Il gioco d’azzardo, tra business e patologia

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La tragica sparatoria avvenuta davanti a Palazzo Chigi, mentre il governo Letta stava giurando, ad opera di un disoccupato con problemi di dipendenza da gioco d’azzardo, Luigi Preiti, ha messo in luce, nel modo più sconvolgente, che l’incontro fra disagio sociale e sogni frustrati di facili guadagni può generare dei mostri.

Il problema si chiama “gioco d’azzardo patologico” una dipendenza che in verità non ha più niente a che vedere con l’attività ricreativa del gioco. (La stessa cosa si potrebbe comunque dire anche del nuovo termine “ludopatia” che si sta diffondendo negli ultimi tempi: chi cade nella dipendenza da gioco d’azzardo infatti non è tanto malato per il gioco in sé, quanto per gli azzardi cui si espone durante il gioco).

A32/A11

In Italia, nonostante la grave crisi economica, il gioco pubblico d’azzardo ha conosciuto negli ultimi anni una crescita esponenziale. Dal 1990 il ricavato è infatti aumentato dell’810%, tanto da rappresentare un valore pari al 5% del PIL (dati 2011). Questo incremento è stato sicuramente favorito dalle nuove tecnologie, che hanno portato il gioco d’azzardo sui computer e gli smartphone, ma è anche dovuto a normative che hanno di fatto liberalizzato in Italia il gioco d’azzardo, cui si è cercato ultimamente di mettere un freno con il recente decreto Balduzzi, che però al momento si rivela ancora del tutto inefficace. Si pensi ai tanti spot presenti in TV sui giochi d’azzardo, alla proliferazione delle slot machines (che una volta si trovavano solo nei casinò, mentre oggi le ha anche il tabaccaio sotto casa) o agli invitanti pop-up che compaiono su Internet ogni volta che si digita una parola legata al gioco.

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La cronaca recente ci ha raccontato storie assurde, legate al gioco d’azzardo: dall’omicidio della novantenne Giuliana Boccenti, soffocata con un cuscino nel suo appartamento dalla figlia adottiva, piena di debiti a causa del gioco ai videopoker, oppure il caso del disoccupato, che assillava la figlia operaia con continue richieste di denaro e minacce, arrivando persino a forare i pneumatici della sua utilitaria. Per non parlare del caso dell’ex capogruppo IdV nel Lazio, Vincenzo Maruccio, il “bombardiere” dei videopoker, che avrebbe bruciato dai 100 ai 120mila euro nelle slot machines di una sala giochi gestita dal tesoriere regionale del suo stesso partito. Un fenomeno trasversale dunque, che riguarda persone di entrambi i sessi, giovani e meno giovani, operai, studenti, laureati e professionisti, senza escludere neanche i rappresentanti delle forze dell’ordine.

Dal punto di vista clinico il gioco d’azzardo patologico (GAP) viene considerato un disturbo mentale che interessa il soggetto che non riesce a smettere di dedicarsi al “gioco”, nonostante questa attività gli procuri evidenti e persistenti disagi, in ambito familiare, sociale e lavorativo. La patologia viene classificata fra i disturbi del controllo degli impulsi, sia nel DSM (Manuale diagnostico e statistico degli psichiatri), sia nell’ICD (strumento di classificazione nosologica stilato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità). Il disturbo presenta tuttavia forti analogie con le tossicodipendenze, tanto che si è detto che il gioco d’azzardo è una “dipendenza senza sostanze” per alcune caratteristiche simili alle altre dipendenze, come l’eccessivo coinvolgimento nell’attività, la necessità di giocare somme sempre maggiori di denaro per raggiungere l’eccitazione desiderata, l’incapacità di interrompere l’abitudine. Inoltre, come nelle tossicodipendenze, i vari tentativi di smettere, privi di successo, determinano nel soggetto irrequietezza e irritabilità.

