Edith Piaf, il passerotto dalle canzoni tristi
Edith Piaf, nome d’arte di Edith Giovanna Gassion, nacque a Parigi il 19 dicembre 1915, da genitori che facevano gli artisti girovaghi.
La leggenda vuole che la madre Line Marsa, che faceva più propriamente la cantante durante le fiere, l’avesse partorita per strada con l’aiuto di un poliziotto.
Il padre faceva invece l’acrobata e il contorsionista in un circo. Quando i due genitori si separarono, la piccola venne affidata prima alla nonna materna, poi a quella paterna che gestiva un bordello a Bernay in Normandia.
Passò parte dell’infanzia con questa nonna fino al 1922 e poi seguì il padre nei suoi spettacoli itineranti; un giorno il padre si ammalò e lei si mise a cantare “La Marsigliese” riscuotendo gli applausi e la generosità dei passanti.
Consapevole delle proprie possibilità, cominciò a quindici anni, nel 1930, una collaborazione con l’amica Simone Berteaut. Il duo si esibiva per le strade e nei parchi, ma anche nelle caserme.
Poi, nel 1932, la giovane ebbe la prima storia d’amore con il muratore Louis Dupont e rimase incinta. L’anno dopo nacque Marcelle, che però morì di meningite appena due anni dopo.
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In questo frangente, senz’altro triste e doloroso, la cantante, ebbe tuttavia la fortuna di essere vista dall’impresario Louis Leplée che la portò ad esibirsi nel suo locale cabaret “Gerny”.
Doveva rimanerci qualche giorno, ma ci rimase sette mesi di fila divenendo l’attrazione del locale con il nome d’arte, attribuitole da Leplée, di “Piaf” che nell’argot parigino significa “passerotto”.
Sette mesi di vero e proprio trionfo che la resero famosa in tutta la capitale: vengono ad applaudirla il già famoso Maurice Chevalier e altri e la casa discografica Polydor la mise sotto contratto.
Sembrò tutto svanire come un sogno allorché l’impresario Leplée morì misteriosamente, ma a lui subentrarono altri uomini: Raymond Asso, Michel Emer, Paul Meurisse, Norbert Glanzberg, che si avvicinarono professionalmente e qualcuno anche sentimentalmente alla cantante e in qualche modo riuscirono a tirarle fuori quella carica che di lì a breve la renderanno famosa: voce aggressiva, potente e rauca, a tratti dolce e triste e poi improvvisamente allegra.
L’enfasi drammatica carica di una notevole espressività la fanno apprezzare ben presto dal grande pubblico.
Fu così che cominciò a girare per la Francia esibendosi qualche volta dal vivo senza microfono e conquistando dovunque le platee. Durante la guerra, con Parigi occupata dai nazisti, si esibiva nei locali alla moda ma anche nei campi di concentramento per i prigionieri.
Nel 1944 aveva un nuovo impresario Lou Barrier, che le permise di esordire al “Moulin Rouge” con al fianco un cantante alle prime armi, Yves Montand, di cui in breve si innamorò perdutamente, ma che lasciò, perché forse gelosa del successo che grazie a lei era riuscito a riscuotere.
Nel 1945 cambiò la casa discografica passando dalla Polydor alla Pathé.
Fu negli studi della Pathé che Edith Piaf incise nel 1946 “la vie en rose” avvalendosi dell’aiuto del gruppo musicale de Les Compagnons de la Chanson con il quale già da diverso tempo aveva cominciato una buona collaborazione.
Durante l’inverno affrontò il primo tour negli Stati Uniti, cantando alla “Constitution Hall” di Wasghinton; ritornò dopo nemmeno un anno con i Compagnons esibendosi alla Play House di New York.
L’approccio nei confronti del pubblico, alquanto sconcertato da quella piccola cantante dalle canzoni tristi, non fu dei migliori: sicuramente il gruppo riscosse maggior consenso (tanto che da quella data i componenti cominciarono un tour) e così la nostra Edith fu ingaggiata dal “Versailles”, sempre a New York e qui vennero ad applaudirla Marlene Dietrich, Charles Boyer, Orson Welles.
In America ci ritornò di nuovo nel 1948, quando cominciò una relazione con il pugile Marcel Cerdan. Era la prima volta che si innamorava di qualcuno che non fosse cantante o musicista e le sue foto con l’amante fecero il giro del mondo per la felicità che mostravano i due personaggi.
La felicità durò poco: Cerdan doveva raggiungerla durante l’ennesima tournee negli Stati Uniti, ma morì in un incidente aereo. Edith, totalmente frustrata dalla sua morte cercò presto rifugio nell’alcol e nella droga e dedicò una canzone a Marcel Cerdan, la famosa “Hymne à l’amour”.
Poi cominciò a comporre una serie di canzoni in inglese, ritornò a fare teatro e, fra un disco ed uno spettacolo, trovò il tempo di flirtare con altri personaggi, come Eddie Constantine. Conobbe anche il giovane e ancora sconosciuto Charles Aznavour, che non cedette alle profferte della ormai celebre cantante, ma le propose due canzoni che riscuoteranno un buon successo, “Je hais les dimanches” e “Jezebel”.
Nel 1952 sposò il compositore Jacques Pills con il quale lanciò alcune canzoni come “Je t’ai dans la peau”, ma lo abbandonò dopo qualche anno per mettersi con un giovane, certo Felix Martin che scaricò a favore del pittore americano Douglas Davies.
Intanto i suoi concerti facevano il tutto esaurito: nel 1955 si esibì per la prima volta all’Olympia di Parigi, poi al prestigioso Carnegie Hall di New York, dove il pubblico le tributò ben sette minuti di standing ovation.
Alla fine della primavera del 1959 registrò la canzone “Milord”, scritta dal cantautore Georges Moustaki e fu il primo vero grande successo nella hit parade inglese e in tutta Europa. Il tour che ne seguì insieme con il giovane culminò ahimè in un collasso che le sopravvenne sul palco e che fu causato da stress e da anni di stravizi a base di alcool e droga. Nel 1960 incise la canzone forse simbolo, “Non, je ne regrette rien” e “Mon Dieu”, scritte per lei da Charles Dumont.
Questi successi le aprirono la strada per una serie di repliche all’Olympia che durarono quattro mesi fino alla primavera del 1961.
Alla fine del 1961 incontrò un giovane parrucchiere di origine greca, Theophanis Lamboukas, ribattezzato Théo Sarapo di cui si innamorò e che sposò subito.
Lo introdusse nel mondo della canzone e insieme incisero “A quoi sert l’amour”. Nel 1963, dopo essere stata ricoverata per una bronco-polmonite, fu portata dal neo marito in convalescenza in riviera, nel sud della Francia, vicino a Cannes, ma qui ebbe una ricaduta e fu necessario ricoverarla di nuovo. Morì all’alba dell’11 ottobre 1963 con le lacrime agli occhi.
Sarapo, che le aveva promesso di riportarla a casa, trasportò in segreto il suo corpo a Parigi nel sedile posteriore della macchina.
Tre giorni dopo la più grande cantante francese venne seppellita nel cimitero monumentale di Pere-Lachaise e furono quarantamila le persone che seguirono i funerali, undici le automobili che portarono i fiori…
Lanfranco Bruzzesi
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Esperto musicale, collabora con psicolinea per la stesura di biografie di personaggi famosi, in particolare nel mondo della musica. Lanfranco Bruzzesi è inoltre il principale ispiratore dell’Associazione Culturale Ankon Cultura, che ha sede ad Ancona e che organizza conferenze, viaggi ed altri eventi culturali.