Jung e i miti
I miti sono la prova più arcaica e profonda che abbiamo sullo spirito e la natura del genere umano.
Il mito e la creazione del mito sono stati, sin dalle origini della nostra specie, il linguaggio fondamentale attraverso il quale l’essere umano si è rapportato al significato e al mistero della vita.
Il mondo del mito ha le sue leggi e la sua realtà. In questo mondo, invece che concetti e fatti che hanno senso logico, troviamo schemi di immagini irrazionali, il cui significato deve essere decodificato.
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Jung intendeva scoprire questi modelli di significato nel suo approccio ai simboli nella religione, nel mito e nel sogno.
Secondo Jung, i miti non devono essere presi alla lettera e concretamente, come sarebbe nel sistema di credenze di una particolare religione, ma non devono neanche essere liquidati come “mere fantasie”, come spesso accade negli ambienti scientifici. Invece, il mito andrebbe analizzato nei suoi simboli, in quanto essi sono capaci di rivelare “verità” eterne sulla psiche umana.
‘C’era una volta’ non significa ‘una volta’ nella storia, ma si riferisce a eventi che si verificano nel tempo eterno, sempre e ovunque. Ogni mito rimane vivo e si ripresenta di notte nel sogno, quando ci si ritrova a confrontarsi con le immagini mitologiche e con la parte inconscia della psiche che origina i sogni. Non solo: molta dell’arte contemporanea, letteratura, film, ecc. tratta di temi già presenti nella mitologia.
La mitologia comparata è il modo per comprendere i simboli presenti in tutte le culture. Attraverso la mitologia comparata è possibile scoprire alcuni modelli che ricorrono in culture molto diverse, separate da immense distanze, geografiche e temporali.
Jung chiamava questi modelli archetipi, una parola composta da “arché” che significa primordiale, e “typos” che significa modello. Le immagini archetipiche incarnano gli elementi più essenziali dell’esperienza umana.
I miti rappresentano un repertorio dei vari comportamenti umani, analoghi in tutte le specie, come risposta istintiva, esattamente come accade ad esempio ai salmoni che, per deporre e fecondare le uova, lasciano il mare e si dirigono verso la foce del fiume in cui sono nati, percorrendo in 24 ore anche 50-
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Le immagini archetipiche rappresentano dunque le diverse fasi fondamentali dell’esperienza umana, simboleggiata dal mito dell’eroe. Si parte sempre da uno stadio iniziale di inconsapevolezza, prima del risveglio dell’Io, attraverso vari stadi della lotta eroica, verso uno stato finale di “integrità”, o integrazione, quando la vita ha raggiunto il suo pieno potenziale e una relazione tra l’umano e il divino è stata ristabilita. Jung chiamava questo processo “individuazione“, in pratica ciò che permette di diventare la persona che si è realmente.
Jung riteneva che questo”vero Sé” fosse il fattore dinamico che agiva nell’inconscio di ogni individuo. Esso rappresenta l‘archetipo centrale dell’ordine e dell’integrità, tra gli altri archetipi. Jung l’ha chiamato il Sé.
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I miti della creazione
All’inizio di molti miti della creazione c’è un’immagine di uno stato originale di perfezione, interezza e serenità. Questo è spesso rappresentato come un cerchio di contenimento, una caverna, una pozza d’acqua o una sfera. Il simbolo archetipico predominante è quello della Dea della Terra primordiale, la Grande Madre, con il suo grembo nutriente e protettivo. Molti altri simboli esprimono questo archetipo. Qualsiasi cosa grande, che abbraccia o contiene, come una nave, che avvolge, ripara e conserva qualcosa di piccolo e fragile, partecipa a questa “madre primordiale”.
Un simbolo molto comune è l’uroborus, il serpente con la coda in bocca. Questi simboli esprimono uno stato paradisiaco di autosufficienza e autonomia. Il giardino dell’Eden, e l’Età dell’Oro in cui l’umanità viveva in unione con gli dei, condividendo la pienezza e la totalità divine, sono altri motivi comuni di questa condizione psicologica.
Nella vita biologica dell’individuo questo simbolismo corrisponde non solo alla gestazione prenatale dell’embrione nell’utero della madre, ma allo stato di dipendenza totale del neonato dalla madre.
