Adolfine, la sorella di Freud

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La storia di Sigmund Freud è ampiamente conosciuta, ma le vicende delle sue sorelle, e in particolare di Adolfine Freud, restano meno esplorate e racchiudono vicende drammatiche che riflettono le tensioni di un’epoca. Adolfine Freud, una delle quattro sorelle di Sigmund Freud, visse una vita di difficoltà e sacrifici, per poi trovare una tragica fine durante l’Olocausto. Conosciamola meglio.

Adolfine Freud nacque nel 1862 a Freiberg, oggi Pribor, in Repubblica Ceca. Figlia di Amalia e Jakob Freud, Adolfine fu una delle cinque sorelle di Sigmund Freud, che di lei parlava con affetto come di una sorella gentile, ma anche caratterialmente riservata e indipendente. La famiglia Freud si trasferì a Vienna quando Sigmund era ancora giovane, e lì i fratelli crebbero in un contesto di classe media borghese, sebbene economicamente limitato.

Come per molte donne dell’epoca, le sue opportunità furono limitate dalle convenzioni sociali che relegavano le donne a ruoli domestici e sottomessi. Adolfine visse gran parte della sua vita con i genitori e successivamente accanto al fratello, senza mai sposarsi o avere una vita indipendente.

Sigmund Freud mantenne un legame affettuoso con Adolfine e le altre sorelle, sebbene il suo interesse per la psicoanalisi e la sua crescente notorietà lo portarono ad allontanarsi progressivamente dalla vita familiare. 

Sigmund Freud aveva 82 anni quando lasciò Vienna, occupata dai nazisti, per andare a Londra con la moglie e i figli, la cognata, il medico e la sua famiglia, oltre a due cameriere di fiducia. In patria lasciava le sue quattro anziane sorelle, che furono tutte deportate. 

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Si tratta di un dettaglio poco conosciuto della vita del padre della psicoanalisi, che celebri biografi di Freud, come Ernest Jones e Peter Gay hanno trattato solo di sfuggita. Ed è probabilmente ciò che ha spinto un autore semisconosciuto, macedone, Goce Smilevski verso la celebrità letteraria.

Con il suo romanzo La sorella di Freud  l’autore immagina la vita di una delle sorelle più giovani di Freud, Adolfine. Ed è proprio lei la voce narrante di questo straordinario romanzo. Dal campo di concentramento dove è stata rinchiusa Adolfina racconta la storia della sua famiglia, e della Vienna di fine Ottocento e inizio Novecento. Riviviamo così il racconto della sua giovinezza trascorsa in una famiglia che non la sa amare, e del suo grande affetto per il fratello, i sempre più lunghi periodi trascorsi presso la clinica dove lavora Sigmund e dove Adolfina viene in contatto con un’umanità sofferente come lei.

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Sapere se Freud sia in parte responsabile per la morte delle sue sorelle è il fulcro del romanzo, che si apre con una scena in cui vengono inviate le quattro sorelle anziane, tutte over 70, a Theresienstadt, per poi tornare all’infanzia di Adolfine e seguire questa sorella per tutta la sua vita, fino alla fine, quando entra in una camera a gas.

Sappiamo, dalle informazioni d’archivio sulla famiglia Freud, che Adolfine era una bimba malaticcia, che non si sposò mai e che morì a Theresienstadt, un campo di concentramento che non aveva camere a gas.

Martin Freud, figlio di Sigmund, la descrisse una volta come una persona “non molto intelligente.”

Il libro è un’indagine letteraria su ciò che deve essere stato vivere una vita da essere inutile (donna, non sposata, senza figli), ma all’ombra di un fratello-genio.

Il libro prende le difese di Adolfine e delle donne in generale. Freud è raffigurato come l’uomo che, con tutto il suo parlare di incesti, ani e peni, non riesce ad andare oltre i pregiudizi del suo tempo quando si tratta di donne.

