L’orgasmo femminile e i suoi misteri

L’orgasmo femminile e i suoi misteri

 

Dr. Giuliana Proietti
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L’orgasmo rappresenta il culmine dell’eccitazione sessuale, cioè la motivazione principale che spinge le persone ad impegnarsi in un rapporto sessuale.

Tuttavia, anche l’eccitazione sessuale è di per sé abbastanza gratificante, per cui le persone possono provare piacere anche senza il raggiungimento dell’orgasmo (e probabilmente queste sensazioni umani sono condivise con tutti gli altri tipi di mammiferi).

Gli studi sugli animali hanno infatti dimostrato che l’eccitazione sessuale è gratificante, anche quando il rapporto sessuale non si verifica completamente (Meisel, Campo e Robinson, 1993).

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Va detto inoltre che gli esseri umani, in particolare gli uomini, possono provare piacere anche in luoghi e in situazioni dove l’obiettivo non è l’orgasmo, ma l’eccitazione sessuale: si pensi ad esempio alla frequentazione degli spettacoli a luci rosse. Nei mammiferi maschi tuttavia, anche la sola eccitazione sessuale può portare all’eiaculazione e all’orgasmo.

Per le donne le cose sono molto più complicate e, anche nei primati, l’orgasmo femminile non è affatto universale, anzi, vi sono poche prove della sua presenza, se non si considerano gli esseri umani.

Tra le donne almeno il 10% dichiara di non aver mai provato questa esperienza.  A complicare ulteriormente le cose, la definizione stessa dell’orgasmo femminile è poco chiara (Meston, et al, 2004;. Komisaruk, Beyer-Flores, e Whipple 2006). Infatti, anche se nelle donne l’eccitazione precede l’orgasmo, la stimolazione sessuale specifica che fa scattare il piacere varia notevolmente tra donna e donna.

Le donne possono raggiungere l’orgasmo attraverso la stimolazione diretta o indiretta del clitoride, la stimolazione vaginale, o la stimolazione di aree interne che circondano la vagina.

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Alcune donne sperimentano l’orgasmo esclusivamente nei rapporti sessuali: fra esse però ve ne sono alcune che richiedono la stimolazione simultanea delle parti esterne del clitoride, al fine di raggiungere l’orgasmo durante il rapporto penetrativo. Altre donne non provano l’orgasmo nel rapporto sessuale, a prescindere dalla condizione in cui esso viene ricercato.

In genere l’orgasmo è preceduto da un periodo di crescente eccitazione sessuale, dovuta alla stimolazione genitale. Date le differenze nei genitali maschili e femminili, è probabile che la natura e l’estensione della stimolazione genitale necessaria per l’orgasmo differisca tra uomini e donne. Questo è sicuramente vero per quanto riguarda l’orgasmo durante i rapporti sessuali.

Ci sono donne che, nel rapporto sessuale, raggiungono l’orgasmo con la stessa facilità degli uomini, anche diverse volte in successione, ma questo non accade certamente a tutte le donne e questo dunque non può essere considerato il modo “tipico” in cui le donne raggiungono l’orgasmo (anche se è l’unico che si osserva nella pornografia).

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Negli studi che si sono occupati del raggiungimento dell’orgasmo durante il rapporto sessuale le distribuzioni statistiche delle risposte: “mai”, “raramente”, “a volte”, “spesso”, “quasi sempre” o “sempre” sono molto diverse tra uomini e donne.

Nei soggetti di sesso maschile la distribuzione ha un forte picco centrale sulla voce “sempre” (e il secondo sulla voce “quasi sempre”), cioè la maggior parte degli uomini prova l’orgasmo sempre o quasi sempre nel rapporto sessuale. Al contrario, la distribuzione per quanto riguarda le donne non sembra avere picchi: essa si spalma su dimensioni medie e piccole che si trovano tra le voci “mai” e “sempre” (Lloyd 2005). Detto in altre parole, le donne sono molto diverse le une dalle altre nella frequenza dell’orgasmo.