Psicologicamente, questi simboli esprimono lo stadio in cui l’Io è solo un potenziale, o quando l’Io è dominato dagli schemi istintuali universali della risposta umana al mondo, o una condizione in cui poco o nulla di valore unicamente personale è ancora espresso dall’individuo .
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La nascita della consapevolezza
La mitologia comparativa insegna che c’è sempre una tensione creativa, o urgenza, nello stato embrionale originale, che porta ai problemi. Il serpente arrotolato si apre e la luce nasce nel mondo.
Una tipica personificazione di questo impulso è il serpente che suggerisce a Eva di violare il suo comportamento passivo nel Giardino terrestre, o l’animale che nelle favole tenta l’eroe o l’eroina nel fare qualcosa di male (che corrisponde generalmente a fare qualcosa che possa portare soddisfazione a livello individuale).
Tali atti comportano l’espulsione dalla condizione paradisiaca. La protezione dell’infanzia, così come la felicità passata, sono tipi di paradiso che si perdono quando la vita richiede un nuovo adattamento.
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Questo processo inizia con una separazione cataclismica. Nel mito è spesso immaginata come la separazione dei genitori del mondo. Padre Cielo e Madre Terra si abbracciano e il mondo rimane nell’oscurità. I figli nati da loro devono separarli, nonostante le grida e i lamenti dei loro genitori che protestano. Solo allora la luce entra nel mondo. Questa luce simboleggia la coscienza. Solo alla luce della coscienza l’uomo conquista il sapere.
Tuttavia, l’acquisizione della coscienza può portare alla punizione. Per aver rubato il fuoco agli dei, Prometeo fu incatenato a una roccia dove un’aquila mangiava il suo fegato ogni notte; quando Icaro volò troppo in alto sulle sue ali costruite dall’uomo, la loro cera si sciolse e Icaro precipitò verso la morte, nel mare.
Come portatore di luce, l’eroe è disposto ad affrontare questi pericoli, nonostante la consapevolezza della sua solitudine, dell’individualità e della mortalità, per portare avanti ciò che deve fare. Tuttavia, una volta che la mela viene mangiata, il mondo cade negli opposti e conosce sia il “bene” che il “male”. La Grande Madre Buona mostra il suo aspetto oscuro, quello di una madre odiosa o terribile, mentre il Padre creativo può diventare un Padre distruttivo, i fratelli possono uccidersi a vicenda nel nome dell’amore, e il mondo può essere alternativamente un luogo incantato o di sofferenza.
Dr. Giuliana Proietti
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
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Il mito dell’eroe
Il mito dell’eroe simboleggia che la formazione della personalità avviene solo attraverso la lotta, la sofferenza, e il sacrificio. I trionfi e le sconfitte dell’eroe sono i paradigmi di confronto dell’individuo con le sfide della sua vita personale.
La nascita dell’eroe avviene solitamente in ambienti umili come una mangiatoia o una grotta, ma è sempre straordinario in qualche modo. Spesso c’è una luce speciale attorno al bambino, o il bambino viene percepito come una minaccia per il re.
Spesso l’eroe ha due padri: il padre personale e un padre “più alto”. Spesso la madre è vergine e la concezione dell’eroe è di origine divina. L’eroe eredita quindi una doppia natura. Lui è un essere umano come tutti gli altri, eppure allo stesso tempo si sente estraneo, estraneo alla comunità.
Non si adatta, e scopre in se stesso qualcosa che lo distingue, come i suoi poteri profetici, le sue capacità di guarigione o i suoi poteri creativi. Questi lo portano a compiere azioni straordinarie.
L’avventura eroica
L’avventura eroica inizia spesso con un messaggio o una “chiamata” da una fonte miracolosa. Una rana parla con la principessa, oppure Mosè viene attirato da Dio in un roveto ardente che non si consuma, oppure Budda fa galleggiare la ciotola dove aveva mangiato il riso, pensando: “possa questa ciotola andare contro corrente, se riuscirò a raggiungere l’Illuminazione” e miracolosamente la ciotola va contro corrente. Altre volte la chiamata avviene in un sogno. La chiamata risveglia l’eroe e lo spinge verso il suo destino speciale.
Nella lotta contro il drago l’eroe combatte le forze regressive dell’inconscio che minacciano di inghiottire l’Io che desidera individualizzarsi. Le forze, personificate in figure come Circe, Kali, medusa, serpenti di mare, Minotauro o Gorgone rappresentano il lato Terribile della Grande Madre.
