Marie Bonaparte: una biografia

Marie Bonaparte: una biografia

Marie Bonaparte: una biografia

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Marie Bonaparte (1882-1962), discendente di Napoleone Bonaparte e Principessa di Grecia, fu una delle maggiori esponenti della psicoanalisi francese, ma soprattutto fu una grande benefattrice per Sigmund Freud e per la sua famiglia (che di fatto salvò dai campi di sterminio), così come per il movimento psicoanalitico, al cui servizio pose la sua ricchezza e la sua influenza.

Soprannominata «Freud a dit», fu un’appassionata ‘fondamentalista’ della psicoanalisi e trascorse molti anni della sua vita a combattere le eresie dell’odiato Jacques Lacan.

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Figlia di Roland Bonaparte (1858-1924, a sua volta figlio di Lucien, fratello dell’imperatore) e di Marie Felix – Blanc, ricca ereditiera (il cui padre, Francois Blanc, fondò il Casino di Montecarlo) nacque a Saint-Cloud, in Francia, il 2 luglio 1882.

La madre, solo ventiduenne, morì un mese dopo il parto, a causa di un’embolia. La piccola Marie crebbe dunque senza l’affetto materno, affidata a nutrici e governanti. Il padre, geografo e antropologo, si curava poco della bambina. Così, la maggiore responsabile della sua educazione fu la nonna paterna, considerata una vera e propria tiranna domestica.

La piccola Marie si rifugiò nella lettura e nel gioco con le bambole. Il suo stato di isolamento la portò a sviluppare delle fobie; in particolare si convinse che la principessa Piera e il principe Rolando avessero ucciso sua madre per ereditare la sua fortuna familiare.

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Ricevette un’educazione che le permise di essere poliglotta e di appassionarsi al teatro.
A sette anni Marie iniziò a scrivere un diario, in cui riportava i suoi pensieri di bambina, ciò che poi definì “bestialité” (follie) .
Questi piccoli quaderni con copertina di pelle nera contenevano tutte le fantasie di una bambina triste, ma dotata di una ricca immaginazione. Essi le servirono in seguito come materiale per la sua cura psicoanalitica con Freud. Furono pubblicati fra il 1939 e il 1951.

Marie aveva scarsa stima di sé e dubitava del suo aspetto fisico e del suo potere seduttivo. In tutta la sua giovinezza, fu sempre alla ricerca di un’immagine paterna amata e soddisfacente. Il suo primo amore fu il segretario di suo padre, al quale scrisse molte lettere, che peraltro poté riavere solo in cambio di un cospicuo riscatto.

Quando venne il momento di sposarsi, il padre scelse per lei il Principe Giorgio di Grecia. I due giovani si sposarono nel 1907 ed ebbero due figli, Eugenie e Pierre. Il marito tuttavia non le era fedele: aveva fama di essere un omosessuale libertino e dedito all’alcol. Si dice anche che fosse innamorato dello zio, il principe Waldemar. I due coniugi rimasero buoni amici tutta la vita, anche se ebbero relazioni con altre persone.

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Durante la guerra del 1914-18, Marie finanziò degli ospedali e la Croce Rossa. Ebbe inoltre in questo periodo una storia con un uomo più anziano di lei, il celebre Gustave Le Bon (1841-1931), autore de la Psicologia delle masse (1895): si trattò comunque di una relazione particolare, in cui l’amante era una sorta di padre spirituale.

Subito dopo Marie si legò ad un altro uomo, sempre molto più anziano di lei, Aristide Briand (1862-1932), avvocato socialista e uno dei maggiori politici del tempo (prese anche il premio Nobel per la pace nel 1926).
La frequentazione di questi personaggi incoraggiò Marie a scrivere e a pubblicare libri di favole, dedicati ai suoi figli.

Nel 1923 morì suo padre. Concluse le sue relazioni extra coniugali e a seguito di alcune patologie ginecologiche dovute a una cisti ovarica, Marie si appassionò al lavoro del professor Halban, di Vienna, che eseguiva degli interventi chirurgici per curare l’anorgasmia delle sue pazienti.

Il chirurgo aveva messo a punto un intervento chirurgico consistente nell’avvicinare il clitoride al meato urinario. La Bonaparte divenne un’entusiasta propagandista di questo metodo e nel 1924 pubblicò anche un articolo su una rivista belga, firmato con lo pseudonimo A.E. Narjani, dal titolo: Considérations sur les causes anatomiques de la frigidité chez la femme, in cui parlava di questo particolare intervento chirurgico, sostenendo che cinque donne avevano con questa operazione risolto il problema dell’anorgasmia. (In seguito ammise che le cose non stavano esattamente così).

