Ipnosi regressiva e catarsi terapeutica

Nel 1887, Freud iniziò da neofita a praticare l’ipnosi dopo le esperienze vissute nelle due scuole francesi della Salpétrière e di Nancy.
In contrasto con Charcot , Bernheim a Nancy non considerava l’ipnosi uno stato patologico manifestabile nell’isteria, ma una valida terapia nella cura di alcune patologie sia nervose che organiche, quali reumatismi , disturbi dell’apparato digerente e alterazioni del ciclo mestruale.
Freud rimase colpito dalla conoscenza di Bernheim e ne adottò il metodo, utilizzando l’ipnosi suggestiva diretta che consiste nell’intimare in stato ipnotico profondo comandi che il paziente al risveglio riconosce come acquisizioni proprie.
Nelle sue parole leggiamo ” …l’ipnosi elargisce al medico un’autorità quale verosimilmente mai un sacerdote o un taumaturgo hanno posseduto, giacché concentra tutto l’interesse psichico dell’ipnotizzato sulla figura del medico”.
Non esita a consigliare anche ai medici di famiglia questa terapia che pone sullo stesso piano di altre metodiche efficaci di cura .
Negli anni successivi si pone già in atteggiamento critico nei confronti dell’ipnosi e nel 1893 la considera una tecnica “…per via di levare” nel senso di estrarre unicamente le cariche emotive e la descrive a proposito del metodo catartico.
Freud considerò il conflitto psichico gravato , incapsulato di modo che era impedito il deflusso della sua carica affettiva e teorizzò che l’unico modo per sbloccare questa energia “imprigionata” fosse quello di farla” scaricare”, “sfogare” , abreagire.

Il paziente in ipnosi veniva riportato al tempo malato del suo disturbo , durante il quale ricordava e liberava la sua sofferenza rimossa.
Freud rinunciò all’ipnosi per la dipendenza che a suo parere provocava e perchè la catarsi aggirava , valicava le resistenze psicologiche del paziente senza risolverle ,determinando soltanto risultati transitori.
Passando ora al confronto con le moderne metodiche dell’ipnosi regressiva , ritengo che il deflusso emozionale e l’ abreazione non possano di per sè esaudire l’intera portata della terapia che deve completarsi con una elaborazione linguistico-simbolica dei nuclei tematici conflittuali.
Ecco in tal modo realizzato quell’evento risanante completo che non può prescindere da una tappa analitica rivolta alla ricodificazione dei linguaggi profondi della mente.

Allorquando si parli di regressione a vite precedenti, questo tempo di trattamento del linguaggio è ancor più essenziale ai fini del recupero della salute psicologica. Il primo rendiconto di una regressione a vita antecedente la nascita risale al 1862 quando il principe Galitzin ipnotizzò una donna che pronunciò parole in idioma francese, parlando di un delitto di cui precisò i riferimenti di tempo e di luogo.
In seguito vecchi contadini francesi della zona predetta confermarono il resoconto derivato dall’ipnosi e ciò attestò la veridicità del fenomeno di xenoglossia ( parlare durante l’ipnosi in un linguaggio non conosciuto).
Ricaviamo da una bibliografia dell’italiano prof. Aureliano Pacciolla , detrattore della regressione ipnotica , il nome del primo grande sostenitore della metodologia : lo statunitense Brian Weiss, affermato psicoanalista, che nel 1987 pubblica Many lives, Many Master.
Il dott.Weiss considera attendibili i resoconti di una paziente, Caterina, che in stato ipnotico produce numerose regressioni a vite pregresse.
Devo molto al collega americano senza il quale non avrei mai trovato quel terreno favorevole all’ipnosi reincarnativa che si sta rapidamente dissodando in tutta Italia.