L’Eroe può sottomettersi ed essere divorato dal mostro, o fare una discesa consapevole nell’Ade in modo da sconfiggere le forze dell’oscurità. Questa mortificante discesa nell’abisso, nel mare, nella grotta oscura o nell’oltretomba per rinascere ad una nuova identità esprime il simbolismo del viaggio notturno attraverso il ventre uterino del mostro.
È un tema fondamentale nella mitologia di tutto il mondo, quella della morte e della rinascita. Tutti i rituali iniziatici coinvolgono questo schema archetipico di base attraverso il quale il vecchio ordine e i primi attaccamenti infantili devono morire e una vita più matura e produttiva deve nascere al loro posto.
L’obiettivo mitologico della lotta contro i draghi è quasi sempre una vergine, un prigioniero, o più in generale, un “tesoro difficile da ottenere”. Questa immagine della donna vulnerabile, bella e incantevole, sorvegliata e prigioniera di un mostro minaccioso, ci dà un’immagine del nucleo interiore della personalità e delle sue difese circostanti. Il compito dell’eroe è salvare la fanciulla dalla stretta del mostro e, alla fine, sposarla e stabilire il suo regno con lei.
Questo combattimento del drago e la liberazione del prigioniero è il modello archetipico che può guidarci attraverso quei passaggi di transizione importanti nel nostro sviluppo personale in cui è indicata una rinascita o un riorientamento della coscienza.
Il prigioniero rappresenta il “nuovo” elemento la cui liberazione rende possibile qualsiasi ulteriore sviluppo.
In risposta alla chiamata, l’eroe intraprende un viaggio, di solito un pericoloso viaggio verso una regione sconosciuta piena di promesse e di pericoli. Spesso il viaggio è una discesa. A volte, come con Giona, Enea, Cristo e Psiche,
è una discesa nel profondo: il mare, il mondo sotterraneo, o lo stesso Ade. C’è sempre una pericolosa traversata. A volte la pusillanimità dell’eroe è bilanciata dall’apparizione di guardiani o animali utili che permettono all’eroe di eseguire il compito sovrumano che non può essere realizzato senza aiuto.
Queste forze utili sono rappresentanti della totalità psichica che sostiene l’Io nella sua lotta. Testimoniano il fatto che la funzione essenziale del mito dell’eroe è lo sviluppo della vera personalità dell’individuo.
L’individuazione e i suoi simboli
Il completamento riuscito del dramma dell’eroe crea una relazione tra gli opposti psichici che si separano alla nascita della coscienza. I simboli principali di questa sintesi sono varie forme del Coniunctio Oppositorium o Mandala in cui l’unità originale è ora ristabilita, ma su un livello più alto e più differenziato.
Nelle immagini di Re e Regina uniti nel matrimonio, o maschi e femmine uniti nella forma degli androgini, o opposti geometrici, paradossalmente uniti nel “cerchio quadrato” oppure dove vita e morte si uniscono nella misteriosa immagine del Dio immortale che soffre una ferita mortale, è simbolizzata l’integrazione degli opposti all’interno della personalità.
Altri simboli di integrità sono l’elisir dell’immortalità, la perla preziosa, il fanciullo divino, che rappresentano un potenziale trascendente per la crescita futura. Il mito dell’eroe ci dice che il coraggio dell’Io di sopportare i fardelli della paura, della colpa, dei conflitti all’interno della personalità è l’unico modo in cui Dio e l’uomo possono essere riconciliati e ravvicinati.
L’unità originale di Dio e dell’uomo, come nel Giardino, è spezzata quando l’Io aspira alla consapevolezza. L’Io viene quindi bandito in un mondo pieno di opposti che si combattono tra loro all’interno della personalità, mentre il fratello cade sul fratello in guerra e c’è devastazione. Ma nel caos nasce il figlio della luce, l’eroe, la cui lotta può forgiare una relazione eterna tra maschio e femmina, luce e oscurità, vita e morte, Dio e uomo.
Questa è la promessa, l’Anello, l’Alleanza, l’arcobaleno-ponte fiammeggiante che può unire l’umano e il divino nelle profondità interiori della psiche umana.
Dr. Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti
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Fonte:
Myth and Psyche, The Evolution of Consciousness, CG Jung Foundation
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