Autismo: evoluzione di una diagnosi

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La storia della diagnosi di autismo segue un percorso con diverse deviazioni e ripensamenti. Proviamo in questo articolo a spiegare cosa era è cosa è oggi l’autismo.

Storia dell’autismo

L’autismo era originariamente descritto come una forma di schizofrenia infantile, il risultato di una genitorialità fredda e anaffettiva. La malattia presentava dunque una serie di disturbi dello sviluppo ad essa correlati. Nel tempo si è cominciato a parlare di “spettro autistico” e dunque come una malattia con gradi di compromissione ad ampio spettro. A causa di queste differenti visioni, anche i criteri diagnostici sono cambiati.

Quando Leo Kanner, uno psichiatra e medico austriaco, naturalizzato americano, descrisse per la prima volta l’autismo nel 1943, scrisse di bambini con “estrema solitudine autistica”, “ritardata ecolalia” e un “desiderio ansiosamente ossessivo per il mantenimento dell’identità”. Notò anche che i bambini erano spesso intelligenti e che alcuni di essi avevano una memoria straordinaria.

Di conseguenza, Kanner considerava l’autismo come un profondo disturbo emotivo, che però non influiva sulle capacità cognitive.

In linea con la sua prospettiva, la seconda edizione del DSM (manuale statistico e diagnostico, pubblicato dall’associazione degli psichiatri americani), il DSM-II, pubblicato nel 1952, definiva l’autismo come una malattia psichiatrica: una forma di schizofrenia infantile caratterizzata da un distacco dalla realtà. Durante gli anni ’50 e ’60, si pensava che l’autismo fosse dovuto al comportamento di madri fredde e senza emozioni, che Bruno Bettelheim definì “madri frigorifero”.

Il concetto di “madre frigorifero” fu smentito negli anni ’60 e ’70, poiché un crescente corpo di ricerca dimostrava che l’autismo aveva basi biologiche ed era strettamente legato allo sviluppo del cervello.

A5

Il DSM-III, pubblicato nel 1980,  lo descrisse come un “disturbo pervasivo dello sviluppo” distinguendolo dalla schizofrenia. Il DSM-III elencava per la prima volta dei criteri specifici richiesti per una diagnosi:

  • mancanza di interesse verso le persone,
  • gravi menomazioni nella comunicazione;
  • risposte bizzarre all’ambiente.

tutto questo doveva presentarsi all’interno dei primi 30 mesi di vita.

Il DSM-III fu revisionato nel 1987, ed i criteri per la diagnosi di autismo furono largamente rivisti. Fu infatti ampliato il concetto, fino a ricomprendervi una possibile diagnosi all’estremità lieve dello spettro, cioè il disturbo pervasivo dello sviluppo – non altrimenti specificato (PDD-NOS), lasciando cadere il requisito per l’insorgenza del disturbo prima dei 30 mesi.

Anche se il manuale non utilizzava la parola “spettro”, il cambiamento rifletteva la crescente comprensione, tra i ricercatori, che l’autismo non fosse una singola malattia ma piuttosto uno spettro di disturbi di vario tipo, che potevano presentarsi durante l’intero arco della vita.

Il DSM-IV, pubblicato nel 1994 e rivisto nel 2000, fu la prima edizione del DSM a classificare l’autismo come spettro autistico. Questa versione elencava cinque condizioni con caratteristiche distinte. Oltre all’autismo e al disturbo pervasivo dello sviluppo, aggiungeva il “disturbo di Asperger“, oltre al “Disturbo disintegrativo dell’infanzia (CDD)”, caratterizzato da gravi inversioni e regressioni dello sviluppo; e la sindrome di Rett, che influenzava il movimento e la comunicazione, principalmente nelle ragazze. In questa nuova visione l’autismo era collegato soprattutto alla genetica.

Nel corso degli anni ’90, i ricercatori speravano di identificare i geni che contribuiscono all’insorgenza dell’autismo.
Dopo che il Progetto Genoma Umano fu completato, nel 2003, molti studi cercarono di trovare una lista di “geni dell’autismo”, ma con scarso successo. Divenne chiaro che non sarebbe stato possibile trovare basi genetiche e trattamenti corrispondenti per le cinque condizioni specificate nel DSM-IV. Gli esperti decisero allora che sarebbe stato meglio caratterizzare l’autismo come una diagnosi onnicomprensiva, per un disturbo che poteva essere da lieve a grave.