“Freud era, in un certo senso, misogino” ha dichiarato Smilevski in un’intervista, aggiungendo che il fondatore della psicoanalisi non si sottopose mai ad un’analisi psicoanalitica e che non cerò mai di capire il proprio rapporto con sua madre.

Smilevski non parla, nel romanzo, del fatto che Freud abbia lasciato l’equivalente di 20.000 dollari alle sue sorelle, o che abbia chiesto a Marie Bonaparte, una influente discepola del Maestro, di ottenere  anche per loro il permesso di lasciare l’Austria.

Naturalmente, tutti speriamo che l’abbia fatto davvero, e che non si sia limitato alla sola intenzione di farlo.

In Italia il libro è pubblicato da Guanda.

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Gentile Dottoressa, vi scrivo perchè vorrei un consiglio. Circa due anni e mezzo fa ho partorito, dopo nemmeno una settimana, nemmeno il tempo di riprendermi psicologicamente dal parto a circa una settimana sono tornata a casa mia che dista 500 km da dove ho partorito, Vi spiego mi sono sposata e ho cambiato residenza, ma io tutti i miei parenti e i miei genitori sono rimasti nella città dove sono nata. Ho cambiato città per seguire l’amore e perchè mio marito lavora qua e un suo trasferimento nella mia città natale era impossibile. Come detto alla nascita del mio primo figlio mio marito ha voluto che io tornassi subito a casa e questo mi ha nuociuto moltissimo. Il bimbo troppo piccolo, una suocera alquanto pedante che criticava e mai aiutava solo per gli omogenizzati e i pannolini, ma io avevo bisogno di un sostegno morale di un appoggio visto che mio marito lavorava e solo la sera c’era ma era quasi sempre stanco e crollava sulla sedia e io in questi due anni e mezzo non mi sento felice, non mi sento adeguata nemmeno nel ruolo di madre avvolte. Qualche volta mi viene da piangere, sto sempre nervosa e non posso nemmeno stare con i miei genitori perchè gli vedo due volte all’anno. Se mio marito invece mi aveva lasciato nella mia città natale almeno un mese un paio di mesi massimo dopo il parto forse non sarei così infelice. Devo dire che almeno mi aiuta con il bimbo e la casa. Negli ultimi tempi mi sento peggio del solito. Cosa mi consiglia di fare dottoressa? Grazie per un suo consiglio, Cordialmente.

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Gentilissima,

Come lei dice giustamente, “forse” non sarebbe stata così infelice, se suo marito l’avesse lasciata nella sua città natale, ma nessuno ci può dare la prova contraria. Forse si, forse no: chissà.

Personalmente però credo che suo marito abbia fatto benissimo a consigliarle di tornare, sin da subito, nella vostra casa e nella vostra nuova città. Capisco che i suoi affetti e probabilmente sua madre le manchino molto, ma lei deve vivere dove vive suo marito e deve crescere questo figlio insieme a lui (non insieme a sua suocera!).

E’ vero che lui lavora e torna stanco, ma sicuramente avrete qualche momento per vivere la vostra vita in intimità. Se questi momenti non fossero abbastanza, occorre adoperarsi perché diventino più frequenti.
Quanto a sua suocera, se lei lavora è un aiuto prezioso, anzi preziosissimo, e dunque in questo caso non va detta una sola parola in più… Ma se lei non lavora e la sua giornata è già piuttosto vuota, l’aiuto non richiesto di sua suocera potrebbe essere più un peso che altro.

Se ha deciso di non lavorare, cerchi almeno di uscire spesso con suo figlio, lo porti al parco, lo porti in piscina e poi, quando sarà più grandicello, lo porti a fare sport. In questo modo suo figlio avrà una vita sociale intensa, che lo aiuterà nella crescita e anche lei potrà conoscere le altre mamme, con le quali stabilire un rapporto di amicizia e di frequentazione.

