Innamorarsi del/della Terapeuta

Innamorarsi del/della Terapeuta

INNAMORARSI DEL/DELLA TERAPEUTA

Saluto del CIS - Dr. Walter La Gatta

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 Innamorarsi del proprio o della propria terapeuta è un’esperienza più comune di quanto si pensi. Spesso genera confusione, imbarazzo o senso di colpa in chi la vive, ma è importante riconoscere che si tratta di una dinamica psicologica comprensibile, che ha radici nel funzionamento stesso della relazione terapeutica. Comprendere il “perché” succede, “come affrontarlo” e “in che modo gestirlo in modo costruttivo” può trasformare questa esperienza in un’occasione preziosa per la crescita personale. Cerchiamo di saperne di più.

Perché ci si innamora del/la terapeuta?

La relazione terapeutica è una delle più intime e protette che si possano vivere. Si tratta di un legame basato sull’ascolto, sulla cura e sull’assenza di giudizio, in cui il/la terapeuta si mostra disponibile, presente e comprensivo/a. In un contesto così particolare, è normale che si attivino forti emozioni. Dal punto di vista psicologico, questo fenomeno è noto come “transfert“.

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Cosa è il transfert?

Il transfert si ha quando il/la paziente può proiettare sul/la terapeuta emozioni, desideri o bisogni affettivi che originano da relazioni passate, spesso con figure genitoriali o altre persone significative. Il transfert può assumere diverse forme, tra cui anche l’innamoramento.

Non si tratta di un “vero amore” in senso relazionale, ma di un investimento emotivo che riflette bisogni profondi, talvolta inconsapevoli. La figura del/della terapeuta, proprio per il suo ruolo di contenimento, affidabilità e cura, può attivare desideri di fusione, idealizzazione e dipendenza affettiva.

Chi ha parlato per primo di transfert?

Freud conosceva bene questo problema, per averlo vissuto indirettamente attraverso l’esperienza di Breuer con Anna O. , oltre che su se stesso: ritenne tuttavia che questi sentimenti di traslazione (come definì il transfert in altri scritti) dovessero essere considerati come ulteriori dati scientifici forniti dai pazienti, che andavano integrati e capiti dal terapeuta, allo scopo di facilitare il processo di guarigione del paziente.

Per Freud infatti, il transfert era un processo che permetteva al paziente di rivivere, e di far rivivere, antichi sentimenti sessualizzati, associati con la nevrosi originaria. In un certo senso essi funzionavano come una resistenza, dal momento che, durante l’analisi, questi prendevano il posto dei precedenti sintomi nevrotici, in una forma nuova e mascherata della nevrosi originaria.

Non sempre i sentimenti provati dal paziente nei confronti dell’analista sono di tipo romantico: spesso possono ricordare la relazione padre-figlio (o madre-figlia), dove il terapeuta assume un ruolo genitoriale nella mente del paziente, con il/la quale rivivere il rapporto, più o meno traumatico, dell’infanzia e dell’adolescenza.

L’innamoramento per il/la terapeuta è una costante in terapia?

L’innamoramento verso il terapeuta rappresenta un possibile “effetto collaterale” della psicoterapia, anche se non succede a tutti ed in tutte le situazioni terapeutiche.

Erich Fromm riteneva normale che, di fronte alle difficoltà date da un cammino di individuazione, l’essere umano potesse sentirsi attratto da una figura “onnipotente” come quella del terapeuta, cui affidarsi e perfino sottomettersi. Analizzare il transfert di un paziente, disse Fromm, può essere dunque utile per osservare al microscopio il rapporto che il paziente ha con il mondo.

Cosa è il controtransfert?

Il controtransfert è un concetto della psicoanalisi e della psicoterapia che indica l’insieme delle reazioni emotive, inconsce e consce, che il/la terapeuta sviluppa nei confronti del/la paziente nel corso del percorso terapeutico

Secondo Freud, il contro-transfert costituisce un elemento di grave ostacolo al progredire della terapia, in quanto invalida quell’atteggiamento di impassibilità e di distacco emotivo espresso attraverso la regola dello specchio:

“Il medico deve essere opaco per l’analizzato e, come una lastra di specchio, mostrargli soltanto quello che gli viene mostrato”

Cosa può fare un terapeuta che sente di provare amore per un/una paziente?

Ovviamente il terapeuta non dovrebbe mai, per nessuna ragione, mostrare di ricambiare i sentimenti del/della paziente: questa sarebbe una grave violazione della relazione terapeutica, professionale ed etica.

Dr. Walter La Gatta

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Come diceva Freud: “non siamo lungi dal pretendere che il medico debba riconoscere in sé questa contro-traslazione e padroneggiarla” (vedi S. Freud, Tecnica della Psicoanalisi 1911-1912 in Opere, Boringhieri).

