Origine del concetto di ‘rimozione’

Il termine ‘rimozione’, nel linguaggio psicoanalitico sta ad indicare un processo inconscio, che consente di escludere dalla coscienza determinate rappresentazioni connesse ad una pulsione il cui soddisfacimento sarebbe in contrasto con altre esigenze psichiche. (In quanto processo inconscio, la rimozione è, ad esempio, diversa dalla repressione, che è cosciente). Inoltre, ciò che viene rimosso non è la pulsione, ma il suo rappresentante ideativo, mentre l’affetto ad esso connesso viene spostato o soppresso.

In un primo tempo, Freud aveva accettato l’ipotesi di Breuer delle ‘esperienze dissociate’. Esse erano, per Breuer, dei ricordi nascosti perché penosi, che però continuavano a produrre sintomi, come un ascesso. Un ascesso non aperto, diceva Breuer, incapsulato e separato dal resto dell’organismo, può produrre sintomi dolorosi: allo stesso modo succedeva per tutto questo materiale ‘dissociato’. Come un’incisione dell’ascesso era efficace per sollevare il paziente dall’accumulo di materiale tossico, l’ipnosi poteva aprire un varco al materiale dissociato e liberare l’affetto bloccato, legato ai ricordi traumatici.

In realtà sia Freud che Breuer poterono constatare che il richiamo alla memoria dei ricordi traumatici non produceva i risultati sperati: le pazienti non guarivano completamente.

Freud cercò dunque delle spiegazioni alternative. Lo fece partendo dalla tesi del conflitto e della difesa, per mezzo della rimozione: attraverso la rimozione era possibile escludere dalla coscienza tutti i ricordi traumatici. Freud commentò così questa scoperta: ‘Mi sembrava di scoprire ovunque uno scopo nella resistenza e non potevo accettare l’ipotesi che tutto ciò che capitava fosse una semplice dissociazione’.

Il primo pensiero psicoanalitico si basò principalmente sul concetto della rimozione, che rimase per qualche tempo equivalente alla nozione di difesa. Qualsiasi tipo di difesa era interpretata come una forma di rimozione e la rimozione era la spiegazione di tutto ciò che era inconscio.
L’amnesia diventava un processo attivo, in cui una barriera energetica veniva opposta alla libera circolazione del ricordo (ipotesi ‘dinamica’ del funzionamento della psiche). Scrive Freud nel saggio sul Meccanismo psichico della dimenticanza (1898): “Gli isterici semplicemente non sanno quello che non vogliono sapere”. La dimenticanza e perfino il ricordo gli appaiono tendenziosi. La rimozione è un lavoro psichico al quale si oppone il lavoro analitico. La rimozione non solo produce il vuoto dell’amnesia, ma ammanta i ricordi traumatici con i vividi colori di un altro ricordo, che ha funzione di copertura rispetto a quelloche si vuole dimenticare.

Nel tempo il concetto di rimozione subì un certo numero di progressivi cambiamenti che lo portarono ai fondamenti concettuali e teorici della psicoanalisi che oggi conosciamo. In ogni caso, ne rimase uno dei concetti fondamentali. Freud stesso affermò che: “la teoria della rimozione è la pietra angolare su cui poggia l’intera struttura della psicoanalisi. Ne è la parte più essenziale“.

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Testi consultati:

Galimberti, Dizionario di Psicologia, De Agostini
Zetzel E, Mesissner W.W., Psichiatria psicoanalitica, Boringhieri
Vegetti Finzi, Storia della psicoanalisi, Mondadori

Immagine: Freud, di Salvador Dalì

Dott.ssa Giuliana Proietti

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