Le consiglierei di trovarsi anche delle occupazioni personali, come frequentare dei Corsi: dal corso di inglese a quello di pittura, da quello di ricamo a quello di burraco, veda lei, secondo i suoi gusti. L’importante è non lasciarsi andare ed evitare di sentirsi inutile. Anche se dista 500 km dalla sua città natale, la vita non è finita ed anche nella sua nuova città ci possono essere persone con le quali potrebbe trovarsi bene. Coraggio, le cerchi 😉
Cordialmente,

Dr. Giuliana Proietti

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Bambini: dalla TV a YouTube

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La televisione ha sicuramente cambiato il modo di stare insieme in famiglia, di trascorrere buona parte del tempo libero, sia per i bambini che per gli adulti.  Fino a non molti anni fa i bambini, contrariamente a quello che avevano sempre fatto i loro coetanei in tutte le epoche precedenti, avevano imparato a trascorrere buona parte del loro tempo seduti, prima a scuola, poi davanti alla TV. Questo ha certamente influito sul loro modo di vivere l’infanzia e la prima adolescenza e sul loro sviluppo, sia fisico, sia mentale. Nel bene e nel male.

Attraverso la TV essi sono stati anzitutto esposti ad una notevole quantità di stimoli, di cui alcuni molto utili, che hanno favorito l’accelerazione del loro sviluppo mentale e sociale. La Tv, ad esempio, ha insegnato loro a parlare meglio nella lingua ufficiale (in casa e a volte anche a scuola si parla in dialetto) e li ha educati ad un uso sociale del linguaggio, ed inoltre ha stimolato la loro fantasia, integrando, attraverso suoni e immagini, gli insegnamenti ricevuti a scuola.

L’aspetto negativo della TV era nel fatto che essa proponeva un’attività passiva, tendente a sostituire il fare con il guardare, insegnando cioè al bambino il mondo degli altri, e non un mondo in cui lui poteva partecipare in prima persona.

Si diceva inoltre che la TV, essendo molto suggestiva, poteva avere un effetto quasi ipnotico, estraniando lo spettatore da se stesso, esponendolo ai messaggi pubblicitari, distogliendolo da altre attività.

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Per tutte queste ragioni molti psicologi hanno visto nel computer una valida alternativa alla TV, in quanto impegnava il bambino in attività che lo interessavano, senza più subire i programmi voluti da altri. Il bambino poteva vedere dei CD, fare delle ricerche, disegnare, programmare, giocare.

Poi è arrivata la possibilità di collegarsi a Internet e da lì le cose sono, ancora una volta, completamente cambiate.

Per molti ragazzi e bambini, Internet ha ormai quasi del tutto sostituito la televisione. Secondo una recente ricerca di Ofcom, i ragazzi inglesi che hanno dai 12 ai 15 anni hanno maggiore familiarità con YouTube che con la BBC o l’ITV, mentre la quantità di televisione osservata da quattro  a quindici anni è diminuita del 25%, a partire dal 2010.

Negli ultimi 10 anni del resto anche gli investimenti delle televisioni per fare programmi per bambini si è enormemente ridotta. Oggi ci sono molti vlogger (o blogger, che si esprimono però attraverso dei video su YouTube), con moltissimi followers,  del tutto sconosciuti a persone che hanno più di 30 anni, i quali, in piena autonomia, decidono quali video postare e quali marchi pubblicizzare attraverso promozioni online.

Ad esempio, il ventottenne svedese YouTuber PewDiePie (vero nome Felix Kjellberg) è stato accusato di usare contenuti razzisti e antisemitici nei suoi video, che hanno oltre 58 milioni di abbonati (assolutamente di più degli abbonati RAI…) Questi ragazzi fanno fortuna usando semplicemente una videocamera e un computer, senza avere una normale emittente alle spalle, senza essere stati selezionati da qualcuno per le proprie qualità.

Inoltre, non c’è praticamente nessuno che controlli o sanzioni quello che viene postato sul canale riguardo ai contenuti che essi diffondono.