Ringrazio per le tante telefonate commosse e sincere di persone che apprezzano Vita nella Vita, ipnosi regressiva a vite precedenti, il libro che Mediterranee mi ha pubblicato nel 2001.
In questo testo riporto alcuni dei tanti casi suggestivi che ho solo trascritto, mentre il cuore della gente me li raccontava.
Come quello di Clara, cinquant’anni, affaticata dall’eccessivo peso e dalla sofferenza che riscontro in tutti i casi di bulimia. Un lavoro creativo di grafica pubblicitaria, una madre anziana da accudire dopo la morte del padre deceduto alcuni anni prima. Nulla giustificava quel quadro compulsivo che spesso incontro nel mio lavoro, una fame incontrollabile, atavica e la sensazione di un pianto profondo cristallizzato
dentro il cuore. Un altro problema inquietava il suo animo : un disagio nell’abbandonarsi durante i momenti di intimità.
Raggiunse con facilità un profondo livello di trance e mutando l’accento e l’inflessione vocale mi parlò con voce di bambina:
” Gli zingari…..mi rincorrono….sono sola, mi nascondo dentro un fienile . I miei genitori sono troppo lontani per potermi aiutare”.
Mi narrò in alcune regressioni la sua storia di tredicenne rapita e costretta a mendicare danzando per le strade della Francia.
“…pour buillon! …pour buillon! ” mi diceva Pascaline e soltanto in seguito compresi che chiedeva la questua per contribuire al minestrone ottenuto da tutte le elemosine : una patata, una carota, un pezzo di focaccia.
Il ricavo di quel palmo teso è sempre più povero incombendo un periodo di carestia. Non riesce più a ballare ed i morsi di quella fame atavica mi spiegano la sua attuale compulsione per il cibo.
Viene abbandonata su di un prato, stremata, morente e raccolta da Aruk, descritto come uno Zampanò di felliniana memoria. L’uomo la accudisce , se ne prende cura e Pascaline rifiorisce. Ma le sue forme puberali accendono la bramosia di quel primitivo e rozzo individuo che stupra la ragazza e la uccide soffocandola sulla
terra della strada. Prima di morire Pascaline esprime la sua rabbia e maledice ogni uomo che usa violenza contro una donna.
” La mia anima” sussurra la ragazza” solca il vento ed entra nel cuore di Clara”.
“Dimmi Pascaline come posso curare la sua fame ”
” Non è fame di cibo” risponde” è fame d’amore. Clara deve imparare ad amare se stessa , io vivo nel suo cuore.
Deve rivolgermi le parole ‘mon petit amour, mon petit amour, mio piccolo amore, mio piccolo amore’.
Questo caso , in cui la paziente abreagì le sue emozioni in tanti passi fondamentali , comportò ai fini di una stabile catarsi anche un sottile lavoro di rielaborazione del linguaggio profondo che non riporto per ragioni di sintesi.
La terapia migliorò nettamente i sintomi compulsivi di Pascaline , ma non incise sul suo rifiuto della sessualità.
Considero questo caso clinico una tappa di un ulteriore periodo di cura proiettabile in tempi successivi .
Mi riprometto di rivederla dopo averle permesso di elaborare autonomamente le acquisizioni e le emozioni provate.
Termino questo mio scritto soddisfatto del percorso che in questi anni ho compiuto insieme a centinaia di pazienti trattati in regressione e chiedo a Pascaline di tornare, come una rondine, logo della neonata S.I.I.R, Società Italiana Ipnosi Regressiva.
Torna Pascaline!

Ipnosi regressiva e linguaggio dei centri

Nella mia pratica clinica, lungo i percorsi di ipnosi regressiva, notavo nel corso degli anni e delle tante persone che trattavo , il manifestarsi di un linguaggio che risuonava dai sette centri. Idioletti differenziati di parole , emozioni e frammenti di vite si liberavano durante le trance dalle sette galassie interiori, confermandomi che nell’universo uomo era nascosto il segreto linguaggio dei chakra.

Mi veniva spontaneo appoggiare una mano sul cuore, sul plesso solare o sulla fronte dei pazienti nei momenti in cui liberavano in regressione le loro cariche emotive. Era un gesto di presenza e di conforto , un contatto che significava comprensione e partecipazione alla sofferenza o alla gioia, mentre apparivano i mutevoli e iridescenti colori della trance.

Compresi che la modica pressione nelle aree dei centri attivava la sincerità racchiusa nelle sette galassie di linguaggio e notai quanto ciò fosse terapeutico. In trance profonda , la pressione della mia mano sul capo , in corrispondenza dell’antica fontanella dei neonati , poteva attivare le parole del sahasrara chakra.

Imparai a bendare i pazienti per sollecitare la radice del settimo centro : la ghiandola pineale produttrice di melatonina e di serotonina , un neurotrasmettitore che influenza lo stato affettivo e l’equilibrio psicologico delle persone.

La luce è la sostanza del sahasrara e la sua gradazione mi narrava della salute spirituale del centro e del livello di crescita di quell’anima.

Spesso la galassia restava oscura e la tenebra non permetteva all’ego di spiccare il balzo verso la sponda dell’infinito cosmico e della gioia di annullamento dell’io. Questo chakra permette di vivere l’unione con l’universo e l’estasi del samadhi . Margaretha Mijnlieff riporta una definizione di Lao Tze che sancisce in sintesi l’essenza del sahasrara: “ vuoto che contiene tutto”(1).

