Il Complesso edipico: di cosa si tratta?
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Complesso edipico: di cosa si tratta?
Nella teoria psicoanalitica il complesso di Edipo riguarda il desiderio infantile di un coinvolgimento sessuale con il genitore di sesso opposto ed un concomitante senso di rivalità con il genitore dello stesso sesso.
Perché “edipico”?
Sigmund Freud utilizzò il mito greco di Edipo il quale, ignaro delle proprie origini, uccise suo padre Laio e sposò sua madre Giocasta.
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Perché “complesso”?
Il termine complesso deve essere inteso come insieme di elementi correlati a questa fase evolutiva e tutti collegati tra loro: fantasie, desideri, angosce, conflitti interni e relativi meccanismi di difesa.
Il complesso edipico era patologico per Freud?
No. Il fondatore della psicoanalisi non guardava al complesso edipico come a una patologia, ma come una fase cruciale nel normale processo di sviluppo.
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Quando, secondo la teoria psicoanalitica, il bambino vive il complesso edipico?
Il complesso edipico secondo la teoria freudiana raggiunge la sua acme fra i tre e i cinque anni, durante la così detta ‘fase fallica’ e il suo declino segna l’ingresso nel periodo della ‘latenza’. La modalità del suo superamento decide la scelta oggettuale in età adulta.
Cosa è l’angoscia di castrazione?
La fantasia peculiare del piccolo maschio durante il complesso edipico è l’angoscia di castrazione, cioè la paura di essere evirato dal padre, come forma si punizione per i suoi desideri incestuosi.
Come si supera il complesso edipico?
Il complesso edipico si supera attraverso una identificazione con il padre e l’interiorizzazione del divieto. In questo modo si costituisce il Super-Io che rappresenta il fondamento intrapsichico della coscienza morale e che svolge un ruolo al tempo stesso normativo, punitivo e protettivo. Il bambino si rende conto di non poter fare tutto ciò che il genitore fa: alcune cose rimangono prerogative dell’adulto ed egli potrà acquisirle solo dopo aver portato a termine il compito evolutivo.
Dopo il complesso edipico inizia il periodo della latenza sessuale, nella quale il bambino viene assorbito dalle vicende scolastiche e si dedica alla scoperta del mondo esterno alla famiglia.
In quale libro Freud teorizzò per la prima volta questo complesso?
Sigmund Freud introdusse per la prima volta il concetto del Complesso Edipico nella Interpretazione dei sogni (1899). Prima dell’uscita di questo libro ne aveva discusso in uno scambio di lettere con il suo amico Fliess.
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Come ne parla Freud?
Scrive Freud (L’Io e l’Es, 1922):
‘Due sono i fattori responsabili di tale complessità: il carattere triangolare della situazione edipica e la bisessualità costituzionale dell’individuo. Il caso più semplice si struttura, per il bambino di sesso maschile, nel modo seguente: egli sviluppa assai precocemente un investimento oggettuale per la madre, investimento che prende origine dal seno materno e prefigura il modello di una scelta oggettuale del tipo ‘per appoggio’; del padre il maschietto si impossessa mediante identificazione.
Le due relazioni per un certo periodo procedono parallelamente, fino a quando, per il rafforzarsi dei desideri sessuali riferiti alla madre e per la constatazione che il padre costituisce un impedimento alla loro realizzazione, si genera il complesso edipico.
L’identificazione con il padre assume ora una coloritura ostile, si orienta verso il desiderio di toglierlo di mezzo per sostituirsi a lui presso la madre. Da questo momento in poi il comportamento verso il padre è ambivalente; sembra quasi che l’ambivalenza, già contenuta nell’identificazione fin da principio, si faccia manifesta.
L’impostazione ambivalente verso il padre e l’aspirazione oggettuale esclusivamente affettuosa riferita alla madre costituiscono per il maschietto il contenuto del complesso edipico nella sua forma semplice e positiva’
Il complesso di Edipo vale anche per le bambine?
Freud e i primi psicoanalisti indagarono principalmente il complesso di Edipo nel maschio; lo sviluppo psicosessuale della bambina venne delineato secondo una sbrigativa simmetria: la femmina sarebbe caratterizzata dall’invidia del pene anziché dall’angoscia di castrazione. Questo complesso femminile venne denominato dai seguaci di Freud come “complesso di Elettra”.
Il complesso di Elettra, tuttavia, non ebbe successo. Lo sviluppo psicosessuale della donna è rimasto uno dei temi che ha subito maggiori revisioni nella psicoanalisi e che è rimasto tutt’ora irrisolto, visto che l’invidia del pene oggi non viene più considerata una motivazione plausibile.
Chi era Elettra?
Elettra, nella mitologia, era figlia di Agamennone e Clitemnestra: quest’ultima fece uccidere il suo sposo dal proprio amante Egisto e, quando Elettra scoprì di chi fosse la responsabilità della morte di suo padre, si vendicò facendo uccidere la madre dal proprio fratello Oreste.
Secondo la definizione di Carl Gustav Jung tale complesso si definisce come il desiderio della bambina di possedere il padre e della competizione con la propria madre per il possesso del genitore.
Dr. Giuliana Proietti
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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