YouTube afferma che il suo sito è pensato per utenti di età superiore ai tredici anni, ma tali limiti di età sono essenzialmente impossibili da far rispettare e così può capitare che anche bambini di sette, otto anni, possano essere esposti a immagini e situazioni che i genitori neanche immaginano.

Se si pensa che in fascia protetta, in tv sono vietate immagini e contenuti che possono essere inappropriati ai minori (bullismo, sesso, violenza, droghe, alcol e così via) e che invece su questi canali privati, gestiti da soggetti poco più che adolescenti, si trova di tutto e di più, la cosa non può che provocare allarme.

In un articolo pubblicato lo scorso Novembre sulla rivista online Medium l’esperto di tecnologia e artista James Bridle ha mostrato la grande quantità di prodotti a basso costo per bambini che circola su YouTube, in gran parte con versioni surrogate di personaggi famosi come Spider-Man, Paw Patrol, Thomas the Tank Engine e Elsa di Frozen.

“I bambini molto piccoli”, ha scritto Bridle, “sono deliberatamente presi di mira con contenuti che li traumatizzano e li disturbano”. Considerando le dimensioni di YouTube, ha proseguito, “la supervisione umana è semplicemente impossibile ”.

YouTube lo scorso anno ha vietato la monetizzazione di video che ritraggono “personaggi di intrattenimento familiare coinvolti in comportamenti inappropriati”, ha tagliato alcuni canali per bambini che riteneva inadatti e promesso di migliorare i controlli.

YouTube non va, in ogni caso, demonizzata: probabilmente offre ai genitori una scelta più ampia e un maggiore controllo sulle abitudini di visualizzazione dei propri figli rispetto a quello che succedeva nella TV dell’era pre-internet… Il problema è che la necessità di controllare il tempo libero dei figli, con l’avvento di Internet, si è notevolmente accresciuta, per cui se la TV era una noiosa baby sitter che faceva ingrassare i bambini davanti allo schermo, ora YouTube è un canale che può rendere i figli molto più attivi e intraprendenti, purtroppo anche attraverso la scelta di programmi che non sono adatti a loro e sui quali non vi è alcun controllo.

Dr. Walter La Gatta

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Sessualità in età anziana

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La sessualità in età anziana è un tema spesso trascurato, ma riveste un’importanza fondamentale per il benessere fisico ed emotivo delle persone. Contrariamente a stereotipi comuni, molte persone anziane continuano a vivere esperienze sessuali significative, esprimendo desideri e bisogni che meritano attenzione e rispetto. Cerchiamo allora di saperne di più.

Cosa si sa della sessualità degli anziani?

Uno studio americano del 2017 condotto insieme alla University of Michigan ha confermato quanto segue sulla sessualità fra gli anziani:

  • Tra uomini e donne di età compresa fra 65 e 80 anni, il 40 per cento di loro è sessualmente attivo;
  • La percentuale sale al 54% in presenza di una relazione di coppia stabile;
  • Molti uomini dichiarano di essere ancora molto interessati al sesso (le donne si mostrano meno entusiaste);
  • Le donne interessate al sesso affermano di essere più soddisfatte oggi che in passato;
  • Fra coloro che hanno problemi sessuali, ben pochi si rivolgono al medico o al terapeuta sessuale per risolvere le loro disfunzioni.

Uno studio della National Commission on Aging (NCOA) ha scoperto che le donne sopra ai 70 anni sembrano più soddisfatte della sessualità rispetto a quando erano più giovani.

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Quali sono i problemi sessuali negli anziani?

Il normale invecchiamento può portare a delle modificazioni negli organi sessuali, per cui la sessualità e l’intimità devono essere modificate, in modo da renderle ancora soddisfacenti, nonostante i cambiamenti. La vagina si accorcia e si restringe, le pareti vaginali diventano meno forti e vi è meno lubrificazione. Fra gli uomini la DE è molto diffusa.

Quali sono i problemi di salute che possono influenzare il piacere sessuale?