Allo stesso tempo, cresceva la preoccupazione per la mancanza di coerenza nel modo in cui i medici di diversi stati  arrivavano a una diagnosi di autismo, alla sindrome di Asperger o agli altri disturbi dello spettro. Un picco nelle diagnosi di autismo negli anni 2000 suggerì che i medici erano talvolta influenzati dai genitori, i quali facevano pressioni per una diagnosi particolare, al fine di ottenere dei sussidi o delle facilitazioni, o erano influenzati dai servizi disponibili nel loro luogo di residenza.

Adolescenza

Editore: Xenia, Collana: I tascabili
Anno edizione: 2004 Pagine: 128 p., Brossura
Autori: Giuliana Proietti - Walter La Gatta

Per affrontare entrambe le preoccupazioni, il DSM-5 ha introdotto il termine “disturbo dello spettro autistico” per definire una diagnosi caratterizzata da due gruppi di caratteristiche:

  • compromissione persistente nella reciproca comunicazione e interazione sociale;
  • schemi di comportamento limitati e ripetitivi,

comportamenti entrambi presenti nella prima infanzia. Ogni gruppo include comportamenti specifici. Il manuale ha eliminato la sindrome di Asperger, il PDD-NOS e l’autismo classico, ma ha introdotto una nuova diagnosi di disturbo della comunicazione sociale per includere bambini con problemi linguistici e sociali. Il disturbo disintegrativo dell’infanzia e la sindrome di Rett sono stati rimossi dalla categoria di autismo.

Queste novità destarono preoccupazione: molti temevano che, dopo la loro diagnosi, sarebbero scomparsi essi stessi dal DSM, e cioè avrebbero perso servizi o copertura assicurativa. Coloro che si erano identificati come affetti da sindrome di Asperger affermavano che la diagnosi aveva dato loro un senso di appartenenza e una spiegazione per i loro comportamenti; temevano che rimuovere la diagnosi fosse sinonimo di perdita della propria identità.

Cinque anni dopo, è chiaro che il DSM-5 non ha ridotto i servizi per le persone già diagnosticate con un disturbo dello spettro autistico. Un numero crescente di ricerche, tuttavia, mostra che i suoi criteri escludono molte persone con tratti più lievi, ragazzi e individui più anziani, rispetto alle diegnosi del DSM-IV.

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I medici di molti paesi si basano per le loro diagnosi più che sul DSM sulla Classificazione Internazionale delle Malattie dell’OMS, ICD, da poco uscito nella sua undicesima versione. Nella versione uscita negli anni ’90, venivano raggruppate malattie come autismo, Sindrome di Asperger, Sindrome di Rett, CDD e PDD-NOS tutte insieme in una singola sezione “Disturbi pervasivi dello sviluppo”, proprio come nel DSM-IV.

L’ICD-11 – uscito nel maggio 2018 – rispecchia i criteri del DSM-5. Nell’ICD-11, i criteri di autismo passano a una nuova sezione dedicata al disturbo dello spettro autistico.

L’ICD-11 differisce tuttavia dal DSM-5 in diversi aspetti chiave. Invece di richiedere un numero fisso o una combinazione di funzioni per una diagnosi, esso elenca le caratteristiche identificative e consente ai clinici di decidere se i comportamenti di una persona coincidono con i criteri diagnostici. Poiché l’ICD è destinato all’uso globale, stabilisce anche criteri più ampi e meno culturalmente specifici rispetto al DSM-5. Ad esempio, mette meno enfasi sull’importanza dei comportamenti di gioco nei bambini. L’ICD-11 fa anche una distinzione tra autismo con e senza disabilità intellettiva e mette in luce il fatto che molti individui talvolta possono mascherare i loro tratti di autismo.

Leggi anche:  Jung e i tipi psicologici

Dr. Walter La Gatta

Caratteristiche più evidenti della malattia

La caratteristica più evidente è la tendenza a isolarsi, rifugiandosi in un mondo di fantasia, senza fornire adeguate risposte all’ambiente, né attraverso il linguaggio verbale, né attraverso i gesti. Spesso si assiste ad atti ripetitivi anomali, auto o etero-aggressivi, iperattività, tempi di attenzione brevi, impulsività, aggressività, autolesionismo, crisi di collera.Tipico dei soggetti autistici è il modo in cui essi vivono le sensazioni corporee. Ciò che può apparire normale o gradevole per una persona “normale” può infatti diventare insopportabile per un soggetto autistico, causandogli stanchezza, irritabilità e perfino dolore fisico.

