La relazione terapeutica e la sua magia

La relazione terapeutica si riferisce al rapporto che viene a crearsi tra psicoterapeuta e paziente.

Gli obiettivi della relazione terapeutica corrispondono a ciò che il cliente spera di ottenere dalla terapia, sulla base delle preoccupazioni espresse; i compiti sono ciò che il terapeuta e il paziente decidono che deve essere fatto per raggiungere gli obiettivi programmati, le forme della relazione si basano sul legame di fiducia nel terapeuta e nelle prescrizioni che questi proporrà, per raggiungere gli obiettivi del paziente (Bordin, 1979).

La relazione terapeutica oggi è definita da codici etici e di scientificità, che segnano il percorso del lavoro clinico, definendo gli strumenti terapeutici da utilizzare.

Tuttavia, non deve sorprendere il fatto che due professionisti che hanno compiuto lo stesso percorso formativo e professionale, possano poi avere differenti successi con i propri pazienti, quando entrano in gioco le loro personalità, le differenti capacità di comunicazione, le più o meno evidenti doti empatiche.

Spesso infatti non è tanto il protocollo utilizzato a guarire, quanto la relazione terapeutica: solo quando questa relazione è di buona qualità, essa consente al paziente di attivare le sue energie, per cercare un cambiamento positivo.

Come molti studiosi del fenomeno hanno dimostrato (si pensi a Bandler e Grinder e al loro libro La struttura della Magia, nel quale i due autori mettono a confronto le prodezze linguistiche dei più dotati psicoterapeuti del mondo, evidenziando a un tempo la semplicità e la similarità delle tecniche di queste terapie apparentemente divergenti), alla base della relazione terapeutica c’è sempre una componente magica, non così lontana da quella che caratterizzava l’antica medicina sciamanica.

Il terapeuta raggiunge gli obiettivi terapeutici con il paziente solo quando riesce ad influenzarlo in modo positivo nei confronti del cambiamento desiderato: per questo il terapeuta deve riuscire a trasmettere una certa immagine di sé, deve essere capace di dare fiducia, di far sentire il paziente sicuro di essersi rivolto ad un professionista che realmente possiede i mezzi e gli strumenti che gli consentiranno di poter guarire.

Non può produrre effetti terapeutici positivi il professionista che non viene avvertito dal paziente come un’autorità sapiente, realmente capace di guidarlo verso l’acquisizione di nuovi equilibri.

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Ecco perché non è possibile che il terapeuta sia un familiare o una persona amica… Nella relazione non vi sarebbe quell’alone di mistero e di magia che produce il desiderato cambiamento.

Dr. Giuliana Proietti, psicoterapeuta, Ancona

Immagine: Bohman

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