La pressione della mano sulla fronte , nel mezzo delle sopracciglia, sempre con i pazienti in trance produce un approfondimento dell’ipnosi , se viene stimolata la meditazione sull’ipofisi. L’ipnosi ed il sonno vengono facilitati dall’accantonamento di ogni attività senziente e di ogni brusio mentale prodotto dai nostri rumorosi pensieri. Scendere consapevolmente nell’ajna o sesto chakra, favorisce il silenzio e la trance e questa meditazione, accompagnata al respiro nutritivo orientato sul centro, deve essere compiuta quotidianamente come se si annaffiasse un fiore. La pressione ed il massaggio profondo della tiroide possono attivare invece le memorie di violenza subite nelle vite precedenti e favorire la diagnosi dei disturbi fobici , che parlano nella gola dei pazienti.

Il linguaggio del quinto chakra, Vishuddhi , in regressione ipnotica libera le esperienze ancestrali di paura e di panico e le parole “rimaste in gola” delle vite pregresse .

L’etere è l’elemento di questo centro ove il tempo e lo spazio risolvono i loro domini, permettendoci di espandere la coscienza dal piano fisico ai livelli più sottili. Dalla tiroide, porta dell’anima , inizia un sentiero che scorre in direzione del cuore. Ai suoi lati i fiori indicano la direzione verso l’Anahata chakra : la “valle dei colori”. Una pianura si apre entro il cuore ricoperta da un rigoglioso Eden , poiché Dio non ha mai cacciato l’uomo dal Paradiso, ma lo ha nascosto dentro di noi.

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Secondo la mia esperienza , i pazienti in regressione ipnotica comunicano , dopo la pressione ed il massaggio esercitati sul cuore , i contenuti ed i linguaggi della relazione paterna . Ulteriormente il linguaggio del centro descrive le relazioni familiari , la compassione, l’altruismo , la perdita e l’abbandono affettivi, il rapporto spirituale con le anime dei trapassati.

In regressione si può ottenere la liberazione emotiva dal dolore , il perdono ed il raggiungimento dell’ infinita sorgente dell’Amore. Come dice Anodea Judith ,” Il diritto fondamentale del chakra del cuore – amare ed essere amati- è semplice, profondo, diretto”.(2) Stimolando Anahata chakra, si possono ripercorrere le vie dell’amore karmico e l’incantesimo di questa emozione apre il cammino ad una coscienza più ampia. Ancora citando la Judith : “Il blocco più diffuso del chakra del cuore è l’assenza di amore per se stessi”. (3)

Dopo tanti anni di esperienza so quante persone manifestino disamore per se stesse , fino al disprezzo, condizione inibente la possibilità di reperire tale amore all’esterno. Ricordo una regressione di un paziente tradito ed abbandonato dalla sua partner che ripercorse una separazione antica, avvenuta in una precedente vita, nei confronti della stessa donna.

Il suo debito karmico , in entrambe le esistenze era determinato dalla sua radicale distimia che si riproduceva di vita in vita “antidotando” l’amore. Nell’Anahata chakra l’amore duale trascende ed il cuore diviene il Santo Graal , la coppa di Verde Smeraldo e lo spirito partecipa il “senso d’eternità”, come riporta Renè Guenon (4).

Steiner (5) riconosce nel Graal il vero Mistero del Cristo Gesù nel rapporto fra il sangue, Signore della Terra e l’acqua, Madre Virginale, la madre unita al Figlio. La compressione del centro cardiaco porta il sangue ad irrorare gli altri centri ed attiva inspiegabili vie di emozionalità.

Spesso il massaggio del cuore fa prorompere in un pianto liberatorio i pazienti e scorrono lacrime calde, intime da me aiutate a fluire vincendo l’iniziale timidezza.

Riportando ancora il pensiero della Judith :” Entrare nel cuore significa entrare nell’autoriflessione cosciente “ e ancora “l’autoriflessione cosciente ci permette di integrare le nostre parti psichiche, di farle entrare in relazione e di vedere in che modo si pongano in concordanza l’una con l’altra per divenire un’unità”(6).

Anahata parla dell’autocontrollo e della tutela dell’io nei confronti della relazione con l’autorità genitoriale. L’elemento del quarto centro è l’aria ed il timo ne è la radice endocrina , presidio fondamentale per le nostre difese immunitarie. La pressione esercitata sul chakra attiva le risposte immunologiche e di difesa biologica nei confronti delle malattie. L’analisi del terzo centro, Manipura, localizzato nel plesso solare attiva i codici relazionali del nostro ancestrale rapporto con la madre.