Freud aveva postulato che la capacità delle donne di provare l’orgasmo durante il rapporto variasse in base al loro sviluppo psicosessuale. A suo avviso, le ragazze inizialmente sperimentavano l’erotismo grazie al clitoride, analogamente a quanto succedeva nei maschi con la stimolazione del pene.

Con la maturazione psicosessuale però vi era nella donna una sorta di transizione, dall’erotismo clitorideo all’erotismo vaginale. Questo passaggio permetteva alle donne “mature” di provare il piacere vaginale durante il rapporto penetrativo (Freud, 1905).

Dal punto di vista di Freud dunque, l’orgasmo derivante dai rapporti sessuali vaginali era un riflesso maturo, psicologicamente sano, mentre la dipendenza da eccitazione del clitoride per ottenere l’orgasmo rifletteva uno sviluppo psicologicamente immaturo.

La sessualità femminile fra sapere e potere

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A partire dalla pubblicazione della teoria della sessualità femminile e dei due tipi di orgasmi si è arrivati a considerare la donna che non provava l’orgasmo vaginale come una donna “nevrotica”, in quanto non aveva alle spalle uno sviluppo psicologico adeguato.

Dal momento che la maggior parte delle donne non prova l’orgasmo nei rapporti penetrativi (Lloyd, 2005), gli argomenti psicoanalitici di Freud sembrano oggi assolutamente superati, ma essi hanno creato molti problemi al genere femminile, che ha vissuto in questi cento anni inutili sentimenti di inadeguatezza sessuale, per il fatto di non riuscire a provare piacere dalla sola stimolazione vaginale.

Anche se, durante il rapporto sessuale, circa il 90% delle donne afferma di raggiungere l’orgasmo a seguito di una qualche forma di stimolazione sessuale, la maggior parte di loro non lo prova spesso (e alcune donne non lo provano mai)  (Lloyd, 2005).

Al contrario, quasi il 100% degli uomini sperimenta l’orgasmo durante il rapporto sessuale.

Questa disparità di genere nel raggiungimento dell’orgasmo durante il rapporto sessuale ha sicuramente influito sui processi evolutivi della razza umana (Lloyd, 2005), anche per quello che riguarda l’organizzazione sociale (Hite, 1976).

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Tra le spiegazioni anatomiche proposte per capire questa disparità c’è quella di Marie Bonaparte, allieva di Freud e poi psicoanalista, la quale sotto falso nome pubblicò uno studio in cui spiegava che tutto dipendeva dalla distanza tra il glande del clitoride e la vagina della donna (Narjani, 1924).

In particolare la Bonaparte, in base a delle osservazioni condotte su un campione di donne, aveva riscontrato che quando la distanza fra queste due parti dei genitali femminili era minore di 2,5 centimetri, questo permetteva alle donne di provare l’orgasmo durante i rapporti sessuali. Successivamente vi è stato un altro studio che ha fornito dati a sostegno di tale ipotesi (Landis, Landis, e Bowles, 1940).

Oggi si ritiene che, a prescindere dai nomi con i quali viene definito l’orgasmo (clitorideo o vaginale), l’esperienza di cui si parla sia in realtà unica e che le differenze fra clitorideo e vaginale vadano intese per spiegare quale tipo di stimolazione genitale faccia scattare l’esperienza orgasmica, e non l’orgasmo stesso.

Freud e le sue idee, in ogni caso, non vengono ancora dimenticati. Ad esempio, ci sono ancora professionisti che sostengono che le donne che provano orgasmi in un rapporto sessuale completo abbiano una migliore salute mentale, rispetto alle donne che raggiungono l’orgasmo con altri mezzi (Brody e Costa, 2008). Allo stesso modo, ci sono ancora programmi di auto-aiuto il cui obiettivo è l’acquisizione dell’orgasmo attraverso il rapporto vaginale (Kline-Graber e Graber, 1975).

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La maggior parte delle donne dunque non prova piacere durante il rapporto penetrativo, ma vi sono alcune donne che riescono a raggiungerlo, a condizione che vi sia una concomitante stimolazione diretta del clitoride (Masters e Johnson, 1966; Fisher, 1973; Hite, 1976). 