Su consiglio dell’amico psico-analista francese René Laforgue la Bonaparte (che aveva allora 45 anni) decise di consultare Sigmund Freud. Laforgue inviava la paziente a Freud per un “complesso di virilità”.
Marie era sull’orlo del suicidio e stava ponderando l’opportunità di farsi lei stessa operare al clitoride, per guarire dalla sua ‘frigidità’, (cosa che poi in effetti fece, anche se Freud l’aveva sconsigliata).

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La Bonaparte, repubblicana e atea, trovò in Freud un nuovo eroe da venerare e nella psicoanalisi un nuovo ideale da servire.
La principessa dunque divenne non solo una paziente di Freud, ma anche sua allieva, infaticabile traduttrice dei suoi libri in lingua francese ed organizzatrice, già dal 1926, della Société psycho-analytique de Paris (SPP), insieme con René Laforgue, Adrien Borel, Rudolph Loewenstein (all’epoca suo amante), Édouard Pichon, Raymond de Saussure, René Allendy, ed altri. La Bonaparte finanziò la società psicoanalitica francese ed un giornale di psicoanalisi con suo denaro personale.

Nel primo numero del giornale, nella parte non medica, gestita da lei stessa, Marie pubblicò un suo articolo, intitolato “Il caso della signora Lefebvre”, in cui parlava del crimine edipico di questa donna dell’alta borghesia che aveva assassinato sua nuora incinta.

Pubblicò inoltre su questo giornale molti testi di “Psicoanalisi applicata”, sui fatti della società e della letteratura.
Le sue sedute di psicoanalisi con Freud avvenivano in alcuni periodi dell’anno, in cui la principessa si recava a Vienna, espressamente per sottoporsi a sedute di psicoanalisi che duravano due ore al giorno. (…”Così, per molti anni, molti mesi all’anno, andavo a Vienna”… racconta la stessa Bonaparte).

Freud ipotizzò che Marie potesse aver sviluppato la sua anorgasmia dopo aver assistito a qualche scena di sesso quando era bambina.
Probabilmente, disse, si era trattato di una fellatio. La Bonaparte inizialmente non credette a quanto le aveva suggerito Freud: come poteva aver visto un rapporto sessuale fra adulti nella sua prima infanzia se sua madre era morta subito dopo la sua nascita? Ricordando però di quel tempo passato in compagnia delle sue governanti, le ritornarono alla memoria delle voci che aveva sentito dire su una possibile relazione fra una delle sue babysitter, Nounou ed un parente che frequentava la casa, Pascal.

Pascal era in realtà il fratellastro del padre di Marie, figlio illegittimo di suo nonno e pertanto esiliato nella casa e delegato ad occuparsi dei cavalli.
Questo ragazzo frequentava la servitù dei Bonaparte e avrebbe potuto effettivamente avere una relazione con la bambinaia.


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La Bonaparte cercò dunque Pascal e lo sottoposte ad un fuoco di domande, per capire se quanto le aveva suggerito Freud potesse avere un fondo di verità.

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Esiste la trascrizione di questa intervista, dove Marie chiede: “Pascal, la mia balia era una donna molto calda?”. E Pascal risponde: “Se lo era! Bastava toccarle le braccia per farla godere! C’erano volte che pensavo morisse..” Pascal ammise di aver avuto rapporti sessuali con la bambinaia mentre Marie era ancora molto piccola e guardava i due amanti dalla culla. La Bonaparte volle andare a fondo della questione, con ulteriori, imbarazzanti, domande: Marie chiese a Pascal se la balia lo baciava anche “in un certo posto” e ancora: “Mi dica ancora Pascal, era solo Nounou che la baciava, lei sa dove, oppure anche lei la baciava nello stesso posto?” Pascal: “Lo credo bene! Era così bella! Il corpo soprattutto, un corpo meraviglioso! Mi buttavo su di lei e le dicevo: ”Vorrei, vorrei mangiarti”.

Con questa intervista a Pascal, la Bonaparte si convinse ulteriormente della veridicità della psicoanalisi e capì come i suoi quadernetti di bambina, tutti quei raccontini, non fossero altro che una rielaborazione più matura delle scene cui aveva dovuto assistere nella prima infanzia.

Gli scritti psicoanalitici della Bonaparte, a parte questi diari giovanili non sono considerati eccelsi; molto più apprezzata è stata la sua opera monumentale su Edgar Allan Poe (700 pagine, pubblicato in francese nel 1933).

