Lessico adolescenziale

A volte tra giovani e adulti si vengono a creare dei codici linguistici talmente diversi, che alcuni termini utilizzati da una generazione o dall’altra risultano del tutto incomprensibili agli appartenenti di questa o quella fascia d’età (e questo accade perfino fra generazioni diverse di giovani).

Il fenomeno non è nuovo ed è stato a lungo studiato, tanto che sono state indicate (vedi Enciclopedia Treccani) alcune componenti comuni del linguaggio giovanile:

(a) una base di italiano colloquiale informale, scherzoso;

(b) uno strato dialettale;

(c) uno strato costituito da inserti di lingue straniere (internazionalismi e pseudoforestierismi);

(d) uno strato costituito da parole tratte da lingue speciali o da gerghi;

(e) uno strato proveniente dalla lingua dei mass-media (televisione, Internet e lingua della pubblicità);

(f) uno strato gergale tradizionale (linguaggio giovanile di lunga durata);

(g) uno strato gergale ‘innovante’ ed effimero.

Per l’odierno linguaggio giovanile c’è però anche un nuovo aspetto da tenere in considerazione e cioè l’uso dei Social, e della tecnologia informatica, che rappresenta un terreno particolarmente fertile per giocare con la lingua e creare neologismi.

Un neologismo inizia a diffondersi, diventando “virale”, come oggi si usa dire, ispirandosi ai virus che circolano in rete, anzitutto se rappresenta un significante per qualcosa che non ha ancora un termine che lo definisca, ma può iniziare a circolare anche se e perché viene utilizzato da persone o gruppi che vengono considerati interessanti e degni di ammirazione.

Alcuni neologismi  derivano da parole straniere introducibili, o inutili da tradurre. Tutti sappiamo, ad esempio, che Twitter corrisponde al verbo italiano cinguettare, ma sarebbe del tutto inutile tradurre il vocabolo tweet con il termine cinguettio… Molto più comune è che il tweet nel linguaggio dei social diventi il twit, da cui il neologismo twittare. Lo stesso vale per il libro delle facce, e cioè facebook, dove abbiamo imparato a “postare”, a “taggare”, a “bannare”, “quotare”, ecc.

Questi slang legati ai social tuttavia sono piuttosto comuni, e dunque conosciuti anche da persone che non sono più giovanissime: questo perché l’uso dei social è ormai diffuso anche fra i più anziani. Ovviamente ci sono però operazioni che i giovani fanno sul web, come per esempio quelle relative alla produzione e diffusione di video, che non hanno riscosso uguale interesse fra i meno giovani e che comportano la produzione e la diffusione di una fucina di neologismi, che i più anziani non capiscono (vedi ad esempio la popolarità dell’espressione “Saluta Antonio”, dal video Saluta Antonio, che ha raggiunto oltre quattordicimilacinquecento visualizzazioni e che è del tutto sconosciuto a un pubblico adulto).

Altre parole del linguaggio giovanile vengono prese dalle parole dei testi delle canzoni di successo, in questo momento particolare dai rappers, altre dalle serie tv che i ragazzi guardano con passione.

Si è temuto, per lungo tempo, che il doversi esprimere in funzione dei mezzi tecnologici a disposizione (SMS, Twitter,  chat, ecc.) potesse peggiorare il rendimento scolastico dei più giovani, dal momento che il loro modo di esprimersi non riguarda solo la lingua parlata ma, con i social, è diventato anche una lingua scritta. Invece sembra che non sia così.

Uno studio condotto dall’Università per le Scienze applicate di Zurigo nel 2010, ad esempio, ha scoperto che i media digitali non influiscono sulla competenza di scrittura dei giovani. I ricercatori hanno anzi giudicato questi nuovi slang un’evoluzione innovativa e creativa della lingua, che non influisce sull’uso corretto della lingua a scuola.

Una differenza notevole con le generazioni precedenti, specialmente fra le ragazze, riguarda l’uso del turpiloquio. Sentire parlare una diciottenne oggi equivale probabilmente all’effetto che potevano fare alle nostre nonne i famigerati scaricatori di porto. Una volta erano le classi sociali meno elevate a dire le parolacce, oggi queste sono diffusissime fra ragazzi di entrambi i sessi, anche fra ragazzi studiosi, con ottimi successi scolastici.

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Alcune parole possono portare a interpretazioni sbagliate, in quanto possono sembrare riferimenti sessuali, come il diffusissimo “culonia”, che invece significa “un posto veramente lontano”. Altre volte i riferimenti sessuali sono più prevedibili, come nel caso di “pisellabile”, che indica una bella ragazza.

Quello che si nota è che lo slang giovanile invecchia velocemente.  Quello che sembrava nuovo o trasgressivo per una generazione può diventare un’espressione obsoleta per un’altra generazione. Si pensi alla parola “matusa”, da Matusalemme, che imperversava fra i giovani negli anni sessanta per definire tutto quello che c’era di vecchio, con riferimento alle persone che potevano avere allora più di quaranta anni. Oggi ascoltare questa parola significa, per un giovane, fare un viaggio in un’altra epoca e ascoltare con tenerezza questi linguaggi così desueti, che hanno perso ogni significato.

Altre parole, anche più moderne, transitate nel linguaggio colloquiale dei giovani, hanno definitivamente perso la loro caratterizzazione giovanilistica, come ad esempio beccare, nel senso di «conquistare, trovare», bestiale,  cagatacasino, nel senso di «confusione» o di «grande quantità», ecc.

Per concludere, il linguaggio giovanile rispecchia l’epoca in cui si vive ed è influenzato da moltissimi fattori. La sua caratteristica principale, tuttavia, è quella di essere effimero, cioè di non durare anche per le generazioni successive. Potremmo dire che il linguaggio giovanile invecchia insieme alle persone che lo parlano.

Dr. Walter La Gatta

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Pexels

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