  • Dolore cronico;
  • Artrite: alcune posizioni sessuali diventano difficili da mantenere;
  • Cancro: a parte le malattie agli organi genitali, il fatto di essere ammalati di cancro riduce il desiderio sessuale;
  • Diabete;
  • Problemi cardiaci;
  • Obesità: il problema riguarda soprattutto le donne;
  • Incontinenza: vi è soprattutto la paura di perdere le urine durante il rapporto;
  • Malattie neurologiche, come Parkinson e Alzheimer;
  • Abuso di sostanze;
  • Farmaci: in particolare antidepressivi, farmaci per regolare la pressione sanguigna, ecc.

Le donne vivono più degli uomini in età anziana: questo può rappresentare un problema?

Si, poiché le donne sono di più, esse possono non avere un partner. In genere, inoltre, le donne sono sposate con uomini più anziani e quindi è possibile che questi abbiano maggiori difficoltà in ambito sessuale, che si ripercuotono sulle donne. Gli uomini inoltre, se sono in buona salute, preferiscono avere delle partners giovani e le donne vedove tendono a non risposarsi. Per tutto ciò, rivedendo le statistiche, potremmo concludere che non si tratta necessariamente di un minore interesse nella sessualità da parte delle donne anziane, ma piuttosto di una mancanza di opportunità.

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La sessualità in età anziana porta dei benefici?

Uno studio del 2017 condotto su anziani irlandesi ha mostrato che la vita di coppia era più soddisfacente quando i due partners continuavano a fare sesso.  L’orgasmo inoltre permette al corpo di rilasciare l’ossitocina, sia negli uomini, sia nelle donne, un ormone che induce un piacevole senso di calma e migliora il sonno.

Cosa fare per mantenersi attivi, nonostante l’età?

L’attività sessuale in età anziana va completamente rivista. Possono esservi cose che piacevano in passato che ora non sono più praticabili ed altre che, vinti i tabù del passato, potrebbero cominciare a piacere in età più adulta. Questo riguarda anche il numero delle prestazioni: una volta potevano essere più numerose, ma anche più superficiali, ora possono essere meno frequenti, ma più intense.

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La sessualità dunque può perfino migliorare in età adulta?

La sessualità non è solo attività fisica, ma anche intimità e una coppia che sta insieme da molti anni è più sicura dei propri mezzi e di cosa può far piacere all’altro, per cui la soddisfazione sessuale migliora con la pratica. Inoltre, avendo più tempo a disposizione, è possibile avere quella privacy e quel tempo che mancava nelle età più giovani.

Il desiderio sessuale può diminuire?

Certo, diminuisce con l’età. Per mantenersi sessualmente attivi dunque occorre evitare di fare sesso solo in presenza del desiderio. Il desiderio a volte viene dopo l’eccitazione e dunque cominciare a fare sesso può essere il modo migliore per sperimentare il piacere emotivo del desiderio sessuale.

Quanto è importante parlarne all’interno della coppia?
 
Un buon rapporto sessuale inizia da una buona comunicazione all’interno della coppia. Se uno dei due partners si mostra disinteressato, non è detto che lo sia realmente: potrebbe vergognarsi di mostrare il proprio corpo, potrebbe non gradire alcuni aspetti della sessualità e gradirne altri… Se non ci si parla è difficile comprendersi.
 

Ci si può rivolgere al sessuologo in età anziana?

Certamente si, per qualsiasi tipo di disfunzione o malessere relativo al sesso. Il terapeuta può aiutare i due partners a comunicare e a cercare un punto di mediazione per risolvere alcuni problemi che creano scontento.

Quali sono i problemi sessuali più comuni delle donne in età anziana?

  • Secchezza vaginale: Per risolvere questo problema ci sono vari tipi di lubrificanti o trattamenti ormonali. In ogni caso la secchezza vaginale tende a migliorare quando i rapporti sessuali si fanno più frequenti.
  • Disfunzioni dei muscoli del pavimento pelvico: Quando questi muscoli si indeboliscono possono portare a incontinenza. Più di una donna su cinque teme la perdita di urina durante il rapporto sessuale. Vi sono vari rimedi, anche chirurgici, per risolvere questo problema.