Cosa ne pensava Jung?

Jung riteneva ineliminabile il controtransfert: esso, diceva lo psicoanalista svizzero, non andrebbe respinto, ma accolto e controllato. Nella relazione terapeuta-paziente c’è una reciprocità trasformativa che conferisce alla relazione l’aspetto dinamico che le è proprio: in azione non c’è solo l’Io dell’analista, ma anche l’inconscio dell’analista e l’inconscio del paziente, la cui comunicazione costituisce l’elemento più autenticamente analitico. (Non a caso Jung si invischiò più volte in tormentate relazioni con molte sue pazienti. Vedi il caso di Sabina Spielrein).

Cosa prevede il codice deontologico?

Di parere opposto a quello di Jung è il Codice deontologico degli psicologi italiani (che ricalca in proposito quello americano ) attraverso l’Art. 28:

Articolo 28

Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione.

Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale.

Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale

A
llo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito.

Lo psicologo non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale.

IPNOSI CLINICA: una intervista al Dr. Walter La Gatta

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Come riconoscere l’innamoramento in terapia?

Alcuni segnali che possono indicare un coinvolgimento amoroso verso il/la terapeuta sono i seguenti:

– Pensieri persistenti sul/sulla terapeuta al di fuori delle sedute
– Desiderio di piacergli/le o compiacerlo/a
– Gelosia all’idea che possa avere altri pazienti
– Tendenza a idealizzarlo/a, percependolo/a come perfetto/a 
– Difficoltà a parlare apertamente di questi sentimenti in seduta

È importante distinguere tra una normale gratitudine o stima nei confronti del/la terapeuta e un coinvolgimento affettivo più intenso, che può interferire con il processo terapeutico.

Cosa fare se ci si innamora del/la terapeuta?

Il primo passo è non colpevolizzarsi. Provare emozioni forti in terapia è parte del lavoro psicologico e può essere un segnale di apertura emotiva.

Il secondo passo è parlarne apertamente durante le sedute, anche se può sembrare imbarazzante. Un/a terapeuta preparato/a sarà in grado di accogliere questi sentimenti con professionalità, aiutando a esplorarne il significato.

Affrontare l’innamoramento in terapia permette di:

– Comprendere i propri bisogni affettivi e relazionali
– Analizzare le dinamiche di idealizzazione e dipendenza 
– Riconoscere modelli relazionali appresi nel passato
– Rafforzare la consapevolezza di sé e delle proprie emozioni

In alcuni casi, se il transfert amoroso diventa molto intenso o rischia di compromettere la terapia, si può valutare, insieme al/la terapeuta, l’eventualità di un invio ad altro/a professionista. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, affrontare direttamente la questione diventa parte integrante del processo di cura.

CITTA' DI RICEVIMENTO - COSTI

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Come prevenire (o meglio: gestire) questa dinamica?

 Non è possibile “prevenire” del tutto l’innamoramento in terapia, perché le emozioni non sono sotto il nostro controllo razionale. Tuttavia, ci sono alcune modalità che possono aiutare a gestire consapevolmente questa possibilità:

– Avere un contratto terapeutico chiaro, che definisca il setting e i limiti della relazione
– Coltivare altri legami affettivi e significativi nella propria vita 
– Dare spazio a pensieri e riflessioni critiche rispetto all’idealizzazione del/la terapeuta 
– Concedersi di esplorare le emozioni, senza giudicarle ma anche senza agire impulsivamente

Se proprio si vuole evitare che succeda questo, in ogni caso, è bene scegliere un/una terapeuta del proprio sesso se si è eterosessuali e dell’altro sesso se si è omosessuali.

Cosa succede quando si provano forti dubbi sull’interesse che il/la terapeuta potrebbe avere nei propri confronti?

Se si nutrono dubbi sul comportamento del terapeuta e ci si sente turbati, occorre tener conto di questi punti:

  • Spetta soprattutto al/alla terapeuta, che conosce bene questi meccanismi, mantenere la giusta distanza. 

  • Se il/la terapeuta fa delle avances, avendo capito la vulnerabilità del/della paziente, occorre interrompere subito la terapia e denunciare l’accaduto all’Ordine degli Psicologi.
  • Abbracciare e baciare il/la paziente non fa assolutamente parte di un metodo psicoterapeutico riconosciuto.

Dr, Walter La Gatta

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Uso dei social media da parte degli psicoterapeuti

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Articolo datato

Lasciamo online questi articoli ormai obsoleti sulle nuove tecnologie, per permettere lo studio dell’evoluzione dei Social.