La Bonaparte amava le storie gotiche di Poe, dove c’erano strane apparizioni, misteri, morti che tornavano alla vita, ecc. perché si sentiva emotivamente vicina alla storia personale dell’autore, anche lui orfano di madre ed anche lui scrittore per compensare il bisogno di affetto che gli veniva negato. In quest’opera la Bonaparte analizza storie e personaggi con le stesse regole suggerite da Freud per l’interpretazione dei sogni.

Freud era molto riconoscente alla devota Marie, tanto che le regalò un anello particolare, donato anche a Lou Andreas-Salomé, un anello riservato ai membri del Comitato Segreto della Psicoanalisi. Se Lou era l’amica bella, intelligente e creativa di Freud, Marie era la discepola sottomessa, l’ammiratrice, la facoltosa paziente, l’ambasciatrice devota.

L’unica cosa che Marie Bonaparte fece in dissenso con il suo maestro fu l’acquisto all’asta delle lettere che Freud si era scambiato con Wilhelm Fliess, fra il 1887 e il 1904 (Fliess era morto e la moglie, in difficoltà economiche, aveva messo all’asta le lettere). Freud chiese a Marie di distruggere quel carteggio, ma la principessa francese fortunatamente si oppose (ed infatti dobbiamo a lei la possibilità di leggere oggi quelle prime anticipazioni del pensiero freudiano, che ci permettono di comprendere la nascita della psicoanalisi).

Durante l’inverno del 1929 la Bonaparte salvò dal fallimento la casa editrice fondata da Freud. L’aiuto più consistente tuttavia lo offrì al maestro nel 1938, quando lo aiutò a rifugiarsi a Londra, per sfuggire alla persecuzione nazista, pagando l’elevata cauzione richiesta dai nazisti.

Dopo la seconda guerra mondiale la Bonaparte divenne avversaria di tutti i nuovi psicoanalisti, di cui non comprendeva le ambizioni, i sogni ed i talenti. Questo atteggiamento conservatore provocò nel movimento psicoanalitico una prima scissione nel 1953 e poi una seconda, nel 1963. La Bonaparte si oppose in particolare a Jacques Lacan, che disprezzava profondamente.
Sul piano teorico, la Bonaparte considerò la passività femminile non un dato acquisito, ma una posizione da raggiungere attraverso il sacrificio delle pulsioni erotiche pregenitali.

Secondo la psicoanalista, la donna si trova in una posizione di svantaggio rispetto all’uomo perché possiede un minor patrimonio libidico ed è soggetta ad un più complesso processo evolutivo.

Ciò spiegherebbe la maggiore incidenza di fissazioni a stadi infantili dello sviluppo, l’immaturità del suo Super-io e le frequenti difficoltà nella vita sessuale. Il ‘complesso di virilità’, della donna, spiegava la Bonaparte, non è solo indotto socialmente, ma si fonda su una reale minorazione organica. La donna può essere considerata come un maschio che ha subito un arresto di sviluppo: solo con la pubertà, quando la vagina viene eroticamente investita, si ha il raggiungimento della femminilità che corrisponde ad un atteggiamento passivo e ricettivo.

Distaccandosi dalla scuola viennese e da quella inglese, distingueva tre categorie di donne: le rivendicatrici (che vogliono appropriarsi del pene maschile), le accettatrici (che si adattano alle loro funzioni biologiche e al loro ruolo sociale), e le rinunciatarie (che eliminano la sessualità dalla loro vita).

Queste teorie furono poi analizzate e commentate da Simone de Beauvoir (1908-1986), poi dagli allievi di Lacan (François Perrier e WIadimir Granoff) e da Françoise Dolto.

Marie Bonaparte morì in piena lucidità, a causa di una leucemia fulminante, nei pressi di Saint Tropez nel 1963: non poté così assistere alla sconfitta di Lacan. Per dieci anni aveva lottato con tutte le sue forze per impedire la integrazione fra la Société françoise de psychanalyse (SFP, 1953-1963) e la International Psychoanalytical Association (IPA). Lacan dopo aver cercato tutte le mediazioni possibili per evitare la rottura infatti dovette creare una nuova istituzione analitica, cosa che avvenne il 21 giugno 1964.

Per dimostrare di non essere affatto un dissidente scelse di chiamarla Ecole Freudienne de Paris. Motivo principale del dissidio fra queste due correnti era l’analisi didattica: il ramo francese della International Psychoanalytical Association (IPA), capeggiato da Marie Bonaparte, si batteva per l’estensione della pratica psicoanalitica anche ai non medici.
Del resto Anna, la figlia di Freud, non era medico.

Dr. Giuliana Proietti

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