I riti portano conforto anche ai non credenti
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Le persone di tutto il mondo spesso eseguono rituali per far fronte ad eventi dolorosi. Le regole possono essere diverse: per esempio, i buddisti tibetani credono sia irrispettoso piangere vicino al defunto, mentre i cattolici latini credono il contrario. Di questa varietà di comportamenti parlano, in un nuovo studio, Michael Norton e Francesca Gino, suggerendo che alla base vi sia un meccanismo psicologico condiviso, che determina un confortante senso di maggiore controllo. Inoltre, i ricercatori riferiscono che anche i non credenti possono trarne profitto (pdf tramite il sito web dell’autore).
A32/A11
Norton e Gino hanno iniziato chiedendo a 247 partecipanti, reclutati on line (età media 33 anni, di cui il 42 per cento erano maschi) di scrivere di una perdita che avevano sperimentato in passato, o di una relazione terminata. La metà di loro è stata inoltre invitata a scrivere a proposito di qualche rituale che avevano messo in atto in quel momento. Il risultato principale è stato che i partecipanti che avevano ricordato il loro rituale hanno riferito di avvertire meno dolore per la loro perdita. Essi avevano infatti una sensazione di maggiore controllo, che non si basava sul semplice fatto di aver scritto più degli altri partecipanti.
Basarsi su una reminiscenza in questo modo è ovviamente problematico dal punto di vista della ricerca, quindi, per un follow-up, Norton e Gino hanno invitato 109 studenti al loro laboratorio. A gruppi di 9-15 studenti è stato detto che uno di loro avrebbe vinto un premio di 200 dollari, e per intensificare la situazione è stato chiesto loro di scrivere sul significato che essi attribuivano alla vittoria, e come avrebbero usato il denaro. Il premio è stato debitamente dato ad uno studente, che poi se ne è andato. E’ stato allora chiesto alla metà dei partecipanti rimanenti di eseguire un rituale in 4 stadi: essi dovevano disegnare i loro sentimenti di perdita su un pezzo di carta, cospargere di sale il disegno, strapparlo e poi contare fino a dieci. Gli altri hanno invece agito come gruppo di controllo e semplicemente illustrato i loro sentimenti sulla carta.
Lo studio ha mostrato che gli studenti che avevano svolto il rituale in seguito segnalavano minore dispiacere e rabbia nei confronti del gruppo di controllo per il fatto di non aver vinto il denaro, e questo è stato ampiamente spiegato con una loro maggiore sensazione di controllo. Fondamentalmente, il comfort dato dal rituale non è stato influenzato da quanto spesso i partecipanti conducessero tali rituali nella loro vita o se essi credessero nel potere del rito. Sembra che l’effetto sia dovuto al processo di passare attraverso una procedura a più gradini che provoca nelle persone sentimenti di controllo, al di sopra e al di là del ruolo svolto da qualsiasi credo religioso o mistico associati.
Un terzo e ultimo studio simile ha chiarito alcuni aspetti: ad esempio leggere che alcune persone si siedono in silenzio dopo una perdita, e poi sedersi in silenzio essi stessi, non ha portato alcun conforto ai partecipanti che avevano perso il premio di 200 dollari. Leggere che alcune persone svolgono rituali dopo una perdita ugualmente non ha portato alcun conforto, a meno che i partecipanti non abbiano poi continuato con lo svolgere un rituale essi stessi.
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Norton e Gino hanno specificato che non intendono dire che la perdita umana e monetaria siano equivalenti, ma piuttosto che i rituali possono portare conforto in entrambe le situazioni attraverso il meccanismo condiviso di un maggiore senso di controllo. Essi hanno aggiunto che è necessario condurre ulteriori ricerche sull’impatto delle specifiche forme di rituale nei diversi contesti, ma per ora i risultati offrono un supporto preliminare “alla tesi di Durkheim per cui ‘il lutto viene superato grazie al lutto stesso’; i rituali del lutto in cui i nostri partecipanti si sono impegnati hanno accelerato il declino del sentimento del lutto che accompagna la perdita”.
Un avvertimento importante i ricercatori hanno citato è che questa ricerca è stata condotta su partecipanti mentalmente sani e quindi non affronta la questione dei riti che diventano centrali e disfunzionali, come può accadere nel disturbo ossessivo compulsivo.
Lo studio di Norton e Gino integra uno studio pubblicato l’anno scorso che esaminava le credenze delle persone circa i fattori che potrebbero aumentare l’efficacia rituale, tra cui la ripetizione e il numero delle fasi procedurali.
Fonte:
Norton MI, and Gino F (2013). Rituals Alleviate Grieving for Loved Ones, Lovers, and Lotteries. Journal of experimental psychology. General PMID: 23398180
Dr. Christian Jarrett
Articolo originale:
Rituals bring comfort even for non-believers , BPS
Traduzione a cura di psicolinea.it
Riproduzione autorizzata
Immagine:
Freepik
Freudiana
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Il Dr. Christian Jarrett è psicologo ed autore di The Rough Guide To Psychology (2011) ed attualmente sta scrivendo Great Myths of the Brain (Wiley-Blackwell), che dovrebbe essere completato nel 2013. Ha scritto per The Times, The Guardian, New Scientist, BBC Focus, Psychologies, Wired UK, Outdoor Fitness, etc. Christian scrive anche per la British Psychological Society nel magazine The Psychologist, e Research Digest blog.