La povertà fa male alla salute, ma non sempre

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La povertà fa male alla salute. I poveri infatti hanno molte più possibilità di ammalarsi di malattie cardiache, ictus e cancro rispetto alle persone benestanti, e hanno inoltre una minore aspettativa di vita. I bambini che crescono in famiglie povere hanno maggiori probabilità di avere problemi di salute da adulti.

Nonostante questi fatti accertati, molti bambini che crescono in situazioni di povertà dimostrano di godere di ottima salute. In un nuovo articolo pubblicato su Psychological Science Perspectives, rivista della Association for Psychological Science, Edith Chen e Gregory E. Miller della University of British Columbia hanno cercato di comprendere la possibile ragione di questo strano fatto e sono arrivati alla conclusione che questi bambini hanno dei modelli di ruolo che insegnano loro a far fronte allo stress.

Crescere poveri può essere infatti molto stressante, e lo stress aumenta il rischio di sviluppare malattie croniche: i bambini poveri hanno meno probabilità di avere una vita prevedibile e stabile, una casa, ed i loro genitori, intenti a trovare il modo per sbarcare il lunario, si occupano meno della casa e della famiglia. I bambini poveri inoltre hanno anche maggiori probabilità di subire traumi (uno studio ha scoperto che quasi il 50% dei giovani appartenenti a famiglie a basso reddito è stato testimone di un omicidio).

Miller e Chen hanno chiamato la strategia osservata “shift-and-persist”, dove “shift”, significa cambiare il senso, rivalutare ciò che è stressante. Ad esempio, chi viene licenziato può sentirsi infelice e scagliarsi contro le persone che lo circondano, anche se esse non hanno responsabilità di quanto è accaduto, ma la persona licenziata potrebbe anche cercare di riconsiderare la situazione che vive, allo scopo di trovare il suo lato positivo. La ricerca sui bambini che crescono in condizioni di disagio mostra che essi, sostanzialmente, mettono in atto questa strategia, e lo fanno molto bene.

Non basta tuttavia saper accettare le situazioni stressanti. La seconda parte della tecnica riguarda il “persistere” ed ha a che fare con l’accettazione positiva nel lungo termine, che si ottiene  cercando dei significati profondi per la propria vita. Lo sfift infatti aiuta nel breve termine, ma occorre usare questa strategia avendo un obiettivo più ampio in mente. Molti studi hanno scoperto che la ricerca di significato aiuta le persone a superare le situazioni difficili, come le esperienze traumatiche, individuali o collettive.

Il modo in cui la maggior parte dei bambini impara lo “shift-and-persist” avviene attraverso modelli positivi, rappresentati da genitori, insegnanti, zii e altri adulti, che riescono a modellare in modo positivo il modo  in cui il bambino affronta gli stress, insegnandogli l’ottimismo.

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Questa tecnica potrebbe essere utilizzata anche in altre situazioni (ad esempio nel caso di malattie dei bambini) per insegnare ai più piccoli a valutare in modo diverso il proprio stress, e a pensare positivamente al proprio futuro.

Dr. Giuliana Proietti

Fonte:

Low Socioeconomic Status Means Worse Health – But Not for Everyone, APS

Immagine:

Pixabay

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