Sophie, la quinta figlia di Freud, morta di Spagnola
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Nel 1920 morì ad Amburgo, a soli 27 anni, di influenza “spagnola”, la quinta figlia di Freud, di cui poco si sa, rispetto alla più nota Anna Freud. Ne ripercorriamo qui brevemente la biografia.
Sophie nacque il 12 aprile 1893, quinta figlia di Sigmund e Martha. I genitori la chiamarono Sophie in onore di Sophie Schwalb, la nipote di Samuel Hammerschlag, insegnante ebreo di Freud.
Sophie era molto ammirata da suo padre, e la preferita di sua madre, Martha. In famiglia la chiamavano “la bambina della domenica” per il suo carattere solare.
Nel 1912, a 19 anni, Sophie si fidanzò improvvisamente, con il consenso della famiglia. In una lettera che Sigmund scrisse a sua sorella Mitzi (20 luglio 2012),si parla proprio di questo fidanzamento:
“Si chiama Max Halberstadt, ha trent’anni ed è un lontano parente della nostra famiglia di Amburgo. E’ molto serio, ispira fiducia, ed entrambi sembrano essere innamorati”.
I fidanzati convolarono a nozze il 14 gennaio 1913, ad Amburgo.
Questo matrimonio suscitò sentimenti contrastanti nella sorella di Sophie, Anna: in certi momenti sembrava voler partecipare al matrimonio della sorella, in altri voleva evitare di andare. Secondo Freud, che in quel periodo analizzava la futura psicoanalista, i disturbi di cui la figlia maggiore soffriva erano dovuti a sentimenti di gelosia nei confronti di Sophie, del suo matrimonio e del suo futuro marito, Max Halberstadt.
L’11 marzo 1914, alla coppia nacque il primo figlio, Ernst Wolfgang, cui Freud si sentì immediatamente molto legato, tanto che in una lettera del 22 settembre dello stesso anno scritta all’allievo Karl Abraham, si lasciò andare a espressioni di tenerezza e orgoglio nei confronti di questo bambino:
“Mio nipote è un ometto piccolo e grazioso, che riesce a ridere simpaticamente ogni volta che gli si presta attenzione; è un essere dignitoso, civile, doppiamente prezioso in questi tempi di bestialità scatenata. L’educazione rigorosa da parte di una madre intelligente, illuminata dalla Hug-Hellmuth, lo sta facendo crescere molto bene “.
(La Hug-Hellmuth fu una delle prime psicoanaliste ad interessarsi di psicologia infantile)
Questo nipote di Freud è “il piccolo Ernst”, il bambino che giocava con il rocchetto di filo e che è entrato nella storia della psicoanalisi grazie al libro “Al di là del principio di piacere”.
In questo libro nonno Freud descrive il comportamento del piccolo Ernst durante una fase di gioco. Il bambino, infatti, all’età di 18 mesi, giocava spesso con un rocchetto di filo, che lanciava lontano da sé, facendolo scomparire. In seguito tirava nuovamente a sé il rocchetto e, ogni volta che ricompariva, il bambino mostrava segni di felicità.
Osservando questa scena domestica, lo psicoanalista formulò la teoria della coazione a ripetere, cioè la tendenza inconscia a riproporre, tramite gesti e azioni quotidiane, degli schemi o dei modelli interni, che in passato hanno generato una sofferenza.
Secondo Freud alcune sofferenze vengono rimosse, ma non spariscono del tutto e possono indurre la persona a mettere in atto dei comportamenti volti a rivivere questa esperienza rimossa “come una esperienza attuale, anziché del passato”.
L’8 dicembre 1918 nacque il secondo figlio di Sophie, Heinz Rudolf, chiamato “Heinele,” nato a Schwerin.
Questo nipote era, secondo Freud (dalla lettera ad Anna von Vest, del 14 novembre 1922)
“fisicamente molto fragile, un vero e proprio figlio della guerra, ma soprattutto intelligente e simpatico”.
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Sophie Halberstadt-Freud si ammalò e morì improvvisamente di “spagnola” il 25 gennaio 1920, lasciando un figlio di 6 anni e uno di poco più di un anno.
L’influenza detta “spagnola” fu una pandemia influenzale, insolitamente mortale, che fra il 1918 e il 1920 uccise decine di milioni di persone nel mondo. Arrivò ad infettare circa 500 milioni di persone in tutto il mondo, provocando il decesso di 50-100 milioni di persone su una popolazione mondiale di circa 2 miliardi. Questa pandemia causò più vittime della terribile peste nera del XIV secolo e più morti della seconda guerra mondiale (55 milioni).
La morte di Sophie fu molto improvvisa: rimase malata per soli cinque giorni. Aveva ventisei anni ed era incinta del terzo figlio.
Freud scrisse al pastore Pfister, il 27 gennaio:
“Questo pomeriggio abbiamo ricevuto la notizia che la nostra dolce Sophie di Amburgo è stata strappata via dalla polmonite influenzale, rapita malgrado una salute raggiante e una vita piena e attiva di brava madre e moglie amorevole, il tutto in quattro o cinque giorni, come se non fosse mai esistita.
