1912 La rottura definitiva fra Jung e Freud

Nel Settembre 1912 Freud, conclusa la cura termale a Karlsbad, prese il treno, in compagnia di Ferenczi, per venire in Italia.

La salute di Freud in quel periodo non era già buona, tanto che il padre della psicoanalisi così scriveva a Ernest Jones: “Sin da Karlsbad ho cominciato a sentirmi sempre più stanco e indolente, a dormire male e a essere di pessimo umore, assolutamente inadatto a presentarmi in una società brillante”. (La lettera è chiaramente scritta in treno, vista la calligrafia incerta dovuta al ritmico dondolio del treno).

Anche la compagnia del fedele Ferenczi in quel periodo sembrava pesargli. Scrive sempre a Jones: “A volte faccio fatica a sopportare perfino Ferenczi, così buono, che non mi lascia neppure per concedersi un po’ di piacevole distrazione”.

Una sera, Freud sollecitò Ferenczi a prendere appunti durante una conversazione di lavoro: questa volta Ferenczi abbandonò i suoi consueti modi passivi e adulanti, si ribellò al Maestro, dicendo di non voler essere trattato come uno studentello. Questo episodio influenzò molto il clima di quella vacanza italiana fra i due psicoanalisti.

Una volta giunti a Roma, Ferenczi lasciò Freud per recarsi a Napoli. Freud, depresso e sicuramente provato da quanto stava accadendo fra i suoi fedelissimi, soprattutto con Carl Jung, trascorse le sue giornate italiane visitando siti archeologici, chiese e musei.

Rimase particolarmente colpito, nella chiesa di San Pietro in Vincoli, dal Mosè di Michelangelo (in foto), che cominciò a visitare ogni giorno, come scrisse alla moglie. “Il mio primo pellegrinaggio” le scrisse “il giorno dopo il mio arrivo, è stato quello di portare i miei omaggi a Mosè e mi è parso che egli dimettesse un po’ della sua alterigia. Che statua!”. Già da allora gli venne in mente di scrivere “due parole” sul Mosè, cosa che poi fece in due saggi, uno del 1914 e uno del 1937.

Intanto, mentre Freud era in Italia, Jung andava per la seconda volta in America, per un altro ciclo di conferenze: nove lezioni e oltre una dozzina di seminari presso la cattolica Fordham University di New York. (Quando Freud seppe di questo viaggio di Jung, scrisse a Ferenczi “Il fatto che Jung sia stato chiamato in America non fa presagire nulla di buono”).

E infatti, in America Jung affermò che la “libido” andava intesa semplicemente come il nome dell’energia che si manifesta nel processo vitale. Ad una conferenza, presenti un centinaio di persone, affermò con precisione che “la reale importanza della libido non sta nella definizione sessuale, ma nella concezione dinamica”. Praticamente era la negazione della sessualità infantile e dunque un’affermazione di disconoscimento delle teorie freudiane.

Al ritorno dall’America, Jung scrisse a Freud per raccontargli dei suoi due mesi americani e Freud, nel rispondergli, abbandonò per la prima volta il consueto “Caro amico”, per usare questa storica frase: “Caro Dr. Jung, Le porgo i miei saluti al suo ritorno dall’America, senza più l’affetto dell’ultima volta…” La rottura fra i due si era definitivamente consumata.

Fonti:

Lettera a Ernest Jones del 7 Settembre 1912, Freud Collection, Box D2 (in Linda Donna, Freud e Jung, Leonardo)

Cento anni di psicoanalisi. Da Freud ai giorni nostri, Dominique Bourdin, DEDALO, 2007

I misteri dell’anima. Una storia sociale e culturale della psicoanalisi, Eli Zaretsky
Feltrinelli Editore, 2006

Il viaggio a Roma: da Freud a Pina Bausch, Flavia Arzeni, Università degli studi di Roma “La Sapienza, Università degli studi di Roma “La Sapienza.” Istituto di lingue e letterature germaniche. Ed. di Storia e Letteratura, 2001

Dott.ssa Giuliana Proietti

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