di Chiara Simonelli
Tratto dal libro : Voci di donne (2002) curato da Bianca Gelli, edito da Manni, Lecce
Sempre Bernard e Schlaffer, le due sociologhe dell’Istituto di ricerche politiche e di studi sui rapporti interpersonali di Vienna, hanno al loro attivo già diverse opere sul rapporto uomo donna. Nel volume Lasciate in pace gli uomini scrivono: ” Andrebbe meglio se gli uomini fossero diversi? Può darsi. Tutti i loro sforzi per cambiare mancano di entusiasmo e la loro disponibilità a investire sui sentimenti non ha nulla di spontaneo. Gli uomini sanno perfettamente che la loro cosiddetta ‘difficoltà di rapporti’ è un metodo infallibile per poter fare i propri comodi.
La impenetrabilità emotiva e la chiusura degli uomini non sono ne’ un errore educativo ne’ un equivoco, bensì un vantaggio di gruppo, vantaggio del quale gli uomini, nessuno escluso, in perfetta solidarietà sanno approfittare perfettamente. L’uomo ha constatato che il suo rifiuto sentimentale costituisce nei confronti della donna uno strumento di potere e un mezzo coercitivo di grande forza.” (p.14)
Si tratta del potere della negazione: il silenzio e la freddezza degli uomini logora le donne. Ogni segno di minima gentilezza viene accolto con entusiastica riconoscenza.
Uomini e donne si sposano per motivi diversi e con aspettative contrastanti. Per lui matrimonio e famiglia occupano un posto relativo nell’esistenza, per lei diventa il discorso centrale: la donna vuole diventare una coppia, creare qualcosa di nuovo insieme al marito, l’uomo vuole rimanere se stesso migliorando la propria posizione attraverso la coppia.
Le sociologhe suggeriscono alle donne di usare di più il raziocinio e di valorizzare di meno gli aspetti viscerali nella scelta del partner: il principe azzurro non esiste, è inutile tentare di cambiare l’uomo e conviene cercarne uno meno violento e arrogante possibile.
Jill Tweedie (1979), nel libro “In the name of love”, citata dalle Autrici nelle conclusioni dice: “L’uomo deve fare in modo che la donna concentri tutta se stessa su di lui.(…) alternando momenti di tenerezza e comprensione a momenti di freddezza e indifferenza. Il suo scopo deve comunque essere quello di suscitare in lei emozioni molto forti e contemporaneamente accrescere la sua dipendenza psicologica. Non importa se queste emozioni nascono dalla paura, dalla delusione, dalla speranza o dalla stanchezza. Questo è un vero e proprio lavaggio del cervello, di cui Shakespeare ci offre una versione classica nella Bisbetica domata.”
Esistono molti luoghi comuni che servono a mantenere, nella coppia, le donne al loro posto: se non si accetta una situazione di sovraccarico, se ci si impegna troppo nel lavoro, se non ci si dedica totalmente al marito e ai figli o alla casa succederanno delle catastrofi. Il marito si troverà un’altra, i figli diventeranno delinquenti o drogati, la casa andrà in rovina! La stessa psicologia, attraverso la ricerca scientifica, l’approccio psicoterapico e la divulgazione, indica sempre o quasi sempre nella madre l’origine e la vera colpevole di ogni nevrosi (Caplan e Caplan, 1999).
Allora, tra colpevolizzazione, solitudine e sovraccarico, molte donne si chiudono in un silenzio rancoroso o si lamentano non riuscendo a farsi ascoltare neanche durante le loro rimostranze. Anzi, venendo colpevolizzate per essere sempre di cattivo umore, emotivamente fragili o, ancora, inutilmente problematiche si confrontano con uomini che, per contro, trovano sempre meno impegnativo un litigio e un silenzio rancoroso piuttosto che una collaborazione spontanea e un confronto alla pari (Benard e Schlaffer, 1989). Le Autrici scrivono: “Non serve a nulla accettare il comportamento sbagliato del partner lasciandolo continuare imperterrito ad agire e sentirsi ogni giorno che passa sempre più insofferente. Lui non ci arriva “da solo”, anche quando la cosa è evidente e visibile a tutti. Restano solo due possibilità: si protesta e lui reagisce in modo costruttivo arrivando ad un compromesso accettabile per entrambi. Oppure lui rifiuta la critica, si irrita e la faccenda si complica a tal punto, da non voler più fare alcun tentativo nei suoi confronti e ci si separa.”(p.75)
Le ricerche sulla soddisfazione relativa al matrimonio indica con precisione la differenza: i mariti sono di gran lunga più soddisfatti delle mogli le quali, coerentemente con questo dato, chiedono più spesso la separazione.