E’ innegabile inoltre, in quanto è stato dimostrato, che in alcune, pochissime donne, l’orgasmo scatti attraverso la sola stimolazione vaginale o cervicale, senza alcun contatto diretto con il glande del clitoride  (Alzate, 1985;. Komisaruk, et al, 2006).

A partire dagli anni sessanta del secolo scorso si è fatta strada l’idea che la stimolazione vaginale sia dovuta in realtà alla stimolazione clitoridea, diretta o indiretta (Masters e Johnson, 1966 ; Sherfey, 1972; Hite 1976). Come ha detto a questo proposito lo psicoanalista Sherfey, “Il termine ‘orgasmo vaginale’ è perfettamente ammissibile, purché si capisca che le spinte del pene sono efficaci in quanto stimolano il clitoride” (Sherfey 1972).

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Purtroppo attualmente non vi sono ancora stime precise sulla proporzione di donne che abitualmente sperimentano l’orgasmo dal solo rapporto vaginale, senza concomitante stimolazione diretta del clitoride. Resta in ogni caso irrisolta la domanda sul perché una minoranza di donne provi regolarmente l’orgasmo nei rapporti penetrativi, mentre la maggior parte delle donne richiede altri tipi di stimolazione…

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Tornando alle questioni anatomiche, la distanza fra clitoride e vagina può variare notevolmente tra le donne: da 1,6 a 4,5 centimetri  (Lloyd, Crouch, Minto, e Creighton, 2005). Negli studi della Bonaparte veniva misurata la distanza tra il lato inferiore del glande del clitoride e il centro del meato urinario (CUMD) e si concludeva che più breve era il CUMD, maggiore era l’incidenza di orgasmo nel rapporto sessuale (Narjani, 1924).

La Bonaparte (Narjani, 1924) sosteneva che c’erano due tipi di mancata risposta sessuale femminile, o ”frigidità“, come lei la chiamava. La prima rifletteva l’incapacità di raggiungere l’orgasmo con qualsiasi tipo di stimolazione, “interna o esterna”. Il secondo tipo di  ‘frigidità’ riguardava invece donne sessualmente molto reattive, ma incapaci di raggiungere l’orgasmo solo con il coito: “Implacablement insensibles pendant le coit, et le coit seul”. (Narjani, 1924).

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Secondo la Bonaparte, il primo tipo di ‘frigidità’ derivava da cause psicogene ed era possibile trattarlo con la psicoanalisi, mentre il secondo tipo non rispondeva alla psicoanalisi in quanto era di origine biologica, causato dalla eccessiva distanza fra clitoride e vagina.

La Bonaparte credeva così fortemente in questa influenza anatomica sulla risposta sessuale femminile che propose il trattamento di questo secondo tipo di “frigidità” in modo chirurgico, spostando il glande del clitoride più vicino all’ apertura vaginale. (Narjani, 1924).

Con il chirurgo austriaco, Josef Halban, la Bonaparte mise a punto la procedura Halban-Narjani (Bonaparte, 1933) in cui veniva sezionato il legamento sospensorio del clitoride, permettendo il riposizionamento del glande del clitoride più vicino alla vagina. La Bonaparte stessa, donna “frigida” del secondo tipo, si sottopose a questo trattamento ben tre volte, ma tutti gli interventi fallirono (Thompson, 2003).

Come per la Bonaparte, la procedura chirurgica non è risultata efficace neanche in altre cinque donne che si sono sottoposte all’intervento (di cui una era probabilmente la stessa Bonaparte). Delle cinque, due non dettero più notizie di sé, due non erano certe di aver visto dei cambiamenti nella loro risposta sessuale, e una era leggermente migliorata, dopo aver superato l’infezione provocata dall’operazione ma, una volta guarita, la paziente non ha più sperimentato l’orgasmo nei rapporti sessuali penetrativi (Bonaparte, 1933).