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Il giocatore d’azzardo infatti è soprattutto un impulsivo, una persona che non riesce ad esercitare una mediazione riflessiva nei confronti dello stimolo fisico o psichico che lo induce a compiere scelte rischiose, aumentando in progressione la frequenza delle giocate, il tempo trascorso nelle sale da gioco, la somma spesa nel tentativo di recuperare le perdite. Il giocatore patologico investe in genere più delle proprie possibilità economiche e tende a trascurare i normali impegni della vita: sembra che questo accada a causa di un eccesso di ottimismo, presente in questi soggetti, come ha dimostrato un recente studio promosso dal CNRS e pubblicato su Psychological Medicine. L’indagine ha dimostrato che i giocatori d’azzardo compulsivi posseggono un’alterata capacità di valutare le probabilità di vincere o perdere: il loro “pensiero positivo” li induce a puntare con estrema fiducia forti somme di denaro su scommesse improbabili, mettendo a serio rischio le loro finanze. Precedenti studi avevano invece messo in luce come il cervello di un giocatore compulsivo si modifichi nel tempo in modo simile a quello dei dipendenti da sostanze. Del resto va anche osservato che si guarisce spesso dal gioco o dalle altre dipendenze con trattamenti simili, di tipo cognitivo comportamentale, spesso proposti in terapie di gruppo o anche in gruppi di auto-mutuo aiuto, come nel caso degli Alcolisti Anonimi.

Il comportamento tipico dei giocatori d’azzardo presenta inoltre una correlazione fra impulsività e personalità “novelty seeking“, cioè caratterizzata da un forte bisogno di attività esplorativa, tendenza a prendere decisioni non sufficientemente motivate, stravaganze varie e comportamenti borderline. Ma chi sono i soggetti più a rischio? Secondo uno studio della SUPSI (La Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana) condotto dai ricercatori Emiliano Soldini e Angela Lisi, il rischio di diventare dipendenti da gioco d’azzardo aumenta negli uomini single di età compresa tra i 18 e i 30 anni. Inoltre, il profilo delineato dall’indagine correla la dipendenza da gioco ad altre dipendenze, quali il fumo e il consumo regolare di alcol. Spesso nei giocatori d’azzardo patologici sono inoltre presenti episodi depressivi ricorrenti.

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Il rapporto Azzardopoli, dell’Associazione Libera prende in esame la diffusione del gioco d’azzardo, stimando in 800 mila le persone affette da questa patologia e quasi due milioni di giocatori a rischio. L’Italia è al primo posto in Europa per quantità di giocate ed è terza nel mondo (!) con ‘giocatori patologici’ che trascorrono più di tre ore alla settimana in queste attività, per una spesa media mensile che parte dai 600 euro. Il settore del gioco d’azzardo è ormai la terza impresa del Paese con i suoi 76,1 miliardi di euro di fatturato legale, cui vanno aggiunti, con una stima sicuramente approssimata per difetto, i 10 miliardi di quello illegale.

Nel campo della prevenzione, il progetto Fate il Nostro gioco ha l’obiettivo di svelare le regole, i piccoli segreti e le grandi verità che stanno dietro all’immenso fenomeno del gioco d’azzardo in Italia, usando la matematica come “antidoto logico”, per creare consapevolezza intorno al gioco e svelare i suoi lati nascosti. Paolo Canova e Diego Rizzuto, un matematico e un fisico torinesi vanno dunque nelle scuole per mostrare, attraverso calcoli statistici, come ogni gioco sia pensato per favorire il banco, regola alla quale non sfuggono le lotterie, il Superenalotto e tutti gli altri giochi che promettono vincite milionarie. (E’ molto più probabile, dicono Canova e Rizzuto, che la terra venga distrutta da un asteroide nel 2036 piuttosto che una persona possa azzeccare una sestina al Superenalotto).

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Lo Stato invece appare piuttosto disinteressato alle attività di prevenzione ed anzi, sembra voglia andare avanti nella creazione di ulteriori strumenti che favoriscano la diffusione del gioco d’azzardo. Alcuni mesi fa una campagna di stampa ha preso posizione contro la decisione di aprire mille sale per il poker dal vivo, disposta attraverso una norma, abilmente occultata all’interno di un pacchetto di provvedimenti economici.

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Se lo Stato latita, non altrettanto si può dire delle amministrazioni locali, che invece appaiono piuttosto attive, anche perché più partecipi del disagio delle famiglie colpite dal problema. Il manifesto di Terre di Mezzo e Legautonomia, al quale aderiscono i sindaci di 160 città italiane si pone l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e combattere il fenomeno, ma iniziative del genere se ne contano a decine: Cantù, in provincia di Como, vuole chiudere la maggior parte delle sale gioco, e far sparire le slot machines dai bar del centro, a Pavia è nata la prima mappa italiana dei bar «liberati» dai videopoker (online c’è l’elenco di tutti i locali della città nei quali i gestori si sono rifiutati di installare macchinette preferendo, invece, offrire passatempi alternativi). Le proposte dell’amministrazione civica di Parma sono invece quelle di armonizzazione gli orari delle sale giochi con quelle di altri esercizi pubblici, informare e sensibilizzare sui rischi delle ludopatie, aderendo anche alla campagna nazionale “Mettiamoci in gioco”.