Il miglioramento della tecnologia wireless e le capacità in evoluzione di Internet hanno avuto un impatto molto forte sul modo in cui ci si scambiano informazioni, sia private che pubbliche (Boyd, 2007; Zur, 2008). Uno dei cambiamenti più notevoli è la nascita di siti di social networking, che diventano sempre più popolari nel mondo (esempio: Facebook, Linkedin, Twitter, Instagram, ecc.)

Ellison, Steinfeld, e Lampe (2006) descrivono le reti sociali online come spazi in cui gli individui possono presentarsi e stabilire o mantenere interazioni con altri individui. Questi siti permettono ai membri di pubblicare informazioni personali, di condividere immagini, e di connettersi con altri utenti con interessi simili.

La condivisione di molte informazioni online tuttavia ha spesso degli effetti negativi e i professionisti non sono immuni dai possibili danni che possono derivarne, quando questi social vengono usati in modo irresponsabile.

L’uso irresponsabile della rete ha prodotto infatti preoccupazioni etiche e professionali per quanto riguarda la professione degli psicologi (Boyd, 2007), ma altre ricerche si sono occupate dei medesimi problemi anche per quanto riguarda altre professioni sanitarie, come per gli infermieri, i medici, i farmacisti (Cain, 2008; Cain, Scott, e Akers, 2009; Guseh, Brendel, & Brendel, 2009; McBride & Cohen, 2009; Witt, 2009).

L’uso dei social media non è spesso contemplato nei codici etici delle varie associazioni di psicologia nel mondo e per questo vari autori hanno tentato di analizzare la problematica, al fine di permettere di costruire delle linee guida, cui altri si possano ispirare.

In genere i codici deontologici invitano i terapeuti a non fornire informazioni al paziente sulla propria vita privata. Tuttavia, a causa dell’uso attualmente prevalente delle reti sociali online, vanno prese in considerazione anche le auto-rivelazioni che possono essere fatte non direttamente, ma via Web (Zur, 2008).

PER APPUNTAMENTI
Telefona o usa Whatsapp
347 0375949

Poiché le reti sociali online sono essenzialmente dei forum attraverso i quali poter trasmettere informazioni personali, l’utilizzo di questi siti aumenta la probabilità che i terapeuti facciano rivelazioni involontarie. Utilizzando le risorse online che sono ormai comuni nella maggior parte delle famiglie, i pazienti sono ora in grado di trovare molte informazioni sui loro terapeuti (Zur, 2008;. Zur et al, 2009), il che in genere non è auspicabile.

Nella maggior parte dei casi le ricerche online del paziente non hanno altro obiettivo che quello di soddisfare alcune comprensibili curiosità, ma non va sottovalutato il potenziale uso malevolo dei social media da parte del paziente, che ad esempio può richiedere l’amicizia online al proprio terapeuta utilizzando uno pseudonimo (Zur et al., 2009).

I pazienti molto curiosi e invadenti possono aderire ai social network sotto falso nome, chiedendo l’amicizia con il professionista, e venendo a conoscenza di molte informazioni personali e private che lo riguardano, all’insaputa del terapeuta (Zur et al., 2009).

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Luo (2009), che ha studiato la cosa dal punto di vista psichiatrico, è dell’opinione che queste auto-comunicazioni fatte dai terapeuti on-line abbiano anche il potenziale di danneggiare i pazienti stessi, in quanto compromettono la relazione terapeutica, impedendo il necessario transfert.

Questo problema moderno ribadisce la necessità di una consapevolezza da parte del terapeuta, che non può fingere di non sapere che tutti i messaggi on-line possono essere visualizzati da tutti, ivi inclusi i propri pazienti e le loro famiglie, e che tali messaggi possono rimanere online, in una qualche forma, per sempre (Hoser & Nitschke, 2010; Zur et al, 2009), in quanto è tutt’altro che facile cancellarli.

Un consiglio utile che viene dato a questo proposito è quello di cercare periodicamente il proprio nome su Google, per capire quali informazioni vi sono associate (Taylor, McMinn, Bufford, & Chang, 2010; Zur, 2008; Zur et al., 2009).

Inoltre, Taylor et al. (2010) suggeriscono che i terapeuti stabiliscano delle strategie di comportamento online facendo anche degli auto-monitoraggi. Questi autori affermano che l’intenzionalità debba essere considerata il migliore metodo che i terapeuti hanno a disposizione per proteggere se stessi e i loro pazienti dai danni che possono derivare dalle informazioni messe on-line. In altre parole, tutti i messaggi postati dovrebbero essere intenzionali e in linea con i comportamenti che richiede la professione.