Vari studi hanno poi tentato di valutare la relazione fra la distanza di vagina e clitoride e orgasmo femminile: teorie del genere sono state riproposte in varie pubblicazioni nel corso degli ultimi 80 anni.

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Ad esempio, van de Velde (1930; 1965), autore del più popolare manuale sul sesso coniugale fra il 1930 e il 1950, pensava che:

“… La stimolazione coitale dipende molto dalla struttura individuale: per esempio, dalle dimensioni del clitoride, dallo sviluppo del frenulo, dalla posizione del clitoride (vi è una notevole diversità in questi aspetti, in particolare nella posizione, vale a dire, se il piccolo organo si trova più in alto sulla parte anteriore della sinfisi pubica, o quasi sotto di esso) “. (van de Velde, 1930).

Nello stesso capitolo van de Velde (1930) affermava inoltre che il clitoride fosse “sottosviluppato” nelle donne che vivono in Europa e in America e concludeva che “le piccole dimensioni e la posizione alta del clitoride, impedivano la piena stimolazione nel coito”, con conseguente anorgasmia.

Van de Velde era inoltre dell’opinione che la stimolazione regolare del clitoride potesse produrre un suo ingrandimento permanente, perché “… la pratica rende perfetti” (van de Velde, 1930). Il chiaro messaggio trasmesso in questi passaggi è che la configurazione dei genitali femminili possa influenzare in modo significativo la probabilità che le donne possano provare l’orgasmo nei rapporti penetrativi.

Una conclusione simile è stata quella di Hannah e Abraham Stone (1935) autori di un altro manuale best-seller sul matrimonio, in cui si dichiarava:

“È probabile che la distanza tra il clitoride e l’apertura della vagina nella donna possa avere qualche relazione con la capacità di raggiungere l’orgasmo durante il rapporto. Più in alto  e più lontano dall’ingresso vaginale si trova il clitoride, minore è il contatto e maggiore la difficoltà ad ottenere un orgasmo soddisfacente. (Stone e Stone, 1935).

Le idee della Bonaparte penetrarono dunque profondamente in ambito sessuologico; ne ha poi parlato Judd Marmor (1954), psicoanalista e sessuologo e perfino Shere Hite nel “Rapporto Hite”, (Hite, 1976). Entrambi questi autori arrivano alla stessa conclusione di Van de Velde e degli Stone, ma sempre senza citare alcun dato a supporto.

In un recente studio (Wallen K, Lloyd EA., 2011)  gli autori hanno analizzato i dati grezzi del lavoro della Bonaparte del 1924  e quelli di Landis e Bowles, questi ultimi archiviati nella biblioteca dell’Istituto Kinsey per la ricerca su Sesso, Genere e Riproduzione. Questi dati non erano mai stati analizzati statisticamente dagli autori (Narjani, 1924) o solo minimamente analizzati (Landis, Landis, e Bowles, 1940).

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Risultato: le analisi condotte con metodi statistici moderni supportano la tesi originale della Bonaparte e confermano la probabilità che la differente configurazione genitale possa contribuire a spiegare la differenza fra i due diversi tipi di donne.

Non si è del tutto capito se questo aumento della probabilità di orgasmo quando clitoride e vagina sono più vicini sia effetto di un maggiore contatto pene-clitoride durante i rapporti sessuali o se questa vicinanza produca un aumento della stimolazione del pene nelle parti interne del clitoride.

Il CUMD, si è detto, riflette probabilmente a sua volta l’esposizione agli androgeni nel periodo prenatale, dove elevati livelli di androgeni producono grandi distanze fra queste due parti dei genitali femminili. Le donne esposte a bassi livelli di androgeni nel periodo prenatale avrebbero dunque maggiori probabilità di provare l’orgasmo durante il rapporto sessuale.

Sicuramente l’orgasmo femminile rimane ancora un grande mistero.

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Fonte:
Wallen K, Lloyd EA. Female Sexual Arousal: Genital Anatomy and Orgasm in Intercourse. Hormones and behavior. 2011;59(5):780-792. doi:10.1016/j.yhbeh.2010.12.004.

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