Le esperienze sensoriali

I soggetti autistici possono essere ipersensibili rispetto ad alcuni stimoli, oppure avere una sensibilità molto ridotta rispetto alla media degli individui. A volte essi hanno difficoltà di interpretazione (es. mancato riconoscimento di oggetti, persone, suoni, forme, odori già noti. Questo deficit intellettivo viene chiamato “agnosia”). Va detto che queste esperienze non comportano allucinazioni; le persone autistiche hanno un’esperienza sensoriale basata su esperienze reali, ma vi possono essere difficoltà nell’interpretare correttamente l’esperienza.

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Perché le persone autistiche non amano essere avvicinate e toccate?

Questo tratto caratteristico è di solito dovuto ad una ipersensibilità tattile, per cui anche un tocco delicato per la maggioranza delle persone autistiche può diventare una scossa elettrica

Cosa possono produrre queste difficoltà di interpretazione sensoriale?

Possono produrre un senso di confusione, oppure insensibilità al dolore, per cui il soggetto non riesce a rendersi conto che un dato comportamento può essere autolesionistico. A volte l’ipersensibilità può riguardare le capacità uditive: per questo rumori che non preoccupano gli altri possono disturbare enormemente dei soggetti autistici, i quali possono a volte avere difficoltà nell’elaborazione dei suoni.

A volte il problema è la prosopoagnosia, cioè la difficoltà a riconoscere le facce delle persone, così come oggetti della vita quotidiana. Ciò significa che il riconoscimento può essere a volte assente, a volte molto lento, i volti tendono ad essere analizzati e non riconosciuti automaticamente; si può scambiare una forchetta per il coltello o un cappello per una scarpa.

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Ci sono distinzioni relative al genere sessuale?

Si, normalmente l’autismo colpisce i maschi fino a quattro volte in più rispetto alle femmine.

Quali sono le relazioni sociali di un soggetto autistico?

Il soggetto autistico mostra anzitutto difficoltà nella comprensione dei simboli e delle convenzioni sociali. Alcuni possono avere problemi di aprassia (incapacità di compiere gesti coordinati e diretti a un determinato fine, sebbene siano mantenute inalterate la volontà del soggetto e la sua capacità motoria) o avere disturbi del linguaggio (afasie, cioè disturbi nella comprensione e/o nella produzione del linguaggio). Alcune persone autistiche possono essere mute, oppure occasionalmente possono perdere la capacità di parlare o avere bisogno di un tempo maggiore per l’elaborazione del linguaggio verbale o per formulare delle risposte. A volte essi possono ripetere le parole che hanno ascoltato (ecolalia).

Per tutto questo le relazioni sociali sono spesso ridotte al minimo: alcuni soggetti autistici possono non notare le persone, poiché profondamente assorbiti nei loro pensieri e nei loro rituali. Tuttavia, è un errore ritenere che queste persone siano incapaci di dimostrare affetto: è solo la mancanza di abilità nell’uso del linguaggio verbale e non verbale che può farli sembrare più distanti o emotivamente distaccati di quello che sono.

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A che età insorge l’autismo?

In alcuni bambini i disturbi sono presenti sin dalla nascitamentre altri cominciano a manifestare dei disturbi fra i 18 ed i 36 mesi: improvvisamente essi rifiutano il contatto e la vista delle persone, si comportano stranamente e spesso perdono il linguaggio e le abilità che avevano già acquisito.

Quale è il decorso di questa malattia?

Solo una piccola percentuale di soggetti con questo disturbo riesce, nell’età adulta, a vivere e a lavorare in modo indipendente. In circa un terzo dei casi, è possibile un certo grado di indipendenza parziale. I soggetti adulti affetti da Disturbo Autistico con funzionamento più elevato continuano tipicamente a mostrare problemi nell’interazione sociale e nella comunicazione, oltre a una notevole ristrettezza di interessi e attività. Alcuni soggetti non imparano a parlare, mentre altri possono adattarsi bene in speciali ambienti favorevoli, o lavorando in ambiente protetto. Altri ancora sono del tutto indipendenti e autonomi, anche se sono una minoranza.

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Perché gli autistici non amano i cambiamenti?

Molti soggetti autistici tendono a detestare i cambiamenti. Molti hanno forti attaccamenti agli oggetti, ai luoghi, alle abitudini e può essere per loro molto disturbante essere costretti a cambiare queste cose. A volte attribuiscono a certi aspetti dell’esistenza un enorme importanza e ciò che può sembrare irrilevante ad altri può essere invece molto importante per loro

Che tipo di interessi ha un soggetto autistico?.

