reddito, i bambini nati da madri sotto i 20 anni devono affrontare rischi più elevati di basso peso alla nascita, parto prematuro e gravi condizioni neonatali. I neonati nati da madri adolescenti corrono maggiori rischi di avere un basso peso alla nascita, con effetti potenziali sul lungo termine.

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Conseguenze economiche

La gravidanza adolescenziale può anche avere effetti sociali ed economici negativi sulle ragazze, le loro famiglie e la comunità. Le adolescenti incinte non sposate possono infatti affrontare lo stigma o il rifiuto da parte dei genitori e dei pari e minacce di violenza.

Allo stesso modo, le ragazze che restano incinte prima dei 18 anni hanno maggiori probabilità di subire violenze nell’ambito del matrimonio o di una convivenza.

Si stima che dal 5% al ​​33% delle ragazze di età compresa tra 15 e 24 anni che in alcuni paesi abbandonano la scuola lo facciano a causa di una gravidanza o di un matrimonio precoce. Avendo un livello di istruzione inferiore, le giovani mamme potrebbero avere meno competenze e quindi minori opportunità di impiego.

Gravidanza precoce e classe sociale

Le gravidanze precoci riguardano in maggior misura giovani appartenenti a classi sociali svantaggiate e appartenenti a gruppi familiari con problemi disfunzionali. Ad esempio, non di rado le ragazze che rimangono incinte giovanissime sono a loro volta figlie di madri rimaste incinte in età precoce.(Charbonneau et coll., 1989, in Cardinal Remete, 1999 ; Morazin, 1991).

L’adolescente incinta

A livello personale, la giovane mamma in attesa può vivere questo periodo come fortemente traumatico, per tutta una serie di fattori, che vanno dai problemi strettamente fisici (malesseri, nausee, mutamenti dell’aspetto fisico) ai problemi familiari (dirlo ai genitori, immaginare la loro reazione), sociali (abbandono della scuola, isolamento sociale, ecc.), medici (visite, esami, terapie).

La ragazza potrebbe oltre tutto voler negare a se stessa la possibilità di essere rimasta incinta minimizzando i sintomi, per non dover affrontare l’argomento con i genitori: in questo modo allontana il momento della diagnosi e riduce apparentemente lo stress riguardo alle decisioni da prendere.

Del resto non è facile, per una giovane adolescente incinta, rendere esplicita questa sua condizione: vi è infatti il timore della reazione dei genitori, quella del padre del bambino e della sua famiglia, la necessità di sottoporsi a visita ginecologica, doverne parlare ai compagni, agli insegnanti ecc.

Di colpo la futura mamma si sente proiettata nel mondo degli adulti e deve affrontare problemi che fino a quel momento non l’hanno mai interessata o riguardata direttamente. Per questo, oltre ai vari timori, la ragazza adolescente potrebbe provare anche sensazioni di rabbia, ansia, vergogna, o colpa.

Infatti, sebbene le abitudini familiari siano molto cambiate negli ultimi anni, non sempre le adolescenti si sentono aiutate ad affrontare questo problema dalla propria famiglia. Le scelte da compiere sono importanti e vanno oltre tutto prese in gran fretta: non sempre è possibile negoziare delle decisioni adeguate tra famiglie che sanno ancora poco l’una dell’altra, con visioni della vita e del futuro dei propri figli che possono essere anche fortemente discordanti.

Le madri adolescenti vanno inevitabilmente incontro a problemi di isolamento sociale, interruzione degli studi, stress e depressione. Sebbene molte ragazze possano beneficiare del sostegno dei genitori e delle persone vicine, il quadro per quanto riguarda la futura realizzazione personale non è mai troppo roseo (e non lo è neanche per il nascituro).

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Il padre adolescente

Per quanto riguarda la paternità precoce non abbiamo molti dati in letteratura, ma secondo alcuni autori Rosiers-Lampe e Frappier (1981) l’adolescente investito del nuovo ruolo di padre in genere non si coinvolge troppo nel rapporto e lascia la madre del bambino o durante la gravidanza o nei due anni successivi alla nascita (Loignon, 1996).

In alcuni casi tuttavia può accadere che il giovane papà prenda molto seriamente il ruolo di cui è stato investito e voglia assumersi delle responsabilità. Questo coinvolgimento del papà non sempre è desiderato dalla madre del bambino o dalla sua famiglia, che possono essere propensi ad accettare il figlio, ma non il relativo padre, specie quando la gravidanza è dovuta ad un rapporto occasionale, o ad una relazione che si è ormai conclusa dal punto di vista affettivo.