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Quali sono i problemi sessuali più comuni negli uomini in età anziana?

Gli uomini soffrono soprattutto di disfunzione erettile (esistono tuttavia vari farmaci, come Viagra, Levitra, e Cialis per risolvere il problema). Vi sono poi delle posizioni sessuali più adatte per ovviare a questo problema (es. lei sopra).

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6 riflessioni per evitare di sbagliare il regalo di Natale

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In entrambi i casi l’impegno profuso nella scelta dei regali potrebbe però rivelarsi inutile: scartando il regalo infatti, il ricevente potrebbe mostrare di non averlo gradito, rendendo così in un solo colpo vane ore e ore di shopping forzato nei centri commerciali e nei mercatini, alla ricerca del regalo che si riteneva “giusto” per quella determinata persona.

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Ecco allora qualche riflessione psicologica e qualche suggerimento pratico, per evitare i più comuni errori nell’acquistare un regalo di Natale:

1. Utilità del regalo. Dovendo fare un regalo, la prima cosa da tenere a mente è quella di cercare un regalo utile per chi lo riceve. Non tutte le cose hanno un’utilità materiale: si possono ad esempio regalare anche dei piaceri (abbonamenti al cinema o al teatro, massaggi, viaggi, palestra ecc.) o anche oggetti che non servono assolutamente a nulla, ma che possono dare gioia a chi li desidera (un gioiello, un soprammobile). In genere il donatore preferisce investire in un oggetto materiale, piuttosto che su qualcosa da consumare in seguito, perché questo non richiede un’ indagine troppo accurata sui gusti particolari del ricevente. Non la pensa tuttavia allo stesso modo il ricevente, che preferirebbe invece sfruttare l’occasione del regalo per poter realizzare i propri desideri, piuttosto che compiacere l’ego del donatore, contornandosi di oggetti che ritiene di cattivo gusto o inutili;

2. Costo del regalo. Non è detto che un buon regalo debba necessariamente essere costoso o particolarmente ricercato: può essere anche una cosa molto semplice, di uso comune, capace però di semplificare o migliorare la vita di chi lo riceve (una copertina, un tagliacarte, uno spremiagrumi, una sciarpa, ecc.). Se si regala una cosa che piace al ricevente, non è necessario spendere dei capitali: tutti hanno bisogno di oggetti comuni, che non si posseggono solo perché non si ha il tempo o il modo di andarli a comprare.
Quando si spende molto per un regalo, può capitare di accorgersi, da ciò che dice sul momento e dal modo in cui manipola l’oggetto, che il destinatario non abbia minimamente idea riguardo al significato e al valore materiale dell’oggetto ricevuto: chi dona del resto sa sempre quanto ha investito in un regalo, mentre chi riceve non è sempre in grado di apprezzarne il valore. Se si è deciso di compiere una scelta così audace, investendo molto e senza poter prevedere il gradimento dell’interessato, ci si dovrebbe almeno fornire di qualche informazione (o documento) utile, che possa permettere al ricevente di comprendere con facilità il valore e l’importanza del regalo ricevuto;

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3. Significato simbolico del regalo. Chi regala qualcosa esprime sicuramente in questo scambio comunicativo cosa pensa del ricevente e cosa pensa della relazione che ha con lui/lei. Chi regala oggetti senza pensarci troppo, basandosi solo sui propri gusti e sulle proprie propensioni, invece di concentrarsi sui desideri del ricevente, compie dunque un atto di negazione e disconferma nei confronti del ricevente, che potrebbe anche deteriorare la relazione. Quante relazioni si interrompono infatti a causa di un regalo sbagliato? Nel fare il regalo dunque vale la pena di riflettere su quali siano i significati che si esprimono attraverso il regalo e se essi possano essere condivisi e accettati dal ricevente. In questo senso, un set di saponi, deodoranti e profumi potrebbe essere un regalo neutro, ma anche molto offensivo se chi lo riceve pensa che gli viene donato affinché possa curare di più la sua igiene. Può inoltre succedere di regalare consapevolmente qualcosa che l’interessato non gradisce, allo scopo di interessarlo a qualcosa che si ritiene sia utile per il suo bene. Questo accade ad esempio quando si regala un viaggio ad una persona depressa, o un libro di storia ad uno studente svogliato: in questo caso l’iniziale rifiuto o disinteresse fa parte del gioco, ma per evitare che il regalo “imposto a fin di bene” si riveli solamente un investimento sbagliato, è sempre meglio scegliere qualcosa che possa essere facilmente cambiato;