La maggior parte delle persone con diagnosi di autismo ha pochi interessi, ma li manifesta in modo ossessivo, con abilità talvolta sorprendenti, ad esempio nell’apprendimento a memoria di orari dei treni, disegni, ecc.

Quali sono i comportamenti “strani” di un soggetto autistico?

Le persone autistiche possono fare cose strane, come dondolarsi avanti e indietro, agitando le mani davanti ai loro occhi, canticchiare, parlare a sé stessi ad alta voce, ripetere senza stancarsi alcune cose. A volte il parlare ad alta voce o il ridacchiare senza motivo apparente è spesso il risultato di un intenso sognare a occhi aperti.

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Come si comporta un bambino autistico?

I bambini autistici vengono descritti dalle loro madri come insolitamente ‘tranquilli’ in tenera età: non chiedono nulla a nessuno, hanno poche manifestazioni, stanno bene da soli. Quando li si prende in braccio si ha la sensazione di sollevare un peso morto, quasi un sacco di farina e si rimane stupiti dal fatto che il bambino non sorride, non si spaventa, rimane indifferente. Nel secondo/terzo anno di vita l’autismo diventa evidente e la madre ha spesso la sensazione di non essere riconosciuta dal figlio: il suo sguardo è vuoto, assente, il contatto fisico viene rifiutato (ai bambini autistici non piace essere abbracciati).

Chi sono gli autistici “sapienti”?

Sono coloro che appaiono sapienti in quanto conoscono a memoria interi testi. In realtà nella migliore delle ipotesi la loro intelligenza è normale, mentre molti soggetti possono essere anche ritardati o gravemente ritardati.

Quale è la causa dell’autismo?

Per il momento non ci sono certezze, ma si è visto che le persone autistiche presentano delle anomalie in diverse strutture cerebrali, per cui sembra vi sia un’interruzione nello sviluppo cerebrale, in una fase precoce della vita fetale.

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C’è una cura per l’autismo?

Attualmente non esiste una vera e propria cura per l’autismo. Le terapie comprendono interventi educativi e comportamentali da parte di personale e strutture specializzati, che consentono dei forti miglioramenti e talvolta delle guarigioni. Gli interventi farmacologici attenuano la sintomatologia e migliorano decisamente l’iperattivismo, il deficit d’attenzione ed i comportamenti autolesionistici.

Quanti sono i bambini italiani malati di autismo?

Per quanto riguarda l’Italia, non è ancora disponibile un dato nazionale, ma secondo i dati del progetto di ricerca ASDEU (Autism Spectrum Disorder in European Union), finanziato dalla Commissione Europea, il problema riguarderebbe circa un bambino italiano su cento.


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Perché si parla spesso di vaccini e autismo?

L’ipotesi sulla presunta causa vaccinale, avanzata da Andrew Wakefield, si è rivelata poi una frode scientifica, in quanto il suo studio, poi ritrattato dall’editore, era fondato sulla scorretta manipolazione di dati sperimentali. Wakefield, come riporta il British Medical Journalpercepì un compenso in denaro per asserire la falsa evidenza di una correlazione fra il disturbo e l’assunzione del vaccino trivalente (contro morbillo, parotite e rosolia).

La pubblicazione di Wakefield spinse ad avviare una serie di altri studi su una più ampia popolazione, per comprendere se realmente esistesse una correlazione o meno. Nessuna di queste ricerche ha mai confermato i dati di Wakefield.

La vicenda terminò con la ritrattazione di 10 fra i 12 ricercatori che avevano pubblicato lo studio manipolato del 1998.

Nel maggio 2010, al termine delle indagini del General Medical Council inglese, Wakefield è stato espulso dall’Albo dei Medici, per via del suo comportamento “disonesto, fuorviante e irresponsabile”, nel corso di “numerosi gravi episodi di cattiva pratica professionale” legati alle sue scorrette ricerche sull’autismo e Lancet ha definitivamente ritrattato lo studio erroneo che aveva pubblicato nel 1998.

Nel gennaio 2011, il British Medical Journal ha pubblicato un’ampia inchiesta sull’argomento, da cui emerge definitivamente il profilo fraudolento della falsa ipotesi vaccinale, e di come alcuni protagonisti della vicenda abbiano dichiarato il falso dietro compenso economico, realizzando, così, una fraudolenta campagna di raccolta fondi a scopo di lucro personale. (Tratto da Wikipedia).

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