Susan Faludi (1992), sociologa e giornalista americana, critica la pseudo-psicologia e la pseudo-psicoterapia, profondamente legate all’ideologia dominante e colpevolizzanti rispetto alle donne. Ad esempio, attacca il libro di Robin Norwood (1985) “Donne che amano troppo”, 20 milioni di copie vendute che tratta di “androdipendenza”. Il messaggio dell’Autrice ai milioni di donne che subivano maltrattamenti fisici e verbali da parte di mariti e amanti si riduce in maniera astorica ad un invito quasi mistico, suggerendo alle donne di “rinunciare alla pretesa di far andare le cose nel modo che, secondo voi, sarebbe giusto”. L’autoaffermazione sarebbe quasi un difetto caratteriale… Il libro si domanda perché tante donne scelgano uomini violenti, assenti, rozzi etc. ma non rovescia mai la domanda: perché esistono tanti uomini così fatti, perché quando si sceglie il panorama maschile è nell’insieme così deprimente? Questa colpevolizzazione miope delle donne è un’operazione che la nuova psicologia divulgativa sta facendo a tappeto negli ultimi anni.
Il diritto di essere trattata con rispetto, ascoltata e presa sul serio, affermato nel 1975 nella Carta dei diritti di ogni donna da The New Assertive Woman, è stato sostituito, negli anni più recenti dall’invito a smettere di sfidare le barriere sociali e a tenere per se’ i propri pensieri e problemi, adattandosi al modello dominante. La stessa cosa era avvenuta nel dopoguerra quando, nel più popolare manuale di quei tempi Modern Women: the Lost Sex, Marynia Farnham e Ferdinand Lundberg suggerivano che lo stato finanziasse la psicoterapia per aiutare le donne a sposarsi: tutte le donne erano diagnosticate come nevrotiche e il matrimonio avrebbe potuto migliorarne le condizioni psichiche. La stessa tesi, nel 1988 viene sostenuta da Susan Page nel libro “Se sono così eccezionale, perché sono ancora single?” in cui si dice che lo stato di single per una donna è piuttosto deprimente anche in funzione della crescente misoginia con cui le single devono fare i conti. La cura è ovviamente il matrimonio.
Ma, come si suol dire, il peggio non è mai morto: Ellen Fein, psicologa sociale e Sherrie Schneider, giornalista, hanno ottenuto un enorme successo con Le regole (1995) e Le regole2 (1997) un desolante invito alla furbizia e alle strategie dove si enfatizza la differenza di genere. Solo un paio di esempi: regola numero 5 “Non telefonategli e richiamatelo solo di rado.Solo così non perderà il bisogno di cercarvi” e regola numero 15 “Non precipitatevi a letto con lui! Solo così non vi darà per scontate”. L’operazione è come al solito mirata a trovare marito!
Due bestseller dei tardi anni ’80 “Donne Intelligenti scelte stupide” e “Le donne che gli uomini amano, le donne che gli uomini lasciano” di Cowan e Kinder, affermano che le donne si sono lasciate sommergere da una marea crescente di insoddisfazione nei confronti degli uomini e molte sono deluse da loro. Gli Autori non si preoccupano di analizzare quali comportamenti maschili stanno alla base di queste delusioni, ne’ di come questi comportamenti che generano sofferenza potrebbero essere cambiati.
Al contrario, giungono alla conclusione che gli uomini sono perfettamente a posto e che la delusione delle donne sia totalmente auto-indotta. Non sono gli uomini ad essere inadeguati -scrivoni i due Autori.- sono le donne a nutrire aspettative distorte e a mostrarsi ipercritiche nei loro confronti. Tutto si risolverebbe se le donne imparassero a capire veramente gli uomini e il loro bisogno di dominio e successo professionale. La diagnosi di androfobia fu coniata così per le “disadattate”, influenzate dal femminismo che, invece di rassegnarsi e fare una bella psicoterapia alla ricerca delle proprie “colpe”, continuavano a impegnarsi in un confronto per il cambiamento.
Warren Farrell, negli anni ’70, aveva scritto The Liberated Man uno dei testi femministi più acclamati tra quelli scritti da un uomo. In maniera intelligente sosteneva che il femminismo avrebbe liberato anche l’uomo: dal fardello economico di mantenere la famiglia da soli, dallo stress psicofisico di dimostrare in ogni momento la propria mascolinità e di reprimere le emozioni. Un bambino che non impara a fare a pugni per dimostrare la propria virilità è psicologicamente libero di sottrarsi a una rissa, scrisse Farrell nel 1971 in un editoriale del New York Times.