I figli di madri adolescenti

I figli di madri adolescenti sono infatti soggetti considerati statisticamente più ‘a rischio’ di quelli avuti dopo i venti anni di età della madre. Il rischio cui possono essere esposti i figli di mamme molto giovani sono quelli del maltrattamento, della violenza, dell’abuso e dell’abbandono. I figli di madri troppo giovani hanno , a loro volta, maggiori possibilità di assumere atteggiamenti di delinquenza giovanile, uso di droghe o alcolismo.

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COSA FARE

Prevenzione

Per limitare le gravidanze precoci è opportuno anzitutto pensare a degli interventi di prevenzione, per promuovere dei comportamenti sessuali sani e sicuri, offrire sostegno al momento della presa di decisioni relative all’esito della gravidanza e sostenere adeguatamente i giovani, affinché non subiscano traumi. L’educazione sessuale dovrebbe essere fatta sia a scuola, sia in famiglia.

Decisioni

Tenere presente anzitutto che il tempo rappresenta un fattore importante, dal momento che molte opzioni possono divenire impercorribili dopo i primi tre mesi, come nel caso dell’interruzione volontaria della gravidanza. Le decisioni da prendere sulla eventuale interruzione di gravidanza non possono essere imposte, ma devono essere concordate, anche sulla base delle opportunità che si possono offrire sia al nascituro, sia alla giovane coppia.

E’ auspicabile infatti che i due ragazzi possano continuare a studiare anche dopo la nascita del bambino e raggiungere così una professionalità spendibile nel mercato del lavoro, in modo da raggiungere una piena indipendenza economica e morale dalle famiglie di origine.

I ragazzi inoltre dovrebbero ricevere il pieno sostegno, affettivo e psicologico, oltre che materiale, da parte delle famiglie di origine: un figlio, una figlia, restano sempre tali anche se hanno sbagliato.

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Come dovrebbero comportarsi i due neo-genitori

Se la coppia di genitori decide di vivere insieme o comunque di continuare il proprio rapporto, sarà opportuno l’utilizzo di sistemi contraccettivi in seguito alla nascita del figlio, per evitare che l’errore compiuto si ripeta ancora, rendendo ancor più complicato l’avvio di questa nuova entità familiare.

Compatibilmente con i loro nuovi impegni di genitori, i ragazzi dovrebbero continuare a frequentare i loro amici e dedicarsi alle attività tipiche della loro età, per non dover crescere troppo in fretta, a scapito della effettiva maturazione psicologica sottostante.

E’ importante tuttavia che ai giovani genitori sia data la possibilità di assumersi delle responsabilità crescenti nei confronti del proprio figlio, sia per garantire una crescita adeguata al bambino, sia per non bloccare il loro sviluppo psico-sessuale al periodo dell’adolescenza, rendendoli così incapaci di maturare e di realizzarsi anche in altri aspetti della vita.

Una intervista sui rapporti familiari

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La situazione in Italia

Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza relativi all’anno scolastico 2015/16, le adolescenti interessate ad una gravidanza precoce  sono state 1 su 100, mentre nel 2016/17 i numeri sono raddoppiati: 2 su 100. Rispetto ad altri Paesi non è un numero esagerato (Negli Usa il numero di neo-mamme per questa fascia d’età nel 2015 raggiunge il numero di  2,23 per 100, anche se in netto calo, grazie ai numerosi programmi di prevenzione. )

Molte ragazze ricorrono alla pillola del giorno dopo come contraccettivo, altre cercano soluzioni fai-da-te, rischiando emorragie ed altri gravi problemi.

Dr. Walter La Gatta

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I fratelli migliorano il processo di socializzazione del bambino

I fratelli migliorano il processo di socializzazione del bambino?

I fratelli migliorano il processo di socializzazione del bambino

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I fratelli svolgono un ruolo fondamentale nel processo di socializzazione del bambino, rappresentando una delle prime e più significative esperienze di relazione al di fuori del rapporto con i genitori. La letteratura psicologica sottolinea come i rapporti tra fratelli influenzino lo sviluppo sociale, emotivo e cognitivo del bambino, offrendo un contesto unico per l’apprendimento di competenze interpersonali. Cerchiamo di saperne di più.

Quale differenza c’è fra l’apprendimento che può venire da un genitore e quello che viene dai fratelli?

I genitori sono più adatti per l’insegnamento degli aspetti sociali più formali: come comportarsi in pubblico, come comportarsi a tavola, ecc. I fratelli e le sorelle invece sono dei modelli migliori per quanto riguarda i comportamenti più informali: come comportarsi a scuola o per strada, o, cosa più importante, come interagire con un gruppo di amici.

Perché i fratelli sono interlocutori privilegiati nello sviluppo dell’identità individuale?