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Infatti, durante una seduta psicologica è ovvio che i terapeuti ascoltino i pazienti, li sostengano, mostrando empatia e apertura mentale (Neukrug & Schwitzer, 2006) ma non è scontato che, al di fuori della seduta, nella vita privata, i professionisti dimostrino atteggiamenti o comportamenti in linea con questi standard.

Ad esempio, i professionisti possono, nella loro vita personale, usare ironia, sarcasmo, avere il gusto della battuta spinta, esprimere idee politiche, o addirittura coltivare pregiudizi (Neukrug & Schwitzer, 2006).

Se questi comportamenti della vita privata diventano pubblici, questo va in primis ad influire sulla credibilità professionale. Da ciò ne consegue che se i consulenti si impegnano in un comportamento simile nel contesto di un social network on-line, le conseguenze negative non si limitano ai membri della propria comunità, ma vengono allargate al vasto numero degli utenti di Internet.

La preoccupazione circa l’uso inappropriato dei social media riguarda anche il mondo accademico (Cain, 2008), della salute (McBride & Cohen, 2009; Witt, 2009), della farmacia (Cain et al., 2009). Questi autori condividono la comune convinzione che la mancanza di professionalità nel social networking online possa avere effetti deleteri significativi sulla carriera di un professionista.

Cain et al. (2009) ricorda che l’ “e-professionalism”, comporti la tutela della propria immagine professionale, la quale può essere gravemente compromessa dall’espressione di opinioni e commenti inopportuni, oppure per l’adesione a dei gruppi sociali di scarsa affidabilità sociale.
I professionisti infatti dovrebbero tenere conto non semplicemente del loro comportamento sul posto di lavoro, ma anche dal comportamento e dei valori che dimostrano di avere nella loro vita personale.

Anche se si partecipa ai social media online si fa in primo luogo per motivi personali e di intrattenimento, è bene sapere che ormai molti datori di lavoro usano le informazioni pubblicate on-line per esprimere valutazioni di natura professionale (Cain et al., 2009; Witt, 2009).

Lehavot, Barnett, e Powers (2010) raccomandano dunque la consapevolezza, in modo da non intraprendere mai azioni online che possano superare il confine professionale.

Poiché i terapeuti sono al corrente di molte informazioni intime che riguardano i loro pazienti, essi devono rispettare complessi obblighi etici per mantenere queste informazioni riservate (Corey et al., 2011). La necessità dei professionisti di onorare e mantenere la riservatezza nella loro pratica clinica si basa su principi che riflettono il fondamento stesso della professione (Schulz, Sheppard, Lehr, e Shepard, 2006).

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Oltre che a non rivelare informazioni su di se i terapeuti dovrebbero fare attenzione a non rivelare informazioni di cui sono venuti a conoscenza nella loro professione. McBride e Cohen (2009) citano a questo proposito un caso che ha avuto luogo nel Wisconsin, dove due infermiere hanno pubblicato la foto di una lastra a raggi x di un loro paziente su Facebook. L’atto di pubblicazione di informazioni riservate, anche quando i nomi non vengono citati, può portare notevoli problemi e questo è comune per tutte le professioni di aiuto (McBride & Cohen, 2009; Witt, 2009), dal momento che è possibile identificare i pazienti basandosi sulle sole descrizioni della malattia, dell’ospedale in cui questi pazienti sono curati, o altre informazioni (Witt, 2009). Nel caso sopra descritto, è stata sporta denuncia all’FBI per valutare l’eventuale violazione dell’ Health Insurance Portability e Accountability Act (HIPAA).

Anche da parte dei pazienti occorrerebbe osservare dei limiti ed evitare di chiedere o pretendere informazioni da parte del terapeuta. Peraltro, una falsa “amicizia” su Facebook può portare una persona depressa ed isolata a sopravvalutare l’ “amicizia” online con il proprio terapeuta,  e desiderando che la loro relazione diventi più profonda. Questo può avvenire ovviamente anche al di fuori del mondo di Internet, ma è intuibile che l’uso del social può distorcere più facilmente le percezioni.

L’atto di accettazione di una richiesta di amicizia on-line da parte di un paziente può essere recepito dal paziente come un invito ad entrare nella vita personale del terapeuta e nel regno delle sue molteplici relazioni. Witt (2009) mette in guardia gli operatori sanitari contro questi comportamenti: accettare di essere “amici” nel mondo online, infatti porta facilmente una confusione tra ruoli personali e professionali (Witt, 2009).