Siamo stati preoccupati per un paio di giorni, comunque eravamo speranzosi, ma è così difficile giudicare a distanza. E questa distanza doveva rimanere distanza, non siamo stati in grado di partire immediatamente, come avevamo previsto, dopo le prime notizie allarmanti, non c’era nessun treno, neanche per una situazione di emergenza.
La brutalità evidente del nostro tempo grava su di noi. Domani sarà cremata, la nostra povera bambina della domenica . . . Sophie lascia due figli, uno dei sei, l’altro di tredici mesi, e un marito inconsolabile, che dovrà pagare a caro prezzo la felicità di questi sette anni.
La felicità esisteva solo dentro di loro; fuori c’era la guerra, l’arruolamento, le ferite, l’esaurimento delle loro risorse, ma erano rimasti coraggiosi e felici.
Io lavoro quanto posso, e sono grato per l’opportunità di questo diversivo. La perdita di un figlio sembra essere una grave ferita narcisistica; ciò che chiamiamo lutto probabilmente seguirà solo più tardi”.
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Freud scrisse di questa “irreparabile ferita narcisistica” anche a Sándor Ferenczi, uno psicoanalista ungherese a quel tempo molto vicino a Freud, il 4 febbraio.
L’11 aprile 1929, Freud si trovò a consolare un altro famoso collega, Ludwig Binswanger, nel momento in cui si trovò a soffrire anche lui di una perdita simile:
“Sappiamo che il dolore acuto che sentiamo dopo una tale perdita seguirà il suo corso, ma anche che rimarrà inconsolabile, e non potrà mai trovare una sostituto.
Non importa ciò che potrà venire a prendere quel posto, magari a riempirlo completamente,perché sarà comunque qualcosa di diverso. Ed è così che dovrebbe essere.
E’ l’unico modo per perpetuare un amore che non vogliamo abbandonare.”

Molti commentatori hanno sostenuto che questo dolore per la perdita della figlia prediletta ispirò a Freud il concetto di pulsione di morte nella sua teoria, ma in realtà Freud aveva iniziato a scrivere il libro già molto prima che sua figlia morisse, avendone già discusso a lungo con Sabina Spielrein, la prima ideatrice di questo concetto psicoanalitico.
Certamente, la morte di Sophie può aver portato lo psicoanalista austriaco a riflettere su questo concetto di pulsione di morte con maggiore profondità, visto che era toccato personalmente da un così grande dolore.
Quanto ai figli di Sophie, il “piccolo Ernst”, da grande sarebbe stato analizzato dalla zia Anna Freud (Roazen, 1933), che esitò ad adottarlo, ma che lo rese comunque suo legittimo erede.
Sappiamo che Ernst emigrò in Gran Bretagna, nel 1938, dopo aver soggiornato in Palestina, a Mosca, in Sud Africa e che fu analizzato anche da Willy Hoffer.
Dopo essersi sposato con Irene Chambers nel 1945, egli stesso divenne psicanalista (uno dei pochi Freud che scelse questa carriera) e, con il nome di Ernst W. Freud (il suo vero nome era in realtà Ernst Wolfgang Halberstadt), praticò la professione di psicoanalista in Germania ed in Gran Bretagna.

L’altro figlio di Sophie, Heinz Rudolf (detto Heinele), il bimbo che Freud aveva definito “un figlio della guerra”, fu adottato da un’altra figlia di Freud, Mathilde, ma morì il 19 giugno del 1923, di tubercolosi miliare.
Anche la tubercolosi miliare è un’infezione contagiosa causata da Mycobacterium tuberculosis, un batterio che si trasmette per via aerea. Questa malattia colpisce i polmoni ed è così denominata per le innumerevoli minuscole lesioni, delle dimensioni di grani di miglio (i piccoli semi tondi che si trovano nei mangimi per gli uccelli), che si formano nei polmoni. Oggi è possibile curare questa malattia con gli antibiotici.
Tre anni dopo questa seconda, dolorosa morte e dopo aver scoperto di essere malato di cancro (1923), il 15 ottobre 1926, Freud scrisse a Ludwig Binswanger:
“Per me, quel bambino ha preso il posto di tutti i miei figli e di tutti gli altri nipoti, e da allora, dopo la morte di Heinele, non mi sono più curato dei miei nipoti, e non ho più il piacere di vivere.
Questo è il segreto della mia indifferenza, che è stato chiamato anche coraggio, verso le sfortune della mia vita. “
L’ 11 marzo 1928, lo psicoanalista tornò sull’argomento in una lettera allo psicoanalista e suo biografo Ernest Jones:
“E’ dal giugno del 1923, quando è morto il piccolo Heinele, che mi sono stancato della vita in modo definitivo”.
Fonte principale
HALBERSTADT-FREUD, SOPHIE (1893-1920)
Dott.ssa Giuliana Proietti
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