Spesso la compressione di questo chakra è dolorosa svelando i conflitti insiti nella relazione materna , l’angoscia di non riuscire a partorire il proprio sé e l’ambivalenza di amore-odio insita nei rapporti karmici di dipendenza.

L’elemento proprio del Manipura è il fuoco e la sua analisi ci riferisce quindi delle tre componenti dell’infiammazione : il calor, il rubor e il dolor.

La radice del centro è il pancreas , ma la destra del Manipura è il fegato , la sinistra la milza e la sottostante l’intestino. E’ un centro fondamentale per diagnosticare nel soggetto la sua rabbia bilio-epatica o la sua splenica difesa psicologica e per comprendere i disordini metabolici ed alimentari.

In trance la pressione del Manipura facilita l’affiorare dei contenuti di regressione e contemporaneamente ne favorisce la detensione e l’apertura.

Partorire il proprio Sé è un evento non raro nel mio studio e sempre commovente. Due giorni or sono ho assistito ad un parto con vere doglie, travaglio ed espulsione di una signora che tra le lacrime di gioia ha partorito se stessa e questa magia è verità del terzo centro.

Il secondo centro o Swadhishthana è la sorgente dell’acqua , dell’istinto creativo e procreativo, della sessualità e dell’amore passionale e dell’unione fisica.

L’acqua deve scorrere e fluire perché rimanga pura e non contaminata e parimenti è essenziale che defluisca liberamente la nostra libido e non ristagni negli acquitrini dei dogmi e dei sensi di colpa.

Ho notato come nel disturbo ossessivo-compulsivo e nei disordini della sessualità , l’obbiettività del secondo centro racconta spesso un’energia vitale coatta ed una tensione dello Swadhishthana chakra.

Le regressioni , stimolando il centro, raccontano il desiderio, la passione , la repressione istintuale fino all’anestesia dello Swadhishthana.

Una paziente educata sotto l’egida di un fervente credo cattolico, dopo aver represso i suoi istinti e le sue emozioni per tutta la vita, mi comunicò che la pressione del secondo centro le produceva una sensazione di freddo in tutto l’addome : la sua acqua si era congelata.

L’armonia della sessualità richiede che vi sia equilibrio tra movimento e flusso, ma anche l’eccessiva dinamicità inaridisce il centro.

Il primo centro , Muladhara, si esprime con parole di sopravvivenza e di paura antica di non essere sorretti ed accuditi dalla Madre primitiva : la terra.

La sua stimolazione nella zona dei surreni svela le radici genealogiche e familiari e ricollega l’individuo alla storia , all’utero ed alla razza.

Occorre ritrovare il nostro sangue per essere stabilmente radicati alla madre terra e da qui iniziare il nostro cammino di consapevolezza.

L’adrenalina prodotta dal surrene è l’ormone della sopravvivenza ed essa grida la sua irruente chimica di salvezza e salvaguardia dell’essere.

E’ un bagliore , un lampo che squarcia il buio mondo della paura renale e manifesta la grande e prioritaria forza dell’esistenza .

Mentre in Manipura si può accedere al “parto del Sé”, come prima accennato, stimolando in trance lo Swadhishthana chakra si possono recuperare le esperienze legate ai traumi della nascita attuale o delle pregresse nascite .

E’ paradossale che in un mondo così tecnologico ed evoluto scientificamente , si disconosca ancora con quanta inconsapevolezza vengono fatti nascere i bambini .

Piccoli, grandi esseri accecati dai neon , traumatizzati da contatti rudi e separati dalla madre senza pietà .

Ricordo un paziente il cui caso compare in Vita nella Vita, il mio primo libro (7), che in trance rivisse il suo parto e l’angoscia di separazione al momento del taglio del cordone ombelicale.

Ogni frase riportata in questo testo deriva dalla mia più che ventennale esperienza di ipnoterapeuta ed è la sintesi del mio quotidiano lavoro.

Considero il linguaggio dei centri un ausilio indispensabile al fine di condurre correttamente un’ ipnosi regressiva.

Le parole dei chakra illuminano la trance lungo sentieri di espressione altrimenti non svelabili ed allora improvvisamente entro l’uomo può comparire la città del cuore.

Angelo Bona

Note:

Judith A., Il libro dei chakra, , Neri Pozza Editore, Vicenza , 1998.
Judith A., Op. cit.
Guenon R., Simboli della scienza sacra, Adelphi Editore, Milano, 1975.
Steiner R., Cristo e il mondo spirituale- La ricerca del Santo Graal , Editrice Antroposofica, Milano.
Judith A., Op. cit.
Bona A., Vita nella Vita, Ipnosi regressiva a vite precedenti, Edizioni Mediterranee, Roma, 2001.

Angelo Bona

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