Come suggerito da Younggren e Gottlieb (2004) e delineato da Corey et al. (2011), le domande da farsi sono le seguenti:
• Sto entrando in un rapporto che si aggiunge a quello professionale e lo reputo necessario,
o potrei evitarlo?
• Questo rapporto aggiuntivo può causare danno al mio paziente?
• Esiste il rischio che questo rapporto disturbi la relazione terapeutica?
• Riesco a valutare oggettivamente questo problema? (Corey et al., 2011)

Nella maggior parte dei casi, entrare in rapporto online con un paziente è sia inutile che evitabile.
L’unico motivo per cui la relazione terapeutica potrebbe beneficiarne è se il terapeuta sentisse il bisogno di offrire una comprensione al suo paziente delle sue limitazioni personali e professionali.

Qualora si decidesse di aprire un profilo sui social media è dunque importante conoscere e impostare bene le impostazioni sulla privacy. Facebook, ad esempio, consente agli utenti di regolare chi può (a) consultare il profilo, (b) chi può entrare in contatto ed ottenere le informazioni, (c) chi può ricercare il proprio profilo utilizzando Facebook o altri motori di ricerca  (d), con chi si può interagire su Facebook. Le impostazioni sulla privacy vanno sempre impostate al massimo livello consentito.

Psicolinea Facebook

Occorre poi avere la consapevolezza che Facebook è di natura pubblica e che le proprie dichiarazioni devono essere fatte solo se e quando sono accettabili anche per la persona più scomoda che si conosce nella propria comunità (prima di scrivere si dovrebbe immaginare che a leggere lo scritto sia il proprio capo, il proprio formatore, uno dei pazienti più difficili e le loro famiglie, ecc.)  Come scritto in letteratura, è importante ricordarsi di “pensare prima di postare” (Witt, 2009) evitando così la condivisione delle informazioni con i pazienti della propria vita di tutti i giorni.

Se un paziente chiede l’ “amicizia” va dunque chiaramente spiegato che non si possono accettare questi inviti, anche per rispetto del proprio paziente, il quale ricava dei benefici dall’astensione del terapeuta alla partecipazione delle relazioni online (Corey et al., 2011).

Una potenziale alternativa per i terapeuti è quella di creare profili online appositamente costruiti per l’utilizzo professionale. includendovi solo le informazioni rilevanti per la pratica professionale nei propri profili, evitando il rilascio di informazioni non intenzionali e mantenendo i contatti con i pazienti
sul piano strettamente professionale.

Riconoscendo i vantaggi e gli svantaggi dell’utilizzo delle reti sociali online, i terapeuti possono creare un giusto equilibrio fra vita professionale e vita personale.

Dr. Giuliana Proietti

Relazione sull'Innamoramento - Festival della Coppia 2023

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Fonte: William Bratt, Ethical Considerations of Social Networking for Counsellors, Canadian Journal of Counselling and Psychotherapy /  ISSN 0826-3893 Vol. 44 No. 4 2010

Immagine:
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La terapia psicodinamica

La terapia psicodinamica: saperne di più

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Saluto del CIS - Dr. Walter La Gatta

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Che cos’è la psicoterapia psicodinamica individuale?

È una terapia basata sulla parola che aiuta a identificare, esplorare e affrontare le difficoltà emotive e i disturbi psicologici, con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza e migliorare la capacità di compiere scelte più efficaci.

Su cosa si concentra la psicoterapia psicodinamica?

Si concentra sulle influenze psicologiche che condizionano comportamenti, emozioni e relazioni, e sul modo in cui queste possono essere collegate a esperienze passate, anche non consapevoli.

Come vengono interpretati i problemi emotivi nella psicoterapia psicodinamica?

I problemi sono visti come il risultato di legami tra esperienze passate e presenti e dei sentimenti intensi, spesso inconsci, ad essi associati.

Qual è l’obiettivo principale della psicoterapia psicodinamica?

L’obiettivo è aumentare la consapevolezza dei sentimenti profondi e inconsci, per poterli comprendere e integrarli in modo più adattivo nella vita quotidiana.

Dr. Walter La Gatta

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In che modo il passato può influenzare il presente secondo questo approccio?

Esperienze infantili dolorose, come una perdita o un trauma, possono influenzare il modo in cui si reagisce a eventi simili nel presente, anche se non se ne è pienamente consapevoli.

Perché è importante riconoscere i propri schemi emotivi e relazionali?

Riconoscerli permette di migliorare l’immagine di sé e il modo in cui ci si relaziona agli altri, favorendo una maggiore comprensione e libertà personale.

Per quali motivi si può intraprendere una psicoterapia psicodinamica?

La terapia può essere utile in presenza di depressione, ansia, difficoltà relazionali, bassa autostima, comportamenti autodistruttivi o esperienze traumatiche.

Cosa offre questo tipo di psicoterapia rispetto ad altri interventi?

