Freud, la psicoanalisi e le donne

Freud, la psicoanalisi e le donne

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Cosa vogliono le donne?

Freud non può essere sicuramente considerato un teorico femminista perché, come è noto, per sua stessa ammissione, delle donne comprese ben poco.

Il padre della psicoanalisi ebbe infatti a dire che:

“La grande domanda, alla quale nemmeno io ho saputo rispondere malgrado trent’anni di lunghe ricerche, è questa: che cosa vuole la donna?”

Per lui la questione femminile rimase sempre un “continente oscuro”.

L’invidia del pene

La sua ipotesi sulla donna è che essa fosse biologicamente dominata dalla funzione riproduttiva. L’invidia del pene, da lui formulata sullo sviluppo psicosessuale delle bambine, è la controparte femminile del concetto di ansia da castrazione, presente nel complesso edipico.

Nella sua teoria, Freud suggerisce infatti che, durante la fase fallica (dai 3 ai 5 anni), le bambine si allontanino dalle loro madri, per dedicare tutto il loro affetto ai papà. Questo allontanamento dalla madre si verifica al momento in cui la bambina si rende conto di non avere un pene.

Dice Freud:

“Le bambine ritengono la madre responsabile della mancanza di un pene e non la perdonano, per il fatto di essere svantaggiate”

La contestazione femminista

Freud era convinto che la sua scoperta del complesso edipico e delle teorie ad esso collegate, come l’ansia da castrazione e l’invidia del pene, fossero i suoi più grandi successi mentre sono state, forse, le sue teorie più criticate.

Freud è stato duramente contestato dalle femministe, in particolare per i suoi concetti di invidia del pene e di orgasmo vaginale.

Tra le nemiche più acerrime di queste teorie freudiane fu Karen Horney (1885-1952), una psicoanalista femminista, la quale suggerì che non sono le donne a desiderare il pene, quanto sono piuttosto gli uomini ad invidiare l’utero femminile, visto che questo permette di generare dei figli che nascono nel proprio corpo. (“invidia dell’utero”).

Freud aveva in qualche modo previsto che, prima o poi, le psicoanaliste avrebbero portato avanti questa contestazione e infatti, già da queste prime avvisaglie, ebbe a dire che le psicoanaliste donne non attribuivano una sufficiente importanza all’invidia del pene, in quanto la provavano esse stesse.

La sua misoginia è facilmente intuibile anche da questo passaggio, scritto in un articolo del 1925, dal titolo “Le conseguenze psichiche della distinzione anatomica tra i sessi”:

“Le donne si oppongono al cambiamento, sono passive e non aggiungono nulla di proprio”.

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Le psicoanaliste

Mentre Freud descriveva le donne come esseri inferiori agli uomini, molte donne divennero psicoanaliste e molte di loro furono fondamentali nello sviluppo e nel progresso della psicoanalisi.

La prima donna a unirsi alla Società psicoanalitica di Vienna di Freud fu Helene Deutsch, nel 1918. Pubblicò il primo libro psicoanalitico sulla sessualità femminile e scrisse ampiamente su argomenti come la psicologia delle donne, l’adolescenza femminile e la maternità.

Anche la psicoanalista (ex amante di Carl Jung) Sabina Spielrein ebbe un’influenza importante sullo sviluppo della psicoanalisi. Durante i primi anni dell’amicizia tra Freud e Jung, i due psicoanalisti trascorsero molto tempo a discutere il caso  Spielrein, originariamente paziente di Jung, modellando così molte delle loro opinioni.

La stessa Spielrein ebbe anche il merito di sviluppare il concetto importantissimo di istinto di morte (poi ripreso da Freud, con una fugace citazione della Spielrein), oltre che di introdurre la psicoanalisi in Russia.

Melanie Klein divenne un membro di spicco della comunità psicoanalitica e sviluppò la tecnica nota come “tecnica del gioco”, che è ancora ampiamente utilizzata oggi nella psicoanalisi infantile.

Inoltre, sua figlia, Anna Freud, svolse un ruolo vitale nel far avanzare molte delle teorie di suo padre e contribuì grandemente alla psicoanalisi infantile.

Le pazienti

Molte delle pazienti di Freud divennero psicoanaliste famose ed influenti, come la principessa Marie Bonaparte o Lou Andreas Salomè.