La verità è che gli uomini non sono molto soddisfatti del mondo che hanno creato – scrisse Michael Korda nel 1973 in Male Chauvinism.
Nessuno dei due sessi trae vantaggio dal tradizionale ideale maschile della competitività ossessiva – suggerì Marc Feigen Fasteau in The Male Machine del 1974 – non solo è negativo per le donne, ma limita gli uomini in modo malsano a una modalità ristretta nei contatti umani.
Quando il femminismo venne a noia ai mass media, anche l’entusiasmo di Farrell precipitò e scrisse “Perchè gli uomini sono come sono” (1986) organizzando laboratori di rieducazione femminile, dei corsi che insegnassero alle donne come ascoltare le lamentele degli uomini. Farrell rovescia il ritratto femminista e dipinge un mondo in cui le donne esercitano pressioni enormi su gli uomini ridotti a schiavi, le donne di potere- afferma- usano i dattilografi per l’avventura di una notte e si sottraggono ad un rapporto duraturo. La minaccia viene identificata nella virago, indipendente che ha fatto carriera e rinnegano ogni devozione nei confronti del maschio. In un matrimonio il successo professionale della moglie e il fallimento sono un tutt’uno.
Per certi versi simile alla proposta della Norwood alle donne è quella di Robert Bly agli uomini esposta nel libro (e nei gruppi di autocoscienza maschile seguitissimi negli USA) “Per diventare uomini”, nel 1992. Poeta e scrittore, Bly suggerisce la riscoperta dell’uomo selvatico che è dentro ogni maschio per evitare il fenomeno del “maschio tenero”, prodotto dai cambiamenti degli anni settanta, un maschio premuroso e gentile, un caro ragazzo che accontenta non solo la mamma ma anche la giovane compagna con cui sceglie di vivere. Scarsamente vitale si accoppia con donne forti e decise. Ciò non va. Nei weekend Bly farà rivivere agli uomini le leggende antiche e gli uomini, vecchi e giovani battono i tamburi piangendo i padri che non hanno mai conosciuto. Sorprendentemente il sesso e le donne non sono un argomento importante per l’Uomo Nuovo che è, al contrario, infinitamente più affascinato da se stesso che dalle donne. In effetti, l’unico argomento interessante negli incontri sembra essere il potere e la paura del magnetismo femminile, rifarsi all’archetipo del guerriero, ritrovare grinta e mandare al diavolo le donne.
Tra le tante donne che si sono occupate di identità di genere e di coppia mi piace segnalare anche Nancy Chodorow (1995), psicoanalista e insegnante di sociologia a Berkley. L’Autrice afferma che il concetto di eterosessualità non va inteso come presupposto biologico-normativo ma è una costruzione, frutto dell’interazione di molti fattori.
L’eterosessualità contiene una sperequazione di potere. Anche Ethel Person, un’analista femminista, in Dreams of Love, lascia intendere che una certa differenza di potere nell’amore sia ineliminabile: finché le donne aneleranno all’amore e gli uomini ne avranno paura, l’eterosessualità normale tenderà a includere la sottomissione femminile e la dominanza maschile. Le donne erotizzano il rapporto con uomini investiti di autorità e cercano la protezione del potere, mentre gli uomini scindono sesso e dipendenza e hanno bisogno della sicurezza che gli viene dall’avere in partenza più potere. Le donne sono a proprio agio con l’aspetto di reciprocità, oltre che di resa, implicito nell’amore, mentre gli uomini tendono a interpretare la reciprocità come dipendenza e se ne difendono separando il sesso dall’amore o, in alternativa, cercando di dominare la persona amata.
Susan Contratto che ha osservato la funzione paterna nello sviluppo delle bambine, precisa: “Il potere ha un genere: il potere carismatico, eccitante, visibile, che conferisce privilegi, è maschile. Il potere materno caratterizzato da affidabilità, cura per la vita e capacità di consolare e accogliere è femminile.” Quindi la sessualità delle madri tende a non essere vista.
Prof. Chiara Simonelli
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Chiara Simonelli è Professore associato presso la Facoltà di Psicologia 1 dell’Università “La Sapienza” di Roma, è docente di Psicologia dello sviluppo sessuale e affettivo nell’arco di vita e di Psicologia e psicopatologia dello sviluppo sessuale.