Offre la possibilità di comprendere in profondità le cause psicologiche alla base del malessere, piuttosto che concentrarsi solo sulla gestione dei sintomi.

IPNOSI CLINICA: una intervista al Dr. Walter La Gatta

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Quali caratteristiche richiede questo percorso terapeutico?

Richiede impegno, costanza e la disponibilità ad affrontare aspetti di sé dolorosi o difficili da accettare.

Come si svolgono le sedute?

Le sedute non seguono uno schema prestabilito. Si viene invitati a parlare liberamente di ciò che viene in mente, anche se sembra irrilevante.

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Che ruolo ha il terapeuta durante gli incontri?

Il terapeuta assume un ruolo riflessivo e di supporto: ascolta, chiarisce e talvolta propone interpretazioni, ma non dà consigli o soluzioni dirette.

Su quali temi si lavora nel percorso terapeutico?

Si esplorano emozioni, pensieri e comportamenti attuali, cercando di comprenderne le radici nel passato, analizzando schemi ricorrenti e blocchi emotivi.

Cosa succede se emergono emozioni forti nei confronti del terapeuta?

Si viene incoraggiati a parlarne apertamente, in quanto questi sentimenti possono offrire informazioni importanti su relazioni e dinamiche affettive profonde.

È normale provare disagio durante questo tipo di terapia?

Sì. Affrontare ricordi e emozioni dolorose può suscitare reazioni intense, ma è parte integrante del processo terapeutico.

Una intervista sulla Eiaculazione Precoce

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Cosa ci si può aspettare dopo le sedute?

È possibile provare forti emozioni o disagio. È importante condividere queste esperienze con il/la terapeuta per integrarle nel lavoro terapeutico.

Come si conclude una psicoterapia psicodinamica?

La conclusione è pianificata con attenzione. Riflettere sul termine del percorso e sulle emozioni che comporta è parte essenziale del processo terapeutico.

Dr. Walter La Gatta

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Contro la psicoterapia ignorante: intervista a Paolo Crepet

Contro la psicoterapia ignorante: intervista a Paolo Crepet

Contro la psicoterapia ignorante: intervista a Paolo Crepet

Le interviste

 

Quella che segue è una intervista di Giuliana Proietti a Paolo Crepet.

GP A 150 anni dalla nascita di Freud, con l’affermazione delle neuroscienze e il rafforzamento del filone organicista della psichiatria e degli psicofarmaci, cosa rimane, secondo lei, della psicoanalisi? E’ stata solo una grande illusione?

PC Nooo. La psicoanalisi era ed è un grande strumento conoscitivo dell’uomo: in questo non è stata superata dalla psicofarmacologia o dalla biologia. Certo, se si pensava che la psicoanalisi potesse essere la soluzione a tutti i problemi dell’umanità, questo è ovvio che non è. E’ una chiave culturale, è una chiave di ricerca.

GP Lei è stato allievo e collaboratore di Franco Basaglia: dopo anni di applicazione e ormai fuori dagli echi del ’68, come giudica la famosa 180? In che cosa la cambierebbe per renderla migliore?

PC Ma, guardi, la 180 non è frutto della cultura del ’68. E’ stata una grande stagione, operativa, scientifica, ma la 180 ha radici molto più complesse rispetto al ’68. Come la cambierei? Ma, semplicemente, come è sempre stato detto, applicandola, analizzando ciò che oggi manca, per esempio le strutture intermedie.

GP Il suicidio rappresenta oggi la terza causa di morte per gli adolescenti: quali sono i motivi, secondo lei e cosa si potrebbe fare per diminuire l’entità del problema?

PC Il suicidio è un problema individuale, per cui non possiamo dire teoricamente che cosa bisogna fare… perché un ragazzo… Perché è Antonio, piuttosto che Laura che si suicida, quindi dobbiamo occuparci della loro vita. Che cosa si potrebbe fare? Bè, cambiare la scuola, perché la scuola è un grande luogo di ascolto di un adolescente. Se il ragazzo si sentisse più partecipe, più ascoltato, sarebbe meglio.

GP Con i telefonini in mano, di nuova generazione, i nostri ragazzi stanno diventando sempre di più produttori e spacciatori di pornografia, anche attraverso atti di bullismo sulle vittime. Il problema, rispetto alle generazioni passate, è nei giovani stessi o nelle nuove tecnologie, che spingono a questi comportamenti?

PC No, ogni volta la tecnologia porta ad un eccesso, esattamente come la libertà. Quando uno scopre la libertà di solito fa subito una sciocchezza, perché ne abusa.

GP Potrebbe essere un’idea, secondo lei, consigliare ai genitori di pretendere che i loro figli, almeno fino ai 16 anni, abbiano solo dei telefonini di modello-base?