Perché, attraverso l’interazione quotidiana, i bambini imparano a gestire conflitti, a negoziare e collaborare con gli altri e a sviluppare empatia. Questi processi contribuiscono a costruire competenze sociali che saranno fondamentali nelle relazioni future. I bambini con fratelli imparano precocemente a comprendere le emozioni degli altri grazie alle numerose occasioni di confronto. Inoltre, la presenza di fratelli più grandi può fungere da modello comportamentale, mentre i fratelli più piccoli offrono opportunità per sviluppare capacità di cura e responsabilità.

Relazione fra sesso e cibo

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I conflitti fra fratelli possono essere, a loro volta, fonte di apprendimento?

Si. I conflitti tra fratelli sono inevitabili, ma hanno anche una valenza positiva, dal momento che rappresentano un’importante opportunità di apprendimento. Attraverso questi confronti, i bambini sviluppano strategie per risolvere problemi, imparare a considerare i punti di vista altrui e regolare le proprie emozioni. L’efficacia di queste dinamiche dipende in gran parte dal supporto dei genitori nel favorire interazioni positive e corrette nel guidare la risoluzione dei conflitti in modo costruttivo.

I bambini che hanno rapporti positivi con i fratelli tendono a instaurare amicizie più solide?

Si, essi mostrano di avere non solo amicizie più solide, ma mostrano anche una maggiore adattabilità nei contesti scolastici e sociali, dal momento che dimostrano una migliore capacità di costruire legami affettivi con i coetanei.

Quando le interazioni possono non essere così positive?

Possono esserci varie ragioni per cui le interazioni si dimostrano non proprio positive o facili:

  • Differenza di età: Fratelli più vicini d’età tendono ad avere interazioni più frequenti e intense, mentre quelli con una maggiore differenza d’età possono assumere ruoli più complementari.
  • Genere: Le dinamiche possono variare a seconda che si tratti di fratelli, sorelle o combinazioni miste
  • Stile genitoriale: Un approccio equilibrato da parte dei genitori, che eviti favoritismi, è cruciale per promuovere relazioni positive tra fratelli.

I fratelli possono anche rappresentare un esempio negativo?

Si, questo è il risvolto negativo della medaglia: molti comportamenti indesiderati e antisociali come fumo, alcol o altri atti delinquenziali derivano spesso dall’insegnamento di un fratello maggiore, così come dagli amici dei propri fratelli maggiori. Ad esempio, una ragazza adolescente corre un rischio più elevato di rimanere incinta se la sorella maggiore ha avuto anch’essa un figlio da giovane.

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Cosa dovrebbero fare i genitori per garantire l’influenza positiva di un fratello maggiore?

Al fine di massimizzare l’influenza positiva di un fratello maggiore, una delle più importanti cose che i genitori possono fare è contribuire a promuovere una relazione di sostegno tra fratelli sin dall’inizio. Sappiamo infatti da studi longitudinali che, se i bambini cominciano il loro rapporto con un fratello in modo positivo sin da piccoli, è più probabile che questo rapporto possa poi continuare nel tempo.

I figli unici sono meno competenti sul piano sociale?

I bambini che crescono come figli unici non sono sempre meno competenti dal punto di vista sociale, rispetto ai bambini che crescono con i fratelli: le competenze sociali possono essere acquisite anche attraverso l’osservazione di amici, cugini, altri parenti, piuttosto che dei soli genitori.

Cosa dovrebbero fare i genitori di figli unici per favorire la socializzazione?

I genitori di figli unici dovrebbero per permettere ai loro figli di sviluppare delle relazioni positive con altri bambini durante l’infanzia , in modo che questi bambini diventino per loro una sorta di fratelli-surrogati. In questo modo essi potranno sviluppare delle competenze sociali che probabilmente non acquisirebbero se le loro interazioni fossero limitate al solo rapporto con i genitori e gli insegnanti.

I genitori di diversi figli dovrebbero comunque favorire la socializzazione esterna?

Si. I genitori che hanno diversi figli spesso non sentono la necessità di invitare a casa loro altri bambini, per giocare con i figli più piccoli, ma questo è sbagliato, perché va considerato che se fra fratelli c’è molta differenza di età, il loro rapporto può essere intenso in casa, ma le loro esperienze sociali essere diverse all’esterno della famiglia, visto che frequentano gruppi sociali diversi. In ogni caso, relazionarsi con membri esterni alla famiglia è sempre una palestra importante.

Cosa accade quando un fratello minore decide di non voler seguire le orme di un fratello maggiore?

Questo processo viene detto di ‘de-identificazione.’ Accade quando un fratello minore sceglie un percorso diverso, un modo diverso di affermare la propria identità, nello sport, nell’arte o in altre attività sociali. A volte questo è un modo per evitare il confronto con i fratelli maggiori, soprattutto se si teme di non essere sufficientemente capaci di misurarsi con loro.

Dott.ssa Giuliana Proietti 


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