In Trentino, Walter Viola, consigliere provinciale trentino del gruppo misto ha presentato 14 articoli volti a favorire l’accesso consapevole e responsabile al gioco lecito e contrastare le dipendenze patologiche da gioco’. Il testo prevede aiuto psicologico per chi ha una dipendenza da gioco, ma anche sanzioni. Anche il neo governatore della Lombardia, Roberto Maroni, ha annunciato la possibilità di studiare forme di limitazione alla diffusione delle slot machine, attraverso uno Sportello di ascolto e assistenza in ogni Zona, percorsi di formazione e prevenzione, forme di riconoscimento pubblico nei confronti di esercizi commerciali che non ospitano slot machines.

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In Francia l’Arjel, l’autorità che regola il gioco d’azzardo online, ha recentemente pubblicato una lista di 33 raccomandazioni per aiutare il lavoro di quanti lottano contro la febbre da videopoker. Nella lista compare anche la limitazione dei contenuti pubblicitari relativi ai videopoker online su tv, radio e siti web, il divieto da parte dei siti di giochi online di inviare mail a coloro che si sono volontariamente cancellati dal servizio e il dovere di indicare il tempo massimo che si desidera passare ai tavoli da gioco virtuali. In Italia, malgrado il citato decreto Balduzzi, si stenta a prendere decisioni contro il fenomeno del gioco d’azzardo, in quanto, come ricorda Italo Marcotti, vicepresidente di Sistema gioco Italia in Confindustria, intorno al mondo del gioco d’azzardo gravitano ben 120 mila persone, «10 volte la Fiat».

Contro i regolamenti comunali o regionali che tentano di limitare il gioco d’azzardo insorgono infatti i tabaccai: “Siamo contro la demonizzazione del gioco pubblico” – dice la Federazione Italiana Tabaccai, per bocca del suo presidente, Giovanni Risso: “Troppe volte ci si dimentica del nostro lavoro nella lotta alla criminalità”. I Tabaccai si sentono insomma quasi dei tutori dell’ordine pubblico, visto che “presidiano il territorio e combattono la criminalità”. Afferma infatti Risso, testualmente: “Lo Stato deve difendere la rete del gioco da regolamenti comunali o regionali che mettono a rischio l’intero settore. Se la rete legale crolla, la criminalità si riprenderà quanto abbiamo faticosamente conquistato in questi anni. Deve essere riconosciuta l’importanza della nostra rete e dobbiamo trarre benefici dalla nostra attività di presidio dello Stato sul territorio”. Viene da pensare che forse i tabaccai stiano cercando anzitutto di tutelare i propri interessi, piuttosto che il bene comune, ma del resto, come si dice, “ci sta”: cosa avranno detto i gestori delle case chiuse, ai tempi della riforma Merlin? Resta il fatto che il territorio presidiato oggi c’entra ben poco, visto che il gioco d’azzardo si è ormai trasferito in gran parte online.


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Nello studio Il Gioco online in Italia: un mercato già maturo? curato dalla School of Management del Politecnico di Milano, dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e da Sogei emerge che, seppure in tempi di crisi, la spesa nel settore del gioco d’azzardo online è cresciuta del 2%. Una crescita dovuta ai Casinò game (spesa triplicata), mentre si sono ridotti i soldi impiegati per le scommesse sportive (20%) e quelle per il poker (7%). Nei dati diffusi dall’Osservatorio Gioco online si legge inoltre che la spesa media dei giocatori online attivi negli ultimi 6 mesi raggiunge i 43 euro mensili. Da agosto 2011 sono 800.000 i giocatori attivi ogni mese nell’online.

Concludendo, speriamo che il pur deprecabile gesto di Preiti e la sofferenza delle persone ingiustamente colpite possa accendere i riflettori su un mondo sempre più fuori controllo, con persone e famiglie rovinate dal gioco d’azzardo. Il problema, come si è capito, non riguarda le singole persone, ma la società intera, visto che il pensiero di un disperato che non ha più nulla da perdere non può essere “prosociale” e il Far West e molto meno “far” di quanto si pensi.

Dr. Giuliana Proietti

 

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Pubblicato anche su Huffington Post

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Un commento

  1. Interessante e articolo ben fatto , complimenti. Insomma il primo biscazziere è lo stato 🙂 ma attenzione a non confondere i puri gioco di azzardo dove l’ evento casualità supera di gran lunga il ricorso alla matematica

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