4. Presentazione del regalo. Il donatore, scegliendo il regalo, si concentra in genere sulla magia del momento in cui il dono viene consegnato. Questo significa che può ad esempio optare per un prodotto meno costoso, ma “completo”, piuttosto che per un prodotto considerato il top nel suo genere, ma che non sia “completo”. Allo stesso modo, si può scegliere di acquistare un regalo meno costoso, per spendere poi altri soldi nella confezione, nella speranza che fiori, nastri e lustrini possano rendere il regalo più importante. Il donatore che compie questa scelta non sbaglia a pensare che così il regalo “si presenta meglio”, ma deve essere consapevole che il ricevente darà solo un’occhiata distratta alla confezione e che, nell’aprirla, guarderà sicuramente più alla sostanza che alla forma. Il suggerimento dunque è di non cedere al proprio bisogno di estetica del dono e scegliere sempre il meglio che c’è sul mercato, a prescindere dalla completezza e dalla confezione.

5. La sorpresa. Un errore comune è quello di voler sorprendere chi riceve il regalo: “questo non te lo aspettavi, vero?”. La sorpresa per un evento inaspettato viene spesso seguita dall’emozione della gioia, ma occorre considerare che le cose potrebbero non andare esattamente cosi… Infatti, quando la sorpresa si presenta a seguito di un evento contrario alle proprie aspettative, potrebbe essere presto seguita dall’emozione della delusione. Se, ad esempio, una persona desidera da tempo un nuovo computer e invece le si regala un acquario, la cosa può essere si molto sorprendente sul momento, ma anche molto deludente e addirittura fastidiosa ed irritante nel lungo periodo;


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6. Limitare i rischi. Un modo per sbagliare di meno è sicuramente quello di non puntare su un unico oggetto, ma di suddividere la spesa in più regali, fra loro differenziati, in modo che fra essi ve ne sia almeno uno considerato più apprezzabile degli altri. Un altro modo per limitare il rischio è quello di regalare al ricevente non un semplice oggetto, ma la possibilità di scegliere ciò che desidera e che ritiene affine ai suoi gusti. La forma più facile, in questo caso, è quella di regalare denaro ( personalizzando, questo si, la confezione del dono, il momento in cui avviene lo scambio, ecc. affinché il ricevente conservi la memoria di questo momento importante e i sentimenti di donatore e ricevente non siano banalizzati alla stregua di una semplice transazione commerciale fra loro). Una buona idea può essere inoltre quella di regalare carte pre-pagate, in modo che il regalo consista non in un oggetto specifico ma in un “genere” (libri, viaggi, abbigliamento, ecc.), lasciando così al ricevente il piacere di scegliere ciò che più desidera all’interno di quella categoria commerciale;

Tutte queste riflessioni sarebbero ovviamente inutili se sapessimo usare di più e meglio l’empatia di cui siamo naturalmente dotati: nel donare dovremmo ricordarci con maggiore lucidità dei tanti regali inutili e deludenti ricevuti nel nostro passato e nel ricevere dovremmo riflettere di più sull’affetto, il tempo e il denaro che il donatore spesso si trova ad investire in un regalo, nella convinzione, errata ma non disonesta, di avere compiuto la migliore scelta possibile.

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Pubblicato anche su Huffington Post

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