PC No, non ho mai pensato che la repressione possa essere utile. Adesso si sfogano a fare video. tra un anno non ce ne accorgeremo neanche più. Diventerà come il frigorifero, il tostapane. Ora, chiaro, c’è la novità, per cui è chiaro che i ragazzi che hanno più in mano questa novità rispetto agli adulti, tendono ad usarla, come sempre fanno i ragazzi. Quando uno scopre il calcio, gioca tutti i giorni: sei mesi dopo si stufa…

Una lezione divulgativa su Freud e il suo libro "Totem e Tabù"

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GP Lei ritiene la scrittura ‘una grande possibilità di comunicare, che fa sentire più liberi e privilegiati’ : cosa pensa del mondo dei Blog?

PC Il mondo dei Blog è interessante: anche lì è una liberta, nel senso che io scrivo, posso scrivere una bestemmia, una frase ingiuriosa, tanto c’è un anonimato che mi protegge.. Il Blog è fatto da persone assolutamente anonime, in gran parte, per cui è una forma di scrittura. Da questo a dire che è una forma letteraria ci penserei un attimo… Questo lo dice D’Agostino, ma io non lo penso.

GP Cosa pensa delle psicoterapie condotte on line? Potranno, in futuro, sostituire il tradizionale incontro faccia-a-faccia con il terapeuta, secondo lei?

PC No, le terapie on line sono molto utili e saranno sviluppate sicuramente in futuro perché uno può anche vedere in faccia il paziente ed il paziente vedere in faccia il terapeuta. Se questo potesse portare ad un abbassamento dei costi della psicoterapia, credo che saremmo tutti contenti, perché mi pare anche giusto che anche chi non se lo può permettere possa usufruirne. Da questo a dire che sostituirà totalmente la psicoterapia tradizionale mi sembra una cosa eccessiva.

GP Essendo lei uno psichiatra-psicoterapeuta, si sente più vicino al mondo ‘medico’ o ‘psicologico’ ? E’ soddisfatto di come è gestita e regolata la psicoterapia in Italia? C’è qualcosa che cambierebbe?

PC Ma guardi, io mi sento me stesso, quindi non… Medico, sono medico, psicoterapeuta, sono psicoterapeuta, sociologo (sono laureato in sociologia). Queste sono le cose della mia vita. Non mi sento
di appartenere ad una categoria piuttosto che ad un’altra. Che cosa cambierei della psicoterapia?
Bè, nel mondo della psicoterapia ci sono tanti cialtroni che si improvvisano e fanno un gran male, soprattutto alle persone che pensano che la psicoterapia sia un modo per cambiar la testa ai pazienti. Questo è il delitto più grosso ed anche il pericolo. Io vedo anche persone che sono totalmente in balìa di quel che dice uno psicoterapeuta e questo è un potere che uno psicoterapeuta non può e non deve avere.

GP Che ne pensa di quei filosofi che adesso vogliono entrare nel campo della psicoterapia?

PC Mah! Uno psicoterapeuta secondo me è anche una persona di cultura. Io non andrei mai da uno psicoterapeuta ignorante…. Non vedo perché. E’ come andare da un cronista… Che ci vai a fare? Un filosofo, uno come Galimberti è una persona notoriamente colta, con cui uno può fare un discorso, può parlare di qualcosa… Che poi sia filosofo, piuttosto che medico non importa. Io conosco molti medici ignoranti. Ci saranno poi, sicuramente, anche i filosofi ignoranti.

GP Analizzando le acque dei fiumi si vede che sempre più persone oggi fanno uso di cocaina, che una volta era considerata la ‘droga dei ricchi’. Secondo lei a cosa è dovuto l’accrescersi di questo fenomeno? Dove sono le responsabilità?

PC La cocaina è la droga più stupida, perché è quella che assomiglia di più al mondo ‘vincente’ di oggi che è molto stupido. Non c’è niente di peggio che rovinarsi la vita accelerando i tempi. Le persone intelligenti criticano il mondo degli Yuppies, il mondo stupido degli affari che si consumano nell’ambito di un secondo. Tutta gente che poi non sa vivere. La cocaina è la metafora di tutto questo. Cosa fa? E’ un acceleratore, da una parte. dall’altra parte, come lei ben sa, è un antidolorifico. Quindi è per tutti quelli, cretini, che pensano che la vita possa essere in qualche modo ‘addolcita’ ed invece la vita è quella che è. Non si può vivere con una fiala di Pentotal sempre in tasca.


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GP Visto che lei ha modo, per la sua attività professionale, di avvicinare sia ‘persone normali’, sia persone ‘ricche’, ‘arrivate’, ‘famose’: dove trova che vi sia maggiore sofferenza ed insoddisfazione?

