Il bambino in Ospedale
Il dolore è definito dall’OMS come “una sgradevole esperienza sensoriale ed emozionale associata a reale o potenziale danno tessutale o descritta in termini di tale danno”. Quindi, appare già dalla definizione, che nel dolore la componente psicologica è preponderante e ciò vale ancora di più per il bambino, che ha una minore capacità di controllo cognitivo dell’adulto. Infatti sappiamo per esperienza comune che se il bambino prova paura o è spaventato la soglia del dolore si abbassa e quindi la percezione di uno stimolo doloroso aumenta.
Quando l’esperienza dolorosa ha luogo in ospedale per il trattamento di una patologia, oppure per la cura di una ferita o per un’indagine diagnostica come il prelievo di sangue, la paura del bambino accresce in modo esponenziale per la sensazione di perdita di controllo e anche il dolore percepito sarà molto più importante. Le problematiche inerenti al dolore in pazienti di età pediatrica si possono schematizzare in:
- · dolore acuto: ha la funzione di avvisare l’individuo della lesione tissutale in corso ed è normalmente localizzato, dura per alcuni giorni, tende a diminuire con la guarigione ed è essenzialmente rappresentato, in ospedale, dal dolore legato all’intervento chirurgico, ma anche dalle lesioni traumatiche cui spesso i bambini incorrono e per le quali vengono portati in pronto soccorso.
- dolore da procedura: particolarmente pauroso e ansiogeno per i bambini è il dolore da procedura. Il dolore da procedura ha una parte molto importante nella cura di alcune malattie, per es. nel trattamento della leucemia sono previste circa 20 o 30 tra punture lombari e aspirati midollari. Bambini piccoli affetti da queste gravi patologie spesso non hanno coscienza della gravità della malattia e la identificano con le procedure dolorose necessarie per curarle.
- dolore cronico: è un dolore ribelle ai comuni trattamenti. Ricorre nell’ambito di una malattia cronica più o meno grave, molto spesso limitativa per quanto riguarda la vita di relazione e talvolta mortale. In questi casi il dolore non può e non deve essere considerato solo un sintomo ma piuttosto una malattia nella malattia dove, oltre al dolore fisico, coesistono molte e differenti componenti che lo rendono spesso insostenibile. Un dolore cronico per antonomasia è quello oncologico.
Esistono oggigiorno una serie di interventi essenzialmente di tipo farmacologico che permettono di controllare il dolore dei bambini. Tuttavia accanto ai farmaci esistono alcuni accorgimenti psicologici utilizzabili per supportare il bambino nel momento del dolore. Tra questi si stanno diffondendo le tecniche non farmacologiche (TNF).
Le tecniche non farmacologiche (termine criticato da autori statunitensi perché diminutivo rispetto a qualcosa che non è. In alternativa si può utilizzare l’espressione “tecniche psicofisiche” o “psicologiche” o “tecniche di medicina complementare”) utilizzate nel bambino per il controllo del dolore da procedura e dell’ansia e della paura che ne derivano; sono essenzialmente tecniche psicologiche di tipo cognitivo-comportamentale che possono essere applicate insieme al bambino da chiunque sia preparato (infermieri, genitori, medici, psicologi, volontari). Lo scopo delle tecniche è quello di allontanare la mente del bambino dal momento di dolore e paura che sta vivendo, attraverso un processo di dissociazione mentale, in cui è possibile modificare le sensazioni fisiche dolorose. Queste tecniche sfruttano le notevoli capacità immaginative dei bambini che, per loro natura, hanno dei confini mentali tra fantasia e realtà molto più fluidi e permeabili degli adulti.
Un ruolo fondamentale è rivestito dal genitore in quanto è il migliore esperto del bambino, dei suoi bisogni e desideri. E’ importante rendere partecipe il genitore alle procedure dolorose in maniera attiva, aiutandolo cioè a creare un’ alleanza con il bambino e “formandolo” su come aiutare il proprio figlio. Nel trattamento del dolore i genitori diventano degli alleati del bambino e delle risorse per i curanti. Bisogna sempre tener conto che il genitore è il miglior alleato del bambino perché lo consce meglio di tutti e questa è una risorsa che deve essere utilizzata.
L’informazione è un diritto del bambino e un dovere dei curanti. Le spiegazioni ai bambini vanno date con tempi giusti, con linguaggio semplice e adatto all’età. È fondamentale il tipo di approccio che si ha con il bambino, non si deve ingannare o raccontargli bugie, soprattutto se è lui che chiede spiegazioni, ma fa parte del nostro lavoro cercare di fornire a lui e ai genitori una informazione veritiera, spiegandogli cosa deve fare e come si può aiutare, naturalmente con i tempi giusti, e con un linguaggio a misura di bambino.
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Tutti questi accorgimenti sono molto importanti per il supporto psicologico del bambino in ospedale, affinché egli possa affrontare ogni evento doloroso nel miglior modo possibile ed è fondamentale che ogni figura che gli ruota intorno sia pronta per accogliere i suoi bisogni.
Simona Caprilli
BIBLIOGRAFIA:
– Olness K, Kohen D, Hypnosis and Hypnotherapy with Children 3rd ed. New York Guilford Press
– Kuttner L. No Fears No Tears, Children with Cancer coping with pain 1985 . No Fears No Tears 13 years later 1998 (trad. italiana a cura della Fondazione Livia Benini)
– Kuttner L. Special Consideration for using Hypnosis with young children, in Clinical Hypnosis for Children Editors: Western , W & O’Grady D. Brunnel /Mazel 1991
– Sito web: fondazione-livia-benini.org
Simona Caprilli
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Simona Caprilli è psicologa presso il Servizio Terapia del dolore Ospedale A. Meyer – Firenze
Laureata in psicologia clinica alla università “la Sapienza” di Roma. Dal 2000 lavora come Psicologa all’Ospedale Pediatrico A. Meyer al Servizio Terapia del Dolore, Centro Regionale del Diabete, Settore MICI e Centro Ustioni.Ha partecipato a numerosi congressi e corsi di formazione in qualità di relatore/ formatore sul tema del dolore del bambino, cure palliative e psicologia del bambino in ospedale. E’ autore di pubblicazioni sui temi sopracitati.
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