Altre pazienti invece furono in qualche modo “usate” da Freud per costruire le sue teorie, come nel caso di Anna O (paziente che in realtà Freud non vide mai, in quanto Anna O, il cui vero nome era Bertha Pappenheim, era stata paziente di Josef Breuer).

Anna O. incarnò, suo malgrado, il prototipo dell’isterica, anche se poi nella vita divenne una famosa istitutrice, tanto che le fu dedicato perfino un francobollo. Sappiamo che questa donna si tenne poi, per tutta la sua vita, lontana dalla psicoanalisi e dagli psicoanalisti, anche se a lei dobbiamo la definizione di “talking cure”, la cura della parola, che ha contraddistinto la tecnica terapeutica della psicoanalisi e della stessa psicoterapia moderna.

La stessa cosa avvenne, più o meno, con il caso di Dora, la quale interruppe bruscamente la psicoanalisi con Freud, scandalizzata dalle sue conclusioni sul suo caso. Sul caso di Dora, tuttavia, Freud costruì la teoria del transfert.

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Le donne nella vita privata di Freud

Sebbene Freud non desse particolare importanza all’ intelligenza femminile, nella sua vita personale le donne ebbero dei ruoli importantissimi, a cominciare dalla madre che, pur avendo avuto altri figli maschi, considerò sempre Sigmund come il suo favorito.

A Freud non sfuggì, naturalmente, quanto potesse essere importante, per un individuo, questa considerazione materna, tanto che scrisse:

“Ho scoperto che le persone che sanno di essere favorite dalle loro madri, nella loro vita mettono in evidenza una particolare auto-stima e un incrollabile ottimismo, che spesso li porta realmente verso il successo” .

La moglie Martha gli dedicò, praticamente, la sua vita, così come fece anche sua sorella, Minna Bernays, che era andata a vivere con la famiglia della sorella, in casa Freud.

Martha aveva il controllo delle finanze domestiche. La nipote, Sophie Freud ricorda che:

“Era una brava casalinga. Era molto parsimoniosa. E mio padre diceva che sua madre avrebbe preferito avvelenare l’intera famiglia piuttosto che buttare via del cibo.”

Secondo il biografo Ernest Jones, Sigmund restò sempre fedele alla moglie (anche se ultimamente questa certezza non è più considerata granitica).

Scrive Ernest Jones:

“sua moglie è stata l’unica donna della sua vita ed è venuta sempre prima di qualsiasi altro mortale”.

Freud aveva poi numerose sorelle, il cui destino fu tragico (ed è ancora molto discusso se lui abbia fatto veramente il possibile per salvarle) ed ebbe anche tre figlie femmine, oltre che tre figli maschi.

Tra i figli di Freud la prediletta fu sicuramente Anna Freud, l’ultimogenita e l’unica a portare avanti il lavoro del padre, una sorta di segretaria-ancella, che lo assistette fino alla morte.

L’unica donna di casa Freud che ha contestato il padre della psicoanalisi è stata la nipote, figlia di suo figlio Martin, Sophie Freud la quale ha definito il nonno come:

“Un uomo del suo tempo, con pregiudizi di tipo patriarcale, idee antiquate e tendenze misogine”.

In particolare, Sophie Freud ritiene che il nonno:

“rispecchiasse, nelle sue teorie, la convinzione che le donne fossero esseri inferiori alla norma e fossero incapaci di rappresentare la norma”

(Gretel, G. 2003, Nov. 14 Freud goes up in smoke: Granddaughter dismisses theories as outdated. The Toronto Star. 2003).

Considerazioni conclusive

Freud considerava sicuramente le donne come esseri inferiori agli uomini e oggi possiamo certamente dire che la sua comprensione delle donne fu del tutto inadeguata.

Va però riconosciuto al fondatore della psicoanalisi di essere stato il primo, o uno dei primi, a interessarsi di sessualità femminile.  Ai tempi di Freud persino riconoscere che le donne potessero avere un desiderio sessuale, la cui repressione le rendeva isteriche, era rivoluzionario.

Per quanto riguarda la vita privata, invece, possiamo dire che se Freud non avesse avuto l’appoggio e la dedizione di tutte le donne della sua vita, la sua carriera professionale e la psicoanalisi stessa non avrebbero, forse, neanche visto la luce.

Dr. Giuliana Proietti

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