Il bullismo omofobico nella scuola italiana
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Roberto è un ragazzo di 17 anni dal modo di fare leggermente effeminato. Non ama molto andare a scuola e gli piacerebbe cominciare a lavorare come elettricista. Ama lavorare su circuiti elettronici. Per questo frequenta un istituto professionale che gli consente di ottenere un diploma di tecnico delle industrie elettroniche. Tuttavia a scuola ha grossi problemi con i compagni, tutti di sesso maschile. Lo chiamano continuamente con offese come checca, frocio, ricchione, ecc.
Nessuno lo chiama quasi più con il suo nome, se non i professori. Non riesce a stringere amicizia con nessuno dei compagni perché chiunque gli è stato “troppo” vicino veniva etichettato come gay a sua volta sulla base di un processo simile al contagio delle malattie infettive. Negli ultimi tempi le cose vanno peggiorando; alle offese frequenti si sommano anche gli scherzi nei suoi confronti.
Durante un laboratorio a scuola alcuni suoi compagni lo hanno immobilizzato e gli hanno somministrato scosse elettriche nelle parti intime gridando frasi come “ti piace frocio pervertito?”. Ora Roberto si rifiuta di tornare a scuola. Si sente depresso e allo stesso tempo nervoso. Di notte spesso ha incubi collegati a episodi avvenuti a scuola in cui veniva offeso, deriso o aggredito. A volte gli capita di pensare al suicidio; questa sarebbe, secondo lui, l’unica soluzione alla sua sofferenza.
Bullismo e bullismo omofobico
Il caso appena descritto rappresenta alcuni degli elementi chiave del bullismo cosiddetto “omofobico”. Il bullismo è un termine adottato da Olweus nelle sue ricerche a partire dalle fine degli anni ’70 per indicare quelle aggressioni, siano esse verbali, fisiche o relazionali, ripetute secondo schemi precisi tra i banchi di scuola.
Nella letteratura scientifica (Prati et al., 2009) si sta studiando sempre di più il bullismo omofobico come forma distinta da altre tipologie di bullismo. Prima di tutto si vuole chiarire che il bullismo a sfondo omofobico è rivolto a quei compagni, siano essi di genere maschile o femminile, che sono percepiti come devianti in termini di identità di genere (sentirsi di appartenere al genere maschile o femminile), ruolo di genere (avere per esempio comportamenti, preferenze tipicamente femminili o maschili secondo una data società) o orientamento sessuale (avere preferenze affettive e sessuali per persone dell’altro sesso, dello stesso sesso o di entrambi). Il bullismo omofobico è motivato dal disprezzo nei confronti di tutto ciò che concerne l’omosessualità e riguarda tutti gli atti di bullismo che vanno a colpire chi è o viene etichettato come omosessuale o atipico rispetto al ruolo di genere o all’identità di genere. In altre parole non è necessario essere omosessuali per divenire bersaglio del bullismo omofobico: per esempio, vi sono numerosi casi di ragazzi e ragazze offesi con termini quali “frocio” o “lesbica di merda” solamente per il fatto di avere modi di fare leggermente effeminati o mascolini, oppure per una preferenza atipica come la danza per gli uomini e il calcio per le donne.
La diffusione del bullismo
Quanto è diffuso il bullismo omofobico? Per rispondere a questa domanda è stata condotta una ricerca all’interno di un ampio progetto denominato “Interventi per la prevenzione contro il bullismo a sfondo omofobico” co-finanziato dal Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali, (ai sensi della L. 383/2000, anno 2007, lett. F) e realizzato da Arcigay – Associazione lesbica e Gay Italiana. Allo scopo di raccogliere un campione rappresentativo di studenti italiani si è deciso di selezionare un campione casuale di classi all’interno di un campione di 20 scuole selezionate casualmente dal sito dell’anagrafe delle scuole secondarie di secondo grado. Tra i dirigenti scolastici delle scuole selezionate, dieci (50%) hanno negato la propria collaborazione.
Agli studenti coinvolti è stato chiesto di compilare un questionario volto a investigare atti di bullismo omofobico subiti, osservati e agiti ne confronti sia di compagni che di compagne. Il campione dello studio è costituito da 863 studenti. Il 39,3% degli studenti (n = 326) è di sesso maschile. L’età media è di 17,3 (DS = 1,6) con un minimo di 15 anni e un massimo di 22.
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Risultati
Solo un terzo degli studenti non ha udito epiteti omofobi e prese in giro nei confronti di maschi nell’ultimo mese a scuola. Per uno studente su cinque queste espressioni fanno parte della vita scolastica quotidiana. Uno studente su 13 ha assistito almeno una volta nell’ultimo mese ad aggressioni omofobe di tipo fisico (calci e/o pugni) ne confronti di un compagno di sesso maschile. Nei confronti delle femmine i comportamenti più frequenti sono epiteti, prese in giro e dicerie.
Circa metà degli studenti riportano di avere utilizzato epiteti nei confronti di amici e compagni che si pensava gay e circa un quarto degli studenti riporta di averli utilizzati nei confronti di un’amica e nei confronti di una compagna che si pensava fosse lesbica. Un totale di circa 172 studenti (19,93%) potrebbe rientrare nei criteri di bullo secondo i criteri di Fonzi (1997), avendo commesso almeno una tipologia fra i comportamenti indicati con cadenza settimanale nell’ultimo mese. Un totale di 32 studenti (3,71%) hanno subito atti di bullismo omofobico a scuola con una cadenza almeno settimanale. Essi possono essere considerati vittime secondo i criteri di Fonzi (1997). Ciò significa che in buona parte delle classi mediamente è presente uno studente o studentessa vittima di bullismo omofobico.
Prof. Gabriele Prati
Riferimenti bibliografici
Fonzi A. (1997), Il bullismo in Italia. Il fenomeno delle prepotenze a scuola dal Piemonte alla Sicilia. Ricerche e prospettive d’intervento, Firenze, Giunti.
Prati G., Pietrantoni L., Buccoliero E., Maggi M. (2009), Il bullismo omofobico, Milano, Franco Angeli.
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Il Prof. Gabriele Prati insegna Psicologia giuridica e psicologia sociale presso l’Università degli Studi di Bologna. Email: gabriele.prati@unibo.it