PC Di persone ‘arrivate’ io ne vedo poche, perché non è che vengano da me. Di solito le persone arrivate sono molto contente. Sono quelli che, dopo essere arrivate, affrontano un declino, che vengono da me.

GP La rimozione del pensiero della morte presente nella nostra società non aiuta neanche ad una discussione serena sul testamento biologico e l’eutanasia: lei cosa ne pensa?

PC Io sono per l’eutanasia: per me stesso, per gli altri no. Non so cosa si deve fare, se si deve andare da un notaio ci andrò, perché ormai ho un età che… Dovrò occuparmi anche di queste cose. Non voglio dubitare che qualche cretino di medico si accanisca su di me quando ormai non posso reagire. Io, essendo medico, non mi fido dei medici, perché li conosco troppo bene… Quindi non vorrei che la farmaceutica decidesse di usarmi per scoprire quale farmaco antibiotico funziona meglio. Vorrei andarmene in pace, senza soffrire.

GP Parliamo del suo ultimo libro: Innamoramento, gelosia, eros, abbandono. Il coraggio dei sentimenti. Perché l’ha scritto ed in che cosa pensa che il libro possa aiutare le persone ad essere più felici?

PC No. Non è che ho scritto questo libro per permettere a qualcuno di essere più felice. Non sono così… Sarebbe un’ingenuità. Uno scrive libri perché se lo sente, perché sente che quella materia è una cosa che… Io scrivo molto per divertirmi, quindi non lo vedo come un compitino a casa che qualcuno mi dà. Mi diverto, lo faccio. Questo è un libro sull’innamoramento, è una cosa molto divertente. Ho scritto anche libri sul suicidio e quelli erano un po’ più pesanti…

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Relazione La sessualità femminile fra sapere e potere

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Chi è Paolo Crepet?

Paolo Crepet è nato a Torino nel 1951. Psichiatra e sociologo, insegna Culture e linguaggi giovanili presso il corso di laurea in Scienze della Comunicazione dell’Università di Siena. Collabora con «Specchio» de “La Stampa” e “ Anna”.

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Comprendere e accogliere se stessi è un percorso delicato, e il mio obiettivo è guidarti con sensibilità e competenza, creando insieme un cammino che rispetti le tue necessità e i tuoi obiettivi personali.

Lo studio è uno spazio in cui tu sei al centro: ogni percorso terapeutico è unico, e la mia priorità è quella di creare un approccio che risponda alle tue specifiche esigenze. Attraverso un ascolto empatico e metodi basati su evidenze scientifiche, utilizzo gli strumenti e le strategie che possano aiutarti a raggiungere il benessere e una maggiore consapevolezza di te.

IL TERAPEUTA

Il Dr. Walter La Gatta si è laureato in psicologia a Padova, svolge la libera professione di psicoterapeuta e sessuologo.

Specializzato in sessuologia clinica presso il CIS di Bologna, è Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia, per le regioni Marche Abruzzo e Molise ed è membro della SIAMS (Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità) e della FISS (Federazione Italiana Sessuologia Scientifica) . Per interesse personale, ha conseguito una seconda laurea in sociologia a Urbino.

Svolge la sua attività nelle città di Ancona, Civitanova Marche, Fabriano e Terni e lavora molto anche online.

Ultimo libro pubblicato: “Come vivere bene anche se in coppia”, pubblicato da Franco Angeli.

IPNOSI CLINICA: una intervista al Dr. Walter La Gatta

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LE TERAPIE

La psicoterapia è un percorso di crescita e supporto psicologico che aiuta a gestire ansia, stress, difficoltà emotive e relazionali. Attraverso tecniche e metodi personalizzati, la psicoterapia offre strumenti per comprendere e migliorare se stessi, favorendo il benessere mentale e un equilibrio duraturo nella vita quotidiana.

Le terapie sono rivolte a persone di tutte le età, sia a livello individuale, sia familiare, sia di coppia.

I punti di forza del mio studio professionale sono i seguenti:

  •  Lunga esperienza clinica,
  • Contatto diretto con i pazienti sin dalla prima telefonata, senza filtri, né segreterie,
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Lo studio di psicoterapia si occupa in particolare di:

  • Trattamento di timidezza, ansia, fobie sociali e attacchi di panico;
  • Crisi di coppia, tradimenti, matrimoni bianchi, incomprensioni;
  • Disfunzioni sessuali: vaginismo, disfunzione erettile, eiaculazione precoce, anorgasmia, calo del desiderio, ecc.
  • Tecniche di rilassamento e ipnosi (ansia da prestazione, ansia sociale, ansia sessuale, ecc.)
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